Capitolo III
Capitolo III
«Okay! Okay! Tutto figo, tutto entusiasmante e ammetto che la cosa sia anche divertente ma... che accidenti ci devi fare con un radar termico, Parker? I terroristi li impiantano nei missili terra-aria, la polizia li usa per cercare persone scomparse e piantagioni illegali di marijuana negli appartamenti. Senza offesa, ma non sei né un terrorista né un poliziotto!», esclamò Tony, per nulla coerente con quello che stava dicendo, siccome nel frattempo era intento a costruire insieme a Peter proprio il radar che gli aveva chiesto.
Peter alzò le spalle, cercando di risultare il più neutrale possibile, mentre pensava: sono Spider-Man, a qualcosa mi servirà pure, no?
«Non lo so. Queste cose mi hanno sempre affascinato. Te l'ho detto, pura curiosità. Non pensavo che ci saremmo messi a costruirne uno.»
Tony alzò un sopracciglio: «Solo perché sembravi più che curioso...», ammise.
«E tu estremamente divertito dalla cosa.»
Tony sollevò le spalle, e con sorrisetto rispose: «Una volta ne ho costruito uno per Cap. Ne aveva bisogno per una missione importante in Germania. Gli serviva qualcuno in grado di realizzarne uno velocemente e scelsero me. Per quello ora sono qui, a fare da mentore ai nerd come te, Parker.»
«Cap? Captain America? Siete così in confidenza da chiamarlo addirittura con un diminutivo?», domandò Peter, ignorando il fatto che gli aveva appena dato del secchione.
«Geloso?», domandò Tony, e lo guardò con finta aria di sufficienza, «Dopo quella richiesta ha iniziato spesso a chiedermi aiuto. Mi ha praticamente visto crescere qui dentro. Mio padre, quando ero piccolo, mi parcheggiava qui, ed io me ne andavo in giro a sperare di trovare qualcosa di divertente da fare».
«E lo trovavi?»
«Mi arrangiavo. Sono figlio unico e arrangiare è sempre stato un po' l'unico modo per far passare il tempo», rispose Tony, tornando poi ad avvitare dei bulloni molto piccoli intorno al supporto di legno.
«Ti capisco. Sono figlio unico anch'io. Ho sempre cercato di divertirmi come potevo. Leggevo, più che altro. Così tanto che per anni ho dovuto portare gli occhiali da vista», raccontò Peter, benedicendo col cuore il fatto che, il morso del ragno, gli aveva anche aggiustato la vista.
Uno degli aspetti positivi dei suoi poteri. Lo doveva riconoscere.
«Come», esordì Tony, senza guardarlo, continuando ad usare il cacciavite, «Come mai sei orfano?»
«Un incidente aereo... durante un viaggio di lavoro. Dovevo andarci anche io ma ero troppo piccolo, aveva due o tre anni», spiegò, senza alcun problema nel farlo. Non lo era mai stato, indubbiamente, però si rendeva conto che spesso per gli altri era difficile da digerire, una prospettiva simile.
«Deve essere stato un duro colpo, immagino.»
«Non me li ricordo nemmeno...», mormorò, ed odiava dirlo. Odiava dover puntualizzare che, sì, gli mancavano ma che no, non ci soffriva poi così tanto.
Zia May era sempre bastata; era stata in grado di fare da madre, padre, sorella e migliore amica. Più di quello Peter non avrebbe mai potuto chiedere e si sentiva persino più fortunato di molte altre persone.
Non tutti potevano vantare di avere così tanto, e Tony era tra questi. Il rapporto con suo padre era chiaro: non andavano d'accordo e non c'era verso che lui vedesse quel rapporto diverso da una competizione, dunque non si sarebbe mai sentito abbastanza, di fianco a lui – e solo di fianco a lui, perché non esisteva comparazione. Dunque si sentiva superiore agli altri, si sfogava su di lui mostrandosi abile e saputello, solo per sentirsi bene.
Tony sospirò e non disse nulla, e Peter volle vederlo come un gesto di rispetto nei confronti di quello che gli aveva appena detto ma, dopo quella frase, sembrò ammorbidirsi. Non lo sgridò più per come stava lavorando – nemmeno gli fece i complimenti, ma già non essere insultato era un gran bel passo avanti, dopotutto. Non era mai successo da quando aveva iniziato L'internship.
«Senti, faccio una pausa, okay? Continua tu, per un po'», disse improvvisamente, visibilmente scosso, alzandosi in piedi. Peter seguì quell'azione con lo sguardo, guardandolo un po' confuso.
«Sì, okay, ma... sicuro che puoi lasciarmi fare tutt-»
«Sei perfettamente in grado di andare avanti, Parker. Sto fuori giusto cinque minuti per un caffé.»
«D'accordo», mormorò, annuendo.
Tony poi si avvicinò alla porta, fermandosi e esitando un attimo poi si girò. «Vuoi qualcosa?», chiese, un po' impacciato.
Peter ci pensò su, poi sorrise. Tony distolse lo sguardo. «Ma sì, magari un succo di frutta alla pera, se c'è. Tieni, ti do i sol-»
«No», lo interruppe, bruscamente. «Offro io», e Peter seppe che quello era il suo modo di chiedergli scusa. Sorrise e si rimise al lavoro.
