Rientrato in casa in piena notte, con gli abiti di Ian indosso e il sapore di Hazel sulle labbra, si sentì come travolto da un'ondata di serenità.
Dal momento in cui aveva dato la buonanotte ad Hazel, e si era messo in auto diretto verso casa, il sorriso non lo aveva abbandonato un secondo.
Aveva quell'espressione da ebete dipinta sul volto da almeno due giorni, probabilmente da quando Hazel lo aveva baciato. Si sentiva come un ragazzino delle medie alle prese con la sua prima fidanzatina, come se aprendo il biglietto con la scritta Ti vuoi mettere con me?, e accorgendosi della casella col Sì segnata in rosso, qualcosa fosse improvvisamente cambiata in lui. Si sentiva ridicolo, ma allo stesso tempo non poteva evitare di sentirsi felice.
Entrò in cucina, e cercando di fare meno rumore possibile, prese della cola dal frigo, si sedette alla penisola al centro della stanza, e iniziò a bere dalla sua lattina. Si accorse della carrellata di messaggi non letti e chiamate senza risposta da parte di Peter e sua madre. Si chiese se Hazel sarebbe mai riuscita ad essere più assillante di loro, poi con la sua cola in mano, si alzò non distogliendo lo sguardo dal cellulare. Avanzò verso il salotto, ma quando, ancora con gli occhi incollati al display, si scontrò contro qualcosa, la cola gli scivolò dalle mani.
Sollevò finalmente lo sguardo, e alla vista di suo padre in pigiama e mezzo addormentato davanti a lui, si pietrificò. Non notò nemmeno la chiazza di cola sulla maglia di suo padre, non almeno fino al momento in cui l'espressione sul volto dell'uomo davanti a lui, non si trasformò improvvisamente. Colin ridusse gli occhi a due fessure, e sotto quella penombra macabra, niente sarebbe mai potuto risultare più spaventoso per Evan. Eccezion fatta per il sergente Cooper, lui gli incuteva terrore anche nel suo bizzarro pigiama a stampe con i carri armati e i soldatini, e per sua sfortuna, aveva avuto l'occasione di vederlo vestito in modo così ridicolo fin troppe volte.
"Un soldato lo è anche mentre dorme" gli aveva detto un po' assonnato e un po' imbarazzato Cooper in occasione di uno di quegli ultimi imbarazzanti incontri, poi Evan aveva cominciato a farci l'abitudine, smettendo così di sorprendersi ogni qualvolta che avesse incontrato Cooper sfilare in quei suoi assurdi pigiami per i corridoi del dormitorio.
Quanto a Colin Blake, lui si era semplicemente limitato al tentativo di incenerire il figlio con lo sguardo, il ghigno sul suo viso e i pugni serrati.
"Scusa papà" disse ad un tratto Evan cercando di non scoppiargli a ridere in faccia, dopo aver ripreso la sua lattina da terra.
"Ti sembra questa l'ora di rientrare? Domani dovrai essere in caserma presto, e non credo che Cooper tollererà un altro ritardo" lo rimproverò, la voce roca e l'espressione stanca.
"Domani è domenica" fece una pausa "Volevo dire... Oggi è domenica" si corresse sfoggiando un sorrisetto sghembo, e grattandosi il capo.
Suo padre si raddrizzò sul posto, realizzando solo in quel momento che avrebbe potuto rinviare quella ramanzina al giorno seguente, poi riprese a parlare "La mia auto è ancora integra? E sai bene che integra presuppone anche l'assenza di qualunque tipo di graffio" precisò, più sveglio di quanto realmente sembrasse.
"Ho fatto anche benzina" rispose tranquillo Evan, annuendo e porgendo le chiavi dell'auto a suo padre.
Il signor Blake annuì soddisfatto, poi prendendo le sue chiavi, indicò di nuovo la chiazza di coca sul parquet "Pulisci!" gli intimò scherzoso "Io torno a dormire, buonanotte!" salutò poi il ragazzo salendo di nuovo le scale.
"Notte!" ricambiò il saluto Evan, salutandolo con un cenno della mano.
Hazel si svegliò più determinata che mai. Quel giorno avrebbe fatto ciò che da tempo ormai rimandava, ciò per cui non aveva ancora trovato il coraggio fino a quel momento. Niente a che vedere col riordinare la sua camera, fare un po' di palestra per rimettersi in forma, o riprendere a vedere quella serie tv che da mesi aveva ormai accantonato.
