Capitolo 30

Quando davanti ai suoi occhi vide l'enorme cancello della base militare di Santa Ana, si sentì quasi minacciata da quell'imponente inferriata. Come se da un momento all'altro avesse potuto caderle addosso, o come se da dietro di essa, un carro armato in azione avesse potuto iniziare a spararle contro. Quel mondo, fatto di armi e divise mimetiche, le faceva un po' paura.
Le sembrava pericoloso, troppo violento e rigido, e non riusciva a convincersi che quello fosse proprio l'ambiente in cui più Evan si sentiva a suo agio.
Lo vide mentre sicuro di sè si allontanava da lei per raggiungere la guardia immobile e impassibile al lato del cancello, poi si sentì osservata, e quando notò lo sguardo confuso della guardia fisso su di lei, si irrigidì cominciando ad agitarsi.
Perché sono qui? - si chiese, nascondendo metà viso nella sua giacca.
Poi Evan si voltò verso di lei, e quando la vide intimorita lì tutta sola, si decise a raggiungerla. Le sorrideva sornione, per nulla preoccupato, poi porgendole di nuovo una mano, disse "Che ti dicevo? Convincere Daniel non è mai stato più semplice".
"Farai il mio turno di guardia notturna la settimana prossima, Blake!" gli ricordò il ragazzo con il fucile fra le braccia e lo sguardo attento e concentrato.
Evan roteò gli occhi, poi guidando Hazel verso l'ingresso della base, disse qualcosa al suo amico "Allo scattare del coprifuoco, quando tutti saranno ormai nelle camere, torneremo di nuovo, tu assicurati che nessuno a parte te sia qui di guardia, va bene?".
Daniel annuì tranquillo guardando gentile Hazel "Buona fortuna allora!".
La ragazza gli rivolse un sorriso imbarazzato, poi trascinata da Evan, si affrettò a superare il cancello.
"Adesso andremo nel mio dormitorio, restami sempre a fianco e cerca di non attirare l'attenzione di nessuno, ok?" le disse, tenendola stretta dalle spalle.
Hazel annuì spaventata a morte, poi intrecciando di nuovo le sue dita con quelle più grosse e lunghe di Evan, riprese a camminare.
Attraversarono un lungo spiazzale deserto, dal quale in lontananza Hazel notò una fiumana di soldati dirigersi verso un edificio affollato; la scia di fumo che fuoriusciva dalle finestre e l'odore nauseante di stufato di carne, spinsero Hazel a pensare che dovesse trattarsi della mensa.
La sua attenzione fu poi catturata dalla bandiera statunitense che in balia del vento fresco, sventolava sulla cima di un palo altissimo. Era situata al centro di quella piazza, circondata da diversi edifici, le cui finestre illuminate davano l'impressione di essere pieni di gente. Hazel si sentiva sempre più vicina al pericolo.
Evan si voltò verso di lei, la calma irritante sul suo viso "Mi stai bloccando la circolazione del sangue" le disse, provando a non ridere. Hazel guardò la mano di Evan stretta nella sua soffocante presa, così notando quanto effettivamente stesse stringendo forte, rallentò la stretta sulla sua mano "Scusa" disse imbarazzata.
"Stai tranquilla, sono tutti a cena" provò a rassicurarla Evan.
La mora annuì, ancora incredibilmente tesa, poi Evan la trascinò all'interno di un edificio, e diventò ancora più impossibile per Hazel, provare a controllare l'ansia.
Salirono in fretta due rampe di scale, attraversarono correndo un corridoio, poi Evan si arrestò improvvisamente di fronte ad una porta.
Strinse la maniglia, e con un gesto scaltro la spalancò, fiondandosi all'interno della stanza e trascinando Hazel con sé.
Chiuse la porta alle sue spalle, poggiando la schiena contro di essa, poi buttò un sospiro di sollievo tenendo per qualche secondo gli occhi chiusi, ma quando sentì Hazel gridare, in un attimo si mise sull'attenti.
"Peter!" strillò la ragazza in preda al panico.
"Hazel?" la chiamò il biondino davanti a loro con solo i suoi boxer indosso.
"Cazzo" imprecò Evan, portandosi una mano alla fronte "Non gridate o ci sentiranno" intimò loro, gli sguardi sconvolti dei due ragazzi puntati su di lui.
