Capitolo 39

"Backbeat, the word is on the street that the fire in your heart is out"
Oasis, Wonderwall

Quando finalmente i quattro si misero in viaggio verso la casa sulla spiaggia dei nonni di Hazel, Evan improvvisamente si ricordò della scommessa fra lui e lei, e del suo premio di vincita ancora da ritirare.
Così adesso, mentre seduti in auto aspettavano che Peter e Casey prendessero le loro cose prima di lasciare Santa Ana per trascorrere il weekend a Newport, Evan pensò che quello fosse decisamente il momento perfetto per aiutare Hazel a sconfiggere la sua paura della strada.
"Scambiamoci di posto" esordì il moro, slacciando la sua cintura di sicurezza, e guardando emozionato Hazel a fianco a lui.
"Ah?" l'espressione per niente convinta sul viso della ragazza.
"La nostra scommessa, Zel: ti ho fatto entrare alla base, ti ho dato una divisa, e messo una pistola in mano, e adesso è arrivato il momento che tu metta le tue mani su questo volante, e provi almeno a spostare quest'auto" le disse Evan, deciso e determinato.
Hazel lo guardava sorpresa, gli occhiali da sole sulla testa, il cellulare in mano e l'aria spaventata "No Evan, non ho alcuna intenzione di distruggere la macchina di tuo padre, nè di finire scaraventati contro un muro e mettere così a rischio le nostre vite" rispose seria la ragazza.
"Avanti, hai usato una pistola, non puoi avere paura di provare a guidare" le disse, guardandola imbronciato.
Hazel sbuffò: dopo tutto aveva accettato quella scommessa, e proprio come l'aveva vinta, l'aveva anche persa. Evan l'aveva accontentata, aveva mantenuto la sua promessa, nonostante il grosso rischio che implicasse per lui, rischio che però, non si era preoccupato di dover correre nemmeno per un solo istante pur di far felice Hazel.
Così adesso toccava a lei: doveva correre il rischio, affrontare la sua paura, ed Evan nel frattempo avrebbe pensato al resto, come darle precise indicazioni su cosa fare col volante e i pedali, o tenere la presa salda sul freno a mano, nel ipotetico caso in cui fosse dovuto intervenire e fermare l'auto all'improvviso.
"E va bene!" cedette dopo pochi minuti Hazel, lanciando le braccia in aria, mentre Evan le sorrideva entusiasta e soddisfatto.
Si arrese, non riuscendo più a sopportare gli occhi languidi o il broncio tenero del suo ragazzo, così aprì lo sportello, scese dall'auto, e raggiunse il moro dal lato opposto dell'autovettura .
Evan fece lo stesso, le diede un veloce bacio sulla guancia prima di lasciare che si sedesse nel posto del conducente, e poi prese posto a fianco a lei.
Chiuse la portiera, aspettò che Hazel regolasse il sedile, poi cominciò con la sua lezione di guida "Bene, adesso mettiamo a moto" disse, girando la chiave a fianco al volante.
"Premi la frizione e inserisci la prima marcia" la guidò.
"Evan, qui ho tre pedali: non so nemmeno a cosa servino!" cominciò ad agitarsi la mora, guardando confusa i pedali ai suoi piedi.
Evan rise, tanto divertito quanto spaventato "La frizione è il pedale di sinistra, al centro hai il freno, e a destra l'acceleratore" le spiegò, continuando a sorriderle intenerito.
"Frizione, freno e acceleratore, va bene" rispose la ragazza, provando a prendere dei lunghi e profondi respiri.
"Quale hai detto che devo premere?" chiese poi confusa.
"La frizione, per inserire la prima" ripeté paziente il ragazzo.
"Oh Dio, cosa cazzo sto facendo?!" cominciò a parlare con se stessa Hazel, in preda ai deliri e all'ansia.
Premette il pedale alla sua sinistra, spostò il cambio sulla prima marcia, poi sistemò le mani sul volante.
"Perfetto Zel! Adesso tieni ancora premuto il pedale della frizione, e lentamente spingi l'acceleratore. Appena senti la macchina muoversi, lascia piano la frizione e accelera gradualmente" continuò il ragazzo, osservando attento i piedi di Hazel sui pedali.
