Capitolo IV


«Ti ha... salvato di nuovo, quindi.»

«Non so come fa a trovarmi sempre. Sembra quasi che mi abbia messo un radar attaccato al culo. Io sono in pericolo e lui arriva», rispose Tony, mentre ridacchiava e scuoteva la testa, infilando poi in bocca un grosso pezzo di pomodoro.

Peter non seppe che dire. Non aveva messo alcun localizzatore sui vestiti di Tony o sul suo zaino, eppure quando c'era qualche pericolo, lui era sempre lì e... lo salvava, ogni volta.

«Tu te le vai a cercare un po', però», gli fece notare e Tony alzò le spalle.

«Sto solo cercando di fare il mio lavoro con quella specie di armatura che voglio finire di costruire. Sono stufo di farmi salvare da Spider-Man, vorrei farlo da solo le prossime volte».

«Secondo me gli spezzi il cuore, se diventi autosufficiente. Sono convinto che quel tipo abbia una specie di cotta per te. Non ho mai sentito nessuno aver avuto un numero di incontri con lui, pari ai tuoi», rispose, cercando anche un po' di tastare il terreno. Sapeva di essere estremamente ridicolo quando elaborava certi pensieri, ma quanto era vero che sotto a quella maschera riusciva a dire un sacco di cose che Peter Parker non sarebbe mai riuscito a dire?

Tony parve prendere sul serio quel fatto. Smise di masticare e lo guardò alzando un sopracciglio: «Che cavolo dici? Spidycoso che ha una cotta per me? E perché dovrebbe mai?».

«Non lo so, da quello che racconti sembra ci trovi gusto a salvarti, Tony», rispose Peter e sinceramente odiava trovarlo in pericolo ma salvarlo e vedere quell'espressione fintamente da duro che metteva su, che nascondeva una riconoscenza immensa, era sempre una soddisfazione.

«Non è che sei geloso, Parker?», constatò Tony, con un sorrisetto. «Dì la verità, vorresti che Spider-Man salvasse anche te, anche solo una volta.»

«Ah, accidenti. Non aspetto altro, Tony, davvero», rise nervoso, cercando però di camuffare quell'azione e farla sembrare ironica, ma non lo era. Non lo era, cazzo!

«Allora esci con me, un pomeriggio. Visto che a quanto pare ci ho fatto l'abbonamento, magari ci salva a tutti e due, che ne dici?», propose Tony e quelli erano i momenti in cui Peter non sapeva se stesse scherzando o meno e quando lo vide abbassare la testa e nascondere il viso dietro al bricchetto del succo di frutta, seppe che forse era serio ma si era pentito l'anima di averlo detto.

«N-non voglio... rendere la vita di Spider-Man più complicata di quel che possa già essere. Insomma, un conto è salvare te, un conto è salvare uno... sfigato come... me», non bene Peter, NON BENE! , pensò e seppe di non aver migliorato la situazione imbarazzante che si era appena creata.

«Smettila di trattarti come se non valessi niente, Peter», lo redarguì Tony, riemergendo dal suo succo con un'espressione dura, «Sai che non lo sopporto, quando ti autodistruggi così».

«S-scusa, è... l'abitudine. Sai che ci sto lavorando, a questa cosa dell'autostima ma... non funziona sempre.» Quanto era cambiato il loro rapporto, dai primi giorni. Se prima lo denigrava e lo insultava per come lavorava, ora lo redarguiva per il suo modo di auto criticarsi. E in Peter cresceva di più la convinzione di avere una cotta gigantesca per lui.

«Tu pensa che se fossi una specie di nullità non sarei tuo amico, non ti basta?», gli disse Tony, semplicemente, poi si alzò in piedi e sembrò volergli dare una pacca sulla spalla, che Peter era pronto a ricevere, ma quell'altro parve cambiare idea e sospirò: «Vado a casa, prima di combinare qualche casino e dover chiamare il mio babysitter per l'ennesima volta.»

«Ti fa piacere, dopotutto», azzardò Peter, con un sorrisino, e fu certo che ora come ora Tony gli avrebbe dato un pugno in faccia e invece, inaspettatamente, sorrise leggermente, arricciando poi le labbra.

«Un po'. Non è da tutti e sinceramente io sono troppo oltre per non meritarlo», gli rispose, prima di sistemarsi meglio lo zaino sulla spalla. «A domani, Peter».

«Sì, a domani.»

•••

«Cos'è che fai in giro a quest'ora? Guarda che sta facendo buio e tu dopo il tramonto ti infili in qualche guaio. È la regola, ormai!», gli disse, quando gli si parò davanti a testa in giù e Tony fu costretto a fermarsi, reprimendo probabilmente un urlo spaventoso.

«Tu non ce l'hai una casa, Spider-Man?», gli chiese, e Peter rise dietro la maschera, cercando di essere meno Parker possibile.

«Ce l'avrei, ma devo vigilare o non sarei un degno amichev-»

«Amichevole Spiderman di quartiere. Ormai la sanno anche i muri, questa filastrocca. Sei sicuro di non avermi seguito e di avermi trovato per caso? Comincio a credere che tu sia una sorta di stalker o giù di lì», lo accusò Tony e se non lo avesse conosciuto bene, avrebbe detto che era serio. Serio per davvero.

«Sei tu che sei ovunque! Insomma, io giro per il quartiere e tu sei esattamente dove sono. È inquietante.»

