Capitolo 27
Il mattino seguente aprì gli occhi stranamente molto presto, per essere una che il sonno lo prendeva davvero troppo sul serio. Vide suo fratello accanto a lei raggomitolato su se stesso che stringeva al petto uno dei suoi peluche, sorrise trovandolo incredibilmente tenero, poi si ricordò perché si fosse addormentato lì con lei.
Sentì il rumore delle pentole, del getto dell'acqua, e un odore dolce ma anche un po' nauseante provenire dal piano di sotto, e il ricordò di sua madre della notte precedente, che in camicia da notte non smetteva di fissare Evan pallido come un vampiro, le strappò improvvisamente dal volto quel sorriso spensierato.
Si maledì per essere stata così stupida da non accorgersi dell'auto di sua madre nel vialetto di casa, per non aver pensato che potesse comunque tornare da un momento all'altro mentre spensierati lei ed Evan guardavano le stelle sul tetto. Si legò i capelli in una coda disordinata, poi si infilò una felpa infreddolita come sempre, e facendosi coraggio, decise che fosse arrivato il momento di affrontare finalmente sua madre. D'altronde si trattava di Carol Donovan, quella madre severa al punto giusto, ma pur sempre comprensiva, divertente e disponibile, soprattutto con i suoi figli. Non credeva che il suo rimprovero sarebbe stato poi così tanto duro, non almeno tanto severo e ingiusto come quelli che si aspettava di solito da suo padre. Era pronta, avrebbe raccontato a sua madre di Evan, e ne era certa, curiosa e pettegola com'era, Carol l'avrebbe ascoltata interessata dimenticandosi di quanto successo la notte precedente.
Entrò in cucina con passo felpato, imbarazzata e ancora un po' assonnacchiata.
Sua madre indaffarata a lavare i piatti, non si era ancora accorta del suo arrivo, così Hazel si sedette semplicemente alla penisola, versandosi del caffé in una grande tazza.
"Buongiorno" disse poi timida, sorseggiando del caffé.
Carol si voltò improvvisamente spaventata, lasciando cadere ai suoi piedi una grossa pentola "Cavolo Hazel!" strillò, portandosi una mano al petto.
Hazel trattenne una risata "Non mi hai sentita" disse sorridendole, e poggiando la tazza sul tavolo.
"Sei piuttosto brava a non saltare nell'occhio" commentò Carol, riprendendo la pentola da terra.
Hazel sorrise imbarazzata, prendendo un croissant dal vassoio al centro della penisola "Non così brava" disse, dandogli un morso.
Carol si voltò di nuovo verso la sua cucina, si versò qualcosa di fin troppo colorato e profumato in una tazza, poi si sedette di fronte alla figlia.
"Ne vuoi un po'?" le chiese gentile, indicando la sua tisana allo zenzero di un giallo non molto invitante.
"Preferisco il mio caffé" rispose Hazel, avvicinando la sua tazza alla bocca.
Carol annuì, rimase qualche secondo in silenzio, poi poggiando la sua tisana sul tavolo, iniziò.
"Quindi quel ragazzo, Evan, tu e lui state insieme?" chiese diretta.
"Sì, te lo avrei detto, ma non ero ancora sicura di cosa stesse accadendo tra me e lui. Ho solo cercato di prendere più tempo possibile" rispose agitata, la bocca e le mani sporche di zucchero a velo.
Sua madre deglutì, "Posso almeno sapere come lo hai conosciuto? Cosa fa nella vita, se è un delinquente, se è sposato e ha dei figli, e perché hai pensato che portarlo in casa senza che nessuno di noi fosse a conoscenza della sua esistenza, fosse davvero una buona idea?" ricominciò, l'aria confusa.
Hazel ancora una volta provò a trattenere una risata, in fin dei conti adorava quando sua madre s'impicciava nei suoi drammi amorosi in quel modo così premuroso e iperprotettivo, cercando di non risultare poi troppo invadente.
"Credevo che fossi ancora fuori città con i ragazzi della scuola, sapevo che papà dovesse lavorare in ospedale, e che Ian fosse fuori con i suoi amici" provò a spiegare, le gote rosse e l'aria dispiaciuta.
Adesso fu Carol a cercare di non scoppiare a ridere in faccia alla figlia, che agitata provava a dimostrare in qualunque modo le sue buone intenzioni.
