Cap.7


EREN Pov

"Che buon profumo..." Socchiusi le palpebre. Un raggio di luce bianca filtrò dalla finestra, ferendomi gli occhi. "Mhmm..!" Tornai a sprofondare tra le lenzuola candide, rannicchiandomi in cerca di calore. Si stava così bene, mi sentivo protetto, al sicuro. Avrei voluto rimanere così per sempre.

Poi mi resi conto che quello non era il mio letto.

"Whoooa!" mi sollevai di scatto, guardandomi attorno. "D-Dove sono?"

Mi ritrovai seduto su di un letto a due piazze, completamente disfatto, avvolto nelle lenzuola e nelle coperte di un bianco quasi accecante, il più bianco che avessi mai visto. La stanza attorno a me era straordinariamente ordinata, e dallo stile spartano: c'erano un armadio di legno, una grande finestra, una scrivania con sopra una lampada, una libreria ed una sedia appoggiata in un angolo. Ai piedi del letto si trovava un tappeto molto semplice, dalla tinta unita. Sentii dei rumori al di fuori della stanza.

– Che sta succedendo! Sono stato rapito? Oh.. devo aver bevuto un po' troppo ieri sera.- pensai, appoggiandomi una mano in fronte. Poi mi guardai. "Perché sono in mutande?"

"Oi, Eren"

"WHAAA! "saltai per lo spavento. "Co-COSA CI FAI TU QUI?!?" Levi stava sulla soglia della camera, guardando accigliato il dito indice che gli stavo puntando contro, mentre con l'altra mano cercavo di coprirmi usando le lenzuola.

"Questa è la mia camera. E questo è il mio letto".

"Cooosa? E cosa ci faccio io in mutande nel tuo letto!?". Nel dirlo mi resi conto della situazione, ed arrosii sino alla punta delle orecchie. Merda. Già, che ci facevo in mutande nel suo letto? -Non è che... -Che diavolo era successo l'altra sera!?-

" Rilassati, moccioso. Ti ho portato nel mio letto dopo che ieri sera mi sei piombato in casa, ubriaco fradicio. Mi hai immobilizzato, hai detto di amarmi, e poi ti sei addormentato sul divano."

-Eh?- No, dovevo aver capito male. "Aspetta. Che cosa avrei fatto io?"

"...Ti sei dichiarato e ti sei addormentato. Non potevo lasciare un moccioso ubriaco dormire in quel posto, quindi ti ho tolto i vestiti e ti ho portato nel mio letto. Come puoi vedere è abbastanza grande per starci in due".

Questo significava che quella notte avevo dormito in mutande con lui nello stesso letto? No, no, aspetta, non era quello il punto. Mi ERO DICHIARATO?? Cercai di fare mente locale su cosa fosse successo la sera prima al bar. Avevo bevuto. Poi ero uscito. Avevo incontrato Hanji....

"Aspetta... Hanji?" balbettai tra me e me.

"Quella quattrocchi della mia ex? E'stata qui l'altra sera, poi se né subito andata, per fortuna. Comunque sia ora alzati. E' pronta la colazione. I vestiti sono sopra alla sedia."

Mi girava la testa. Dunque le cose stavano così? Hanji mi aveva convinto ad andare da lui, ed ora Levi sapeva tutto riguardo i miei sentimenti. Non avevo mai provato così tanto imbarazzo in vita mia.-Ho fatto una cazzata. Stupido, stupido, stupido, stupido!- Continuavo a ripetere nella mia testa. E per finire in bellezza, ora era anche saltato fuori che L'ex moglie dell'uomo che amavo era proprio Hanji! Non potevo fare a meno di sentirmi un po' in colpa..

Levi mi stava ancora osservando, non avevo il coraggio di guardarlo direttamente, ma con la coda dell'occhio vidi che mi puntava addosso quel suo sguardo glaciale, impassibile come al solito. Sentii un brivido freddo corrermi lungo la schiena. Accidenti a quella sua poker face! Cosa non avrei dato per sapere cosa stesse pensando! Era arrabbiato con me? Disgustato? – Bhe, sarebbe naturale se lo fosse- pensai.

