Capitolo 20

Rimasero distesi per circa un'ora, le spalle di Evan contro la testata del letto, quelle di Hazel contro il petto ancora nudo del ragazzo. Trascorsero tutto il tempo abbracciati in quel modo, mentre Evan giocava con i capelli mossi di Hazel, e lei continuava a fargli domande sulla sua vita accarezzandogli la mano, curiosa come una bambina di cinque anni allo zoo.
Quando però si accorsero di che ora si era ormai fatta, Hazel, ancora nel suo abito impregnato di salsedine adesso completamente asciutto, scattò in piedi, e prendendo velocemente qualcosa di pulito, si infilò di corsa dentro il suo bagno, lasciando Evan solo nel suo letto.
Dopo aver ammirato ancora una volta quella camera, curiosato fra i libri sul comodino, le fotografie sparse un po' su tutte le pareti, e i trucchi disposti ordinatamente sulla scrivania, con un sorriso tenero sul volto, Evan prese la maglia pulita che Hazel gli aveva prestato e se la infilò. Scorse la sua felpa dei Clippers dalla montagna di vestiti disposta su una poltrona, la divisa da hostess e la stessa giacca ormai pulita sulla quale Casey aveva vomitato la sera del suo compleanno.
Si chiese come fosse andato il risveglio della sua amica la mattina dopo la festa, se Peter fosse ancora vivo, o se semplicemente Casey lo avesse ringraziato per averla riaccompagnata a casa senza fare troppe storie. Poi si ricordò che era di Casey che si trattava, così decise che avrebbe semplicemente chiesto ad Hazel.
Nel frattempo sentì un forte rumore provenire dal piano di sotto, e quando riconobbe la voce di Macklemore echeggiare per tutta la casa, si precipitò in salotto.
Scese le scale, lo spettacolo che si ritrovò davanti fu molto più che semplicemente esilarante. Ian continuava a vagare con il suo libro in mano per tutto il salone, cantando a squarciagola sopra la voce di Macklemore, ma allo stesso tempo così applicato alla sua lettura da sembrare quasi un matto appena evaso dal manicomio agli occhi di Evan, che fermo davanti alle scale, non riusciva a non smettere di ridere. Continuava a ticchettare una matita ben temperata sulle sue labbra, cantando alla stessa velocità di Macklemore, ma studiando concentrato le leggi della costituzione americana scritte sul suo libro, senza lasciare che la musica lo distrasse minimamente. Quando però Evan decise di avanzare verso di lui, finalmente la sua attenzione venne richiamata da qualcosa di diverso di un libro di diritto privato, così accortosi del ragazzo, Ian sobbalzò spaventato gettando il suo libro su un divano, e spegnendo istintivamente lo stereo.
"Evan!" strillò in imbarazzo.
"Non volevo spaventarti" rispose Evan non smettendo di ridere.
"Credevo che bussare alla porta prima di cogliere qualcuno sul fatto, fosse una regola valida per tutti" lo prese in giro Ian, alludendo a quando poco prima, per non aver bussato alla porta di Hazel, aveva rischiato di vedere più di quanto avesse voluto.
Evan invece, arrossì in imbarazzo "Non volevo coglierti sul fatto, ma era tutto così divertente, e sembravi così concentrato, non volevo disturbarti" cercò di scusarsi.
"E va bene, credo di aver dato abbastanza per oggi! E tu? Dov'è Hazel?" gli chiese sfacciato, riponendo tutti i suoi libri sul tavolino al centro del salotto.
"Sotto la doccia" rispose, grattandosi il capo.
"Come mai non sei con lei?" lo stuzzicò ancora ammiccando un sorriso. Evan arrossì, poi sul punto di rispondere, Ian lo bloccò "Hey ma quella roba è mia?" chiese sorpreso indicando i vestiti che Evan stava indossando.
"I miei vestiti sono ancora bagnati" rispose il ragazzo.
"Così adesso ho tutto il diritto di appropriarmi della tua felpa dei Clippers? A proposito, com'è andata la partita?" gli chiese curioso.
"Direi alla grande!" rispose soddisfatto Evan.
