Capitolo 4
Quella mattina per Evan fu dura alzarsi. Era stanco, aveva solo bisogno di dormire, e sapere di dover affrontare ancora un altro giorno in quell'aeroporto non lo aiutava ad avere la giusta carica per scendere giù dalla sua branda e cominciare quella giornata.
Trascorse una buona manciata di minuti a rigirarsi fra le lenzuola, poi si ricordò che giorno fosse, e allora saltò giù dal letto.
Venerdì. Ultimo giorno di lavoro, poi sarebbe potuto ritornare a casa per il weekend. Poteva già immaginare cosa avrebbe preparato sua madre per il suo ritorno. La solita cena del venerdì, la stessa per cui Evan andava matto.
Davanti allo specchio del bagno che condivideva con i suoi compagni, fissò la sua immagine per un attimo. Stava lì in piedi ancora in boxer e t-shirt, prendendosi tutto il tempo di cui aveva bisogno prima di costringere il suo cervello a svegliarsi del tutto.
Si sciacquò il viso con un getto forte d'acqua fredda, poi si lavò i denti.
"Buongiorno Blake" lo salutò Chris, uscendo dalla doccia con un asciugamano alla vita.
Evan lo salutò con un cenno della mano, poi sputò l'acqua nel lavandino.
"Sai dirmi che ora è?" gli chiese Chris.
"7.15" rispose il moro guardando disinvolto l'orologio al polso.
Poi si rese conto di essere ancora una volta in ritardo, "Cazzo" disse solo prima di gettare la sua t-shirt in un angolo del bagno, e entrare poi in doccia.
Chris rise "Datti una mossa, 7.30 nel furgone o Cooper ti farà lavare i piatti per tutta la prossima settimana".
"Sembri mia madre Griffin, vai a vestirti" rispose Evan mentre cominciava a insaponarsi.
Uscì dalla doccia dopo qualche minuto, e quando rientrò in camera non trovando più nessuno, iniziò a maledirsi.
Era un ritardatario cronico, ne era consapevole, come sapeva pure che niente al mondo sarebbe mai riuscito a farlo arrivare puntuale ad un appuntamento almeno una volta nella sua vita.
Indossò velocemente la sua divisa, e dopo aver infilato le cose più importanti nel suo zaino, uscì dalla stanza.
Corse fino al parcheggio della caserma, e quando vide il sergente Cooper lì che lo aspettava con un'espressione più che solo irritata, capì che sarebbe stata la fine.
"Mi scusi per il ritardo signore" disse Evan con aria colpevole, portando una mano alla testa per togliersi il berretto, in segno di rispetto verso il suo superiore. Peccato che l'unica cosa che toccò furono i suoi capelli ancora un po' bagnati. Diventò pallido all'improvvisò capendo di aver dimenticato il berretto nella sua stanza, poi Cooper, sempre attentissimo ad ogni dettaglio, allungò una mano verso lo zaino del ragazzo.
Sfilò il berretto di Evan dalla tasca posteriore del suo borsone, gli diede una spolverata e poi glielo sistemò sul capo.
"Distratto e ritardatario. Ti piace cucinare, soldato Blake?" gli chiese con aria di sfida il sergente Cooper.
"Signore, le prometto che non accadrà più" rispose sinceramente dispiaciuto il moro.
"Sì, e magari adesso facciamo anche un giuramento con il mignolino, che ne dici?" lo prese in giro guardandolo in cagnesco.
"La signora della mensa sarà felice di sapere che non vedi l'ora di darle una mano a pelare patate e arrostire carne per tutta la prossima settimana. E adesso sali su e non farmi perdere altro tempo!" lo rimproverò.
"Sì, signore" rispose Evan prima di salire sul furgone.
Senz'altro il modo migliore per iniziare la giornata.
Si sedette accanto a Peter scazzato come non mai, mentre quest'ultimo si tratteneva dal ridere nascondendosi dietro il suo bicchiere di caffè, poi passò un sacchetto ad Evan "Ho preso questo per te. Immaginavo avresti saltato la colazione anche oggi" gli disse, mettendo del pane con marmellata sotto gli occhi blu del ragazzo.
Evan gli sorrise, e strappandogli la sua colazione dalle mani cominciò a mangiare.
"Sei il migliore" disse con la bocca piena e sporca di farina.
Casey camminava spedita verso il varco, con due caffè in una mano, e una busta bianca nell'altra. Hazel invece la guardava incuriosita dirigersi verso di lei.