La sentì sospirare, poi Hazel premette piano l'acceleratore, e proprio quando il motore cominciava ad andare su di giri, la macchina si spense.
"Che è successo?" chiese la ragazza preoccupata, sollevando di scatto le mani dal volante.
"È tutto ok: hai lasciato la frizione troppo velocemente e la macchina si è spenta. Riprova" la incoraggiò Evan.
Hazel provò a rilassare le spalle, poi girò di nuovo la chiave, e con le mani salde sul volante, tentò di far partire quell'auto.
Ma ancora una volta, la macchina si spense. Evan rise, mentre Hazel lo guardava arrabbiata.
"Ti avverto: dirai a tuo padre che se ho distrutto la sua auto, è solo colpa tua e della tua scommessa, intesi?" mise in chiaro Hazel, puntando l'indice contro il ragazzo, già certa che sarebbe andata a sbattere da lì a poco.
"Intesi. Adesso prova di nuovo" la incitò ancora il moro, rigirando ancora una volta la chiave.
Così Hazel premette la frizione, poi piano spinse l'acceleratore, e mentre i suoi piedi agivano rilassati su quei pedali, la sua bocca continuava ad imprecare nell'invano tentativo di placare la sua agitazione.
"Se finiremo in ospedale, ed io perderò la memoria e dimenticherò chi sei proprio come in quel film con Channing Tatum e Rachel McAddams, ricordati che sarà solo colpa tua!" strillò Hazel in preda al panico.
Ma quando vide la macchina muoversi, e la casa di Casey sparire dietro di loro, strillò più forte emozionata "Oh, porca puttana! Ce l'ho fatta, l'ho fatta partire, Evan!" l'espressione sconvolta ed elettrizzata.
Evan rise colpito - Hazel era riuscita a far partire quell'auto proprio quando scoraggiata e spazientita, stava tentando ancora una volta, senza nemmeno concentrarsi o impegnarsi più di tanto.
La fissava sbalordito, mentre Hazel continuava a strillare euforica, e la loro auto, avanzava lungo quella via costeggiata da delle grandi villette su entrambi i lati.
"Perfetto, adesso devi mettere la seconda" le disse Evan.
"Come diavolo si fa?" chiese ridendo la ragazza.
"Premi la frizione e sposta il cambio" la guidò posando la sua mano su quella di Hazel, stretta sul cambio.
Così Hazel lo ascoltò, inserì la seconda marcia, e iniziò ad aumentare la velocità accelerando piano.
Sorrideva entusiasta, mentre Evan la guardava fiero, rallentando la presa sul freno a mano, adesso più rilassato.
"Stai andando alla grande, hai visto?" le disse col sorriso disegnato su quelle labbra perfette.
"Sto andando alla grande!" ripeté Hazel, felice e elettrizzata.
"Adesso fai la stessa cosa e inserisci la terza" Hazel fece ancora una volta come le aveva detto, poi si voltò per pochi istanti verso di lui, il sorriso incollato sulle labbra.
"Sto guidando Evan!" strillò incredula "Lo vedo" rise il ragazzo "Ma guarda la strada!".
Hazel si raddrizzò sul sedile, le braccia tese, e la presa salda sul volante "Zel, c'è il rosso, devi fermarti" le fece notare il ragazzo, indicando il semaforo a pochi metri da loro.
"Come si fa? Come diavolo si ferma quest'auto, Evan?" strillò più forte, adesso in preda al panico.
"I pedali, premi il freno e la frizione contemporaneamente" le spiegò.
"Cosa?" chiese Hazel, adesso troppo spaventata per riuscire a distinguere le funzioni di quei tre pedali.
"Premili, Zel!" strillò Evan spaventato, mentre Hazel proseguiva dritto alla stessa velocità, il semaforo ancora rosso ormai alle loro spalle.
"Dove? Quali sono?" gridò Hazel sul punto di piangere, felice che nessuna macchina fosse sbucata all'improvviso dalle strade col semaforo verde a quell'incrocio.