Ian nel frattempo, aveva raccolto tutte le cartacce delle merendine con la quale aveva probabilmente cenato, ed era sparito in cucina. "Sai, ho capito che voi due sareste finiti assieme fin dal momento in cui Hazel ci ha presentati" gli confessò ritornando dalla cucina con altre merendine.
Si gettò sul divano di peso, poi facendo segno ad Evan di sedersi accanto a lui, gli porse una barretta energetica al cioccolato "Ne vuoi una?" gli chiese, ed Evan, perennemente affamato, non esitò un attimo così la accettò subito.
"Non so se stiamo davvero insieme" rispose poi Evan dopo aver dato un morso alla sua barretta.
Ian inarcò un sopracciglio "Ti offro il mio cibo, ti presto i miei vestiti, e tu non sai se sei davvero il ragazzo di mia sorella?".
Evan rise "È complicato, e non voglio metterle fretta".
"Così il problema sarebbe Hazel? Dal modo in cui ti guardava mentre sfoggiavi il tuo ben di Dio prima, non lo avrei mai pensato" fu sincero Ian.
Evan invece, sebbene quella conversazione lo mettesse chiaramente a disagio, non poteva non trovare Ian e il modo in cui lo stava interrogando divertente e imbarazzante allo stesso tempo.
"Il problema non è Hazel" lo corresse ridendo "Ma è giusto che entrambi ci prendiamo ancora un po' di tempo prima di decidere cosa siamo" rispose poi serio.
"Cavolo Evan, sei proprio perfetto per lei! Sai come ha chiamato una volta questa tipica situazione all'inizio di una relazione mia sorella?" gli chiese sorpreso.
Evan inarcò un sopracciglio scuotendo il capo "DTR - Definire il tipo di relazione. Lascia che ti dia solo un consiglio: questa cosa spinge le ragazze a diventare ancora più paranoiche di quanto già non siano solitamente, mia sorella poi è già fin troppo problematica, se poi arrivi tu con quel fisico mozzafiato, l'aria da ragazzo per bene e simpatico, tutto si complica. Dammi retta, dovete fare questa cosa, dovete capire cosa siete o cosa diventerete, o Hazel uscirà fuori di testa" concluse Ian convinto che tutto ciò che aveva appena detto, avesse davvero un senso.
Evan d'altro canto, decise di prendere quel consiglio con le pinze, considerato quale fosse il vero problema per lui ed Hazel: il suo lavoro.
"Spero solo di aver capito male, in ogni caso, tu non dargli retta, qualunque cosa ti abbia detto si tratta solo di cazzate!" avvertì il ragazzo Hazel, entrando silenziosamente nella stanza, l'aria preoccupata e gli occhi spalancati dall'imbarazzo.
Evan si girò a guardarla sorpreso, e quando la vide in pantaloncini e maglietta, si paralizzò arrossendo.
"Stavo solo avvertendo Evan di quanto tu sia psicopatica il più delle volte. Uomo avvisato, mezzo salvato!" esordì Ian, guardando divertito la sorella.
"Non sono affatto psicopatica!" si difese Hazel, gettandosi in mezzo ai due ragazzi "Non quando mio fratello rompi coglioni si trova nei paraggi, pronto a mandarmi fuori di testa" precisò, prendendogli una merendina dalle mani.
"È un modo carino per dirmi di andare via? Perché se quello che stai cercando di fare, è mandarmi indirettamente dei segnali per farmi capire che vuoi rimanere di nuovo sola col tuo soldatino, per Dio solo sa fare cosa... Be' basta dirlo ed io vado a studiare da qualche altra parte! Evan, se oltre ai miei vestiti ti serve pure un preservativo: secondo cassetto del mio comodino, lì ne troverai di ogni tipo" sputò fuori Ian sul punto di alzarsi dal divano e lasciare in intimità i due ragazzi, i visi pallidi dei due.
Ma Hazel fu subito pronta, così con un gesto scaltro del braccio, spinse di nuovo contro il divano suo fratello, che fulminò con uno sguardo minaccioso, palesemente imbarazzata.