"Sei proprio tale e quale a me!" esordì, sorseggiando fiera la sua tisana.
Hazel inarcò un sopracciglio confusa "Tu e i tuoi fratelli siete così convinti del fatto che voi e la vostra generazione, siate gli unici ribelli che han sfidato le regole rigide di genitori un po' severi! Son stata ragazza anch'io, hai idea di quante volte sono stata beccata nel garage della casa dei nonni con tuo padre?" le chiese divertita e nostalgica al ricordo di quei tempi.
Hazel rimase in silenzio incredula "Quindi non sei arrabbiata?" le chiese dopo qualche secondo.
"Sono solo dispiaciuta, avrei voluto che mi parlassi di questo nuovo ragazzo, soprattutto dopo tutto quello che è successo con Noah. Una volta non perdevi occasione per raccontarmi ogni cosa che riguardasse te e le tue relazioni, mi chiedevi consigli, opinioni, e soprattutto non ti nascondevi in camera tua con ragazzi di cui nemmeno so dell'esistenza" le spiegò, sembrando davvero ferita.
Hazel rimase a guardarla in silenzio, non riuscendo a trovare una sola parola che potesse giustificare il suo improvviso cambiamento.
In realtà non sapeva nemmeno lei perché d'un tratto avesse smesso di parlare con sua madre. Stava crescendo, e con lei anche i suoi problemi, e forse adesso si sentiva abbastanza preparata per poterli affrontare senza l'incoraggiamento di sua madre, o forse semplicemente negli ultimi mesi non aveva avuto granché da raccontare a sua madre riguardo la sua vita sentimentale.
Intenerita e dispiaciuta fissò lo sguardo negli occhi marroni della madre, si bagnò le labbra, poi provò a parlare "Ho conosciuto Evan a lavoro, è un soldato, uno dei migliori in realtà. È un ragazzo dolce, gentile e intelligente. Non è sposato, non ha figli, e non credo sia capace di pensare anche solo di poter fare qualcosa che possa farmi soffrire. È davvero splendido, mi ascolta e la sua sensibilità mi lascia ogni volta senza parole" disse senza prendere fiato nemmeno per un istante, gli occhi sognanti e il sorriso sulle labbra.
Sua madre la guardava colpita "Un soldato?" le chiese incredula.
Hazel annuì, sorseggiando il suo caffé "Si è arruolato subito dopo il diploma. Non hai idea di quanto sia altruista e coraggioso" spiegò meglio a sua madre.
"E cosa fa qui adesso?" chiese sinceramente interessata Carol.
Hazel deglutì "Lavora in aeroporto" disse solo. "Quindi si sta ancora addestrando?" le chiese la donna, il sopracciglio inarcato.
"In realtà ha già collezionato un paio di medaglie al valore" rispose fiera la ragazza "Ha rischiato la vita in una sparatoria all'inizio dell'anno, è per questo che adesso è di nuovo a casa. Sta cercando di... riprendersi" raccontò, un sottile velo di tristezza nel suo tono.
Carol la fissava in silenzio, colpita e sembrando sinceramente dispiaciuta "Sembra così giovane, ed è già stato mandato laggiù" rifletté ad alta voce la donna amareggiata.
"Evan ti direbbe che è questo lo scopo del suo lavoro. Andare in quei posti e salvare gente, è ciò che più gli sta al cuore" spiegò, lo sguardo assente fisso sulla superficie della penisola. In realtà non sembrava poi così fiera di quel modo di vedere le cose tipico di Evan. Per lui tutto ciò che contava, era salvare della gente, non aveva alcuna importanza se il prezzo da pagare fosse stato proprio la sua vita. Tutto si annullava dietro quell'unico gesto eroico, la sua famiglia, i suoi amici, forse anche Hazel, e il loro amore per lui, diventava all'improvviso meno importante davanti alla vita di qualcun altro in serio pericolo.
E tutto ciò non poteva che meravigliare ma al tempo stesso spaventare a morte Hazel. "Sembra un bravo ragazzo, con dei precisi principi e che sa esattamente quello che vuole" parlò la signora Donovan, richiamando l'attenzione della figlia. "Esatto" rispose semplicemente Hazel.
