I just can't
Inspired by:
In My Blood
Il pavimento è freddo e mi fa venire la pelle d'oca. Non lo trovo comodo, ma neanche così scomodo da alzarmi. Semplicemente non m'importa. È da mesi ormai che non sento più nulla. Non so esattamente quando sia iniziato, so solo che ad un certo punto ho smesso di vivere e mi sono concentrata solo sull'esistere, ed adesso, stesa sul pavimento nel bagno del mio misero appartamento, non sto facendo altro che respirare. Eppure è faticoso da morire.
Chiudo gli occhi ed immagino che ci sia qualcuno in questo momento steso al mio fianco, che mi prenda la mano e mi dica che basterà alzarmi e tutto si aggiusterà, che con la sua sola presenza mi aiuti e mi aggiusti il cuore. Ed invece sono sola.
Non ho nessuno a cui chiedere aiuto, nessuno che mi possa sostenere, nessuno con cui andare a bere qualcosa e sfogarmi, nessuno da portare a casa. Siamo solo io e quelle pareti che sembrano avvicinarsi sempre di più, opprimendomi.
Per quanto tempo ho dovuto ripetere a me stessa che sarebbe andata meglio? Che il mattino dopo mi sarei svegliata ed avrei di nuovo cominciato a sentire la vita che mi scorre nelle vene? Tanto... Troppo.
La mia psicologa era convinta che due pillole al giorno avrebbero aggiustato tutto, ma ho sempre avuto poca fiducia in ciò: nessuna medicina è abbastanza forte da illuminare quella camera oscura che è diventata la mia mente. Non sono mai stata una persona particolarmente positiva, lo ammetto, ma la morte del nonno ha spento anche l'ultimo bagliore che mi restava.
Ha deciso di togliersi la vita, sei anni fa, affidandosi al mare. Gli ho sempre rimproverato di avermi abbandonata e non ho mai smesso di chiedermi come sarebbe stata la mia esistenza se lui non l'avesse fatto. Il problema di un gesto del genere sono le domande, le incertezze che ti lascia addosso. E se... Non c'è altro che frulla nella tua testa a parte queste due paroline, che non ti lasciano dormire la notte. E se me ne fossi accorta prima? E se fosse colpa mia? E se fossi io a distruggere tutto ciò che tocco, ad indurre la gente a lasciarmi? E se quella fosse anche per me l'unica soluzione?
Ho provato a lasciarmi tutto alle spalle, convinta che una nuova città e ritmi diversi mi avrebbero fatto dimenticare il casino che mi portavo dentro. Così mi sono trasferita, lontano dalla mia vecchia vita insoddisfacente e dalla vecchia me, ma l'unica cosa che ho ottenuto è stato un vuoto in cui mi sono sentita ancora più persa. Ho allontanato tutto: gli amici, i conoscenti, gli ultimi cocci di una famiglia che ormai stava cadendo a pezzi, ed è così che ho ottenuto la mia tanto agognata solitudine. Fin da piccola mi è sempre piaciuto starmene in disparte, a riflettere e meditare, mi serviva a ritrovare la pace, ma adesso darei qualsiasi cosa pur di vedere lo schermo del mio cellulare illuminarsi per un messaggio diverso da uno di lavoro. È così snervante fare la cameriera e non avere aspirazioni maggiori, ormai oltre questa minuscolo appartamento non posso permettermi nient'altro, neanche i sogni. All'inizio adoravo questa casa, visto che mi dava la libertà e l'indipendenza a cui tanto bramavo quando ero più piccola, ma adesso la odio profondamente, perché in essa ci siamo solo io ed i miei pensieri. E quei pensieri sono maledettamente insistenti. Le medicine dovevano aiutarmi a rallentare la mia mente, a darmi tregua, ed hanno avuto l'unico effetto di farmi distaccare ancora di più dalla realtà. Ora lo capisco mio nonno, riesco ad immedesimarmi e a sentire le sensazioni che l'hanno portato a quel gesto. Quando anche la mente tace, c'è il nulla più assoluto, ed era quello che lui desiderava di più: annullarsi. Ci ho pensato troppe volte, ma ho sempre avuto troppa paura per raggiungerlo. Il coraggio non è una dote di cui posso vantarmi. Proprio non è nel mio sangue. A scuola ci insegnano che il sangue è fatto di acqua, di proteine, di cellule, ma non che oltre ad ossigeno, anidride carbonica e sostanze nutritive trasporta anche la nostra essenza. Cosa c'è nel mio sangue? Un tempo conteneva spensieratezza, voglia di inseguire i sogni, libertà. In esso c'era la sensazione dei piedi nella sabbia, del sale sulla pelle, delle dita immerse nel pelo di un cagnolino. Adesso invece mi sembra come svuotato. Come se tutto ciò che un tempo lo arricchiva sia sparito.