"Se pensi davvero che il problema sia farlo con te in casa, credo proprio che tu ti stia sbagliando" rispose astutamente Evan, continuando a mangiare la sua barretta energetica non curante di come Hazel lo stesse fissando imbambolata, certa che qualunque cosa avesse mai fatto Evan, non sarebbe mai riuscito a levarsi di dosso quell'aria così carismatica e sensuale.
"Considerato poi come sei abituato a studiare, non credo che ti saresti mai accorto di qualunque cosa fosse accaduta al piano di sopra, se solo le nostre intenzioni fossero state quelle" aggiunse Hazel, guardando con aria di sfida il fratello, che adesso fissava i due chiaramente a disagio.
"Va bene, ovviamente stavo scherzando! Tu, non osare mai più anche solo ipotizzare di darci dentro quando io sono nei paraggi" esordì guardando serio la sorella "E tu, non provare mai più anche solo a pensare di poterti divertire con mia sorella, per poi sbandierarmi in faccia una cosa simile senza alcun problema!" intimò ad Evan puntandogli un dito contro il petto, non riuscendo però a sembrare neanche lontanamente tanto minaccioso quanto avrebbe in realtà voluto.
Così dopo qualche secondo di imbarazzo da parte di entrambi, il viso leggermente pallido di Evan - che per un attimo pensò di aver esagerato con quella storia -, Hazel ruppe il silenzio con una fragorosa risata.
"Non sei affatto così male nella parte del fratello geloso e iperprotettivo!" suonò quasi come un complimento "Ma non hai nulla di cui preoccuparti, lo sai bene" lo rassicurò accarezzandogli affettuosamente il capo.
"In ogni caso, la prossima volta ci preoccuperemo di farti sapere in anticipo quando ci serviranno i tuoi preservativi!" lo prese ancora un po' in giro la ragazza, la risata di Evan in sottofondo.
Ian nel frattempo, scattò in piedi con le mani piene di merendine e il suo libro sotto braccio, ormai stufo di quel giochetto - infondo era davvero un fratello geloso, e essere a conoscenza della vita sessuale di sua sorella minore, non rientrava proprio fra le sue priorità.
"Puoi pure prenderli da solo, anzi, gradirei che lo facessi senza che io me ne accorga, okay?" avvertì Evan, facendolo scoppiare a ridere.
Il ragazzo annuì, poi Ian sparì su per le scale, e quando i due sentirono la porta di camera sua chiudersi forte, e la musica ricominciare a suonare, si guardarono divertiti ridendo come due matti.


"Di solito non scherza mai su queste cose, si vede che si fida" disse Hazel seria, il sorriso tenero sul suo volto.
"Mi ha chiesto come mai non fossi in doccia con te prima" le raccontò divertito.
"Sì, ed è anche entrato in camera mia senza nemmeno preoccuparsi di bussare poco fa. Ci tiene d'occhio, anche se non vuole che lo pensiamo" gli spiegò Hazel, non mostrando neanche il minimo fastidio per il comportamento del fratello.
"Non hai idea di come sia andata a finire l'ultima volta che mi ha trovata chiusa in camera con un ragazzo. È il motivo per cui ha finito per odiare uno dei suoi più cari amici" si lasciò scappare Hazel, ma quando quelle parole furono ormai fuori dalla sua bocca, sbiancò.
"Hai avuto una storia con uno dei migliori amici di tuo fratello?" le chiese curioso Evan, non poi così infastidito, ma semplicemente curioso.
"N-no! Volevo dire... sì" esitò a rispondere imbarazzata Hazel. Evan inarcò un sopracciglio confuso, poi le sorrise gentile come sempre, ed Hazel riprese a parlare "Sì, ho avuto una storia con un amico di Ian. Be' non erano proprio grandi amici, il loro era più un rapporto di tolleranza, giocavano nella stessa squadra di basket, uscivano insieme di tanto in tanto, ma quando poi Ian ci ha scoperti, qualunque remota possibilità che fra i due potesse nascere una vera e propria amicizia, è stata completamente spazzata via" gli raccontò, attenta a non scendere troppo nei dettagli.
