Capitolo 9
Casey era impegnata a parlare e ad aiutare i passeggeri che messi in fila uno dietro l'altro attendevano il loro turno per attraversare il varco e dirigersi verso la zona controlli. Peter invece, mentre controllava sullo schermo il contenuto delle valigie che passavano sul rullo, le indirizzava delle occhiate fugaci di tanto in tanto, ossessionato dall'idea di poterla almeno guardare da lontano, quando lei cercava di tenerlo sempre a debita distanza. Nonostante si irritasse ogni volta che qualcuno di sesso maschile che non fosse lui, le si avvicinava, Peter non riusciva a smettere di ammirarla, come se non fosse già stata sua, come se fosse solo la ragazza per cui aveva una cotta da una vita che non lo degnava di uno sguardo, e che mai gli avrebbe rivolto la parola. In realtà, per quanto provasse a non considerarla, la verità era ben diversa.
John invece, che aveva fatto da supporto ad un agente della finanza che aveva appena terminato di perquisire una donna, adesso camminava verso di lui, con un'aria pensierosa e un'espressione sconsolata che Peter notò subito. Quel giorno John sembrava diverso: le sue battute e la sua solita allegria contagiosa sembravano averlo abbandonato ad un'ambigua tristezza. Così Peter, che adesso aveva spostato con grande fatica la sua attenzione da Caesy al suo amico, aveva un'espressione confusa, le sopracciglia aggrottate e la bocca serrata. Analizzò attentamente ogni suo movimento mentre eseguiva un test antidroga ad una valigia, poi l'allarme emesso da un metal detector poco più distante da loro, richiamò la sua attenzione. "Tutto bene?" chiese premuroso. John lo guardò perplesso, poi dopo alcuni secondi d'esitazione, rispose "Sì, certo".
Peter colse un sottile velo di nervosismo nella sua risposta, ma nonostante ciò, fece finta di niente e continuò a lavorare. Solo qualche attimo, e John richiamò di nuovo la sua attenzione, accorgendosi di come imbambolato il suo amico stesse guardando da lontano Caesy.
Senza nemmeno riuscire a filtrare le parole che formularono la sua domanda, John aprì bocca in quell'esatto istante "Se Caesy... Be' ecco, se lei mostrasse interesse per me, come la prenderesti?".
Peter, alle parole Caesy e interesse sbarrò gli occhi, e con la fronte corrugata diede chiara dimostrazione del suo stato di shock.
"Cosa?!" quasi strillò confuso. "Anzi, non è questo che voglio sapere. Be' ecco, se io, o Evan, o qualunque altro tuo amico, dovesse mostrare interesse per Ceasy, come la prenderesti?" fu più diretto il moro.
"Devi forse dirmi qualcosa amico?" chiese confuso innervosendosi un po' Peter. "No Pet, sta' tranquillo, non sono affatto interessato a Caesy, e nemmeno Evan sicuramente... Adesso, rispondi alla mia domanda?" lo invitò John. Il soldato dai capelli biondi rimase per qualche attimo in silenzio, confuso e impegnato a riflettere sulla sua risposta, poi finalmente parlò "Probabilmente impazzirei al tentativo di approccio da parte di qualsiasi ragazzo" fu sincero. "Ma se fosse un tuo amico?" continuo insistendo John. "Sul serio amico, c'è qualche problema?" chiese di nuovo. "Pet, rispondi e basta" lo incitò ancora una volta il moro.
Peter sbuffò, non riuscendo a capire che razza di domande gli stesse facendo John. Lo guardò con un'espressione più che solo preoccupata, poi finalmente rispose "Credo che potrei ucciderti, sì conoscendomi sarei capace di fare cose assurde per lei" fu sincero, ma il sorrisino che fece subito dopo, aiutò John a non sentirsi minacciato, considerato che colei a cui stava pensando, non era affatto Casey.