"Buongiorno!" la salutò Casey schioccandole un bacio sulla guancia, decisamente di buon umore.
"Ciao Cas!" ricambiò il saluto Hazel, felice di vederla così solare quella mattina.
"Ecco il tuo caffè!" le disse facendo scivolare il suo bicchiere sul bancone sulla quale era affacciata Hazel.
"Sei un tesoro Cas, ma non devi comprarmi il caffè tutte le mattine".
"Oh sta' tranquilla! Carl il barista ha una cotta per me da un anno ormai, mi dà caffè gratis tutte le mattine. E' lui il tesoro qui, io sono solo un'opportunista!" scherzò la biondina sorseggiando il suo caffè. Hazel rise divertita.
"Si è visto qualcuno qui?" le chiese Casey curiosa "Sai, qualche bel giovanotto in divisa magari?" continuò.
Hazel alzò gli occhi al cielo "Ancora con la storia dei militari?".
"Lascia stare quegli idioti presuntuosi! Ci sono tanti altri bei ragazzi armati qui... Riley per esempio!" disse Cas guardandosi intorno, per poi notare un ragazzo avvicinarsi a loro.
"Buongiorno ragazze!" le salutò passando dal varco, un ragazzo con l'uniforme blu della polizia, capelli rossi, occhi scuri e un sorriso smagliante.
"Ciao Riley!" ricambiò il saluto Casey, mentre Hazel assisteva alla scena ridendo.
"Pare sia fidanzato, ma non credo faccia per te comunque: troppo sicuro di sé" commentò la biondina.
"Cosa? Credevo stessimo cercando qualcuno per te, non per me!" disse Hazel sorpresa.
"Per entrambe, mia cara!" rispose la biondina.
"Cas, ma a me non interessa-" tentò, ma poi Caesy la interruppe.
"Zel, sei per caso già impegnata?" le chiese confusa.
"No. E' solo che" "Allora sei interessata anche tu" non le fece nuovamente completare la frase. "E tu sai qual è il posto più adatto per conoscere ragazzi attraenti?" le chiese.
"Non credo" aggrottò le sopracciglia perfettamente curate Hazel.
"Huntigton Beach! C'è un festival sulla spiaggia in questi giorni, e qualcuno che come sai ha amici ovunque, pare abbia rimediato due biglietti per il concerto di domani" le spiegò Casey, sventolando una busta davanti gli occhi luminosi di Hazel.
"Non posso crederci, ci saranno artisti da tutto il mondo!" rispose sorpresa ed eccitata la mora. "Lo so bene, per questo non accetterò un no come risposta. E poi non saprei con chi altro andare".
"Cas, come potrei mai darti buca?" accettò il suo invito emozionata, mentre la sua amica le sorrideva soddisfatta.
Con lo sguardo attento Evan e John squadravano i passeggeri dalla testa ai piedi, attenzionando ciò che indossavano, le dimensioni dei loro bagagli, e il modo in cui camminavano.
Era stato insegnato loro di sospettare, sospettare sempre e di qualunque cosa. Ormai, imparando a ragionare così, erano perfino diventati anche un po' paranoici. Ma d'altronde, era questo il loro compito.
In quel momento un uomo passò il metal detector, poi esso suonò. Gli chiesero di attraversarlo nuovamente, ma ecco che l'allarme suonò ancora. A quel punto John lo perquisì.
"Apra braccia e gambe, per favore" gli chiese, mentre Evan controllava il bagaglio dell'uomo.
"Test negativo" annunciò Evan dopo qualche secondo.
Poi John capì cosa avesse fatto suonare il metal detector "La cintura signore, deve toglierla" gli disse, tornando poi al fianco del suo amico.
"Lavorare qui mi fa impazzire. E' come se tutta questa calma mi spingesse a desiderare che qualcuno con una pistola entrasse da un momento all'altro. Ho bisogno di un po' di azione!" disse John.
"Tu sei matto amico" rise Evan, guardando il suo amico come se fosse uno psicopatico.
"Andiamo, so che anche a te manca l'eccitazione che si prova al tenere in mano un'arma" Evan sorrise.
"E' per questo che ogni giorno dopo cena vado al poligono per scaricare un po' di tensione con qualche colpo" disse il moro.
"Ecco spiegata la tua mira eccellente!" si complimentò John, guardando il suo amico con ammirazione.
"Dovresti farlo anche tu" lo incitò.