"Così hai distrutto una possibile amicizia sul punto di nascere" la stuzzicò Evan, prendendole una mano e agganciando la sua a quella magra e piccola di Hazel.
"Già, e poi lui ha distrutto tutto il resto" aggiunse senza pensare troppo a quello che stava dicendo, e al fatto che il ragazzo in questione fosse lo stesso che aveva incontrato poco prima sul vialetto di casa sua, e che aveva presentato ad Evan come un semplice compagno di college di suo fratello.
Nel frattempo Evan la fissava confuso, stringendole ancora una mano "Dopo ben quattro anni di relazione, per ragioni ancora non molto chiare, lui ha deciso di andare a letto con un'altra, e fingere allo stesso tempo di essere innamorato di me fino al giorno in cui la verità è venuta finalmente a galla. È stata probabilmente la delusione più grande della mia vita, ma ormai è solo una vecchia e brutta storia" raccontò rapidamente, sembrando ormai quasi indifferente a tutta quella vicenda.
Sebbene Noah avesse deciso di provare a rientrare gradualmente nella sua vita, Hazel sembrava ancora più determinata a lasciarsi lui e la loro storia alle spalle, soprattutto adesso che le cose sembravano andare proprio nel verso giusto per lei.
"Quattro anni insieme?" le chiese incredulo Evan.
"Gli anni del liceo, ho buttato via la mia intera adolescenza per un idiota" rispose seria, lo sguardo fisso sulle sue gambe.
Evan sospirò imbarazzato, poi dopo esser rimasto a fissarla profondamente per una manciata di secondi, aprì di nuovo bocca "Pensavi fosse quello giusto, poi hai capito di non meritare neanche lontanamente qualcuno del genere. L'importante è che tu lo abbia capito, non importa se sia successo troppo tardi o per tempo. Non ti meritava, e l'unico ad aver buttato via qualcosa è solo lui, che si è giocato qualunque opportunità avesse mai avuto di stare con te, andando a letto con un'altra" le rispose serio, l'espressione gentile e gli occhi sinceri.
Hazel rimase a guardarlo colpita dalle sue parole, non riuscendo però a dirgli nulla. Negli ultimi mesi non aveva fatto altro che sentirsi una stupida per essersi fidata di Noah, per aver creduto alle sue belle parole, per avergli permesso per quattro lunghi anni, di credere che qualunque cosa fosse mai successa, lei sarebbe stata lì per lui sempre. L'aveva data per scontata, certo che anche dopo aver trascorso la notte con qualcuno che non fosse lei, Hazel sarebbe comunque stata lì al suo fianco.
Si era sentita una completa idiota, e nessuno, nemmeno suo fratello Ian, aveva provato a convincerla del contrario.
Negli ultimi mesi le era stata rinfacciata qualunque raccomandazione fatta in passato. "Quel ragazzo ti spezzerà il cuore", le avevano detto le sue vecchie amiche del liceo all'inizio della sua storia con Noah. "Ti avevamo avvertita! Prima o poi sarebbe successo, e tu hai solo preferito dare ascolto alle sue belle parole piuttosto che a noi!", le avevano poi rinfacciato alla notizia della loro rottura.
Per non parlare di come aveva reagito Ian, che da sempre era stato contrario a quella relazione. Lui ed Hazel non si parlarono per giorni, così proprio quando lei aveva più bisogno di suo fratello, lui l'aveva invece attaccata, rinfacciandole ogni avvertimento precedentemente fatto.
"Noah Keller non sa cosa significhi amare. Lui è solo un coglione capace di pensare unicamente a se stesso! Hai scelto di fidarti di lui e non di tuo fratello, e queste sono le conseguenze". Le parole di Ian risuonavano ancora assordanti nella sua testa. Erano state la lama più difficile da dover estrarre via, l'attacco più duro che Hazel aveva dovuto subire.