"Il pedale di sinistra e quello al centro, contemporaneamente!" le spiegò Evan, adesso paonazzo e spaventato a morte.
Così Hazel spinse con forza i due pedali, tenendosi forte al volante e chiudendo gli occhi terrorizzata.
Non riusciva più nemmeno a gridare, e adesso che finalmente aveva fermato l'auto con una brusca frenata, paralizzata dalla paura, continuava a tenere gli occhi chiusi e le mani sudate strette sul volante.
Respirava a fatica, ma con sua grande fortuna, non aveva colpito nessun'altra auto, nè si era scaraventata contro il grosso furgone posteggiato esattamente di fronte a loro. Aveva solo frenato in malo modo, proprio in mezzo alla carreggiata, ma era riuscita ad evitare lo scontro, anche se non era del tutto sicura che fosse per merito suo, o di Evan che aveva potuto ricorrere al freno a mano con ogni probabilità.
"Hazel?" la richiamò ad un tratto il ragazzo, terrorizzato.
La mora dischiuse le palpebre, il respiro irregolare e il viso pallido "Stavamo per schiantarci" disse, guardandosi intorno sconvolta.
"Ma hai fermato la macchina in tempo" le disse sorridendo, fingendosi calmo per non farla agitare ancora.
Hazel deglutì "Non chiedermi mai più di riprovare a guidare!" ricominciò ad urlare.
Evan rise "Ci riproveremo domani!" la ignorò, determinato nel volerle insegnare a guidare.
"Scordatelo!" strillò Hazel, sbattendo la portiera terrorizzata, mentre Evan continuava a ridere divertito.

Hazel girò la chiave nella serratura, spinse la porta, poi un immenso salone luminoso comparve davanti a lei e ai suoi amici.
Casey le stava a fianco, con la sua grossa borsa da mare in spalla, un grande cappello sul capo, e il sorriso meravigliato sulle labbra.
Evan, era più concentrato ad ammirare il giardino perfettamente curato all'ingresso, la custodia della sua chitarra su una spalla, e il suo enorme zaino pieno di roba sull'altra.
Peter invece, stava ancora svuotando il cofano pieno dell'auto "Ehi Blake, non stare lì imbambolato, qui c'è ancora un sacco di roba!" richiamò il suo amico il biondino.
Evan lo raggiunse, poi insieme, con ombrelloni, sedie sdraio, e borse frigo sotto braccio, si affrettarono a seguire le ragazze in casa.
Quando entrarono, rimasero impressionati dall'ossessiva cura nei dettagli dell'arredamento di quel salone.
Tutti i mobili erano moderni e bianchissimi, e ciò che non era bianco, spiccava in un blu acceso donando un tocco di colore a quell'immensa stanza.
Tutto sembrava rimandare al mare: i modellini di barca sistemati sulla parete attrezzata, le ceramiche di pesci coloratissime piazzate al centro del tavolino in legno, perfino l'enorme ancora arrugginita posta all'ingresso.
"Mio nonno è un appassionato di barche, e quella è un regalo di un suo vecchio amico marinaio che vive qui a Newport" spiegò Hazel, notando come Evan fissava affascinato l'ancora ai suoi piedi.
"È bellissima, l'ancora, la casa, questo posto" rispose il ragazzo meravigliato.
La mora sorrise, poi lo prese per mano trascinandolo su per le scale "Venite, vi faccio vedere le camere da letto!" esordì emozionata, invitando tutti a seguirla.
"Questa, è la camera dove io e i miei fratelli dormiamo quando veniamo qui" annunciò, aprendo una porta in legno chiaro.
Un'enorme stanza luminosa e ordinatissima, con una grande vetrata dalla quale si poteva accedere ad un piccolo balconcino esattamente di fronte alla spiaggia. Era proprio da quel balcone che Hazel aveva scattato la sua fotografia, ed Evan sembrava averlo notato nell'esatto momento in cui curioso era entrato nella stanza.
Casey si gettò sul letto singolo in legno di ciliegio, sistemato proprio davanti alla grande finestra, esausta e contenta.
