Cap. 12



EREN Pov

Nonostante fosse domenica,non c'era stato modo che io potessi dormire fin tardi. La notte era stato lo stesso logorante inferno di sempre, terminato in un bagno di sudore, con le lenzuola aggrovigliate al corpo che mi incatenavano al letto.

Mi lasciai sfuggire uno sbadiglio.

"Mhmm... che ore sono?" mugugnai, pescando il cellulare dal casino sopra al comò.

-Le 7:00-

Ero d'accordo con Jean di vederci per le 10:30, a casa sua. Pensandoci, era la prima volta che venivo invitato a villa Kirschtein. Non che me ne fregasse molto di non esserci mai stato, comunque.

Scesi dal letto e me ne andai in cucina a fare colazione. Afferrai una scatola di cereali, feci per versarmene un po' in una ciotola, ma mi fermai con la confezione ancora a mezz'aria. All'improvviso mi era passata la fame. Mi era appena tornato in mente un altro impegno che avevo in programma per quella settimana. Lunedì aveva detto Levi, lunedì in palestra.

Feci mente locale al giorno in cui lo avevo incontrato di ritorno dal suo allenamento. Il suo borsone era quello della palestra Smith.

-Devo sapere cosa succede. Devo sapere... chi è la persona con cui parlava ieri.-

Mi misi a vagare per la cucina alla ricerca di un block notes. Erwin era il nome, giusto? Dovevo segnarmelo prima che mi passasse di mente. Lo trovai sopra al mobile all'entrata. I miei occhi incontrarono lo specchio appeso sopra di esso, incrociando uno sguardo spaesato e contornato da occhiaie profonde.

Vedendomi riflesso non potei fare a meno di pensare a quella persona.

"mamma.."

Il mento del ragazzo di fronte a me tremò, sul suo sguardo calò un velo di lacrime. Era stato un crudele scherzo del destino il fatto che i nostri occhi fossero incredibilmente simili, Potevo vederli ogni qualvolta lo desiderassi, ma da loro non sarebbe mai trasparito l'affetto materno di cui sentivo tanto la mancanza.

"Mamma, spero tu stia bene dove sei ora. Vorrei tanto tu fossi qui, sarebbe bello poter farti conoscere Levi.."

Sentii il campanello suonare.

Mi ridestai e mi precipitai ad aprire, scordandomi del fatto di non essermi ancora vestito.

"Si? Chi è?"

Una Mikasa stranamente agitata si precipitò tra le mie braccia, seguita a ruota da Armin, la cui espressione sembrava volersi scusare per il bizzarro comportamento dell'amica.

"Mi-Mikasa! Che ti prende?"

"Perdonami Eren, non sono riuscito a fermarla" si giustificò lui.

"Eren, mi mancavi troppo!" sussurrò lei, la testa nascosta sul mio petto.

"Ma ci siamo visti appena due giorni fa! E poi.. è domenica mattina, perché hai trascinato anche Armin con te? Che sta succedendo qui?"

Mikasa mi prese le mani e mi guardò negli occhi, sorridendo appena, poi prese anche la mano di Armin e ci trascinò entrambi a sedere sul divano. La ragazza mi lanciò un'occhiata fugace e subito si girò arrossendo imbarazzata. Mi guardai, e rendendomi conto del mio outfit, afferrai una felpa spiegazzata e me la infilai con una certa difficoltà e un po' di imbarazzo. Mikasa si schiarì la voce e proseguì con il suo discorso.

"Ho pensato di farvi una sorpresa e di organizzare una gita assieme per oggi!"

Io ed Armin ci scambiammo uno sguardo di panico "C-Cosa?"

La ragazza si girò a guardarmi.

"Scusami Eren, alla fine ho dovuto chiederlo ad Armin. Mi ha detto che il motivo per cui sei sempre giù di morale sono i brutti voti che stai prendendo ultimamente, anche dopo aver preso ripetizioni dal professor Ackerman.. sai, credo che non pensarci anche se solo per un giorno potrebbe farti bene.."

-Armin, sei un genio-

Più volte Mikasa aveva fatto domande sul perché fossi così depresso, ma non ero mai riuscito a trovare una scusa convincente, quindi di solito la liquidavo con un "Non stò molto bene" oppure un "sono solo stanco". Effettivamente ero peggiorato notevolmente in molte materie da quel giorno, ma non avevo mai pensato ad usare così la mia pessima situazione scolastica.

"Ah, già, i brutti voti.. certo, certo." Mi affrettai ad annuire."Però.. ecco.. il fatto è che io.. questa mattina avevo altri programmi!"