Hazel Donovan avrebbe finalmente preso la sua giacca e sarebbe uscita di casa per risolvere quel dramma in cui si era cacciata negli ultimi anni della sua vita.
Quel dramma si chiamava Noah Keller, e sebbene la voglia di rivederlo fosse meno che poca, Hazel si sentiva finalmente pronta ad affrontarlo una volta per tutte per mettere le cose in chiaro. Sbatté la porta d'ingresso alle sue spalle, ignorando completamente sua sorella Maddie, che le strillava contro rimproverandola per aver preso la sua giacca in pelle senza preoccuparsi minimamente di chiederle il permesso.
Sospirò stringendosi fra la pelle sintetica nera di quel chiodo, accessorio immancabile nell'armadio da punk strafottente e anticonformista quale era Madison.
Lanciò un'occhiata al cielo soleggiato sopra la sua testa, e pensò che fosse proprio un peccato rovinare quella splendida giornata con l'ennesima scenata fra lei e Noah. Ma sapeva bene che se non l'avesse incontrato proprio quel giorno, in cui sembrava ormai decisa a farlo, probabilmente non lo avrebbe fatto mai più. Inoltre si sentiva quasi in dovere con Evan, che sebbene le avesse detto esplicitamente di non doversi sentire in alcun modo obbligata a scegliere fra lui e Noah, a parer suo non meritava affatto tutto questo. Non si sentiva di fare una cosa del genere nemmeno a se stessa. Altra incertezza, altro disordine, le avrebbero solo fatto del male, oltre che compromettere il suo legame con Evan - cosa che non osava mettere a rischio minimamente. Quanto a Noah, in fin dei conti sentiva che sebbene lui non avesse più alcun ruolo di chissà quale rilevanza nella sua vita, anche lui meritava chiarezza, più che una spiegazione.
Così quando si trovò davanti alla sua porta, dopo aver indugiato qualche minuto, decise che fosse arrivato finalmente il momento di agire. Bussò, e qualche attimo dopo Noah aprì la porta, sbiancando istantaneamente vedendola lì davanti ai suoi occhi.
"Hazel" disse solo, guardandola con un'espressione spaesata.
"Ciao Noah" lo salutò sorridendo gentilmente.
Il ragazzo inarcò un sopracciglio, poi sbatté gli occhi un paio di volte "Che ci fai qui?".
"Ho bisogno di parlarti Noah" gli spiegò seria.
La guardò confuso "Va bene" rispose sorridendole. E per la prima volta Hazel non sentì il battito del suo cuore accelerare alla vista di quel sorriso. Lo trovava bello, solare, ma niente di così emozionante da farle scoppiare il cuore nel petto come una volta.
Si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, poi si sedette sulla sedia a dondolo nel portico, seguita da Noah.
Deglutì, e tentando di placare l'agitazione, si strofinò le mani gelate sui jeans "Perché sei venuto da me ieri?" gli chiese diretta.
Noah sgranò gli occhi, e dopo qualche istante in silenzio rispose "Volevo vederti".
"Così hai pensato che presentarti a casa mia senza nemmeno chiedermi se ci fossi, o ancora peggio se la mia famiglia fosse in casa, dovesse essere proprio un'ottima idea" dedusse.
"Ho solo pensato che avevo voglia di vederti" rispose sincero.
"E adesso, che le cose sono andate come sono andate, pensi davvero che sia stata una buona idea? Avresti potuto chiamarmi, chiedermi se mi andasse di vederci, invece no, ancora una volta hai agito impulsivamente" le parole di Hazel suonarono quasi come un rimprovero alle orecchie di Noah.
"Non occorre che tu mi rimproveri, ci ha già pensato per bene tuo fratello. E vederti con quel tipo, mi ha già chiarito per bene quanto io sia stato un vero e proprio idiota anche solo per aver pensato che presentarmi a casa tua senza dirti niente fosse una buona idea" la fermò, non riuscendo a guardarla negli occhi.
Hazel rimase in silenzio profondamente imbarazzata, analizzando ogni sua espressione mentre lui fissava quasi imbambolato le travi di legno sotto i loro piedi.