"Io dormo qui!" annunciò, puntando un dito contro Peter "Tu puoi dormire laggiù"
aggiunse, spostando l'indice verso il letto a castello nella parte più buia della stanza.
Hazel sorrise "Ottima scelta: quello è il mio letto" disse, facendo l'occhiolino alla sua amica.
"Oppure dormiamo entrambi qui!" parlò poi Peter, buttandosi a fianco alla sua ragazza, nel letto ad una piazza e mezzo di Hazel.
"E noi?" chiese poi Evan, parlando all'orecchio di Hazel, ancora sul ciglio della porta.
La ragazza si voltò verso di lui, poi gli sorrise, e uscendo da quella stanza, gli fece strada verso quella di fronte.
"Noi prendiamo la camera dei miei nonni!" esordì, spalancando la porta della camera padronale.
Evan avanzò, e quando vide l'enorme letto bianco a baldacchino al centro della stanza, sorrise davvero colpito dal buon gusto per l'arredamento dei nonni di Hazel.
Anche in quella stanza, una grande vetrata si affacciava su un piccolo balcone, poi la splendida spiaggia sotto i loro occhi.
Si guardò allo specchio, appeso sopra un grande cassettone dello stesso stile dell'armadio posto su una parete di un azzurro chiaro, poi scorse Hazel gettarsi di peso sul letto dietro di lui.
Sorrise, e quando la sua attenzione venne catturata dalle splendide cornici sistemate sul cassettone, ne prese una tra le mani incuriosito.
"Come sono i tuoi nonni?" chiese il ragazzo, guardando la foto dei due signori non poi così anziani, insieme ai loro tre nipoti sulla spiaggia.
"Sono adorabili, dovrei presentarteli. Loro non sono affatto come i miei genitori, ti adorerebbero!" rispose la ragazza, distesa sul letto matrimoniale.
"I tuoi genitori non mi adorano?" scherzò Evan, posando quella cornice e raggiungendo Hazel.
"Ieri sei stato un tesoro con loro, ma non sono sicura che abbiano capito quanto tu sia dolce e premuroso con me" rispose la ragazza, guardando fisso il soffitto sopra la sua testa.
Evan sorrise "Eppure io credo di esser piaciuto a tutti loro. Forse mi sopravvaluto, o forse non è andata affatto così male, ma ieri, quando ti sei addormentata, ho parlato un po' con loro, ed è stato davvero piacevole" le spiegò, sdraiandosi a fianco a lei.
"Cosa vi siete detti?" chiese curiosa Hazel, inarcando un sopracciglio incredula.
"Be' ho scoperto che Maddie non è affatto così terrificante come sembra: ha uno stile un po' punk, ma è simpatica e intelligente, e poi adora i Green Day" cominciò, mentre Hazel sorrideva colpita.
"Tua madre mi ha detto che vuole a tutti i costi farmi assaggiare il suo arrosto di pollo, quindi credo che questo significhi che voglia rivedermi" continuò.
"E tuo padre... Sai avevi proprio ragione, siete davvero molto simili" realizzò il ragazzo.
"È un complimento, vero?" chiese la ragazza confusa.
"Lo è" rispose Evan ridendo.
"Tuo padre, credo fosse sul serio interessato a conoscermi meglio, capire chi sono e cosa faccio, penso volesse soprattutto accertarsi se sono davvero alla tua altezza oppure no" le spiegò sincero.
"Ti ha chiesto dell'esercito, non è vero? Di Baghdad, della sparatoria, tutta quella storia sull'onore e il patriottismo" chiese Hazel tirandosi su, e mettendosi seduta a gambe incrociate, mentre roteava gli occhi scocciata dal comportamento del padre, sebbene non sapesse ancora bene cosa diavolo avesse detto ad Evan.
Evan rise "Più o meno, sì" le disse fissandola divertito.
"Lui, ha cercato di capire quali siano le mie intenzioni con te" continuò il ragazzo, mentre Hazel inarcava un sopracciglio incuriosita.
"Le tue intenzioni con me?" chiese sorpresa.
"Sì Zel, lui tiene a te più di quanto cerchi di dimostrarti, ne sono certo" rispose serio Evan, ancora steso a fianco a lei.