"Spero solo non si sia fatto un'idea sbagliata su di me! Io ho capito subito quanto gentile ed educato dovesse essere proprio dal modo in cui imbarazzato non smetteva di fissarmi ieri notte. Quanto a lui immagino adesso pensi che io sia una vecchia strega all'antica, non è vero?" chiese curiosa Carol. Hazel sorrise masticando il suo croissant "Non ho ancora avuto modo di chiederglielo, sai ieri è scappato via, a stento ha trovato il tempo di presentarsi" rispose.
Così Carol poggiò con un colpo deciso la sua tazza ormai vuota sul tavolo, "Che ne dici se lo invitassimo qui a casa per una cena?" esordì poi sorridendo entusiasta.
Hazel spalancò la bocca, la tazza che per poco non le scivolava dalle mani "Cosa?" quasi strillò.
"Dovresti dirgli di venire qui una di queste sere, potremmo presentarci meglio, fargli conoscere anche papà, e provare a convincerlo che non sono affatto la vecchia strega che lui crede io sia!" argomentò la sua proposta la donna.
Hazel inarcò un sopracciglio sorpresa "Invitarlo a cena?" ripeté.
"Proprio così! Voglio conoscerlo, capire se è davvero così incredibile come lo descrivi tu! Sarebbe un buon modo per spazzare via l'imbarazzo che si è creato fra noi ieri notte, non credi?" tentò di convincerla.
"Così dovrei invitarlo di nuovo qui in casa, ma sta volta per una cena con tutti i Donovan al completo?" chiese ancora una volta la mora.
"Non vuoi farlo?" disse confusa Carol.
"Sì, è solo che... Una cena con tutta la famiglia-" provò a formulare una frase di senso compiuto, che non risultasse nemmeno troppo scortese alle orecchie di sua madre.
"Oh non c'è bisogno che ci giri tanto intorno, se non vuoi ancora presentarcelo, rimanderemo questa cena e tu potrai tornare a nascondere ai tuoi genitori il tuo bel soldatino" la fece sentire in colpa Carol. Hazel roteò gli occhi - una cena con Evan era davvero quello che sua madre voleva?
Schioccò la lingua contro il palato, poi sorrise, rigirando il suo cucchiaino nella tazza ormai vuota "Glielo chiederò" si arrese alla fine.
Carol sollevò lo sguardo dalla sua tazza sorpresa "Venerdì sera, farò le mie lasagne!" strillò entusiasta e soddisfatta. Hazel sorrise colpita, poi mettendosi in piedi mostrò un sorriso sghembo "A delle condizioni però!" Carol inarcò un sopracciglio "Nessuno parlerà o semplicemente farà riferimenti a ciò che è successo stanotte" disse determinata.
Carol alzò le mani, sorridendo alla figlia beffarda, "Che è successo stanotte?" chiese poi Ian, sbadigliando assonnacchiato sul ciglio della porta.
Hazel e sua madre si guardarono confuse, poi posarono di nuovo lo sguardo sul moro "Ah già, voi due con Maddie e Evan in camera di Hazel nel bel mezzo della notte, adesso ricordo" gli si illuminò la lampadina.
"La mamma vuole che io inviti Evan a cena venerdì sera" gli raccontò. Ian rivolse uno sguardo sorpreso a sua sorella, poi sorrise sornione "Davvero?" chiese sedendosi accanto a sua sorella e iniziando a sgranocchiare dei cornflakes. Hazel annuì, prendendone un pugnetto e gettandoselo in bocca, chiaro segno di nervosismo "Oh, sarà divertente!" esordì Ian "Almeno lo spero" aggiunse poi, sorridendo ad Hazel.
Lo vide seduto ad un tavolino annoiato mentre tutto solo aspettava il suo arrivo, così il battito del suo cuore cominciò ad accelerare in modo incontrollato.
Si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, poi sorrise incamminandosi verso di lui. Quando gli fu ormai più vicino, Evan sentendola arrivare, sollevò lo sguardo, ricambiando quel sorriso solare, finalmente felice di vederla.
"Ciao" lo salutò, avvicinandosi al suo viso per dargli un bacio sulla guancia. Ma Evan, d'istinto mosse velocemente la testa, finendo per far scontrare le labbra di Hazel con le sue. La baciò strizzando gli occhi, davvero felice di vederla. Hazel ricambiò quel bacio piacevolmente colpita, poi poggiandogli una mano sulla guancia, si allontanò lentamente. Gli sorrise, e sedendosi accanto a lui, cominciò "Scusa, ti chiedo mille volte scusa. Avevi ragione, farti entrare in casa, quando era così probabile che qualcuno avrebbe potuto vederci, è stata un'idea davvero stupida" si disperò, guardandolo sinceramente dispiaciuta.