"Non hai idea di come io mi sia sentito quando ti ho vista arrivare. Mi sento solo uno stupido per aver pensato sul serio di poter sistemare tutto, per aver considerato davvero l'idea che un giorno magari tu avresti potuto perdonarmi. È solo che quella notte, quando ti ho incontrata al parco, quando ti ho baciata, ho davvero pensato che noi potessimo ritornare quelli di una volta. Adesso mi sembra tutto così surreale, mi sento ridicolo, ma ho creduto davvero di avere ancora una possibilità" le spiegò Noah, la voce tremante.
"Non è mai stata mia intenzionate fartelo credere Noah" gli rispose, sentendosi quasi in colpa per aver usato proprio quelle parole. Ma d'altronde stava solo cercando di essere il più sincera e chiara possibile. "Quella notte non avevo ancora capito di provare qualcosa per Evan, ma indipendentemente da lui, da noi, io non ho mai pensato davvero di darti un'altra possibilità. Noah te l'ho già detto, potrò provare a perdonarti un milione di volte, ma sono certa che in ogni caso niente potrà tornare più come prima fra noi" chiarì sincera.
In quel preciso istante Noah sollevò lo sguardo puntandolo dritto in quello di Hazel, che notando i suoi occhi verdi arrossati e spenti, sentì il cuore gelarsi nel petto. Le aveva fatto male, l'aveva fatta soffrire più di chiunque altro, ma Hazel non poteva non provare un'immensa tristezza nel vederlo in quelle condizioni. Si trattava comunque della persona con la quale aveva trascorso gli anni più felici della sua vita, e ne era consapevole, non sarebbe mai stata totalmente indifferente a lui.
"Non più, è chiaro" disse senza pensarci troppo Noah. Hazel inarcò un sopracciglio "Adesso hai il tuo bel soldato accanto, non reggerei mai il paragone con uno come lui, vero? Dopo quello che ho fatto poi sarei semplicemente ridicolo se provassi anche solo a chiederti di lui. Se sei davvero felice con lui, se è un bravo ragazzo, se pensi davvero che sia alla tua altezza... Sembra essere simpatico perfino ad Ian, io non sono mai piaciuto a tuo fratello, non mi ha mai tollerato. E adesso? Sarà felice di essersi finalmente liberato di me. E tutto questo solo per colpa mia, perché sono un grandissimo coglione che si è lasciato scappare l'unica cosa davvero bella che aveva avuto l'occasione di tenere fra le mani in vita sua" si sfogò gesticolando nervosamente, e guardandola fisso negli occhi. Hazel lo fissava colpita, mentre gli occhi di Noah sputavano fiamme di rabbia, e lei sentiva perfino un senso di colpa pervaderla.
"Noah" lo implorò di smetterla Hazel. Lei era proprio l'ultima persona con la quale avrebbe dovuto sfogarsi in quel modo. Lamentarsi, annegare nell'autocommiserazione proprio lì di fronte ad Hazel, non avrebbe che peggiorato le cose. D'altronde cosa si aspettava che gli dicesse? Che lo consolasse ripetendogli che non era colpa sua, che non doveva prendersela con se stesso? Hazel non la pensava assolutamente così.
Noah la guardava con gli occhi colmi di lacrime, mentre sembrava trattenersi dal voler fare qualcosa che Hazel non le avrebbe di certo mai più perdonato. Le mani le tremavano, il cuore le batteva sempre più forte, e l'agitazione cresceva a dismisura.
"Mi dispiace che tu abbia scoperto di Evan in quel modo, non avrei mai voluto che né tu né lui sapeste l'uno dell'altro così, ma purtroppo l'unica cosa che potevo fare per sistemare le cose era solo spiegarvi tutto, così l'ho fatto, ecco perché sono venuta qui" gli disse sinceramente dispiaciuta.
"Così gli hai detto di me?" le chiese sfacciato Noah sgranando gli occhi.
Hazel lo guardò colpita, e dopo qualche attimo in silenzio rispose "Glielo avrei detto più avanti, ma tu non mi hai dato altra scelta, e non c'era alcuna ragione di nasconderglielo" fu schietta.
Noah annuì ferito. "Noah, Evan è davvero un bravo ragazzo, mi fa ridere ed è gentile, lui mi ascolta" le gote rosse e lo sguardo sognante.
Noah rise beffardo mettendosi in piedi di colpo "E ti piace, ti piace davvero tanto" realizzò, l'espressione indecifrabile sul suo viso. Hazel lo guardò immobile "Tutto questo è assurdo, come siamo arrivati fin qui?" chiese il ragazzo continuando a mostrare un sorriso inquietante, mentre gli occhi trattenevano le lacrime.