Armin intervenne in mio soccorso. "Ho, gia, è vero! Eren doveva.... Doveva aiutare la vicina di casa a riverniciare la cucina!" Disse, colpendosi la fronte con il palmo della mano.

Il volto di Mikasa lasciò trapelare una nota di delusione. "Ho. Capisco. Armin, puoi scusaci un secondo?"

Si alzò di scatto, e afferrandomi per il polso mi trascinò in cucina, chiudendosi la porta alle spalle. Mi mise con le spalle al muro, inchiodandomi con le braccia.

"Eren"

"...SI?"

Avevo cominciato a sudare freddo.

Il suo volto si avvicinò sempre di più al mio. Mi girai d'impulso, poi sentii lo schiocco del bacio sulla pelle mia guancia. Mikasa doveva esserci rimasta parecchio male.

"Eren." Lei mi guardava fisso negli occhi. Qual è il problema? Davvero è solo la scuola a preoccuparti?"

"Si.."

Lei sospirò e si appoggiò alla mia spalla. "Ti sento così distante, non so spiegarmelo. Io.. io vorrei avere.. un po' di più. Non mi basta starti vicino, io voglio abbracciarti di più, baciarti di più, vorrei fare l'amore con te"

A quelle parole mi sentii congelare. Non risposi. Semplicemente la avvolsi con le braccia e la strinsi a me per alcuni interminabili minuti.

-Mi dispiace Mikasa. Mi dispiace.-

LEVI Pov

Per quanto mi dia fastidio ammetterlo, anche io a volte ho bisogno di qualcuno che mi stia a sentire. Sono una persona orgogliosa, solitaria, non mi va che gli altri si facciano i cazzi miei, ma parlare solo con Eren Palla Di Pelo mi faceva sentire un tantino schizzato, soprattutto quando mi ritrovavo a fissarlo per un buon quarto d'ora in attesa di una risposta che ovviamente lui non sarebbe stato in grado di darmi, il che era piuttosto irritante, motivo per cui in quel momento la mia mano si ritrovava ad abbassare la maniglia della porta del locale dove lavorava quella quattrocchi di Hanji.

"HEYYY!! LEVIII!!"

Eccola che mi correva incontro urlando, guadagnandosi uno sguardo infastidito dai clienti seduti ai tavoli a fare colazione.

"....."

"Ok. Niente. Ho cambiato idea. Addio."

Mi voltai di nuovo e feci per uscire.

"Dove credi di andare! Non ci pensare neanche!" Lei mi afferrò per le spalle girandomi, e mi accompagnò rudemente fino ad una tavolo libero vicino alla finestra.

"Un thè nero amaro, giusto?" Chiese, tirando fuori penna e blocco delle ordinazioni da una delle tasche del grembiule.

"Li conosci i miei gusti, quattrocchi" risposi con tono annoiato.

Lei mi sorrise, poi si affrettò a portare l'ordinazione al ragazzo dietro al bancone. Hanji è sempre stata così. Estremamente rumorosa, estremamente fastidiosa, ma in fondo è davvero una buona persona, per questo mi fido ciecamente di lei. Ci eravamo conosciuti grazie ad Erwin.. lei era una sua amica d'infanzia, se c'era qualcuno che potesse darmi delle risposte riguardo quello che stava succedendo, era senz'altro lei.

Una mano appoggiò la tazza davanti a me, poi la donna mi si sedette di fronte.

"Non devi lavorare?"

"Ho chiesto una pausa di qualche minuto al capo."

"Non c'e n'era bisogno."

"Dalla tu faccia si direbbe di si!"

Distolsi lo sguardo da lei, seccato. Non credevo di avere tanto una brutta cera, non più del solito per lo meno, ma dopotutto quella notte non ero riuscito a dormire..

"Allora? Che cosa è successo?" domandò lei, accavallando le gambe e alzando gli occhiali sulla fronte, neanche fosse uno psicologo. Decisi di farla breve.

"Ieri Erwin mi ha baciato."

"HA."

Hanji sbattè le palpebre un paio di volte. "Come scusa?"

-Dio, lo sa che odio dovermi ripetere-

"Erwin mi ha baciato. Vorresti dirmi che non ne sai niente? Proprio tu che di solito sai sempre tutto di tutti?"

"Non è questo..."

Iniziavo a spazientirmi. "Hanij, se ne sai qualcosa, sputa il rospo. Le cose erano già complicate prima che ci si mettesse anche lui. Domani lo devo incontrare per parlare, ma preferirei arrivarci con una vaga idea di quello che sta succedendo"

Presi un sorso di the, e la guardai attendendo una risposta. Lei ricambiò il mio sguardo per un attimo.