Speravo che se ne andasse per potermi rivestire in pace e invece lui rimaneva lì, immobile.

"Bhe, che stai aspettando? Guarda che la colazione si raffredda." Mi incalzò.

"Maledetto" bisbigliai, girandomi di lato per non farmi notare. -Sbaglio, o si stà divertendo a prendersi gioco di me?-

Con un colpo secco scostai le lenzuola e scesi dal letto, cercando di non dare a vedere quanto fossi nervoso. Con indosso unicamente i boxer mi diressi alla sedia dove a suo dire avrei ritrovato i miei vestiti, ma rimasi deluso.

"Potrei sapere che significa questo?" chiesi girandomi verso di lui, ri-arrossendo di nuovo per la millesima volta.

Levi inclinò leggermente la testa, guardando la camicia che stavo tenendo tra il pollice e l'indice della mano destra. Poi rispose "Ho detto che lì avresti trovato i vestiti, non i tuoi vestiti. Quelli li ho messi a lavare, quindi per ora mettiti quella".

Accidenti a quell'uomo.

Indossai la camicia e la abbottonai nervosamente. Era grande, le maniche erano troppo lunghe. Mi chiesi come fosse possibile, pensavo che tutti i suoi vestiti a me andassero stretti.

Finalmente Levi si voltò, diretto in cucina, ed io lo seguii, preoccupandomi del fatto che avesse detto "Ho preparato la colazione". Lui? Ma aveva detto che non sapeva cucinare! Mi mise davanti un piatto con due waffle, del tipo che devi solamente scaldare in forno, quindi tirai un sospiro di sollievo.

Mangiammo in silenzio uno di fronte all'altro per alcuni minuti. Ogni tanto alzavo gli occhi verso di lui, di sfuggita, in modo che non se ne accorgesse. La mattina era ancora più bello, con i capelli neri un po' in disordine e lo sguardo appesantito dal sonno. Notai che le solite linee nere sotto agli occhi si erano fatte un po' più pesanti, mettendo in risalto gli occhi grigi, straordinariamente profondi. Lasciai scivolare il mio sguardo lungo la linea del collo, indossava una maglia nera a maniche lunghe, con un ampio scollo a U che lasciava scoperte le clavicole e parte dei pettorali...

"Oi, Eren! Se continui ad infilarti il cibo in bocca senza prima inghiottire soffocherai!"

*Coug! Coug!*

Levi si alzò dalla sedia e si sporse verso di me, quasi salendo sul tavolo. Avvolse un braccio attorno al mio corpo in modo da raggiungere la schiena e la colpì ripetutamente con il palmo della mano, mentre ispezionava la cavità della mia bocca con le dita dell'altra, liberandola.

"Che stai facendo? Nessuno ti ha mai insegnato come si mangia, pezzo d'idiota?"

-Sì, è vero, sono proprio un'idiota!- pensai. Ero così preso da lui che mi ero dimenticato di ingoiare, e avevo continuato a spingere dentro il cibo fino quasi a strozzarmi. Non appena ebbi ripresi a respirare, ansimante e con le lacrime agli occhi, Levi fece scivolare le dita fradice di saliva fuori dalla mia bocca e le guardò un attimo, sfregandole tra loro. Poi alzò lo sguardo verso di me.

"Davvero non ti ricordi nulla di ieri sera, moccioso?"

Lo guardai incuriosito, cercando ancora di riprendere fiato.

"E' così. Che cosa dovrei ricordare?"

Lo vidi abbassare lo sguardo."Niente. Non ci pensare"

LEVI Pov.

Quella, era proprio una situazione di merda. O forse no. Non riuscivo a decidermi se fosse un bene o un male il fatto che non ricordasse che effettivamente ero stato io quello che la sera prima aveva fatto il primo passo. Da un lato sapevo di essere stato troppo impulsivo, l'istinto mi aveva giocato un brutto scherzo.