"Ci hai portati tu fin qui" disse Hazel. Noah la guardò come se niente potesse fargli più male che stare lì con lei sapendo che non sarebbe mai più stata sua. Le parole di Hazel poi lo colpivano come lame letali, lo paralizzavano rendendolo sempre più vulnerabile e sconfitto.
"Promettimi che proverai a perdonarmi. Non ti chiamerò più, non ti cercherò nè mi presenterò a casa tua, ti lascerò in pace, ma tu promettimi che proverai a non odiarmi" la pregò, piegandosi sulle sue gambe esattamente di fronte a lei, e prendendole le mani.
La guardava distrutto, implorando perdono e assaporando quell'ultimo momento che le rimaneva da passare con lei. "Non potrò mai odiarti Noah" lo consolò, provando una tristezza infinita.
"Casey? Stai parlando sul serio di quella Casey? La ragazza che ti incenerisce con lo sguardo ogni qualvolta vi troviate per caso nella stessa stanza? Quella che sembra odiarti a morte - anche se non ti sei ancora deciso a spiegarmi il perché?" la reazione di Evan alla notizia dell'incontro fra il suo amico e Casey lo aveva decisamete destabilizzato. Non riusciva a credere alle sue orecchie: per mesi aveva sopportato Peter disperarsi a causa della rottura con Casey, e nonostante il suo amico non avesse mai dato alcun accenno sulla questione che aveva portato Casey a mollarlo, Evan era sempre stato accanto a lui, aveva cercato di consolarlo in qualunque modo, ed era stato l'unico ad averlo continuamente incitato a non arrendersi, ma piuttosto a cercare di sistemare le cose fra lui e Casey.
Così adesso che gli aveva raccontato cosa fosse successo fra i due dopo la sera del suo compleanno, Evan non poteva che essere felice per il suo migliore amico.
"Stento a crederci ancora anche io. Si è presentata a casa mia in preda ad una crisi isterica, ansiosa di sapere se la notte prima fosse stata tanto sbronza da spingersi oltre con me, ma quando le ho spiegato che l'avevo semplicemente riaccompagnata a casa, improvvisamente ha cambiato atteggiamento. Sono riuscito a parlarle per più di soli cinque minuti, non abbiamo litigato e non ha nemmeno provato a colpirmi in nessun modo!" continuava a raccontare entusiasta.
Evan nel frattempo non smetteva di ridere – gli era proprio mancato quel lato di Peter. "E adesso? Come hai intenzione di comportarti?" gli chiese curioso. Pet bevve un altro sorso di frappè "Non voglio illudermi, nè metterle pressione in alcun modo. Semplicemente mi comporterò come un amico che tiene veramente a lei, come faresti tu, come farei con chiunque. Quando e se riuscirà a fidarsi del tutto di nuovo di me, allora potrò dire di avercela fatta" disse non riuscendo a togliersi quel sorriso luminoso dal volto. Evan lo guardava felice e soddisfatto; poteva considerarsi un sostenitore della coppia Casey-Peter fin dai tempi del liceo, aveva visto quella relazione nascere, crescere e poi finire senza capire mai quale fosse la vera ragione, aveva assistito ad ogni tipo di smanceria fra quei due, e vederli stuzzicarsi, litigare come due bimbi, lo aveva da sempre divertito un mondo. Ricordava ancora quando all'inizio della loro storia, erano soliti uscire solo loro tre, quante volte si era ritrovato a dover fingere di voler rientrare in casa per lasciarli così da soli, o tutte le volte che aveva accettato assurdi inviti per delle altrettanto assurde uscite a quattro con le amiche più strane e matte di Casey, solo per far contento il suo migliore amico. Sarebbe stato in debito con lui per il resto della sua vita, dopo averlo costretto ad un'imbarazzante serata al bowling con la ragazza alla quale Evan si era dichiarato senza alcun successo ai tempi delle medie. Peter non aveva fatto altro che tirare a galla ricordi remoti di quei tempi per tutta la serata, generando imbarazzo su imbarazzo fra i due.
Poi qualcosa permise ad Evan di abbandonare lo spiacevole ricordo di quell'uscita, così sentendo qualcuno suonare alla porta, e realizzando solo in quel momento che nessuno sarebbe andato a vedere chi fosse se non lui, si alzò dalla sua sedia infastidito dal rumore insistente del campanello, e si precipitò in soggiorno.