La mora accennò un finto sorriso "Peccato che negli ultimi anni, non credo si sia minimamente impegnato nel cercare di dimostrarmi quanto tenga a me" disse fredda.
"È tuo padre Hazel, e anche se ha commesso un terribile sbaglio, perdendo così la tua fiducia, e distruggendo tutti i tuoi sogni, lui ti adora. Inoltre ieri sembrava abbastanza determinato nel voler mettermi in guardia su alcune cose, come per esempio, su quanto sia esigente riguardo un possibile ragazzo per te" le spiegò sorridendo, non poi così intimorito dagli avvertimenti del signor Donovan.
Hazel sorrise, sorpresa da come Evan avesse cercato di farla riflettere su suo padre, e il suo rapporto con lui "Probabilmente hai ragione" rispose colpita, passando una mano fra i capelli di Evan, morbidi e ribelli.
Poi rise "E tu credi di aver superato il suo test?" le chiese divertita.
"Mi ha chiamato figliolo e poi mi ha dato una pacca sulla spalla" le rispose sorridente "Oh, poi ha anche detto che sembro un ragazzo intelligente, sicuro di sè, e per niente stupido" continuò soddisfatto.
La risata di Hazel echeggiò per tutta la stanza "Ma è fantastico! Noah veniva continuamente definito un'idiota con più ricci sulla testa che neuroni nel cervello, e a te ti ha addirittura chiamato figliolo!" esordì sorpresa.
"Be' sono completamente d'accordo con tuo padre: devi ammettere di aver fatto un grande salto di qualità in fatto di ragazzi!" rispose Evan, giocando con le onde color cioccolato di Hazel che le ricadevano soffici lungo una spalla.
Hazel si morse un labbro "Lo ammetto, ma tu ammetti di non essere affatto credibile nella parte del pallone gonfiato troppo sicuro di sè".
Evan sollevò il busto "Non sto recitando, è solo un dato di fatto!" scherzò.
Hazel gli diede un pugnetto su una spalla, poi inarcò un sopracciglio "Quindi soldato, quali sarebbero le tue intenzioni con me? Intendo quelle vere, non quelle che hai inventato con mio padre" gli chiese poi curiosa.
Evan sorrise, finse di rifletterci un po' su, poi rispose ridendo "Mh vediamo: insegnarti a guidare" disse, iniziando a tenere il conto con le dita della mano.
"Presentarti ai miei genitori" continuò, agitando due dita in aria.
"Stupirti con le mie eccellenti abilità come cuoco" tre dita.
"Tenerti il più lontano possibile da John e Noah" quattro dita.
"Chiudere la porta a chiave stanotte quando tutti andremo a dormire" cinque dita, e un sorriso sghembo sulle labbra.
Hazel gli lanciò un cuscino sulla faccia, cominciando a ridere divertita.
"Oh, e anche metter via le fotografie dei tuoi nonni in questa stanza prima di mettermi con te sotto le coperte" continuò, mentre agitava le mani tenendo il conto con sei dita, il cuscino stretto sul suo viso che gli smorzava la voce.
Hazel rise più forte, poi gli tolse il cuscino dalla faccia, dandogliene un ultimo colpo sullo stomaco.
"Sarebbe un po' imbarazzante se li lasciassi lì a guardarci mentre dormiamo, l'uno ben distante dall'altra, completamente vestiti" le spiegò Evan ridendo, ritornando a guardarla con quei suoi dolci occhioni blu sorridente, i capelli scompigliati e le gote rosse.
"Le tue intenzioni con me non coincidono forse con le mie?" scherzò ancora il ragazzo.
Hazel arrossì, poi gli rispose sorridendo "Vuoi davvero presentarmi ai tuoi genitori?" gli chiese colpita.
"Era per questo il cuscino in faccia?" chiese divertito il ragazzo.
Hazel rise, facendo di no col capo.
"Sì, voglio che i miei genitori sappiano chi sarà la ragazza che pagherà l'assicurazione della loro auto, quando verrà distrutta" rispose ridendo, mentre Hazel gli lanciava un altro cuscino sulla faccia ridendo.