Ma la risposta di Peter non lo fece sentire meglio per niente. Anzi, aveva alimentato la sua rabbia, e lo aveva fatto sentire più triste e confuso di quanto si sentisse già. Rimasero entrambi in silenzio per un paio di secondi, poi John sospirò, e ricominciò a parlare "Non ti biasimerei" disse solo, mantenendo lo sguardo verso il basso e aspettando che il test antidroga che agitava desse i suoi risultati. Peter gli lanciò un'occhiata minatoria, che John non notò nemmeno, sempre più confuso e preoccupato dallo strano comportamento del suo amico. "John" lo chiamò "Mh?" rispose il moro mentre trafficava con i vari risultati dei test appena fatti. "C'è qualcosa che vuoi dirmi?" gli chiese, così il ragazzo ritornò a guardarlo "Te l'ho già detto Pet, puoi stare tranquillo, non mi riferivo sul serio a Caesy" disse di nuovo. "Non sto parlando di Caesy, ma di te. Che ti succede? Sei silenzioso e non fai altro che fare e dire cose insolite..." ritentò il ragazzo.
Ma John non fece in tempo nemmeno a pensare ad una risposta, che la sua attenzione fu completamente rapita dall'arrivo di Hazel, che intenta a spingere un passeggero in carrozzina verso il varco prioritario, scambiava qualche parola con lui. John catturò come in una fotografia la sequenza di ogni suo movimento, dimenticandosi dei test antidroga e del suo amico lì di fronte a lui, che attendeva ancora una risposta. La vide sorridere all'uomo che aveva appena affidato ad un membro dell'American Red Cross, il che gli provocò una fitta forte al cuore, che pochissime volte nella sua vita aveva avuto l'occasione di provare.
Nel frattempo Peter che aveva assistito a tutta la scena, stava cominciando a capire. All'improvviso tutto gli sembrò più chiaro e imbarazzante. Colei per cui John provava interesse, che nel suo esempio di poco prima aveva identificato con Casey, sembrava essere invece Hazel.
Così a John piaceva Hazel, ma a lei non piaceva John. E a peggiorare la situazione c'era Evan, che sembrava avvicinarsi sempre di più a lei, alimentando inconsapevolmente il malessere di John.
A Peter sembrò quasi di essersi ritrovato in uno di quei scontatissimi film dalle trame comiche. Guardò prima John, imbambolato, poi la ragazza, che nemmeno lo aveva notato, ed ecco che spostò lo sguardo di nuovo sul suo amico, che adesso scuoteva la testa facendo cenno di no rapidamente proprio come un matto. Peter rise, ma non aveva idea di dove li avrebbe trascinati quel casino.
Esausta, dopo ben 8 ore infinite di lavoro, camminava spedita verso l'uscita dell'aeroporto. La zona arrivi, nella quale si trovava adesso, era ancora affollatissima, e una fiumana di gente che aveva appena rivisto coloro che li attendevano da ore davanti alle porte, si stava spostando velocemente verso il parcheggio. Hazel invece, aveva appena stravolto il suo vestiario: indossava una felpa lasciata aperta, sopra la sua delicata ed elegante camicia bianca, sulla quale era ancora fissato il suo tesserino con una spilla, teneva penzolanti i suoi tacchi per fortuna non troppo alti in una mano, mentre ai piedi portava le sue converse decisamente più basse, comode e calde. La temperatura a Santa Ana era solita scendere precipitosamente con il tramonto, ed Hazel, che soffriva il freddo perfino d'estate, non avrebbe sopportato nemmeno quella leggera frescura tipica della sera, dentro il suo tailleur elegantissimo e bellissimo, ma pur sempre troppo leggero e scomodo. Uscita dall'enorme struttura, si sedette su una panchina vuota davanti alla fermata del bus, in attesa che quest'ultimo arrivasse. Estrasse il suo cellulare dal suo zainetto, e per un momento rimase ferma a fissare il suo riflesso sullo schermo spento. I capelli scompigliati in uno chignon precedentemente perfetto, che aveva comunque resistito a lungo per tutta la giornata, gli occhi stanchi e arrossati, il naso rosso dovuto al freddo, e il rossetto rosa che aveva sistemato subito dopo il pranzo, ancora in perfetto stato sulle sue labbra carnose. Sorrise a se stessa, felice di esser riuscita ad affrontare al meglio anche quella stancante giornata. Poi lo schermo si illuminò, e il nome di Ian le apparve in grassetto nell'anteprima di un messaggio.
"Ho affittato un film! Hai da fare stasera o non ti perderesti mai una serata a casa con il tuo fratellone?"