"E' davvero così difficile ricordarsi di portare il proprio mazzo di chiavi con sè papà?" strillò, certo che si trattasse ancora una volta di suo padre e dei suoi problemi di memoria.
Ma quando aprì la porta fu piacevole per Evan ritrovarsi davanti ai suoi occhi Hazel, che infreddolita nel suo giubbotto in pelle, sembrava impaziente di vederlo.
Evan sgranò gli occhi, sorpreso di vederla a quell'ora proprio nel portico di casa sua. "Hazel?" disse incredulo.
"C'è qualcuno in casa?" gli chiese agitata, guardando dietro le grandi spalle del ragazzo.
"C'è Peter in cucina" le rispose, indicando con un pollice l'unica stanza con la luce accesa che Hazel riusciva a scorgere.
Istintivamente lo prese dal polso, e senza troppi sforzi lo trascinò fuori in terrazza, mentre Evan confuso si lasciava la porta chiusa alle sue spalle.
"Che succede?" le chiese. "Siediti" gli ordinò indicando la panchina in legno di fronte a lei.
In silenzio ed anche un po' spaventato, Evan fece come da Hazel richiesto, così si sedette adagio, e con le mani sui jeans, rimase a guardarla piuttosto confuso. Si chiese cosa diavolo avesse potuto infastidirla tanto. Arrivò addirittura a chiedersi se ciò che l'avesse fatta arrabbiare così, potesse essere riconducibile alla notte prima, quando dopo essersi addormentati sul divano, Evan se n'era andato senza salutarla, preoccupandosi piuttosto di non fare alcun rumore che avesse potuto svegliarla. Ma nell'esatto momento in cui elaborò un'ipotesi tanto ridicola, Hazel aveva ricominciato a parlare.
"Sono appena stata da Noah" esordì, fissandolo con un'espressione spaventosamente seria. Evan inarcò un sopracciglio, mentre le mani iniziavano a bagnarsi di sudore.
"Gli ho raccontato di te, di come sto bene insieme a te, di quanto tu sia gentile e carino con me" cominciò, ma quando il sorriso di Evan gli illuminò il volto, cambiò improvvisamente tono.
"Non sorridere Evan, sto cercando di intimidirti, ma se continui a guardarmi in quel modo... Perfavore, smettila!" lo rimproverò agitandosi. Evan chiuse la bocca istantaneamente, cercando di non ridere, più divertito che intimidito.
La mora sospirò chiudendo gli occhi, poi riprese a parlare "Noah continuava ad autocommiserarsi, a darsi le colpe di tutto. Io non l'ho mai visto così triste" realizzò in quel momento, mentre continuava a gesticolare in piedi dritto davanti ad Evan.
"Sai? Ho rimandato per mesi questa cosa, il momento in cui finalmente lo avrei affrontato per dirgli tutto ciò che ho tenuto dentro fino ad oggi. Avevo paura di farlo, perchè mi conosco, e sapevo che con quel suo solito atteggiamento, con il copione del ragazzo sinceramente pentito e consapevole dei propri errori, mi avrebbe convinta ancora una volta. Non volevo cascarci, non volevo permettergli di manipolarmi ancora, così ho semplicemente lasciato correre il tempo, ignorando quanto avessi in realtà bisogno di parlargli" Evan la ascoltava attento, non riuscendo però a capire in alcun modo cosa volesse dirgli. Ha forse preso la sua decisione? Pensò.
"Credevo di essere ancora troppo vulnerabile davanti a lui, e il fatto che io gli abbia permesso di baciarmi, di credere che potesse ancora esserci una possibilità per lui di ritornare insieme a me, ne è la chiara dimostrazione" continuò.
Evan sbiancò improvvisamente, sgranò gli occhi, poi con la gola secca si sforzò di dire qualcosa "Aspetta. Hai detto baciarti?" chiese agrottando le sopracciglia.
"Cosa?" rispose confusa Hazel "Hai detto che ti ha baciata? Noah ti ha baciata?" continuò a chiedere agitandosi.
"Cosa? No, non mi ha baciata" rispose "Hai detto che lo ha fatto" sottolineò Evan con tono freddo.
"Aspetta" lo imitò "Sei geloso?" gli chiese sorpresa sorridendogli, e sedendosi di fianco a lui.