ᏖᎧᎮᏋ
Quando Peter uscì dalla sede degli Avengers, tutto contento per come stavano andando le cose – insomma, non che ci fosse stata chissà che novità, ma non essere insultato da Tony e ricevere pure un succo di frutta come premio gli aveva rallegrato la giornata e, sinceramente, quando era in quello stato aveva ancora più voglia di dedicarsi alla sua mansione secondaria, ovvero quella di garantire l'ordine pubblico attraverso Spider-Man. Si infilò in un vicolo, si tolse i vestiti, li infilò nello zaino – che poi nascose in un cassonetto e, infilando la tuta, non perse tempo a salire su un palazzo e farsi scivolare di qua e di là dalle sue ragnatele. Era sul tetto del mondo, ogni volta che si metteva a saltare così, guardando tutti dal basso, in quella che era la sua attività preferita: volare. Da quando era Spider-Man, quella cosa di stare così in alto, gli dava un senso di libertà e, un po', anche di potere, sebbene non fosse proprio il tipo da sentirsi il capo di nessuno.
Poi scese giù, più in basso e vide le persone camminare per le strade, tranquille, così andò a cercarsi i vicoli più bui e pericolosi della città e fu lì che lo vide.
Se ne andava in giro con le mani nelle tasche, un'aria cupa e arrabbiata e tirava calci a una bottiglia vuota. Era Tony che gli aveva detto che il suo autista lo stava aspettando fuori, così si era sbrigato ad andare via.
Bugia , l'ennesima. Era ovvio che era scappato via, siccome era probabile che quella giornata – e soprattutto aver saputo che era orfano, lo avevano destabilizzato.
Lo seguì un po' con lo sguardo, poi vide dei tizi avvicinarsi a lui, da dietro, ma Tony aveva le cuffie e un'aria troppo distratta per accorgersene. I sensi di Peter sfarfallarono fortissimi, specie quando vide uno di quelli tirar fuori un coltellino svizzero.
Volevano rapinarlo.
Si appostò su un tetto, seguendo i loro movimenti e, quando uno di loro posò una mano sulla spalla di Tony e lo girò bruscamente, quest'ultimo schivò appena in tempo un pugno, con dei riflessi che Peter non avrebbe mai immaginato gli appartenessero.
«Oh, santo cielo, ve n'è servito di tempo per attaccare. Sono venti minuti che mi seguite», sbuffò, contrariato e Peter rimase sconcertato da quell'affronto. Li stava provocando? Lui, solo contro quattro persone?
Il malvivente rise e, senza nemmeno rispondere, provò ancora a colpirlo, ma Tony gli fermò il braccio con una mano, senza però riuscire a schivare poi un pugno nello stomaco e fu lì che, infine, Peter si sentì in dovere di intervenire. Scese giù con un balzo, mettendosi tra i due e, quelli, si bloccarono. Tony fece lo stesso, a terrà, mentre si teneva lo stomaco con il braccio e tossiva.
«Ehi. Non mi pare il posto giusto per fare due chiacchiere, questo!», esclamò e, quelli, senza dire una sola parola, scapparono via, conoscendo evidentemente la fama di Spider-Man nel quartiere. Quando si assicurò che tutti si erano defilati senza voltarsi indietro, si voltò sospirando verso Tony, e gli stese la mano, che lui prese con riluttanza, ancora mezzo malconcio
«Stronzi. Mi seguivano da un sacco», mormorò.
«E tu perché ti sei infilato in questo vicolo se sapevi che eri in pericolo?», chiese Peter, e l'altro sputò per terra, digrignando poi i denti per il dolore.
«Perché pensavo che si sarebbero stufati prima. Io devo farla per forza, questa strada, per andare a casa», un'altra bugia, e Peter si ammutolì, anche se dietro la maschera aveva un'espressione indecifrabile, probabilmente.
Insomma... Tony aveva voglia di litigare e si era fatto seguire di proposito? Senza contare minimamente che era in minoranza e che le avrebbe prese? Questo sottolineava la sua teoria che Tony fosse un po' sotto stress e una bomba ad orologeria pronta ad esplodere. Insomma, aveva bisogno di discutere con le persone e siccome quel giorno non ci era riuscito con lui, aveva creato un diversivo pericoloso.
Gli fece tristezza.
«Comunque... sei di nuovo qui a farmi da babysitter, eh? Non manchi un appuntamento. Immagino che debba ringraziarti», disse poi, un po' incerto, visibilmente incapace di dire spesso quella parola e Peter dovette fingere che non fosse rimasto sconvolto dalla cosa.
«Figurati! Piuttosto non metterti più in certi casini, okay? Non posso essere sempre nei paraggi a salvarti!», esclamò, con le mani ai fianchi. «Ora vattene a casa e medicati. Non dovrebbe essere niente di grave, ma non sottovalutarla.»
«Certo, mammina!», sorrise Tony, con fare strafottente, «Potrò dire di essere stato salvato due volte dal supereroe freelance per eccellenza, a quanto pare.»
«Pff, dire che ti ha salvato Spider-Man è troppo difficile che esca da quella boccuccia, eh?», lo provocò e si sorprendeva sempre quando accadeva in quel modo naturale quando portava quella maschera.
«Non sei un Avenger, dunque sei un freelance, no?»
«No, non sono un Avenger», confermò, raccogliendo la provocazione e Tony, dopo un momento di esitazione, rise di gusto. Non lo aveva mai visto così.
E, ciò che lo sconvolse di più fu che, nei giorni successivi, parve quasi che si facesse trovare nelle situazioni più assurde, dopo l'Internship, apposta per farsi salvare da lui, che ormai aveva preso il vizio di seguirlo, non potendo credere che lo facesse davvero per quello.
E, la cosa buffa, fu scoprire che quel lato di Tony, quello che tirava fuori con Spider-Man, gli piaceva da morire e che, con Peter, le cose stavano andando comunque meglio ma niente, ma proprio niente, poteva paragonarsi a quello che Tony e Spider-Man avevano creato: complicità e ironia, un mix letale di cui, a quanto pareva, nessuno dei due poteva più fare a meno.
E Peter seppe di essere nei guai.
Fine Capitolo III
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