Ma Evan, lui non le aveva detto niente del genere. Piuttosto l'aveva incoraggiata a smettere di farsene una colpa, si era soffermato su quanto fosse importante semplicemente aver capito di non meritare qualcuno come Noah. Le aveva ripetuto di non preoccuparsi del tempo che secondo lei aveva ormai perso, perché rimpiangere non fai mai bene. È come gettare benzina sul fuoco, acqua sull'olio bollente, disinfettante su una ferita ancora aperta. Alimentare un fuoco già abbastanza difficile da soffocare, era quello che avevano fatto Ian, le sue vecchie amiche e tutti gli altri, quando piuttosto che consolarla, avevano lasciato che si prendesse ogni colpa, che si autoconvincesse che quel tradimento, non fosse che la sua punizione per aver dato fiducia a uno come Noah.
"Evan?" lo richiamò dopo esser rimasta in silenzio per un paio di secondi.
Il ragazzo sollevò lo sguardo, fissando i suoi grandi occhi blu in quelli di Hazel, l'espressione dolce e premurosa. "Mh?" le chiese premendo il labbro superiore contro quello inferiore.
"Noah Keller, il ragazzo che hai incontrato prima, è chi mi ha fatto tutto questo" confessò, stupendo perfino se stessa con quel gesto inatteso.
Chiuse gli occhi, preoccupata da che tipo di reazione avrebbe mai potuto avere Evan ad una notizia del genere. Nel frattempo il ragazzo la fissava sconvolto, gli occhi sbarrati e la bocca immobile. La sua mano invece, che stringeva ancora quella di Hazel, adesso aveva iniziato a vibrare in modo incontrollato, ed Hazel, che si era subito accorta di quel tremore, aveva schiuso gli occhi attendendo impaziente che Evan le dicesse qualcosa.
Deglutì, poi finalmente aprì bocca "C-cosa?" chiese sconvolto.
Hazel sospirò "Non lo vedevo da mesi, ma adesso lui è ricomparso. Mi ha detto che vuole ritornare a far parte della mia vita, vuole cercare di ottenere il mio perdono, ma Evan, io non so se sono pronta a tutto questo" sputò fuori completamente nel panico.
Non riusciva a capire perché diavolo avesse tirato fuori quella storia proprio in quel momento. Aveva agito impulsivamente, senza pensarci troppo si era lasciata guidare dall'istinto, e adesso aveva raccontato tutto ad Evan.
Il ragazzo la fissava confuso, non riuscendo ad aprir bocca, lo sguardo spento e l'espressione assente sul suo volto.
"Non avevo idea che fosse venuto qui per vedermi, per questo sono stata al gioco quando Ian te lo ha presentato come uno dei suoi amici. Non sapevo cosa dire, né che reazione avrebbe potuto avere lui, così ho semplicemente fatto finta di nulla. Ma non esiste ragione per cui io debba nasconderti una cosa del genere. Noah rappresenta il mio passato, una storia che vorrei restasse solo un lontano ricordo.
Non importa quante volte tenterà di riavvicinarsi a me, non m'importa più di lui" chiarì Hazel ansiosa.
"Non voglio che tu ti senta obbligata a dover scegliere. Ti ho detto che quel ragazzo non ti merita affatto, non che io sia quello giusto" disse con tono freddo Evan, guardandola fisso negli occhi.
Al suono della sua voce Hazel si paralizzò, "Cosa?" chiese confusa.
"Hazel, non dobbiamo fare così. Non ci serve comportarci come una coppia sul punto di giurarsi fedeltà prima di salutarsi. Non devi sentirti obbligata a metter nero su bianco i tuoi sentimenti: se sei ancora innamorata di questo Noah, o se sei pronta a dirgli addio solo per impegnarti con me... Non ti sto chiedendo di scegliere fra me e lui" le disse con tono severo e freddo.
"Non lo sto facendo" rispose colpita lei.
"Potrei partire a breve, e tu potresti decidere di dare ancora un'altra possibilità a lui" pensò ad alta voce Evan.
"Non voglio farlo" lo bloccò d'istinto "Non darò un'altra possibilità a Noah indipendentemente da quello che accadrà a noi due" chiarì sincera.