"Che ci fa lei qui?" chiese Peter scioccato, infilandosi velocemente i suoi pantaloni.
Evan rise, realizzando solo adesso quanto fosse divertente quella scena "Ha vinto la scommessa" disse solo il moro, facendo spallucce.
"Quale scommessa?" chiese confuso Peter.
"Quella su di te e Casey" disse Hazel "Ma anche lui ha vinto" aggiunse.
"Così adesso lei dovrà provare a guidare" spiegò Evan.
"Ma prima proverò a sparare" gli ricordò Hazel.
"Quale scommessa?" strillò esasperato Peter, infilandosi una maglietta.
I due ragazzi scoppiarono a ridere, guardandosi fra loro divertiti.
"Abbiamo fatto una scommessa su te e Casey. Io ho scommesso che tirando ancora la corda, Casey avrebbe finito per colpirti in faccia esasperata dai tuoi continui tentativi di approccio" cominciò Evan.
"Mentre io ho scommesso che alla fine i tuoi continui tentativi di approccio avrebbero portato a qualcosa di buono, che Cas avrebbe finalmente ceduto, e voi due sareste tornati insieme" continuò la ragazza.
Peter si guardò intorno sconvolto, non riuscendo a credere alle sue orecchie "Ho sentito abbastanza: voi due siete completamente fuori di testa, ed io cominciò ad avere fame. Vi lascio da soli con le vostre idee folli e pericolose, ma fate attenzione, Cooper ha occhi ovunque!" ricordò loro, infilandosi velocemente i suoi scarponcini.
"Non sei d'aiuto" gli disse Evan, sedendosi sul suo letto e lanciando un'occhiata ad Hazel.
"È troppo tardi per scappare via?" chiese Hazel terrorizzata. Evan la fulminò con lo sguardo "Non pensarci neanche!".
"Sai? Dovresti almeno provare a mimetizzarti" propose Peter, ancora in piedi davanti alla porta.
Hazel inarcò un sopracciglio, mentre Evan colto da un improvviso lampo di genio, scattò in piedi in pochi istanti.
Spalancò le ante del suo armadietto, lo svuotò velocemente riversando tutta la sua roba sul suo letto, poi tirò fuori un pantalone mimetico esattamente come quello che lui aveva indosso.
Puntò lo sguardo su Hazel, le sorrise emozionato, poi raggiungendola, le porse i suoi pantaloni.
"Saranno un po' larghi, ma almeno verrai notata di meno" le disse sorridente.
Hazel lo guardò confusa, prendendo quei pantaloni in mano e analizzandoli attentamente - sembravano essere poco più corti di lei.
"Vi beccheranno, ed io non voglio essere presente quando accadrà. Corro a mangiare, ci vediamo!" li salutò per niente incoraggiante Peter, chiudendosi la porta alle spalle e non aspettando nemmeno che uno dei due ragazzi ricambiasse quel saluto.
Hazel guardava ancora attenta i pantaloni che teneva in mano "Devo indossare la tua divisa?" chiese, per niente convinta di quello che stava per fare.
"Così se dovessero accorgersi di te, penseranno che tu non sia nient'altro che un normalissimo soldato donna" le spiegò.
"Ho la faccia di una che potrebbe fare il militare?" chiese confusa.
Evan sorrise "Hai la faccia di una che vorrebbe scappare verso casa più in fretta possibile" le disse divertito.
Hazel sospirò, poi lanciò i pantaloni mimetici di Evan sul letto, e togliendosi in fretta le sue converse, cominciò a sfilarsi via pure le sue calze.
"Qui serve una giacca, soldato" gli disse, indicando la camicia bianca che aveva indosso.
Evan sorrise divertito, poi si affrettò a cercare anche una giacca che potesse andarle bene.
Nel frattempo la mora aveva già sfilato via la sua gonna, e adesso era intenta a indossare i pantaloni della divisa di Evan.
"Serve anche una cintura. Perderò questi pantaloni non appena avrò mosso un passo" disse, alzandosi i pantaloni fin sopra la vita.
Si sbottonò la sua camicetta bianca, togliendosela velocemente mentre si infilava di nuovo le sue converse.
"Tieni, adesso ti cerco una cin-" le disse Evan voltandosi di colpo.
Ma quando notò il suo petto scoperto, improvvisamente si bloccò, non riuscendo più a completare la sua frase.