Evan non riuscì a non ridere "Ehi va tutto bene, tranquilla, non chiedermi scusa" le disse "È stato bello: sgattaiolare di nascosto in camera tua, guardare le stelle sul tetto, cadere per terra di fronte tua sorella, presentarmi a tua madre in camicia da notte" ricordò, il sorriso divertito sulle labbra.
Hazel lo guardava, non poi così convinta che per Evan fosse stato davvero tutto così bello. "Non prendermi in giro" lo avvertì, inarcando un sopracciglio.
"Sul serio, è stato bello vedere il tuo posto" fu più preciso stavolta. Le sfiorò con i polpastrelli la ciocca di capelli che le sfiorava il viso, poi Hazel riprese a parlare "Scusa se ti ho fatto venire qui. Se mia madre ti avesse visto di nuovo nel vialetto di casa nostra, stavolta non saresti potuto sfuggire così facilmente al suo interrogatorio. È impicciona alle volte, e non riesce mai a rendersene conto da sola" gli spiegò.
"Mi è sembrata gentile, ieri... Oltre che sconvolta e infuriata, sembrava anche gentile" disse Evan, sorridendo e facendo ridere Hazel.
"Lo è, è una donna molto gentile, ma come ti ho già detto, è curiosa, e vuole sempre trovare un modo per comportarsi da madre moderna che sa ogni cosa della vita dei suoi figli" raccontò la mora. "Ecco perché adesso vuole sapere tutto di te" disse, sorridendo sornione.
"Di me?" aggrottò le sopracciglia confuso Evan.
"Stamattina abbiamo parlato. Ha voluto assicurarsi che tu non fossi sposato, nè che avessi dei figli, o fossi un criminale" gli raccontò "Che cosa?" scoppiò a ridere Evan.
"È imbarazzante" disse Hazel, portandosi una mano alla fronte disperata. Evan sorrise intenerito, si chiese se avesse la faccia di un padre di famiglia separato che spaccia droga e fa rapine nel weekend, poi si ricordò di essere solo un giovane soldato, e pensò che non aveva nulla di cui preoccuparsi, eccezion fatta per l'episodio della scorsa notte, era chiaro.
"Le hai detto che non sono sposato o hai lasciato che lo credesse davvero?" le chiese preoccupato.
Hazel sorrise "Le ho raccontato di te, di quello che sei e del tuo lavoro, e adesso è così emozionata e incuriosita che vuole che tu venga a cena da noi a conoscere il resto della famiglia" gli spiegò, ansiosa di capire che cosa pensasse lui dell'idea di sua madre.
Evan sollevò le sopracciglia sorpreso, poi accennò un sorriso "Davvero?" chiese incredulo. Hazel annuì "Mi ha invitato a cena da voi?" chiese ancora.
Evan non aveva mai conosciuto la famiglia di nessuna delle sue ragazze, non si era mai spinto così oltre, e adesso non riusciva a far smettere di sudare le sue mani dall'agitazione. Era entusiasta e impaurito allo stesso tempo, ma non si sarebbe mai tirato indietro, non adesso che Hazel lo guardava emozionata aspettando che Evan le dicesse finalmente qualcosa.
"Tua sorella non proverà a uccidermi con una mazza da baseball un'altra volta?" chiese sorridendo dopo pochi secondi.
Hazel ricambiò quel sorriso contenta, "Quindi verrai a conoscere la mia famiglia?" chiese eccitata.
Evan annuì "E tuo padre non mi chiederà se sono mai stato in galera?" scherzò divertito. "No, ma ti farà mille domande sul tuo lavoro e la tua esperienza in Iraq, potrai sopportarlo?" chiese Hazel sorridendo "Sono pronto a rispondere a tutte le sue domande" rispose, mentre Hazel si lanciava su di lui, circondandogli il collo con le braccia e abbracciandolo forte "Grazie, grazie, grazie, grazie!" strillò elettrizzata e grata, mentre Evan la stringeva ridendo.