"Non ti ho raccontato tutto questo perché volevo rassicurarti su quali fossero i miei sentimenti per Noah adesso. Ho voluto parlarti di lui perché per la prima volta ho sentito di poter parlare di questa storia con qualcuno senza sentirmi giudicata o rimproverata in alcun modo. Non mi sento obbligata a prometterti nulla, ho semplicemente pensato che potessi parlarti di lui senza alcun problema. E ti ringrazio per non avermi trattata come una stupida ingenua proprio come hanno fatto invece tutti gli altri" gli disse seria.
"Hazel" riprese a parlare con voce roca Evan, stringendole di nuovo saldamente le mani "Non posso dire di essere migliore di nessuno, né di Noah né di qualunque altro ragazzo. Non so se riuscirei mai a meritare di stare con te, ma probabilmente nessuno lo meriterebbe mai. Quello che posso dirti con certezza però, è che non credo che tu debba dare un'altra possibilità a quel ragazzo. Non ti dico questo perché penso di poter essere un ragazzo migliore di lui per te, non lo conosco, e per conquistare te, sono certo che qualcosa di buono deve pur avere. Penso che dovresti chiudere con lui in definitiva semplicemente perché sono convinto che se è stato così stupido da lasciarti andare via, probabilmente non è nemmeno abbastanza intelligente per capire chi diavolo si è lasciato scappare... Per questo non credo che lui ti meriti Hazel, ma se quello che vuoi è del tempo per pensare, per capire cosa provi, io non sono nessuno per metterti fretta, né per costringerti a scegliere" le spiegò, e adesso la sua mano sembrava aver smesso di tremare.
"Non ho bisogno di tempo per pensare, il tempo che ho a disposizione per stare con te è fin troppo poco, non serve che il ritorno di qualcuno che mi ha già fatto abbastanza male, renda le cose più complicate di quanto già siano. Parlerò a Noah, gli dirò che è troppo tardi, gli spiegherò che non gli darei un'altra opportunità nemmeno se volessi, perché tutte le volte in cui gli ho già concesso il beneficio del dubbio, tutte le volte che gli ho concesso la possibilità di ottenere il mio perdono e riconquistare così la mia fiducia, sono già state abbastanza. Ma tu Evan, perfavore, smettila di ricordarmi che tutto questo potrebbe finire da un momento all'altro. Se partirai o no, se sceglierai di riprendere quel fucile in mano, non m'interessa saperlo per ora" la voce di Hazel si fece più flebile parole dopo parola. I suoi occhi scuri colmi di lacrime brillavano sotto la luce artificiale del lampadario sopra le loro teste, e il suo sguardo triste e consapevole, rifletteva perfettamente quello che era il suo stato d'animo in quel preciso momento.
"Possiamo semplicemente posticipare ancora per un po' questa conversazione? Mi hai raccontato di questa nuova possibile missione solo ieri, che tra l'altro è stato proprio il giorno in cui per la prima volta mi sono decisa a fare il primo passo. Quindi, come minimo, adesso tu dovresti semplicemente smetterla di ricordarmi che tra poco più di qualche mese, tu potresti essere dall'altra parte del mondo, a rischiare la tua vita per un altro acquedotto, o magari stavolta sarà il turno di una scuola, un ospedale. In ogni caso saresti comunque in pericolo, ed io invece" continuò con quel monologo drammatico e la voce singhiozzante.
"Hazel" la richiamò poi bloccandola Evan, guardandola dolcemente, l'accenno di un sorriso e l'espressione preoccupata.
La mora al suono del suo nome puntò gli occhi dritto in quelli del ragazzo, ammutolendosi d'un tratto. Si sentì quasi una bambina in preda alla disperazione dopo aver ricevuto un severo e secco no dai suoi genitori, alla richiesta di chissà quale nuovo giocattolo.
"Smetterò di ricordarti della mia missione solo e soltanto se tu adesso ti calmerai e riprenderai a mangiare barrette energetiche non preoccupandoti di me, o di Noah, o di tuo fratello che starà probabilmente origliando dalle scale dato che non sento più alcuna musica" le propose serio e scherzoso allo stesso tempo.