La squadrò da capo a piedi imbambolato, come se non si aspettasse affatto di trovarla mezza nuda intenta a spogliarsi. Si soffermò sulla curva del suo modesto seno coperto da un elegante reggiseno in pizzo nero, poi quando finalmente incontrò lo sguardo di Hazel, colto dall'imbarazzo, sentì le guance andargli improvvisamente a fuoco. Hazel gli sorrise completamente a suo agio, probabilmente perfino un po' divertita, poi si sollevò sulla vita i lunghi pantaloni.
Evan deglutì a fatica, sorrise non poi così a disagio, e dopo essersi soffermato per qualche secondo ad ammirarla, riuscì finalmente a muoversi.
"Una cintura" si ricordò improvvisamente, voltandosi di nuovo su stesso e ricominciando a cercare fra la sua roba.
Quando ritornò a guardarla, fu impossibile non scoppiare a riderle in faccia. Hazel stava lì in piedi davanti a lui, con la sua divisa indosso, e quell'espressione confusa dipinta sul volto, mentre sollevandosi di continuo i pantaloni, si sentiva tremendamente ridicola conciata in quel modo.
"Non ridere" gli intimò, indicandolo con la giacca mimetica in una mano.
"Sembra che tu abbia preso il cesto della biancheria sbagliata giù in lavanderia. Sai, qui capita spesso di confonderci, abbiamo tutti le stesse divise" le spiegò, avvicinandosi finalmente a lei, e prendendole la giacca da una mano.
La aiutò a mettersela, poi l'uno di fronte all'altra, rimasero a guardarsi in silenzio per qualche secondo.
"Non hai mai portato nessuno qui, non è vero?" gli chiese la ragazza, mentre Evan le sistemava sulle spalle l'enorme giacca.
Evan inarcò un sopracciglio "È la prima volta che mi viene un'idea così stupida, sì" le rispose alzando la zip della giacca, e scorgendo il petto nudo di Hazel dietro quel tessuto mimetico.
La mora sorrise felice "Mi hai portata nel tuo posto" realizzò, l'espressione stupita.
Evan fissò lo sguardo in quello della ragazza, poi un sorriso si fece largo sulle sue labbra "E ti ho trasformata in un soldato" aggiunse divertito, sistemandole il colletto della giacca.
Hazel rimase a guardarlo in silenzio, lasciando che le mani di Evan si posassero sui suoi fianchi, dolci e delicate. Così si avvicinò ancora un po' a lui, allungandosi sulle punte e appendendosi alle sue grandi spalle. Lo baciò, mentre Evan continuava a stringerla contro di sè per i morbidi fianchi, poi Hazel sorrise a pochi centimetri dalle sue labbra.
Posò lo sguardo sulla bocca di Evan, e quando notò i resti del suo rossetto rosso sulle sue labbra, rise.
"Le relazioni fra colleghi qui sono proibite, giusto?" gli chiese ridendo, mentre tentava di rimuovere i segni del suo rossetto dal viso di Evan con le dita.
Il moro annuì ridendo "Severamente proibite in realtà" le rispose, continuando a farsi ripulire dalla ragazza "Io non vedo quasi mai donne soldato qui dentro" realizzò.
"Meglio così" rispose Hazel mostrando un sorrisetto sghembo.
Poi Evan le prese una mano "Muoviamoci, dovrebbero essere tutti in mensa a cenare adesso" disse, cominciando a muoversi verso la porta.

Continuava a rigirare il suo puré di patate nel piatto, annoiato e solo. Non aveva nemmeno un po' di fame, e la testa continuava a fargli un male tremendo.
Non parlava da ore ormai, e sembrava non avere proprio alcuna voglia di riprendere a farlo. Le ultime persone alle quali aveva rivolto la parola, erano stati proprio i suoi amici, quel giorno all'ora di pranzo, ma dopo esser venuto a conoscenza della storia fra Hazel ed Evan, John si era chiuso in se stesso smettendo di parlare, o anche solo di degnare della sua attenzione chiunque attorno a lui. Si sentiva deluso, triste e solo. Avrebbe soltanto voluto mettersi a dormire e dimenticare quella giornata, ma non aveva più fatto ritorno nella sua camera da quando era tornato alla base dopo il lavoro. Aveva addirittura deciso di cenare tutto solo seduto sulle panchine in cortile, provando a scampare a qualunque tipo di incontro con Evan o Peter. Non aveva voglia di parlare con nessuno, men che meno con loro due.