Hazel accennò un altro sorriso, il viso illuminato dalla luce artificiale del suo cellulare, poi rispose velocemente al messaggio.
In quell'esatto momento uno squadrone di ragazzi in divisa, attraversò le porte a qualche metro di distanza dalla ragazza seduta tutta sola su una panchina. I ragazzi, che avevano anche loro appena finito il loro turno di lavoro, erano tutti impegnati a parlare e scherzare tra loro, gli zaini pesanti in spalla e la stanchezza sui loro volti.
John, impegnato a ridere ad una battuta di Chris, accanto a lui, la notò subito da lontano, sebbene il suo volto fosse in parte nascosto dal cappuccio della felpa. Gli occhi gli si illuminarono improvvisamente, e senza pensarci un secondo di più, d'istinto si diresse verso di lei, allontanandosi dai suoi amici.
"Hazel!" la chiamò da lontano, mentre continuava a camminare. Lei alzò lo sguardo di colpo, si guardò intorno e poi fu catturata dalla figura di John che correva verso la sua direzione. Sorrise, e quando le fu accanto si alzò.
"Hey" lo salutò. "Non ti ho più vista in giro oggi" mentì, sorridendole gentile. "Oh niente varco insieme a Caesy oggi! Mi hanno messa al check-in, e poi allo smistamento bagagli. E tu? Niente di interessante oggi?" le chiese curiosa sfiorandogli una spalla. "Abbiamo fermato un po' di gente, ma niente di troppo entusiasmante" le spiegò.
La ragazza annuì in silenzio, poi John riprese a parlare "Bella la nuova divisa!" esclamò, indicando il completo della ragazza, le converse consumate abbinate ai collant che rappresentavano un vero tocco di classe.
Hazel scoppiò a ridere, arrossendo leggermente "Ti piace?" chiese sistemandosi il colletto della camicia, e guardandosi le gambe.
"Davvero molto elegante e femminile!" scherzò John, che la ammirava ridendo. "Dovresti provarci anche tu, penso che un paio di converse abbinate alla tua divisa la renderebbero molto più particolare!" gli consigliò ironica. John rimase a fissarla "Non credo che il mio superiore me lo permetterebbe mai" disse mentre continuava a ridere divertito.
I due rimasero a fissarsi per un paio di secondi senza dire una parola. John avrebbe voluto dire qualcosa, o ancora meglio fare qualcosa, ma sembrava non riuscire in nessun modo a smettere di guardarla, i suoi occhi ambrati puntati dritto in quelli della ragazza molto più scuri, il sorriso sincero sulle sue labbra, e la mano sudata che non riusciva a far smettere di tremare.
Era nervoso, agitato, ma anche felice. Avrebbe voluto invitarla ad uscire, o chiederle il numero. Un forte impulso continuava a tentarlo a baciarla, stringerle il viso gelido fra le sue enormi mani, poggiare la sue morbide labbra sulle sue, e iniziare a baciarla come se mai più al mondo gli sarebbe ricapitato. Voleva sentirla fremere sotto il suo tocco, procurarle un po' di calore in quella serata così stranamente fredda, avvertire il suo sapore, e sentirsi invaso dal suo profumo. Le guance di lei si imporporino velocemente dall'imbarazzo. Non sapeva cosa dire o cosa fare, nemmeno lei.
Poi un rumore acuto richiamò l'attenzione di entrambi, e quando John vide il bus che Hazel stava aspettando, parcheggiare proprio di fronte a loro, si sentì morire.
"Devo andare" annunciò poi la ragazza sistemandosi lo zainetto su una spalla, e riprendendo le sue scarpe poggiate poco prima sulla panchina.
Si alzò in punta di piedi, e mentre John sembrava paralizzato, lo salutò con un veloce ma dolce bacio sulla guancia. "Notte" gli disse, e così John sembrò finalmente sbloccarsi. "Buonanotte" rispose poco dopo, accennando un sorriso deluso.
Si maledì per esser stato tanto stupido, per non aver seguito il suo istinto e aver colto l'occasione per fare qualcosa, mentre la guardava prendere posto su un sedile attraverso il parabrezza del bus.