- E poi parliamoci chiaro: è un mio studente, un moccioso. Quanti anni avrà, 15? Non è commettere reato questo?- La situazione mi dava davvero sui nervi. -Cazzo. Vaffanculo.-

D'altra parte, avrei davvero voluto che ricordasse quello che era successo. Perché nel preciso istante in cui lo avevo tirato a me per baciarlo, avevo acconsentito ad affrontare le conseguenze di quel gesto. Mi ero messo il cuore in pace: avevo scelto, quel che era stato fatto era stato fatto, -Ora non si torna più indietro- avevo pensato.

Guardai il ragazzino seduto di fronte a me. – Complimenti, moccioso, sei riuscito a mandare a puttane la mia unica politica di vita. –

E non solo. Poco fa quell'idiota si stava quasi soffocato mangiando. E cosa avevo fatto io? Avevo infilato le mie dita nella sua bocca. Come diavolo aveva fatto a non farmi schifo? Anzi, a dirla tutta, quella sua espressione affannata sul viso, gli occhi lucidi e l'intera scena in sé mi avevano fatto venire voglia di infilargli qualcos'altro in qualche altro posto. –Merda-. In quel momento decisamente non era il caso di alzarsi da tavola.

Eren, di fronte a me stava per finire il suo waffle. Avevo fatto bene a dargli quella camicia al posto della tuta della volta scorsa, lo faceva sembrare decisamente sexy. Pensai anche a quando prima avevo aspettato che si cambiasse, solo per poter vedere quel suo bel culetto sodo sfilarmi davanti. Come cazzo avevo fatto a non saltargli addosso in quel momento?

Portai una mano al viso, rendendomi conto di quanto quel ragazzino mi stesse trasformando in un un pervertito. Lui si accorse della mia palm face, e mi rivolse una delle sue espressioni più angeliche ed innocenti:

"Tutto bene, Professore?"

Il mio cuore accellerò i battiti -Ancora uno sguardo del genere, e lo stupro- pensai, ma invece risposi

"Eren, moccioso, mi hai dato del tu fino ad un attimo fa, è inutile che ora mi dai del lei. Facciamo così, fuori scuola chiamami semplicemente Levi."

Lo vidi sorridere. "OK!"

"Ancora una cosa. Appena avrai finito di mangiare indossa i tuoi vestiti, credo che ora siano asciutti. Ti accompagno a casa con la mia macchina.

EREN Pov

Mi sentivo terribilmente in colpa nei confronti di Levi, sia per la storia della mia confessione, sia perché era già la seconda volta che mi ritrovavo a passare la notte da lui, e quest'ultima non ero stato nemmeno invitato. Lui si atteggiava come se non fosse successo nulla, il che in parte mi irritava. Di nuovo, non sapevo cosa pensare. Non sembrava odiarmi, ma continuava a lanciarmi occhiate serie ( bhe, non che di solito avesse una grande espressività) che mi facevano sentire a disagio, mi facevano stare male. Avrei voluto scomparire, evaporare, affondare la testa nella sabbia come uno struzzo. Non avevo nemmeno il coraggio di affrontare il discorso. Per tutto il viaggio in macchina rimasi in silenzio, ascoltando i battiti accelerati del mio cuore. Non vedevo l'ora di arrivare.

Finalmente ci fermammo davanti al palazzo che io gli indicai essere quello dove si trovava il mio appartamento. Feci per scendere in fretta e furia, pronto a volatilizzarmi alla velocità della luce quando mi sentii afferrare per un braccio.

"Oi, non mi dirai che dopo averti accompagnato fino a qui, nemmeno ti degli di chiedermi se ho voglia di salire?"

I suoi freddi occhi grigi mi inchiodarono al sedile, facendomi sudare freddo. Deglutii rumorosamente.

"P-Professore, ha voglia di salire per un caffè?"

"No, riprova. Ricordati di quello che ti ho detto prima".

Il cuore mi batteva sempre più forte nel petto, non riuscivo davvero a intendere le intenzioni di quell'uomo. Respirai a fondo prima di rispondere.

"Levi. Vuoi salire per un caffè?"

Lui mi guardò con la solita espressione indecifrabile, ed annuì.

"Ben fatto, moccioso".




Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top