Adorava il modo in cui Peter si impegnava a piacere a sua sorella Phoebe, sottoponendosi ad ognuna delle sue torture fin da quando era più piccola.
Phoebe sembrava adorare tormentarlo con il suo thé rosa preparato in una cucina altrettanto femminile e rosa: lo faceva sedere ad un tavolo alto più o meno fin le ginocchia di Peter, obbligandolo a fare conoscenza con i suoi amici peluche, e a brindare con lei sollevando la sua tazzina viola glietterata con tanto di mignolino all'insù. Casey non riusciva a trattenere le lacrime dalle risate ogni volta che quella scena le si presentava davanti. Stavolta però c'era seduta anche lei a quel tavolo. Peter sorrideva, felice di poter trascorrere di nuovo del tempo con Casey e la sua famiglia, sebbene adesso qualcosa sembrava aver improvvisamente stravolto tutto. Il signor Johnson li aveva ormai lasciati da tempo, e adesso anche Annalise, la madre di Casey e Phoebe, sembrava essere sempre più assente. Erano frequenti le sere che Casey e sua sorella minore, si erano trovate costrette a trascorrere da sole, adesso che la loro madre era troppo occupata alla redazione del giornale per la quale scriveva ormai da tempo. Era da sempre stata una celebre redattrice del Santa Ana Journal, ma da quando suo marito se n'era andato, aveva occupato tutte le sue giornate scrivendo articoli su articoli, seduta a quella scrivania nel suo studio di vetro, dimenticandosi di essere ancora una madre, oltre che una vedova. Così Casey, impegnata anche lei col suo lavoro e la sua vita, aveva dovuto trovare il tempo anche per occuparsi di Phoebe, senza far pesare ancor di più, l'assenza dei genitori alla piccola Johnson.
E Peter, adesso che era rientrato finalmente nella sua vita, sembrava non voler lasciare Casey un solo momento da sola, così anche quella sera, allo scattare del coprifuoco alla base, lui era invece sgattaiolato via per andare da lei, per aiutarla e starle vicino.
"Che ne dite se mettiamo da parte questo thé un po' troppo profumato e invece ordiniamo una pizza?" chiese la ragazza, mettendosi sulle ginocchia pronta per abbandonare il salone rosa della piccola Phoebe.
Peter la guardò con occhi sognanti, nascondendo in un tovagliolo un dolcino viola fatto da Phoebe con la plastilina. "Dopo questa deliziosa merenda, mi è proprio venuto un certo languorino! Che ne dici Phoebe, hai voglia di una bella pizza?" chiese premuroso Peter, spostando l'attenzione sulla piccola seduta di fronte a lui.
"Ho sempre voglia di pizza, Pet!" rispose entusiasta.
Peter sorrise sollevato; aveva così tanta fame che era certo avrebbe potuto mangiare quell'intero vassoio di dolci in plastilina da un momento all'altro, se solo Casey non gli avesse proposto presto qualcosa di realmente commestibile con cui cenare.
La biondina lo fissava strabiliata: nemmeno lei aveva mai riservato così tante attenzioni a sua sorella.
Si affrettò a chiamare la pizzeria d'asporto, poi immobile rimase in silenzio a fissare la foto appesa al frigorifero della sua cucina, che ritraeva tutta la sua famiglia al completo, Peter compreso, il giorno del matrimonio di sua cugina Rose. Si lasciò scappare un sorriso, provando una fitta morsa al cuore che la paralizzò. Le mancavano terribilmente quei giorni. Considerava gli anni della sua adolescenza, quelli del diploma e dell'inizio della sua storia con Peter, i più belli della sua vita fino ad adesso. Tutto ciò che ricordava di quei tempi, non faceva che rimandarla a momenti di tanta spensieratezza e allegria, che ormai sembravano lontane anni luce da lei e la vita che aveva adesso.
Erano gli anni in cui era finalmente diventata indipendente, libera, gli anni delle nuove esperienze, ma anche gli anni durante i quali la famiglia Johnson aveva attraversato i momenti più felici della loro storia. Lontani dal tumore che aveva portato via loro padre, distanti dalla scoperta del compromesso che aveva scelto di accettare Peter cambiando per sempre le loro sorti, ancora ignari di cosa sarebbe accaduto ad Annalise solo qualche anno dopo la morte del marito. Casey fissava quella foto zitta e ferma, ancora col cellulare poggiato sull'orecchio, e quel sorriso nostalgico che sembrava l'unica fonte di luce in quell'espressione cupa e triste sul suo volto.