Come sempre, era in ritardo. Da quando si erano accorti dell'ora che si era ormai fatta, ovvero quella in cui il furgone dell'esercito di solito veniva a riprenderli, Peter non aveva smesso neanche per un secondo di imprecare contro il suo amico. "Tu hai seri problemi con il tempo!" gli aveva detto, "Devi smetterla di dimenticarti degli appuntamenti, se ti danno un orario tu devi essere lì puntuale!" aveva continuato, "La prossima volta ti lascio da solo e vado via, non puoi far arrivare sempre in ritardo anche me!" aveva appena finito di dire. D'altra parte Evan, che era abituato a sentire questo genere di lamentele da una vita, nemmeno si preoccupava di rispondergli, e quasi lo ignorava. Aveva roteato gli occhi in segno di noia, e poi si era voltato verso il suo amico per dirgli qualcosa. "Vedi? Devi rilassarti, sono ancora tutti qui" gli disse, facendolo innervosire ancora di più.
Vide lo squadrone al completo a pochi passi da loro attraverso l'enorme vetrata dell'aeroporto, e fu un sollievo per lui sapere che non se ne fossero ancora andati, nonostante cercasse di sembrare molto più tranquillo e sicuro di sé agli occhi di Peter. Vide una vettura enorme passare davanti ai suoi occhi, pensò fosse il loro furgone, e per un attimo fu felice di esser riuscito ad arrivare in tempo, poi capì che in realtà si trattava solo del bus che si stava parcheggiando proprio davanti le porte dove erano diretti.
Mise a fuoco la scena davanti a lui, e quando si accorse di John ed Hazel intenti a ridere come due amici di vecchia data, si paralizzò all'istante.
La vista gli si annebbiò d'un tratto, giusto il tempo di metabolizzare ciò che stava accadendo, per poi notare Hazel salire sul suo bus e andare via.
Confusione, pentimento e un pizzico di gelosia: furono queste le sensazioni che Evan riuscì a decifrare a mala pena. Stava ancora lì fermo davanti l'uscita della struttura, mentre Peter aveva ormai raggiunto John, ed Hazel era già andata via insieme al suo bus, e non riusciva a muoversi, a parlare. Così era questo l'effetto che Hazel Donovan gli faceva. Riuscì a pensare solo a questo, a lei, che era riuscita a confonderlo, che adesso che se n'era andata, gli aveva fatto rimpiangere di non averla cercata durante la giornata, per continuare la loro conversazione di quella mattina. A lei che aveva lasciato da sola richiamato dall'emergenza lanciata proprio nel bel mezzo della loro chiacchierata. A lei che era riuscita a renderlo geloso semplicemente parlando con qualcuno che non era lui. A lei, che ne era sempre più convinto, era davvero incredibile.
Con il suo vassoio ancora vuoto si diresse verso il bancone della mensa, certo che se non avesse messo qualcosa fra i denti, sarebbe potuto svenire da un momento all'altro. L'odore di stufato di carne, mescolato con quello di decine di altre pietanze, lo invase, nonostante la mensa della caserma, non fosse proprio famosa per la sua cucina eccezionale. Ma quando si trattava di cibo, specialmente dopo una giornata trascorsa completamente a digiuno, Peter non capiva più niente. Un po' come quando si parlava di Caesy, dei Los Angeles Rams, la sua squadra di football preferita, e della boxe. Era un ragazzo determinato come pochi, e sebbene fosse incline all'intraprendere spesso le strade meno difficili, una volta raggiunti i suoi obbiettivi era sempre piuttosto prefissato al garantirseli, lavorando sodo e intestardendosi che niente e nessuno avrebbe più potuto portargli via i risultati ottenuti. Un po' come adesso, che era piuttosto deciso ad accaparrarsi le ultime patate al forno rimaste nel vassoio. Si precipitò davanti al bancone, e quando vide Evan dietro ad esso, intento a trasportare due vassoi, nel suo grembiule rosso da addetto alla mensa con tanto di retina per capelli, non riuscì a trattenersi, così scoppiò a ridere.