Stavano seduti su delle tovaglie, stretti nelle loro larghe felpe e avvinghiati l'uno all'altra.
La legna bruciava di fronte a loro, e quel falò improvvisato illuminava i loro visi e l'intera spiaggia.
Era notte fonda, la stagione estiva era giunta al termine ormai da un po', e visto l'arrivo imminente della frescura autunnale, nessuno abitava più in quelle graziose villette sulla spiaggia.
Così, Evan, Hazel, Casey e Peter, erano gli unici presenti in spiaggia a quell'ora.
Le onde del mare bagnavano la riva, lasciando una cornice schiumosa a segnare il confine fra l'oceano, e la terra ferma.
Delle barche, anche quella del nonno di Hazel, si muovevano sulla superficie blu del mare attaccate a delle enormi boe, mentre la luce del faro puntava l'orizzonte.
Casey era distesa sulle gambe di Peter, che col capo coperto dal cappuccio blu della sua felpa, fissava imbambolato il mare mentre con le dita giocava coi biondi capelli della sua ragazza.
Evan invece, seduto esattamente di fronte al fuoco, strimpellava le corde della chitarra regalatagli da sua madre canticchiando una canzone a bassa voce, mentre le fiamme arancioni illuminavano il suo viso perfetto.
La sua ragazza nel frattempo, indossava la sua vecchia felpa dei Clippers, felpa data in prestito ad Hazel la sera del suo compleanno, e che non aveva mai più rivisto se non indosso a lei. Teneva la sua enorme macchina fotografica davanti al viso, intenta a immortalare in una delle sue foto l'oceano davanti a lei, da sempre il suo paesaggio preferito da fotografare.
Si fermò un momento a studiare la foto appena scattata sullo schermo della sua reflex, poi spostò lo sguardo verso l'orizzonte, posando la macchina fotografica al suo fianco. Rimase a fissare il mare confondersi col cielo, dissolvendo la linea dell'orizzonte nelle sue acque, poi guardò Peter e Cas, intenti a parlare fra loro sotto voce. Li trovava incredibilmente dolci, e adesso sorrideva, contenta che finalmente fossero ritornati insieme.
Infine fissò Evan, che attento suonava quell'accordo canticchiando con la sua voce rauca. Hazel lo guardava incantata - aveva notato quella chitarra nella camera di Evan la sera del suo compleanno, ma non lo aveva mai visto suonare veramente. Così adesso non poteva che rimanere ad ammirarlo colpita e incuriosita: quel ragazzo nascondeva veramente un milione di interessantissime cose dietro la sua divisa da soldato.
Gli si avvicinò, aggrappandosi al suo braccio e stringendosi forte a lui, che dopo averle sorriso, riprese a suonare concentrato.
Poi Hazel cominciò a cantare con lui, a bassa voce, mentre il cuore gridava felice nel suo petto. Poteva giurare di riuscire a sentire perfino quello di Evan, adesso che gli era così vicina. In realtà, le sembrò quasi di riuscire a sentire un milione di altre emozioni, ma le sembrava davvero impossibile anche solo provare a interpretarle.
Si sentiva protetta, al sicuro, ma anche pericolosamente esposta.
Si sentiva per una volta consapevole, certa di ogni cosa attorno a lei, come l'affetto per i suoi due amici, e l'amore che provava verso il ragazzo al suo fianco. Ma in qualche modo, non riusciva però ad ignorare quella paura che adesso la spingeva a dubitare del suo futuro, e di quello con Evan.
Ma Hazel continuava a cantare, mentre quel vortice di emozioni confuse le frullava nella testa, e il cuore continuava a strillare, probabilmente anche a danzare, gioire, e battere all'impazzata nel suo petto.
Non sentiva le farfalle nello stomaco, nè gli uccellini cantare felici con lei ed Evan. Sentiva solo confusione, rumore, grida, risate, e la voce di Evan cantare, dolce e intonata.
"'Cause maybe, you're gonna be the one that saves me" cantava il ragazzo, adesso guardandola così da vicino, il dolce sorriso sulle sue labbra.
