Cap. 21


LEVI Pov

Il cuore mi batteva forte nel petto, mentre con il fiato corto salivo l'ultima rampa di scale prima dell'appartamento di Eren.

Avevo bisogno di vederlo, di sentirgli dire che era tutto a posto, che non era venuto in ospedale per qualche futile motivo..qualsiasi cosa, purchè una volta aperta la porta avessi trovato il suo volto sorridente ad attenermi.

Eppure, dentro di me sapevo che qualcosa non andava.

Prendendo fiato, suonai il campanello. Il trillio metallico risuonò al di là della porta, ed io lo ascoltai, aspettando il rumore di passi che si sarebbe sentito di li a poco.

Silenzio assoluto.

Spazientito, spinsi e ri- spinsi il bottoncino di metallo, fino a quando lo abbandonai per passare a battere i pugni chiusi contro al legno della porta.

"OI! EREN!! APRI LA PORTA! MI SENTI?!"

Nessuna risposta.

Mi pulii con il braccio le goccioline di sudore che mi imperlavano la fronte. Cazzo. Non andava bene, non andava bene per niente.

"EREN ASCOLTA! SE NON APRI ENTRO IL MIO TRE, BUTTO GIU' LA PORTA, HAI CAPITO, MOCCIOSO?"

Arretrai di qualche passo, preparandomi a prendere la porta a spallate

"UNO..."

Silenzio.

"DUE..."

"..."

"TRE!"

Colpii la porta con la spalla del braccio sano, più volte, fino a quando il legno non cominciò a scricchiolare. Mettendoci tutta la forza che potei continuai a caricare, ancora ed ancora.

Finalmente qualcosa cedette, la porta si spalancò, facendomi fare irruzione all'interno della casa.

Silenzio.

La prima cosa che notai fu quell'agghiacciante silenzio.

Poi, nel buio, l'odore metallico mi riempì le narici. La mia mano corse all'interruttore, facendolo scattare.

Non credo che dimenticherò mai quello che vidi.

Non c'erano corpi, all'interno della sala. Non c'era anima viva, a dire il vero. La cosa macabra, però, era che sebbene non ci fossero cadaveri o persone ferite, le pareti, i mobili, il divano dove per la prima volta io ed Eren avevamo fatto l'amore.. tutto, TUTTO era sporco di quel liquido nero dall'odore ferroso.

Sangue. Sangue rappreso.

Lasciai vagare lo sguardo per la stanza. Era strano, così strano. Non riuscivo a distogliere lo sguardo dalle pareti imbrattate di sangue. Mi ipnotizzava.

Sentivo che qualcosa in quella scena mi sfuggiva. Allungai una mano e lasciai scorrere le dita sul muro, notando solo allora che il liquido scuro non sembrava essere schizzato sulla parete. No. C'era una logica, il sangue...il sangue sembrava essere stato usato come fosse colore, per disegnare. Quella non era più una stanza, era una tela, ed il sangue era stato tirato sul muro, usando forse le dita; filamenti e linee nero-rosse si intrecciavano ricoprendo qualsiasi cosa, una ragnatela scarlatta ingabbiava la stanza che un tempo era stata di un bianco immacolato.

"Eren..."

Mi precipitai verso la cucina. Vuota. Salii le scale, facendo tre gradini alla volta, e presi ad aprire qualsiasi stanza mi capitasse a tiro.

Vuota.

Vuota.

Vuota.

Mi fermai davanti alla sua camera. Afferrai la maniglia e feci per entrare,

Chiusa.

La stanza era chiusa a chiave.

"OI! EREN! SEI QUI DENTRO?"

Tendendo l'orecchio, riuscii a distinguere un mugugnio dall'altro lato della porta. Non ci vidi più.

Per la seconda volta, mi ritrovai a sfondare la porta, ritrovandomi nella sua camera. Mi guardai subito attorno, cercando la figura del ragazzo nella penombra.

"...Eren?"