Evan, che si sentiva sfottuto alla grande, mantenne un'espressione seria e fredda, sembrando quasi offeso. Dopo i suoi frequenti ritardi, il sergente Cooper aveva pensato che punirlo con una settimana di servizio chiaramente non retribuito, alla mensa della loro caserma, sarebbe giovato a metterlo in riga. E Peter, che solitamente lo rimproverava più severo del sergente, sembrava essere pienamente d'accordo col suo superiore. Inoltre, Evan con la retina per capelli e i guanti in lattice, rappresentava proprio un bellissimo spettacolo per Peter, che non avrebbe perso di certo un'occasione del genere per deriderlo divertendosi un po'.
"Allora signorina Blake, cosa c'è stasera nel menù?" chiese ridendo il biondino. Evan gli lanciò un'occhiata minatoria, poi fece suonare le pinze in una mano aprendole e chiudendole velocemente "Stufato di carne accompagnato da un'abbondante porzione di carote lesse" disse indicando il primo vassoio davanti a lui "Delle deliziose polpette al limone" continuò col secondo recipiente "E per finire, solo per il mio soldato preferito" disse trasformando la sua voce in quella di una di quelle signore anziane che lavoravano con lui "Le ultime patate rimaste, fredde e insipide proprio come piacciono a te" continuò servendogliele in un piatto.
"Com'è possibile che lei e le sue colleghe riusciate a rendere poco appetibile perfino il mio piatto preferito?" chiese con un'espressione disgustata Peter, prendendo le sue patate da sopra il bancone.
Ma Evan non lo ascoltò nemmeno, vedendo arrivare John proprio in quel momento. Si irrigidì d'un tratto, non sapendo bene nemmeno lui perché, o almeno credendo di non saperlo. Il ragazzo dai capelli mori nel frattempo, con un sorriso sornione si faceva avanti. "Cavolo Blake, la retina ti dona proprio!" disse solo, facendo irritare notevolmente Evan, che rispose con l'accenno di un sorriso falso. "E' quello che sto cercando di fargli capire, ma sembra non essere in vena di complimenti" aggiunse Peter, guardando con attenzione la roba sul bancone, in attesa che la sua fame lo aiutasse a scegliere il piatto meno vomitevole fra tutti.
"Per me un po' di stufato!" esordì John senza pensarci troppo, impaziente di cominciare finalmente a cenare. Così Evan dopo avergli preparato il suo piatto glielo porse, cercando di nascondere il fastidio che stava provando in quel momento, dietro un ambiguo sorriso. "Grazie" disse solo John prendendo il suo stufato, non sforzandosi nemmeno lui più di tanto di sembrare troppo gentile. Peter e Evan rimasero lì a guardarlo allontanarsi mentre si dirigeva verso un gruppo di ragazzi seduti ad un tavolo un po' più distante. Il biondino si guardò intorno per un attimo parecchio confuso, poi ritornò a parlare al suo amico dietro al bancone "Sento profumo di problemi nell'aria..." disse solo. Evan alzò velocemente lo sguardo, puntando i suoi occhi stranamente spenti in quelli del suo amico "Che avete tutti e due?" continuò poi, notando che Evan sembrava proprio ignorare la battutina appena fatta. "Niente" disse secco, continuando a mescolare roba in un pentolone. Peter lo guardò trafficare inarcando un sopracciglio, poi diede un ultimo sguardo al bancone, indicando le polpette al suo amico. "A me sembra che né tu, né John riusciate a tollerare l'uno la presenza dell'altro... Che vi prende?" insistettè ancora. "Niente... Almeno credo" rispose vago Evan. "Tu credi?" puntualizzò l'altro. "Be' sì. Io non ho alcun problema, men che meno con John. E tu? Perché sostieni che lui non riesca a tollerare la mia presenza?" chiese curioso il moro guardando Peter confuso.
"Non lo so, magari ho frainteso e sto viaggiando un po' oltre la realtà... E' solo che oggi è stato parecchio silenzioso, oltre che strano, non è da lui" spiegò sinceramente preoccupato il biondino, ancora in piedi davanti al bancone, che non riuscendo più a trattenersi, infilò un boccone di patate in bocca.
"Strano..." commentò Evan "In ogni caso adesso sembra tranquillo, qualcosa lo avrà finalmente messo di buon umore" continuò guardando John da lontano. "Qualcosa o meglio qualcuno?" fu diretto Peter.
Evan si paralizzò di colpo come prima reazione, poi alzò lo sguardo verso il suo amico, guardandolo confuso, la fronte corrugata e il naso arricciato.