Lo guardò con i sui grandi occhioni colpita, poi aprì una nuova barretta ai frutti di bosco, e si gettò fra le sue braccia, interpretando ancora la stessa bambina che adesso supplicava una qualche sorta di conforto.
Evan sorrise, poi appoggiando il mento sul capo di Hazel, la avvicinò al suo petto stringendola forte, come se nessuno avrebbe mai potuto proteggerla come avrebbe fatto lui.



Non chiuse occhio per tutta la notte, troppo occupata a trascorrere le ore al buio sdraiata sul suo letto, intenta a fissare il soffitto pensierosa e confusa.
Aveva trascorso quasi l'intera giornata in compagnia di Peter, che l'aveva riaccompagnata a casa ancora una volta, quando sua madre e Phoebe erano ormai a letto che dormivano già da qualche ora. Stavolta però nessuna sbronza le avrebbe impedito di ricordare il viso della persona che l'aveva riportata a casa, e anche se non lo avesse mai ammesso per nessuna ragione al mondo, Casey non avrebbe potuto fare granché per nascondere quell'aria spensierata e felice che quella serata con Peter le aveva lasciato addosso.
Se non fosse stato per quel macigno sul petto che adesso non la faceva nemmeno dormire, avrebbe perfino potuto dire di sentirsi finalmente e in qualche assurda maniera felice.
Adesso guardava fissa la fotografia con suo padre che la ritraeva solare e soddisfatta il giorno del suo diploma. Era come se quel ricordo l'avesse ipnotizzata, costringendola a non distogliere lo sguardo per nessun motivo.
Era immobile sul suo letto, zitta e sconvolta.
Continuava a chiedersi nella sua testa: "Cosa stai facendo? Stai per caso pensando di perdonarlo?".
In realtà però la voce che la stava tartassando di domande in quel momento, era più simile a quella di un uomo, una voce dal tono severo il cui intento sembrava proprio esser quello di far suonare quelle domande quasi come un rimprovero.
"Non sto pensando a niente" finalmente diede un segno di vita Casey.
"Non negare l'evidenza Julia, ho sempre saputo che prima o poi avresti messo da parte il tuo buon senso, e avresti dato un'altra possibilità a quel ragazzo".
Fu quando si sentì chiamare col suo primo nome di battesimo, che nessuno eccetto suo padre e sua nonna paterna - la vera Julia - utilizzava per chiamarla, che Casey si pietrificò. Strinse il copriletto fra i pugni, rabbrividendo.
"Papà" sussurrò poi, il viso pallido.
"È un bravo ragazzo, mi è sempre piaciuto".
Casey spalancò gli occhi, mentre le sue mani iniziavano a sudare e la gola secca le impediva di parlare.
"Sai Julia? Il più delle volte la gente commette azioni terribili in fin di bene. C'è sempre una valida spiegazione per tutto".
Al suono di quelle parole l'agitazione aiutò Casey a dar di nuovo voce alla sua bocca.
"E quali erano le tue?" chiese arrabbiata alzando il tono della voce, la presa sempre più forte sul suo copriletto, e il rosso fuoco delle sue guance.
"Certi lavori ti portano ad abbandonare l'onestà, il senso del dovere. Quello che io ho fatto, le decisioni che ho preso, è tutto dipeso dalla responsabilità di tenere in piedi la nostra casa, la nostra famiglia".
"Tu avresti dovuto garantire la giustizia! Hai messo in salvo la tua famiglia distruggendone delle altre! E adesso che sei andato via, anche la nostra è ormai distrutta!" sputò fuori con una rabbia indescrivibile Casey, le sopracciglia aggrottate, la tempesta nei suoi occhi.
"Lasciarvi è l'unica cosa che non ho potuto evitare. Julia, non puoi incolparmi per ogni singola cosa che ho fatto quando ero ancora in vita. Non posso credere che tutto ciò che rimane adesso di me non è che questo disprezzo".
Casey schiuse gli occhi non potendo evitare di sentirsi in colpa, così le lacrime iniziarono a scorrere sul suo volto.