"Ricordo quel giorno come se fosse ieri" disse poi Peter da dietro le sue spalle, la sensazione del suo fiato sul collo.
"Abbiamo mangiato e ballato per tutta la giornata, è stato il giorno in cui ho conosciuto tutta la tua famiglia, e anche il giorno in cui ti ho parlato della mia decisione" ricordò Peter, il tono nostalgico nelle sue parole.
Finalmente Casey riuscì a muoversi, asciugandosi velocemente qualche lacrima che era riuscita a sfuggire al suo tentativo di trattenere la tristezza, così si voltò verso di lui "Il matrimonio di Rose è stato il giorno in cui mi hai detto che ti saresti arruolato?" chiese incerta la ragazza.
Peter annuì, ricordando ogni cosa del momento in cui gliene aveva parlato "Non me lo ricordavo più" disse Casey, facendo un salto e sedendosi sul tavolo al centro della stanza.
"Non la prendesti molto bene, questo te lo ricordi, no?" chiese Peter.
Casey puntò il suo sguardo su di lui "Sì, ricordo come mezza ubriaca ti presi a pugni pregandoti di non farlo" disse accennando una risata.
Peter sorrise "Credevi che sarei morto entro quello stesso anno" ricordò "Era l'alcol a farmi delirare" disse in sua difesa Casey.
"Sono comunque sopravvissuto all'Iraq, stavo per rimetterci una gamba, ma ce l'ho comunque fatta!" si autoelogiò Peter, il sorriso sghembo sulle sue labbra.
Casey sorrise, diventando più seria d'un tratto "È davvero questo che volevi?" chiese sinceramente interessata.
Peter la guardò sorpreso, mente il suo sorriso svaniva lentamente "Perdere una gamba? Ovvio che no!" rispose deciso.
"Parlo dell'esercito" riprese Casey "Arruolarti, volevi davvero farlo?" chiese ancora, stavolta più diretta. Il biondino deglutì "Nessuno vuole mai davvero farlo" rispose ad un tratto più serio "E tu sai benissimo perché l'ho fatto" concluse.
"Sai che sei ancora in tempo per cambiare piano, no? Lasciare l'esercito e trovare qualcos'altro" gli propose ingenuamente Casey.
"Ho deciso di arruolarmi nelle forze armate per ottenere un lavoro sicuro, per quanto quest'aggettivo sia in realtà il meno adatto per il genere di lavoro che faccio, ma in ogni caso, ciò non significa che a me non piaccia" chiarì sincero il ragazzo.
"Quindi mi stai dicendo che hai imparato ad amare la tua divisa col tempo?" chiese Casey. Peter annuì, mantenendo lo sguardo basso "E che mi dici della tua missione a Baghdad, hai amato anche combattere laggiù, rischiare di perdere la tua gamba o addirittura di morire?" chiese stavolta un po' più dura la ragazza.
"Ho amato salvare delle vite, fare la mia parte per cercare di aiutare quelle persone, ma ho anche odiato vedere morire gente che aveva riposto in me così tanta fiducia" spiegò, la rabbia nelle sue parole.
"È per questo che non vuoi tornare di nuovo laggiù? Perché le cose che hai odiato dell'esercito sono molte di più di quelle che hai amato?" chiese ancora Casey. Peter la guardava confuso e colpito, non sapendo bene come risponderle.
"Forse" rispose poi incerto il ragazzo, prendendo una bottiglia di birra dal frigo e aprendola in pochi secondi "Sai, è proprio questo che rende molto diversi Evan e me. A entrambi, sebbene lui creda di essere l'unico, è stato proposto di ripartire dopo Natale. Mancano ancora alcuni mesi, ma nonostante ciò, nonostante con quanta facilità e velocità io e la mia gamba siamo riusciti a riprenderci, io non credo di essere ancora pronto" Casey lo ascoltava attentamente mentre durante il suo racconto, Peter sorseggiava di tanto in tanto la sua birra.