"Di cosa stai parlando?" fu ancora una volta vago, facendo finta di non capire a cosa stesse pensando Peter. "Di chi volevi dire" girò ancora una volta intorno a quello che avrebbe detto dopo averla fatta finalmente finita con quel fare misterioso. "Va bene Peter" disse Evan roteando gli occhi "Di cosa o di chi stai parlando?" concluse.
Peter rise, il che fece irritare ancora di più il moro. "La storia qui si fa parecchio interessante" commentò, come se Evan non potesse sentirlo.
"Così anche tu non vuoi parlarne" disse, finalmente rivolgendosi di nuovo al suo amico. "Di cosa Peter, di cosa cazzo non vorrei parlare?" disse Evan, alzando il tono della sua voce, e guadagnandosi così una brutta occhiata da parte della signora della mensa non troppo lontano da loro.
Peter, che aveva finalmente deciso di aver torturato a sufficienza il suo amico con tutto quel mistero irritante, riprese la parola. "Sto ovviamente parlando di come la bella e dolce hostess appena arrivata, abbia fatto breccia dritto nel cuore di pietra del soldato Evan, e allo stesso tempo, sia riuscita a far perdere la testa al nostro caro amico John, famoso per la sua reputazione da donnaiolo" spiegò tutto velocemente, non riuscendo a non sorridere, considerato quanto lo divertisse quel triangolo amoroso. Evan rimase per un attimo in silenzio, mentre fissava immobile il contenuto della pentola sotto i suoi occhi. Così Peter, esperto di drammi amorosi, ancora una volta lo aveva sgamato, decifrando i suoi sentimenti ancora prima che Evan riuscisse a farlo da solo. Restò lì a guardarlo trionfante e soddisfatto di aver centrato dritto al punto. Poi finalmente Evan decise di considerarlo, così ritornò a guardare il suo amico con un'aria confusa e stanca "Ho un cuore di pietra?" chiese serio il moro, riducendo a delle fessure i suoi occhi blu. Peter rimase sorpreso dalla sua domanda, poi riflettendo solo per un momento rispose "Diciamo che non sei proprio molto incline ad intraprendere relazioni in modo facile, e tendi un po' a chiuderti in te stesso. Sei pure abbastanza riservato, e un po' apatico... Ma Hazel, lei" - "Ok, va bene, ho capito" lo bloccò Evan, proprio quando Pet diede un nome ed una faccia a colei che era riuscita a fare breccia nel suo cuore, come se non riuscisse ancora ad accettarlo.
"Così pensi che Hazel sia la causa del cambiamento repentino d'umore di John... Ma cosa ti fa pensare che io sia così interessato a lei?" fu ancora una volta freddo e indifferente Evan.
"Mh... Probabilmente il modo in cui la guardi, rimanendo anche imbambolato alle volte, o forse per come le parli, dicendo cose assurde e rimanendo anche in silenzio per l'imbarazzo qualche volta, ma certamente è per il modo in cui continui a cercare del contatto fisico con lei... Vuoi che scenda nei particolari?" fu schietto e sincero Pet, che gli elencò tutti i suoi motivi senza fermarsi per un secondo, e continuando a guardarlo malizioso e sorridente. Evan si asciugò il sudore sulla sua fronte con il dorso della mano, sospirò e poi riprese la discussione con il suo migliore amico, che chiaramente lo avevo messo in serie difficoltà.
"Ok, adesso cominci a farmi paura. Sul serio mi hai analizzato come uno psicanalista ogni volta che mi trovavo con lei?" chiese preoccupato.
"Probabile, ma sai che sono bravo a psicanalizzarti, in più mi diverte troppo metterti pressione..." ammise ridendo. "Quindi ti conviene confessare che ti piace, a meno che tu non voglia continuare ancora per lungo con questa messa in scena. Perché se è così a me va più che bene, sai già quanto" - "Quanto tu ti diverta a farmi impazzire... Sì, lo so già" disse solo Evan, non facendo completare la frase al suo amico. "Quindi?" insistette ancora il biondino, che aveva ormai finito le sue patate. "Cosa?" ci girò ancora un po' intorno Evan, determinato a non cedere così facilmente, sebbene sapesse ormai anche lui che effetto gli faceva quella ragazza. "Evan!" lo richiamò Peter, iniziando ad esasperarsi.