Per questo adesso stava sul serio pensando di infiltrarsi in una delle decine di stanze rimaste libere del suo dormitorio, per restare, almeno per quella notte, ancora per un po' alla larga dai suoi due compagni di stanza. Non sapeva perché adesso fosse così triste, nemmeno perché ce l'avesse tanto con Evan e Peter, semplicemente John non riusciva a spiegarselo.
Aveva pensato davvero di poter piacere ad Hazel, ma vedere come Evan gliela aveva portata via sotto ai suoi occhi, senza che lui se ne accorgesse nemmeno, era stato un colpo che John non si sarebbe mai aspettato di dover sopportare.
Lei gli piaceva sul serio, la trovava bella, intelligente e divertente, e John lo aveva capito fin dal primo momento in cui l'aveva notata: Hazel gli avrebbe fatto perdere la testa.
Davanti a lei, si era sentito vulnerabile, impacciato, e insicuro, ma John Davis non si era mai sentito così con nessuna ragazza. Le aveva sempre rapite tutte col suo fascino da soldato sicuro e pieno di sè, con quelle sue battute idiote e l'umorismo che da sempre lo contraddistingueva. Non aveva mai avuto problemi a fare colpo su nessuna ragazza, le aveva sempre conquistate tutte con grande facilità, ma Hazel, lei sembrava non essere interessata a nessuna delle sue strategie. Aveva riso alle sue battute, era sempre stata gentile con lui, ma non aveva mai nemmeno notato come John stesse lì a penderle dalle labbra. Troppo impegnata a tentare di spronare Evan a fare la prima mossa, troppo presa da quel sorriso dolce e quegli occhi un po' spenti, Hazel non aveva capito neanche lontanamente di aver fatto breccia proprio nel cuore del soldato sbagliato. Se con Evan quindi, Hazel aveva dovuto faticare di più, tentando di convincerlo di quanto poco le importasse della sua imminente partenza, quando adesso poteva comunque godersi il tempo che le rimaneva con lui, con John invece le era bastato semplicemente essere se stessa, così, con la sua solarità e la sua infinita gentilezza, Hazel era finita per conquistare involontariamente anche lui.
Ma John, lui non aveva proprio idea di cosa fare adesso. Avrebbe dovuto dimenticarla, e smetterla di stare così male per una ragazza che era ormai di qualcun altro. Così in quel preciso istante, mentre con la forchetta continuava a giocare con gli avanzi di puré nel suo piatto, finalmente capì. Il problema non era nemmeno Hazel, ma quel qualcun altro che aveva spazzato via anche quella mezza possibilità che aveva mai avuto John di stare con lei. Il problema di John era solo Evan.
Quel ragazzo che aveva conosciuto anni prima, quando entrambi erano solo due ragazzini alle prese con il mondo degli adulti, due giovani che con il loro bagaglio pieno di sogni e di coraggio alla mano, si erano fatti strada verso la base militare che adesso era diventata la loro casa.
Quel ragazzo con cui aveva faticato tanto durante i primi addestramenti, l'amico che lo aveva tirato su quando il clima rigido della base militare, lo aveva messo seriamente a dura prova, il ragazzo che lo aveva invitato a casa sua per le vacanze di Natale quando il suo ricco padre, ormai abbandonato dalla moglie da un paio di anni, lo aveva mollato il giorno della vigilia per trascorrere le vacanze con la famiglia della sua nuova, giovane e irritante fidanzata.
In fin dei conti, John lo sapeva bene: Evan era il suo più caro amico, probabilmente l'unico insieme a Peter, ma il bene che gli voleva, l'affetto che nutriva nei confronti di quello che era per lui come un fratello, faceva ormai da anni i conti con l'invidia che da sempre aveva provato per lui.
Evan era il soldato migliore dell'intera base, l'invincibile eroe sopravvissuto ad una sparatoria, il prediletto del sergente Cooper, il primo nome sulla lista dei soldati più forti in grado di sopportare qualunque tipo di missione, e adesso, anche il ragazzo di Hazel. Aveva tutto ciò che John aveva sempre sognato, dalla stima del sergente Cooper, alla famiglia perfetta che lui non aveva mai avuto nemmeno da bambino.