"Entrambi, insieme all'intera squadra di ragazzi che era con noi laggiù in Iraq, siamo stati e siamo tuttora in cura da uno psicanalista. Dicono che la sparatoria ha provocato in noi un grosso trauma: abbiamo perso degli amici, visto la morte in faccia, e poi siamo tornati qui, a casa nostra. Il dottor Mavis dice che ognuno di noi sta cercando di abituarsi a convivere con il suo trauma, più o meno grave che sia: c'è chi come me ha già compreso per bene quanto sia stato fortunato ad esser riuscito a sopravvivere, e chi come Evan, porta ancora i segni di un trauma molto più pericoloso di quanto lui riesca ad ammettere" provò a spiegarle, il tono serio e rilassato.
"Pericoloso?" chiese stupita e preoccupata Casey.
"Sì" Peter mando giù un po' di birra "Notti insonni, incubi, attacchi di panico, senso di colpa e un inspiegabile bisogno di ritornare a combattere. Ti sembra che io stia parlando di qualcuno in particolare?" chiese Peter, appoggiato ai fornelli di fronte la ragazza.
"Evan vuole ripartire" rifletté a bassa voce Casey "Lui vuole tornare in Iraq, ma tu no" continuò incredula.
"Evan non ancora riesce ad ammettere quanto sia doloroso per lui combattere contro le conseguenze del suo trauma. È come se preferisse combattere contro quegli uomini iracheni, piuttosto che con i suoi demoni" disse Peter, non riuscendo ancora a capire perché diavolo Evan considerasse così importante e doveroso da parte sua, ripartire in missione.
"Lui è ancora in cura? Va ancora alle sedute con questo medico?" chiese preoccupata Casey.
"Non potrebbe fare altrimenti. Se non lo facesse, verrebbe rimandato a casa all'istante. Nelle sue condizioni poi, non so nemmeno perché Cooper gli abbia proposto di nuovo di ripartire" disse confuso, le sopracciglia aggrottate.
"È un po' come rinchiudere un pazzo suicida in una gabbia con dei leoni. Gli propongono di firmare nuovamente per l'Iraq, mentre lui passa le sue notti sveglio a guardare fisso il soffitto, o, nel caso in cui riuscisse a chiudere occhio, a rivivere gli attimi di quella sparatoria nei suoi incubi, come bloccato in un loop temporale" rifletté, incapace di trovare del buon senso in quello che il sergente Cooper stava facendo ad Evan "Lui non sta bene, Casey" il tono triste e stanco nella sua voce.
Con un salto Casey scese dal tavolo, e avvicinandosi a lui, provò a dire qualcosa "Capisco che la testardaggine e il senso di colpa di Evan adesso, gli impediscano di ragionare e comprendere quanto folle sia anche solo pensare di ripartire... Ma Cooper, il dottor Mavis, suo padre, perché gli permetterebbero mai di firmare?" chiese confusa la ragazza.
"Cas, si tratta di Evan. Lo psicologo crede a quello che lui gli racconta. Se gli dice che i tranquillanti lo stanno finalmente aiutando a dormire la notte, Mavis fiero e soddisfatto, non può non credergli. Continua a ripetere di voler ripartire perché è lì, è per quella gente, che i nostri compagni sono morti, e suo padre, Cooper, non possono che assecondarlo orgogliosi, perché si tratta di Evan, il miglior soldato dell'intera base" le rispose, l'amaro in bocca e la preoccupazione nei suoi occhi verdi.
"Così approveranno qualunque piano suicida Evan vorrà attuare? Manderanno a morire un ragazzo che non ha nemmeno ancora metabolizzato per bene quello che gli è successo in quella sparatoria, solo perché è Evan a dire di stare bene?" si chiese incredula Casey. "È quello che Evan sta cercando a tutti i costi di fare, ed ho paura che alla fine di tutto questo, lui ce la farà. E questa volta Cas, né io o gli altri ragazzi saremo lì con lui per aiutarlo" le spiegò, il terrore nei suoi occhi.
Spazio autrice
Eccomi finalmente qui con un nuovo aggiornamento!
Allora? Cosa ne pensate di questo nuovo capitolo?
Siete curiosi di sapere cosa succederà durante la cena a casa Donovan?
E che cosa pensate a proposito della preoccupazione di Peter?
Fa bene a sperare che Evan non scelga di ripartire, oppure non dovrebbe affatto preoccuparsi?
Fatemi sapere quali sono le vostre opinioni e curiosità!
Io sono sempre qui ad aspettare i vostri pareri!
Un bacio 😘
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