"Cosa?" la imitò Evan questa volta, confuso. Geloso? Ripetè a se stesso sorpreso.
"Tu sei geloso" realizzò incredula Hazel, continuando a sorridere divertita.
"Forse" rispose Evan dopo una manciata di secondi in silenzio "Ma adesso stiamo parlando di Noah, e del bacio che non avrebbe dovuto darti, cosa c'entra?" le chiese.
"Non c'è stato alcun bacio, e il fatto che tu stia reagendo così c'entra eccome Evan! E' di questo che sto parlando!" esordì sorridendogli soddisfatta, ma Evan continuava a fissarla con quello sguardo spaesato.
"Oggi, mentre parlavo con Noah, mentre gli raccontavo di noi, non mi sono sentita affatto vulnerabile. Continuava a dirmi quanto io sia ancora importante per lui, quanto lo faccia stare male l'idea che io stia con qualcuno che non sia lui, ma io, io non sentivo niente. Non provavo nostalgia, nè rabbia o delusione, ero semplicemente indifferente. Non credevo ci sarei mai riuscita, ma ce l'ho fatta. Sono riuscita a rimanere distaccata, fredda, così l'ho semplicemente salutato e sono andata via" raccontò fiera di se stessa, mentre lo sguardo di Evan celava un velo di orgoglio misto a soddisfazione dietro il blu dei suoi grandi occhi.
"Evan, è per questo che dopo aver lasciato casa sua sono subito venuta qui. Mi hai chiesto di non scegliere, di non sentirmi obbligata a fare chiarezza. Ma vedi, non puoi dirmi di non farlo, non se il motivo per cui ho finalmente voltato le spalle al mio passato, a Noah, sei proprio tu. E' per te, anzi, è grazie a te se sono riuscita ad affrontarlo, quindi adesso non dirmi che la tua non è gelosia, che non vuoi che io scelga, che non puoi permettere che il tuo futuro condizioni le mie scelte, perché questo è ciò che vorresti, ma non puoi fare molto se adesso io sceglierò te. E non potrai fare nulla nemmeno se ciò che scelgo io oggi per me, condizionerà quello che tu sceglierai per te. Voglio stare con te, non m'importa se questo influenzerà il tuo futuro, se ti spingerà a rinunciare alla tua missione, ciò che m'interessa è che tu non neghi di provare qualcosa per me solo perché hai paura che il nostro legame potrà ostacolare la tua carriera. Non lo farà Evan, non potrei mai ostacolarti, ma non dirmi di non scegliere te, solo perché tu hai paura di fare la tua scelta" quando Hazel finì di parlare, prese un lungo e profondo respiro, chiuse gli occhi, e soltanto quando Evan le prese la mano, dopo qualche secondo, li riaprì.
Fissò il suo sguardo dritto in quello di Evan, di una tonalità di blu che non credeva di aver mai visto prima d'ora se non indosso a quel ragazzo.
"Io non ho paura di scegliere" esordì con voce roca, facendo rabbrividire Hazel. "Non ho nemmeno paura che tu possa intralciare la mia carriera, non è questo che mi preoccupa Zel." continuò, mentre Hazel inarcava un sopracciglio "E allora cos'è?".
"Se tutto questo fosse più grande di quanto noi pensiamo? Se non riuscissimo a sopportarlo?" le chiese incerto.
"Non sarebbe divertente se fosse tutto così facile. Potremmo non riuscire a sopportarlo, o potremmo scoprire che non esiste niente di più grande di noi" gli rispose sorridendogli sicura di sè, e stringendogli forte la mano.
La guardò incantato dalle sue parole, ricambiò quel sorriso, poi le mise una mano dietro al collo facendola sussultare, e poggiandole l'altra mano sul viso, la baciò delicatamente.
"Ah-ah!" sentirono da dietro il vetro della finestra che si affacciava sul portico.
Si allontanarono l'uno dall'altra in un istante, sorpresi e spaventati.
Si voltarono verso la vetrata dalla quale filtrava la luce del soggiorno, proiettando un'ombra in movimento sulla balconata del portico. Ma prima che potessero scorgere qualunque figura, Peter spalancò la porta d'ingresso, si catapultò in terrazza, e indicando emozionato i due ragazzi iniziò a strillare "Lo sapevo! E chi volevi prendere in giro tu, Blake? Devo dirlo ad Abby, ne ero certo!".