"Se Cooper dovesse scoprire che vai lì di notte saresti un uomo morto" disse John.
"Ma sono ancora vivo, Davis!" disse ad alta voce Evan cominciando a camminare verso il ristorante dell'aeroporto per la sua pausa pranzo.
John lo seguì, e dopo qualche minuto anche Peter li raggiunse.
"Sto morendo di fame!" disse Peter.
"Questo ristorante è tutto ciò che c'è di positivo nel lavorare qui" lo seguì Evan.
"Dopo loro!" quasi strillò John, indicando con un gesto del capo Hazel e Caesy sedute da sole ad un tavolo, intente a consumare il loro pranzo.
Evan non poté fare a meno che sorridere, notando come si eccitasse John alla vista di qualunque ragazza, poi si accorse del colorito pallido di cui era diventato il viso di Peter non appena aver visto Casey.
"Andiamo da loro, su!" propose entusiasta John, facendo segno ai suoi amici di seguirlo.
Peter inghiottì quel magone alla gola che anche quella volta aveva sentito non appena i suoi occhi si posarono su Caesy. Evan invece, non esitò nemmeno per un attimo, così seguì John costringendo Pet a fare lo stesso.
"Buongiorno ragazze!" richiamò la loro attenzione John.
Hazel lo guardò, sorpresa di vederlo "Ciao John" disse poi ricambiando il suo saluto. "Possiamo sederci, o questi posti sono già di qualcuno?" chiese sfacciato.
"Accomodatevi" rispose gentile ma anche un po' imbarazzata Hazel.
"Ciao" la salutò poi Evan, sedendosi di fronte a lei.
Non vedeva proprio l'ora di scoprire cosa avrebbero combinato adesso i suoi due amici con quelle due ragazze, in quella situazione parecchio imbarazzante tirata su dal pugno astuto di John.
Nel frattempo Peter che si era accomodato nell'unico posto rimasto, proprio di fronte a Casey, probabilmente non desiderando nient'altro che sparire.
Casey invece, si era ammutolita d'un tratto, e adesso stava lì seduta su quella sedia, tesa e infastidita, intenta a mangiare la sua pasta.
Si costrinse a tenere lo sguardo basso, orgogliosa e testarda com'era, perché mai e poi mai avrebbe voluto guardarlo ancora, rischiando così di cadere ancora una volta nella sua trappola, e finire col dare di matto e magari anche a piangere, lì davanti ai suoi amici.
Ma Peter non sembrava volerla lasciare in pace, così fece la sua mossa, più testardo di lei. "Ciao Cas" disse solo, a disagio.
Suo malgrado però, l'unica risposta che ricevette fu solo una brutta occhiata.
"Allora Evan, avete arrestato il ragazzo di ieri?" chiese poi Casey al moro, ignorando quasi completamente il tentativo di approccio di Peter.
"Be'" stentò a parlare all'inizio Evan, guardando la sua mano ferita e ancora dolorante "Sì, mio padre si è occupato di lui" rispose poi, cercando di essere il più vago possibile, dato che avrebbe preferito non tirare fuori di nuovo quella storia.
"E tu Hazel, ti piace lavorare qui?" le chiese John curioso.
"Be', direi di sì" rispose la ragazza.
"Eccetto per la gente maleducata che si incontra in giro, non è vero?" le chiese poi Evan stuzzicandola, il sorriso sghembo sulle sue labbra.
Hazel gli sorrise "Eccetto per quella, sì".
"Gente maleducata?" chiese poi John, l'espressione confusa e accigliata "Di che parlate?".
"Oh, niente di che John. Qualcuno ieri è stato parecchio scortese con Hazel, non è vero?" cercò la sua approvazione Evan.
Hazel annuì sorridendogli ancora, intenta a finire la sua pasta.
"Ma poi sono intervenuto, ho messo in riga quel cafone, e tutto è stato velocemente risolto" spiegò ancora Evan, che sembrava non riuscire a convincere nemmeno se stesso con quella ridicola storia.
D'altra parte Hazel non poté fare a meno che sorridere all'ennesima battutina del moro su quanto fosse accaduto il giorno prima tra loro.
"Oh si, l'hai zittito proprio per bene Evan!" intervenne Casey, che sapeva perfettamente quale fosse la vera versione dei fatti, appoggiando la storia inventata su due piedi dal suo amico.
John invece, che sembrava vederci poco chiaro, rimase lì a fissare Hazel per qualche secondo, analizzando ogni sua mossa.