"Smettetela di alzare la voce!" li rimproverò la responsabile della mensa avvicinandosi ai due "E tu Blake, torna a lavoro o sarò costretta a mandarti in cucina a pelare patate!" continuò la donna anziana agitando le sue pinze davanti al viso di Evan, che improvvisamente fu felice di esser stato richiamato all'ordine, considerato che fosse anche appena stato salvato dagli interrogatori ingestibili del suo amico. Nel frattempo Peter indietreggiò, cercando di scampare il più velocemente possibile all'ira della donna. "Continuiamo dopo, sta' tranquillo" intimidì il suo amico mimando le parole con la bocca e sorridendogli minaccioso.
Non poteva desiderare di meglio. Il suo pigiama morbido e caldo, il divano del salotto di casa sua, una ciotola piena di patatine, ed una commedia romantica in TV da vedere per il resto della serata in compagnia di suo fratello.
Doveva ammetterlo, Ian aveva dei gusti assai femminili in fatto di cinema, ma ad Hazel non dispiaceva affatto, considerato quanto adorasse quel genere di film, e ancora di più vederli insieme a lui.
Così i fratelli Donovan più grandi erano stesi fra coperte e cuscini su un divano, esattamente davanti all'enorme televisione, le gambe di Hazel comodamente distese su quelle del fratello, che a sua volta sdraiato, aveva i piedi poggiati sul tavolino di fronte a lui. Era tentata dal chiedergli di farle un massaggio ai piedi doloranti, visto quanto fosse poco abituata a trascorrere ore e ore in piedi su dei tacchi alti 10 cm, ma poi pensò che probabilmente la risposta di Ian sarebbe stata un semplice ma severo "vai a cagare", così decise di evitare di rovinare per nulla quel tenero quadretto destinato a durare probabilmente solo fino alla fine del film, e rimase zitta a guardare la TV.
Ammirava con entusiasmo un Ryan Gosling intento a dare lezioni di virilità al protagonista del film, un uomo sulla quarantina il cui interprete sembrava sconosciuto, poi spostò involontariamente lo sguardo su suo fratello. Si mordicchiava le unghie della mano destra nervoso, immerso totalmente nel film. Nonostante l'aspetto trasandato tipico di quelle serate passate in casa a ingozzarsi di patatine, Hazel doveva ammetterlo, Ian aveva sempre il suo fascino. Si augurò che agli occhi della gente, risultasse almeno un po' come lui. Bello anche con un pigiama ricoperto di barchette e i capelli spettinati. Ma infondo lo sapeva bene, lei non era altro che la versione al femminile di Ian, e non poteva che essere felice di tale somiglianza. Poco attenta a seguire le vicende del film, il suo sguardo saltellava distratto dalla superficie del suo cellulare, a quella della televisione.
E proprio durante una di quelle brevi frazioni di tempo in cui prestava attenzione ai personaggi della commedia intenti a blaterare, il cellulare le vibrò fra le mani. Sussultò, poi lesse la notifica sul suo blocco schermo.
Casey Johnson ha taggato te e altre 3 persone nella sua foto.
Curiosa di sapere di che foto si trattasse, aprí la notifica istintivamente, e quando apparve sullo schermo un'immagine nitida e luminosa che ritraeva lei, Cas, i suoi amici John e Evan, e per metà faccia anche suo fratello Ian, sorrise sorpresa.
Il momento in cui entusiasti e divertiti avevano deciso di fare un brindisi all'amicizia, era adesso ritratto in quella foto, ed Hazel, sempre attenta ai dettagli, fu capace di riconoscerla in ogni cosa, quella sensazione strana ma piacevole, che la faceva finalmente sentire parte di qualcosa di unico, dopo tanto tempo.
E il suo istinto aveva proprio ragione, quel legame forte che stava nascendo tra lei e Casey, lei e i suoi amici soldati, e perché no, magari anche tra Cas e Peter, si sarebbe trasformato in poco tempo, in qualcosa che Hazel aspettava da una vita. Qualcosa capace di ricordarle sempre cosa significa essere importante per qualcuno, cosa significa amare qualcuno.
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