Evan aveva una madre affettuosa e fin troppo premurosa, John invece non aveva notizie di sua madre dall'ultima telefonata che gli aveva fatto il giorno del suo compleanno, circa un anno prima.
Evan aveva un migliore amico che non avrebbe mai esitato un attimo a rischiare la sua stessa carriera pur di coprirgli le spalle, mentre John non aveva grandi amici al di fuori di Peter e Evan, anche se, non sapeva se da lì a poco, sarebbe finito col perdere pure loro.
L'unica cosa che John sentiva di non dover assolutamente invidiare ad Evan, erano solo le sue strabilianti abilità come carismatico seduttore. Se quindi Evan, prima di Hazel, non si era mai preoccupato di rimorchiare nessuna bella ragazza, troppo preso dal suo lavoro e dai numerosi problemi che gli creava, al contrario John, aveva sempre trovato il tempo per divertirsi con qualunque ragazza lui avesse mai desiderato.
Così Evan, un po' perché di gran lunga più riservato e impacciato di John, un po' perché non poi così interessato a trovare qualcuno con cui spassarsela, non aveva mai dato modo a John, di sentirsi in competizione con lui anche in quel campo.
Ma adesso, ora che Evan aveva vinto anche quella gara - che rimaneva comunque una gara alla quale soltanto John sembrava partecipare -, ecco che il re delle mille conquiste si sentiva spodestato perfino dall'unico trono in suo possesso.
Così ora John lo odiava, lo invidiava, e lo trovava tremendamente, fastidiosamente irritante. Nessuno come Evan lo aveva mai fatto sentire così triste e solo, e adesso, che non poteva contare nemmeno sull'aiuto del suo unico amico per ricevere un qualunque tipo di conforto, John cominciava ad odiare perfino se stesso, per essere nient'altro che un paranoico infelice capace soltanto di invidiare gli altri, ma non di fare qualunque cosa pur di aggiudicarsi anche un minimo di felicità.

"Avresti dovuto darmi anche un paio di anfibi, continuo a strisciare per terra i tuoi pantaloni" si lamentò Hazel correndo dietro Evan, le sue converse coperte dai lunghi pantaloni mimetici.
Il moro si voltò, e quando la vide nascondere il suo viso sotto l'ombra del suo berretto, mentre scocciata si teneva su gli enormi pantaloni, scoppiò a ridere, trovandola incredibilmente bella e divertente.
"Non ridere!" lo rimproverò Hazel, puntandogli un dito contro, e lasciando così che i pantaloni le ricadessero sulle converse rovinate.
"Sei esilarante" le disse, continuando a guardarla ridendo.
"E tu un'idiota! Quando ti incoraggiavo a prendere più spesso delle decisioni avventate e folli, per divertirti e goderti al meglio ogni momento, non intendevo affatto tutto questo!" chiarì Hazel, indicando la divisa che aveva indosso.
"Smettila di lamentarti, so benissimo che ti stai divertendo!" rispose.
"Tutto sarà molto più divertente quando saremo finalmente lontani dalla mensa e da tutti quegli uomini in divisa" disse, guardando l'enorme edificio gremito di gente alle sue spalle.
"Nessuno si è accorto di te, pensano che tu sia una di loro" la rassicurò, continuando a camminare, la mano stretta in quella di Hazel.
"Solo perché non hanno notato quanto io sia ridicola in questa divisa" disse, notando quanto lunga le stesse quella giacca.
"Ecco, salta su!" disse poi Evan, indicando il furgoncino davanti a loro.
"Cosa?!" strillò Hazel, ritrovandosi ad un tratto decine di furgoni verdi posteggiati in fila di fronte ai suoi occhi.
"Dobbiamo prendere un furgone, il poligono non è vicino" le spiegò, avvicinandosi al furgone più vicino, e aprendo la portiera del conducente.
"M-ma, puoi prendere uno di questi a quest'ora?" chiese impallidendo Hazel.
"Non potremmo fare niente di tutto quello che stiamo facendo, avanti, muoviti!" rispose, saltando sul furgone.
Hazel si guardò intorno terrorizzata, raddrizzandosi il berretto sul capo, e nascondendo per bene i suoi capelli al suo interno. Sospirò nervosa chiudendo gli occhi, e sentendo le sue mani cominciare a sudare. Si odiava per aver accettato di prendere parte a quell'assurdo piano. Poi li riaprì, e fu solo quando notò un gruppo di ragazzi vicini guardare verso la sua direzione, che si decise a muoversi. Corse verso il furgoncino che Evan aveva già messo in moto, poi aprendo di scatto la portiera, si infilò al suo interno spaventata a morte.