Poi la ragazza parlò, a disagio sotto lo sguardo inquietante di John.
"Che hai fatto alla mano?" disse sfiorando a mala pena la mano di Evan, che ormai in parte di un colore violaceo dovuto ai lividi, giaceva sul tavolo immobile di fronte a lei.
Evan sussultò quando avvertì il tocco di Hazel, la fissò per un attimo, poi rispose "Niente di che, solo un'incidente".
"Sembra tu abbia fatto a botte con qualcuno" disse Casey "Direi che tu le abbia date, in faccia non hai nessun segno" aggiunse John.
"In realtà" disse Peter, aprendo improvvisamente bocca "Sembra che il soldato Blake non sappia affatto come controllare la sua rabbia" Evan lo guardò confuso "Così quando ieri sera ha perso le staffe dopo una discussione con uno dei nostri superiori, ha sfogato la sua ira colpendo un muro, e questo è il risultato" concluse Peter, che sapeva benissimo quanto ci tenesse Evan a non far venire a galla la storia di Logan.
Poi il moro buttò un sospiro di sollievo, soddisfatto di come lo aveva coperto il suo migliore amico.
"Niente poligono ieri sera, Blake?" gli chiese John, riferendosi a quando poco prima Evan gli aveva raccontato che fosse proprio lì dove era solito andare a scaricare la sua rabbia.
"Cos'è un poligono?" fu Hazel adesso a parlare, sempre più curiosa.
"E' il luogo dove ci alleniamo con le armi" le spiegò Evan.
"Devo andare, il mio turno ricomincia tra poco" disse Casey, che non vedeva l'ora di andar via. "Già anche io" la seguì Peter.
Così tutti si alzarono dal tavolo, pronti per riprendere i loro turni, tranne Hazel, che sorpresa dall'evidente voglia di andar via della sua amica, fu invece l'ultima ad alzarsi.
Uscì velocemente dal ristorante, poi improvvisamente iniziò a muoversi di tutta fretta.
"Sono sempre stata brava a capire quando le persone mentono" esordì, raggiungendo in un attimo Evan, che si era già allontanato di qualche metro dal ristorante "E Peter, non è nemmeno così bravo a dire cazzate" aggiunse, quando ormai si trovava di fronte a lui, e tutti gli altri erano già parecchio lontani.
Si voltò a guardarla confuso, e sorpreso di vederla ancora lì, poi Hazel continuò "Allora? Con chi hai fatto a botte?" gli chiese sfacciata, allungando una mano verso quella ancora dolorante di Evan. Sussultò, quando le dita di Hazel gli sfiorarono un livido, poi sorrise, sembrando iniziare a capire solo in quel momento quanto fosse sveglia quella ragazza.
"Sei sempre così impicciona e sfacciata?" gli chiese divertito "No, a dire il vero" gli rispose Hazel mentre continuava a fissargli la mano, analizzando le sue ferite.
"Devi averlo proprio conciato male" continuò la mora.
"Credo avesse già un occhio nero e il labbro spaccato quando Peter mi ha trascinato via" alla fine confessò.
Hazel lo guardò sorridendo, soddisfatta di esser riuscita a farlo parlare.
"John aveva ragione, non hai segni sul viso. Difficile difendersi da un soldato, giusto?" continuò con le domande, guardandolo attentamente sotto l'ombra del suo berretto.
Evan sorrise ancora, divertito dal modo di fare così curioso di Hazel.
"Diciamo che è un po' complicato difendersi quando si hanno delle manette ai polsi. Non dirò altro, fine dell'interrogatorio agente... Donovan, giusto?" le chiese , indicando ancora una volta il tesserino della ragazza.
"Giusto" rispose Hazel guardandolo soddisfatta, mentre Evan continuava a sorriderle, sorpreso da quanto interesse avesse dimostrato nei suoi confronti quella ragazza.
"Adesso devo andare sul serio, ci vediamo, Hazel!" disse poi, prima di salutarla.
"Ci vediamo" lo seguì lei, ricevendo poi un veloce bacio sulla guancia da parte del soldato davanti a lei.
Lo guardò allontanarsi da lei con passo spedito, mentre sfilava in quella sua divisa mimetica come se gli fosse stata cucita addosso fin dal giorno in cui per la prima volta aveva dato aria ai polmoni.
Poi le venne spontaneo sorridere, mentre stava ancora lì in piedi ad ammirarlo da lontano.
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