"Mi aveva promesso che non avrebbe fatto nulla" sospirò. "Ma comunque è stato molto tempo fa, quando eravamo appena sposati e tra noi c'era tutto un altro tipo di affetto." La donna si fermò un attimo a pensare."Levi, non hai mai notato con che occhi lui ti guardava? Erwin.. lui ti aveva lasciato a me perché voleva bene ad entrambi, e sembrava che tu ricambiassi i miei sentimenti. Dio solo sa quanto dev'esserci stato male."

Per poco non sputai il the.

"Che cosa? Da quella volta?"

"Si, da quella volta. Però sai, dubitavo che avrebbe mai agito, anche dopo il nostro divorzio. Non sarà che... non sarà che è venuto a sapere di Eren?"

"Cosa centra adesso il moccioso?"

"HANJI ZOE!! IL QUARTO D'ORA DI PAUSA E' TERMINATO!"

"O-Ops! Scusa Levi, il capo mi chiama, devo andare!"

"....Vai, se devi andare."

La maledetta quattrocchi mi lasciò così, a fissare il vuoto con sguardo perso, nella testa più domande di quante ce ne fossero quando ero arrivato.

Lei si girò un'ultima volta verso di me, mettendo a strillare

"GLI ESSERI UMANI... SONO COSI'...INTERESSANTIII!!!"

-Pazza-

EREN Pov

Villa kirschtein.. controllai l'indirizzo sul foglio di carta, poi guardai il grande portone in ferro battuto davanti a me, dietro ad esso un enorme giardino con il prato all'inglese e le siepi potate a regola d'arte faceva bella mostra di sé.

-...Wow, hanno addirittura una fontana!-

Suonai il campanello. Al citofono rispose la voce di un uomo di mezza età, dall'accento francese.

"Villa kirschtein, desidera?"

Risposi con un filo di voce."Aehm.. ecco... io sono stato invitato da Jean.."

Si udì uno scattare metallico, ed un portoncino più piccolo si aprì poco distante da me. La voce nel microfono si fece sentire di nuovo.

"Entri pure, il Signorino la attende nella sala principale."

"Pfff!!" A stento trattenni una risata. –Il Signorino? Davvero?-

-Il Signorino l'attende nella sala principale...- Una vocina scimmiottava l'uomo al citofono dentro alla mia testa.

Mi affrettai lungo il viale ciottolato, salii le scale del portico ed entrai nell'atrio ridicolosamente spazioso. Sentii la voce di Jean chiamarmi.

"Hey, Eren!"

"Ciao, Jean.. "

"Vieni di qua, abbiamo un salotto per gli ospiti."

"Va bene... Signorino " Bisbigliai l'ultima parola, lui dovette sentire qualcosa, perché si girò a guardarmi con aria infastidita.

"Cosa?"

"Ho, niente, niente. Dicevo... è proprio grande questa villa!"

"Può darsi, ma non serve a niente avere una casa grande quando è sempre vuota."

Entrammo in una stanza dalle pareti coperte da carta da parati blu, al centro della quale si trovavano due eleganti divanetti in stile europeo, anch'essi sulla tonalità dell'azzurro. Mi fece segno di sedermi su uno di essi, mentre lui prese posto sull'altro. La testa stempiata di un uomo fece capolino dalla porta, rivolgendoci una domanda, la voce era la stessa che aveva risposto al citofono.

"Desiderate che vi porti qualcosa da bere?"

"Due coca cola, grazie!" Tagliò corto Jean.

Appena se ne andò non riuscii a trattenermi. "Era il vostro maggiordomo, quello?"

"Sì, ma non è di lui che dobbiamo parlare. Avanti, cos'è questa storia di Mikasa, non sei innamorato di lei?

Mai avrei pensato di dover parlare a quella faccia da cavallo viziata riguardo quello che stava succedendo nella mia vita, ma sentivo che quella fosse la scelta migliore, ora come ora..

"Io voglio molto bene a Mikasa, ma non riesco ad amarla come lei vorrebbe. Mi sento come se la stessi prendendo in giro quindi, Jean, sono qui perché penso sinceramente che tu potresti andare bene per lei. Insomma.. se tu la ami.. è meglio che stia tu al suo fianco, invece di me"

Il ragazzo strabuzzò gli occhi, ma si ricompose subito. "Ehm... certo, certo che io posso andare bene per lei! Non vedo come possa sfiorarti il dubbio che non sia così!". Aveva cercato di dare alla sua voce un po' di contegno, ma le mani gli tremavano leggermente per l'emozione.

Non potei fare a meno di ridere sotto i baffi, dopo aver visto la scena.

-Chissà, forse starà pensando di stare sognando ad occhi aperti.-


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