"Abby?" chiese Hazel imbarazzata, le gote rosse.
"Avevamo scommesso su di voi: credeva che Evan non si sarebbe mai deciso a fare la prima mossa, invece io ho sempre saputo che prima o poi sarebbe riuscito ad uscire dal guscio!" spiegò, non smettendo di guardarli entusiasta.
Hazel rivolse uno sguardo divertito ad Evan, pronta a spifferare la verità a Peter, mentre il moro faceva spallucce dichiarando la sua resa.
"In realtà Pet, mi dispiace dirtelo ma Evan sta ancora cercando di uscire dal suo guscio, non è vero?" esordì, guardando beffarda il ragazzo accanto a lei.
Evan sorrise divertito, mettendole un braccio attorno al collo, e guardando con aria colpevole il suo migliore amico.
"Sei proprio una delusione Blake!" lo rimproverò con un'espressione schifata Peter "Tanto forte e carismatico, quanto stupido!" continuò a rimproverarlo.
"Io ci ho provato Hazel, te lo giuro! Ho capito che gli piacevi dal primo momento in cui avete parlato, e non hai idea di quante volte io abbia cercato di spronarlo a fare qualcosa, chiederti il numero, invitarti ad uscire" continuò a blaterare, facendo ridere come una matta Hazel, mentre Evan guardava il soffitto sulla sua testa scocciato.
"Be', una cosa l'ho fatta: ti ho invitata ad uscire!" si difese il moro.
"Non vale, mi hai invitata ad una partita di basket i cui biglietti ti sono stati regalati proprio dalla sottoscritta!" intervenne Hazel, sorridendogli divertita.
"Vergognati!" riprese a sgridarlo Peter, mentre col cellulare in mano era intento a scrivere ad Abigail del nuovo scoop.
"Basta così, hai perso la tua scommessa, fattene una ragione!" disse Evan rimettendosi in piedi e dando una pacca sulla spalla al suo amico.
"Piuttosto Hazel, scommetti che Casey spaccherà questa faccia da fesso tra non molto tempo?" ribaltò la situazione Evan, ammiccando un sorriso.
"Secondo me invece torneranno insieme, non so dirti quando, ma prima o poi Casey cederà, e ti perdonerà qualunque cazzata tu abbia fatto" fu fiduciosa Hazel, che rivolse un sorriso gentile al biondino.
Al suono di quelle parole il viso di Peter si illuminò improvvisamente, speranzoso che l'idea di Hazel potesse davvero realizzarsi un giorno.
"Comunque vada, dovrai assicurarti che il giorno in cui ti prenderà finalmente a sberle, o a pugni, o magari anche a calci, io sarò presente in prima fila a godermi lo spettacolo, intesi?" disse Evan, invitando il suo migliore amico a rientrare in casa data l'ondata di vento che in poco tempo li aveva fatti gelare lì fuori.
"Non accadrà!" rispose Peter rientrando in casa e incamminandosi di nuovo verso la cucina. Hazel nel frattempo si era stretta nel suo chiodo infreddolita come sempre, impaziente di entrare in casa e riscaldarsi un po'. Ma nell'esatto istante in cui stava per varcare l'entrata, Evan intrecciò le sue dita con quelle della mora, la attirò a sè e con un'espressione seria sul volto le chiese "Ti ha baciata sul serio?".
Hazel rise sorpresa da quella domanda, "Non dopo che lo facessi tu" gli rispose, stampandogli un veloce bacio sulle labbra, per poi trascinarlo dentro ridendo.
Spazio autrice
Se sei arrivato/a fin qui, ti ringrazio tantissimo!
Spero che la storia ti stia piacendo, e se è così, mi farebbe davvero molto piacere conoscerti e parlare con te di quello che succede nel corso dei capitoli. Questa storia è il mio "piccolo" segreto, nessuno che mi conosce realmente, ha mai letto anche solo un mio capitolo, anzi, probabilmente nessuno fra i miei amici sa dell'esistenza di questa storia e della mia passione per la scrittura.
Per questo vorrei tanto sapere chi sei, cosa pensi delle storie dei miei personaggi, qual è il tuo preferito, e condividere così questo mio segreto con te!
Quindi, che ne dici di uscire allo scoperto e farmi sapere il tuo parere?
Spero davvero che qualcuno di voi si faccia sentire, nel caso in cui non fosse così...
Ci vediamo al prossimo capitolo!
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