Cercai di accendere la luce, cosa che non mi riuscì. Dannazione, doveva essere saltata la lampadina. Optai per la finestra, mi avvicinai ed aprii gli scuri, lasciando entrare quella poca luce pomeridiana che quel giorno filtrava tra le nuvole grigie.

Un ammasso di coperte si mosse, sopra al letto.

"Eren!"

Mi precipitai da lui, liberandolo dalle lenzuola, sperando, pregando che stesse bene.

Era vivo.

In stato di semicoscienza, febbricitante, ma vivo.

Sorrisi rincuorato ma subito tornai serio; lo esaminai con delicatezza, spaventato di ciò che avrei potuto scoprire.

Il suo corpo era ricoperto da lividi ed escoriazioni, ma nessuna ferita grave, per fortuna. Dunque, il sangue sulle pareti non era il suo..

Tirai un breve sospiro di sollievo, ma subito mi affrettai ad appoggiargli una mano sulla fronte. Scottava, Dio se scottava! Quasi quanto le fiamme dell'inferno. Poi un pensiero mi passò per la mente. Da quanto tempo non beveva? Controllai le mani. La pelle era tirata ed incartapecorita, aderiva alle vene come se tutta l'acqua fosse stata risucchiata dal corpo. A vederla, sembrava più la mano di un morto che di un vivo, Sembrava una prugna secca..

Adagiai il corpo sul letto. Acqua. Dovevo dargli subito, immediatamente dell'acqua!

Uscii dalla stanza, per ritornare quasi subito con una bicchiere d'acqua in mano e delle pastiglie al paracetamolo, che avevo trovato dentro ad un mobiletto della cucina. Mi sedetti ed alzai il corpo di Eren, tenendolo tra le braccia come fosse un neonato, infilandogli il bordo di vetro tra le labbra, e facendogli scorrere il liquido lungo la gola, cominciai a sussurrargli parole di conforto all'orecchio.

"Shhh...va tutto bene. Bevi, bevi, va tutto bene, va tutto bene, ci sono io qui, adesso."

Lo strinsi a me, cullandolo. Restammo così a lungo, di tanto in tanto lo facevo bere, sapevo di non poterlo sforzare a fare in fretta. Riuscii anche a fargli ingoiare la pastiglia, sebbene avesse ancora la gola secca.

Mi piegai su di lui, cercando di non badare al mio groppo alla gola. Non sapevo cosa fosse successo, per ora, non mi interessava nemmeno saperlo. L'unica cosa di cui mi importava era lo stato del ragazzino tra le mie braccia. Se i dottori mi avessero lasciato uscire quella volta... se mi avessero lasciato andare quando glielo aveva chiesto, ora le cose non starebbero così!

Mi ritrovai a ringhiare per la rabbia. Dannati dottori! Anzi, no! Era stata colpa mia! Io lo sapevo che c'era qualcosa che non andava, se solo avessi insistito di più per andarmene dall'ospedale...

"..Lev-"

Una voce mi distolse dal senso di colpa che mi stava logorando. Quando abbassai lo sguardo, incontrai i grandi, adorabili occhi verdi di Eren, ora ricoperti come da un velo opaco, spenti.

"Shhh.. non parlare!" Sussurrai. "Sei disidratato. Hai la gola secca. Bevi."

Gli versai altra acqua in bocca; forse troppa, perché un po' ne uscì, scorrendo in rivoli limpidi fino al mento.

Mi abbassai e gli baciai la fronte. "Non ti preoccupare. Ora è tutto a posto.."

"..Via.."

I miei occhi si spalancarono.

"Cosa?"

"...And-mo...via.."

Tornai a rilassarmi. Per un attimo, avevo temuto che non mi volesse lì con se.

"Certo, certo. Andiamo via da qui. Ti porto a casa mia."


SORRY SE NON SONO RIUSCITA A SCRIVERE PRIMA IL CAPITOLO :(

:D COSE A CASO  TANTO PER SDRAMMATIZZARE UN PO':

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