"Parti, parti!" strillò in preda al panico.
"Eh?" disse Evan, guardandola confuso.
"Dei ragazzi mi hanno vista, mi hanno vista entrare qui dentro, e adesso avranno anche visto te mettere a moto questo enorme e fetente affare!" continuò a strillare, portandosi una mano davanti al naso.
Evan rise "Mantieni la calma, cerca di comportarti come se tutto questo fosse assolutamente normale, ok?" le chiese, posizionando le sue mani sul volante. Hazel annuì, il volto pallido e il respiro irregolare, poi posò le spalle sul sedile, e poggiando le sue mani sulle cosce, si costrinse a provare a calmarsi. Evan nel frattempo fece marcia indietro, e muovendo le sue mani agili sul volante, guardava dritto davanti a lui attraverso il parabrezza sporco.
Cominciò ad avanzare, il viso per metà nascosto nella penombra, il gruppo di ragazzi che camminava verso di loro, e i muscoli sempre più tesi della schiena di Hazel "Stai al gioco, va bene?" richiamò la sua attenzione Evan, che vedendola annuire, si affrettò a fermare il furgone proprio affianco al gruppo di ragazzi in divisa.
Abbassò il finestrino, agitato e teso "Ehi ragazzi, cosa fate in giro quaggiù a quest'ora?" chiese loro il ragazzo spostandosi leggermente in avanti, e tentando così di nascondere la ragazza dietro le sue spalle.
"Blake!" lo salutò uno di loro, togliendosi il berretto e avvicinandosi al furgone.
Evan lo riconobbe, si trattava di Chris, lo stesso ragazzo con il quale aveva trascorso numerosi turni in aeroporto, ecco perché era certo che se solo avesse notato Hazel accanto a lui, non sarebbe stato affatto difficile per lui riconoscerla.
"Chris!" ricambiò il saluto nervoso "Che fate qui?" chiese di nuovo Evan.
Un ragazzo accanto a Christopher all'improvviso si fece avanti, sfoggiando una bustina di erba davanti al viso, il sorriso sghembo e l'aria stralunata "Ce la spassiamo! Ne vuoi un po' Blake?" gli chiese, affacciandosi dal finestrino.
Evan sorrise, felice di notare quanto fatti fossero quei ragazzi "No Craig, sono di pattuglia, ma grazie comunque" rispose gentile.
Craig sorrise annuendo, "E tu? È roba davvero buona!" chiese il ragazzo dai capelli biondi, puntando il dito contro Hazel, che terrorizzata aveva schiacciato la schiena contro il sedile, tentando di mimetizzarsi con esso.
Scosse il capo, senza dire una parola, ma quando notò lo sguardo di Chris posarsi su di lei, presa dal panico disse qualcosa "Se dovete fumare quella roba, assicuratevi che nessuno vi veda. Cooper ha occhi ovunque!" li avvertì, usando le stesse identiche parole che aveva usato Peter con lei poco prima.
Evan si voltò verso di lei sorridendo colpito, poi Craig aprì bocca "Grazie dell'avvertimento soldato!" disse, portandosi una mano tesa alla fronte.
Evan li salutò con un cenno della mano, mentre Hazel rivolse loro un sorriso gentile, poi il ragazzo riprese la marcia.
La mora gettò un sospiro di sollievo, rilassando finalmente i muscoli delle sue spalle "Sei proprio entrata nel ruolo, eh?" le disse Evan, guardandola con la coda dell'occhio.
"Quel ragazzo, l'ho già visto in aeroporto, e se mi avesse riconosciuta?" chiese preoccupata.
"Era troppo fatto per ricordarsi dove ti ha vista" la rassicurò.
"Non siamo gli unici a sfidare le regole qui dentro" realizzò la ragazza.
Evan sorrise "Quasi ogni notte prendo questo furgone e vado da solo al poligono per allenarmi e scaricare un po' di tensione" cominciò a raccontarle.
"Nessuno mi ha mai beccato, e di certo non accadrà stasera. Hai un'ottima copertura, e siamo ormai arrivati!" aggiunse, fermando dopo qualche secondo il furgone davanti a un edificio desolato.

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