"Vorrei poter ricordarti in modo diverso, ma non ce la faccio" disse solo con voce tremante.
"Sei sempre stata così maledettamente testarda e incosciente. Pensi che il mondo lì fuori abbia qualche speranza di cambiare, di diventare un posto giusto, dove nessuno sappia cosa siano la corruzione, l'omertà e l'ingiustizia, ma la verità è che se credi davvero in questo tuo stupido e utopistico sogno, non hai imparato proprio niente da tuo padre".
Quelle parole le trafissero il cuore, provocandole un dolore lancinante alla testa, immobilizzandola sul letto, e facendo scorrere le lacrime sul suo volto più velocemente.
"Sei stato capace di trasformare anche ciò che di più buono e bello c'era nella mia vita, in qualcosa per cui provare vergogna, qualcuno da disprezzare. Mi hai portata ad odiare Peter, hai distrutto tutto, e adesso anche lui avrà sulla coscienza quell'uomo!" strillò in preda all'ira.
"Quell'uomo meritava di finire in prigione, non importa se le prove rubate da Peter avrebbero potuto salvarlo. Era un delinquente, e adesso ha avuto quello che gli spettava!".
Le orecchie di Casey iniziarono a fischiare proprio in quel momento, mentre tutta la stanza le ruotava intorno vorticosamente, e finalmente libera di muoversi, aveva iniziato a dimenarsi agitata fra le lenzuola, non smettendo di piangere e strillare.
"Casey! Casey!" sentito il suo nome riuscì finalmente a calmarsi, ammutolendosi d'un tratto e smettendo di agitarsi.
"Casey svegliati!" la chiamò ancora preoccupata sua madre Annalise prendendole il viso gelido fra le mani.
"Stai sognando, apri gli occhi!" la pregò.
Dopo pochi istanti finalmente Casey riuscì a riprendersi, e quando si ritrovò il volto pallido della madre davanti agli occhi, cominciò a realizzare.
Aveva creduto sul serio di aver avuto una vera e propria discussione con il fantasma di suo padre, ma quando capì che si era trattato solo di un terribile incubo, si sentì improvvisamente sollevata, sebbene la rabbia provocata dal padre le facesse battere ancora forte il cuore.
Si mise seduta continuando a guardare fisso la madre, che spaventata attendeva che la figlia iniziasse a parlare.
Le mani di Casey continuavano a tremare incontrollate, mentre brividi di freddo le percorrevano tutto il corpo, nonostante il sudore che le aveva bagnato il volto e le alte temperature autunnali di Santa Ana.
"Tesoro sta' tranquilla, era solo un incubo" provò a rassicurarla Annalise, asciugandole il volto bagnato di lacrime e sudore con un panno.
Casey annuì, poi spostò lo sguardo sul punto nella parete davanti a lei in cui era appesa la fotografia con suo padre.
Deglutì, si scostò le coperte di dosso, e senza rivolgere la minima attenzione a sua madre che continuava a guardarla confusa, scattò in piedi per poi scappare via in bagno.
Chiuse la porta del bagno alle sue spalle con rabbia, poi si infilò in doccia, arrabbiata e spaventata allo stesso tempo. Sotto il getto caldo dell'acqua iniziò a piangere, non riuscendo a rimuovere dalla sua testa le parole di suo padre. Poggiò il capo contro la parete decorata di piastrelle rosa, gli occhi chiusi e il cuore palpitante dentro il suo petto.
Se stava pensando di dare un'altra possibilità a Peter?
Non lo sapeva.
Se avrebbe mai perdonato suo padre?
Non lo sapeva.
Se odiava se stessa per avercela tanto con suo padre?
Non lo sapeva.
Avrebbe solo voluto che le cose tornassero come una volta. Riavere indietro suo padre, ritornare con Peter, vivere ancora con la sua famiglia al completo, e non sentire più sua madre piangere il 30 di ogni mese. Probabilmente tutto ciò che desiderava era già una risposta.
Ma Julia Casey Johnson non lo avrebbe mai ammesso, il suo orgoglio, il suo buon senso, non le avrebbero mai permesso di farlo.

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