"And after all, you're my wonderwall" le loro voci mescolate insieme, i loro sguardi intrecciati.
Le dita di Evan continuavano a solleticare le corde della sua chitarra, mentre il fuoco riscaldava i loro cuori, e il vento rinfrescava i loro visi caldi.
Poi una luce accecante li colpì, e quando capirono che si trattava proprio del flash della macchina fotografica di Hazel, adesso nelle mani di Casey e puntata su di loro, sorrisero imbarazzati.
"Continuate! Sembrate usciti da uno di quei film strappalacrime per i cuori deboli come il mio" disse loro Casey sorridendo elettrizzata, mentre concentrata continuava a scattare loro qualche foto.
Hazel rise, mentre Evan la guardava non poi così a disagio.
"Sì, come in quel film con Amanda Seyfried, quando i protagonisti sono sulla spiaggia a coccolarsi. Com'è che si chiama? È tratto da un libro, non è vero Cas?" intervenne Peter, cercando l'aiuto della biondina a fianco a lui.
"È solo una coincidenza che tu abbia scelto proprio il film sulla storia d'amore fra un soldato e una bella ragazza dal cuore d'oro, Pet?" chiese Casey, fissando il ragazzo curiosa.
"In realtà, non ho mai visto quel film. So solo che nella copertina del DVD, ci sono questi due sulla spiaggia" rispose in sua difesa Peter, facendo spallucce "È un bel film?" chiese poi interessato.
"Lui è costretto a partire per l'Afghanistan, i due si scrivono delle lettere per molto tempo, poi lei lo lascia con una delle sue lettere, e sposa un altro" gli rispose Casey, mentre Hazel e Evan si scambiavano delle occhiate turbate.
"Ma quando lui torna a casa, i due ritornano insieme" disse Hazel, l'aria confusa.
I tre ragazzi la guardarono silenziosi, mentre Evan sembrava addirittura perso nei suoi pensieri.
"È un film!" ricordò loro la mora.
"E qui nessuno deve partire per l'Afghanistan o sposarsi" aggiunse seria.
Evan la guardava attento, lo sguardo triste e pensieroso. Considerava i film romantici o i romanzi rosa come un qualcosa di ben lontano dalla realtà, delle storie d'amore tutte rose e fiori, con il solito bel lieto fine strappalacrime da raccontare alla fine di ogni libro. Così fino a quel momento, non aveva mai avuto alcun dubbio su di essi, e li aveva da sempre ritenuti delle belle storie piene di smancerie più simili a delle favole per bambini, che alla vita reale. Non ci aveva mai creduto sul serio, per lui non si trattava dell'amore vero, della vita vera, ma solo di storielle in cui i problemi, finivano sempre col risolversi con tanta, troppa facilità.
Ma adesso, non poteva che notare fin troppe coincidenze tra quella bella storia, e il legame fra lui ed Hazel.
La mora lo guardò confusa, le mani su quelle di Evan, la luce delle fiamme ad illuminarle il viso "È solo una storia, Evan" disse la ragazza.
"Nicholas Sparks non ha scritto un libro su di noi" tentò di convincerlo, l'espressione seria sul suo volto.

Spazio autrice
Oggi voglio condividere con voi due grandi traguardi appena raggiunti, entrambi molto importanti per me (ma un po' forse anche per voi)!
• Il primo esame della mia carriera universitaria dato oggi con ottimi risultati.
• E notizia più importante: What do I stand for? giunta alla fase finale degli Advisor Awards di quest'anno con un punteggio di ben 33 punti su 35.
Oggi per me è stata una giornata ricca di soddisfazioni e successi, e dato che ormai voi siete diventati il diario al quale riservo continui e probabilmente superflui aggiornamenti sulla mia incasinata vita, mi è sembrato carino condividere con voi anche questa grande gioia!
Quindi, io come ormai sono solita fare, ho deciso di festeggiare con un nuovo capitolo, pure lui in ritardo e per questo probabilmente inaspettato.
Spero vi piaccia, quindi vi raccomando, lasciatemi qualche commento così da poterci scambiare qualche parere.
A presto,

Hazel Evans.

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