Le pareti all'improvviso sembrano cadermi addosso e mi alzo di scatto per non restare sotto le macerie. Senza prendere documenti o telefono esco di casa di corsa. Senza prendere le chiavi di casa. Esattamente come lui. Dopo una lunga camminata mi ritrovo sulla spiaggia. Proprio come lui. L'inverno è ormai alle porte, ma mi ha sempre affascinato il mare in questa stagione. È misterioso, forte, letale. Principio e fine di tutto. Un tempo mi piaceva sedermi sulla sabbia in pieno inverno e respirare a pieni polmoni l'aria pulita, con il vento che mi scompigliava i capelli. Ciò che un tempo desideravo, però, ormai non mi attira più, e la cosa più devastante è cercare di provare tutte quelle sensazioni che prima mi facevano sentire viva e percepire come ovattate, come se fossi in un posto ma non fossi mai davvero lì con ogni parte di me. Cerco di concentrarmi sull'aria che entra ed esce dai polmoni, però è come se il corpo non mi appartenesse, anzi a tratti mi sembra di non riuscire neanche a respirare. E sono stufa di questo, di strisciare in una pelle che non sento davvero mia. Di non sentire altro che ansia di non essere all'altezza ed inadeguatezza. Mi ripeto ogni volta che andrà meglio, ma lo farà mai veramente?
Convinta che la risposta sia no, mi tolgo le scarpe e comincio a correre verso l'acqua. I vestiti si inzuppano in men che non si dica e le onde iniziano a trascinarmi da una parte all'altra. La corrente è piuttosto forte e se non oppongo resistenza mi trascinerà presto a fondo, o peggio, mi farà sbattere contro gli scogli. Magari è così che deve finire, magari lui mi ha solo mostrato il modo. Per un attimo desidero che qualcuno venga a fermarmi, a consolarmi e dirmi che non è questa la soluzione, per un secondo sento il reale bisogno che qualcuno sappia cosa sto passando, ma mi guardo indietro e c'è solo un'immensa spiaggia completamente vuota, mentre attorno solo acqua.
E così mi lascio trasportare per un po', arrendendomi alla natura e trovando quella che può sembrare pace. Quando l'aria comincia a mancarmi però, e l'acqua inizia a prendere il suo posto, qualcosa scatta dentro di me.
"No" mi sembra di sentire un'esclamazione secca, proveniente da un punto che non riesco a definire. Forse proprio l'aldilà. O magari semplicemente dal profondo del mio cuore.
Ed è nel momento in cui sento che tutto sta per finire che ricomincio a sentirmi viva. Sento l'aria che entra ed esce dai polmoni e l'acqua che fa lo stesso, facendomi tossire. Sento la sabbia contro cui mi scontro ad ogni onda che si insinua tra i capelli e mi graffia un po' i piedi. La schiuma marina e le bollicine che le onde si portano dietro mi scorrono tra le dita. Gli occhi vedono l'azzurro del mare e del cielo che si confondono tra loro. E la mente inizia a ragionare. Non voglio lasciare nelle vite degli altri ciò che il nonno ha lasciato nella mia, non voglio essere la causa di un vuoto e di tante domande. Io voglio vivere. Voglio sapere cosa significa addormentarsi ogni notte con un sogno in testa e svegliarsi con la voglia di realizzarlo. Voglio perdere il fiato solo nel baciare l'uomo che un giorno amerò e sentire nel cuore tutto l'affetto che mi legherà ai miei figli. Rivoglio indietro i miei amici e la mia famiglia. E so che l'ansia, la paura, l'inadeguatezza, lo sconforto torneranno a bussare alla mia mente ogni due per tre, ma so anche che senza queste sensazioni non potrebbero esistere neanche le altre emozioni, ed io voglio sentirle. Voglio permettere alla vita di scorrere prima nel mio sangue e poi di penetrarmi in ogni cellula. È lì che capisco che invece il coraggio ce l'ho eccome, perchè il vero coraggio non è farla finita, ma continuare a lottare. Il vero coraggio è affondare e poi risalire a galla, ed è esattamente quello che faccio. Finalmente caccio dalla mia testa il pensiero di arrendermi e mi oppongo al mare per tornare a riva. Quando tocco terra, il sole brilla alto nel cielo e mi trasmette un tepore confortante sulla pelle che finalmente sento mia. In passato ho sempre sperato con tutta me stessa che qualcuno mi salvasse, ma sono orgogliosa del fatto di essere riuscita a farlo da sola, perchè se nessuno mi ha aiutato, se nessuno mi ha imposto un cambiamento, allora significa che non tornerò indietro. A volte mi tornerà in mente di arrendermi, ma non potrò farlo, perché sarò consapevole che non è nel mio sangue.
"ti perdono" dico rivolta a qualcuno che non potrà mai rispondermi. Il mio cuore si alleggerisce di un peso immenso. Era questo il modo corretto di lasciarsi tutto alle spalle, fin dal primo momento. Mi alzo sulle gambe che sento flaccide e poi cado nuovamente sulle ginocchia. D'un tratto sento due forti braccia che mi aiutano a sostenermi. Mi giro e vedo un uomo dallo sguardo profondo e preoccupato e dal sorriso rassicurante. Sento un morso allo stomaco mai provato prima. Niente a che fare con la fame, ma l'improvviso calore alle guance mi lascia intendere cosa sia.
"che ci facevi tra le onde?" mi domanda, coprendomi con una coperta calda.
"volevo perdermi" gli rispondo
"e poi?" fa lui, con sincera curiosità.
"poi invece ho ritrovato me stessa"
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