«Il mio migliore amico pensa che tu abbia una cotta per me. Inizio a pensare che abbia ragione», bofonchiò Tony e Peter, ancora appeso a testa in giù, quasi cadde per la sorpresa.

Aveva davvero detto migliore amico? Aveva davvero appena detto a Spider-Man che era convinto avesse una cotta per lui?

Quindi Peter Parker era il suo migliore amico e... lo ascoltava quando parlava, se aveva ripetuto quello che gli aveva detto poco prima. Bene, qualcuno avrebbe dovuto ricordargli come si respirava.

«Magari è lui ad avere una cotta per te», ridacchiò Peter e invece avrebbe voluto sprofondare per aver azzardato quella frase.

Un conto era sapere cosa Tony pensasse di Spiderman, che non aveva una vera e propria identità, un conto era conoscere la verità sui sentimenti che provava invece per lui. Avrebbe voluto riavvolgere il tempo e smetterla di dire stronzate.

Tony parve sussultare leggermente, davanti a quella verità e si ammutolì, irrigidendo la mascella; dopodiché sbuffò impercettibilmente e lo superò, apparentemente offeso.

Peter lo seguì, scendendo dalla ragnatela e camminando accanto a lui.

«Ehi, stavo scherzando! Insomma, chi lo conosce a quel tipo», rise ancora.

«Io, e sentirti fare certe battute senza conoscerlo non mi fa piacere, ragno deforme.»

«Mi stai insultando», e mi stai anche difendendo..., pensò Peter, continuando a seguirlo e girandogli praticamente intorno come un segugio.

Se lo poteva permettere. Quando era Spiderman poteva permettersi un sacco di cose che Peter Parker non poteva

Non aveva paura di essere respinto da Tony, quando era in quelle vesti dopotutto. Per quello gli riusciva così naturale scherzarci.

L'altro ragazzo si fermò e sbuffò, puntandogli poi un dito davanti la faccia, facendolo sussultare leggermente per lo spavento.

«Senti, che cosa vuoi? Sto tornando a casa, così che non mi succederà niente e non dovrai salvarmi la vita per la quarta volta, questa settimana. Non sei contento, che ce la sto mettendo tutta per sparire dalla tua vita?», grugnì Tony, come al solito dicendo cose tenere con un tono di voce estremamente irritante. Era troppo difficile mostrare cosa davvero gli passava per la testa, eppure Peter in quegli occhi circondati dalle ciglia lunghe ci vedeva sempre un mare di cose diverse.

«Non tanto. Mi stavo affezionando», gli rispose, baldanzoso e video Tony aprire leggermente la bocca, indignato ma anche reprimere un sorrisetto divertito. Fu una grossa soddisfazione, «Dai, scherzo. Se ci incontriamo praticamente sempre, ci sarà un motivo. Non lo pensi anche tu? Non so nemmeno il tuo nome», mentì.

«E preferirei che non lo sapessi o, per come sei fatto, inizieresti a urlarlo per la strada facendomi fare certe figure di merda che... solo al pensiero mi viene la nausea», commentò Tony, fermandosi e incrociando le braccia al petto e Peter tornò ad osservare la sua espressione per studiarne ogni pensiero e quando stava per aprire bocca, con il desiderio di dirgli che conosceva già il suo nome, qualcosa esplose poco lontano.

Peter lo prese, immediatamente. Gli circondò un braccio intorno alla vita e tirò una ragnatela sul tetto di un negozio di alimentari poco lontano, mentre le automobili parcheggiate iniziavano a suonare per via degli allarmi, rendendo i suoi sensi ancora più fastidiosi.

Si issò verso il tetto della struttura, con Tony visibilmente confuso da quel fatto, stordito da tutti quei rumori e dallo spavento che quel boato gli aveva sicuramente procurato.

«Devo portare un po' sfiga», ironizzò il giovane, mentre Peter non si decideva a lasciarlo andare, troppo impaurito all'idea che potesse succedergli qualcosa o, peggio, che potesse sfuggire dalla sua visuale. «Che accidenti sta succedendo?».

«Non lo so», rispose Peter, lapidario, poi lo fece adagiare a terra e se ne andò, promettendogli che sarebbe tornato a riprenderlo poco dopo e di non muoversi da lì.

Si ritrovò dunque disperatamente a saltare da un palazzo all'altro, seguendo il fumo che si alzava nel cielo, poco lontano e raggiunse così lo stadio di New York, scoprendo che un bel pezzo della zona nord era in fiamme. Scese in strada e chiese a un poliziotto cosa fosse successo.

«Pare che sia esplosa una bombola di gas, per ora l'attacco terroristico è escluso, ma ci sono ancora tante persone dentro. Puoi fare qualcosa?»

Lui annuì risoluto. «Sì, penso di sì!», e si precipitò subito dentro, tra il fumo e le fiamme, coprendosi la bocca con un pezzo di stoffa, perché la maschera non era abbastanza. Cercò di non respirare troppo e, per fortuna, individuò subito le persone in pericolo. Ringraziò il cielo di avere una forza superiore al normale e se li caricò in spalla, portandoli tutti fuori, al sicuro. Erano dei giocatori che stavano facendo degli allenamenti e che si erano ritrovati in mezzo alle fiamme ma non all'esplosione, per fortuna.

Quando uscì fuori, tutti fecero un applauso ma, il suo pensiero, andò a Tony e, non seppe perché, ma i suoi sensi di ragno, invece di attenuarsi, si erano improvvisamente fatti più forti.

Ebbe un brutto presentimento.

Fine Capitolo IV

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top