-uno-

grazie per essere passati di qui e per aver dato un'opportunità a "what are we now?", la mia prima fanfiction. specifico che la storia è protetta da copyright, e non tollero che venga copiata o riprodotta senza la mia autorizzazione. buona lettura ♥️

piccolo avviso: dal 3.1.2020 la storia è in revisione, se notate qualche incongruenza è per questo. 

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Chiusi distrattamente il libro di storia, col cervello completamente infiacchito da quel susseguirsi di nomi di imperatori, papi, scontri e trattati, che mi avevano risucchiato di tutte le attenzioni e le energie. Escluso il soave suono delle pagine all'impatto con l'aria e il crepitio della pioggia sul tetto, regnava il silenzio, piatto come il mio stato d'animo.

Ero maggiorenne da due anni e conducevo una vita pressochè normale: vivevo con due genitori che mi donavano tanto amore - e a cui ne davo altrettanto - severi ma non troppo, che tenevano molto a me e alla mia formazione, e una sorellina minore, Ginger, che amavo più della mia stessa vita. Era uno scricciolino di appena cinque anni, dalla statura ovviamente minuta e delle fossette de baciare.

Persino tra me e la scuola scorreva un buon rapporto: ero molto fiduciosa nel mio futuro, nonostante ritenessi che tutto dipendesse dall'andamento del mio presente, dunque mi impegnavo giornalmente, dedicando parecchia attenzione a ogni singola materia. E devo ammettere che riuscivo a ottenere ottimi risultati con sforzi neanche esagerati oltremodo. La mia ambizione maggiore era quella di riuscire a laurearmi nel settore della moda. Volevo rendere i miei genitori, per una volta, orgogliosi di me, perciò ce la stavo mettendo tutta.

Certamente, dunque, tra gli altri giovani, a primo impatto non emergevo per qualche assurdo motivo o caratteristica - esclusi i miei ciuffi color rosa confetto per cui mi guadagnavo qualche sguardo in più, girando per la strada - nè il mio carattere era così stravagante da essere ricordato, ammesso che non avevo compiuto alcuna gesta.

Quel giorno così piatto da far paura era nel bel mezzo delle vacanze natalizie; dopo aver acceso una candela al gusto Pan Di Zenzero, aspettando che Meredith tornasse dal bagno, mi lanciai sul letto e feci partire una playlist con gran parte delle canzoni natalizie di Michael Bubble. Mentre la riproduzione casuale dava It's Beginning to Look a Lot Like Christmas, la chioma simile a fili d'oro della mia migliore amica spuntò oltre lo stipite.

Ci eravamo viste a casa mia, e dopo un'abbondante merenda a base di frollini all'arancia fatti in casa e succo, ci eravamo chinate sui libri. Meredith, che stava per perdere l'anno a causa delle insufficienze in gran parte delle materie, aveva promesso di seguire le mie spiegazioni, per recuperare in fretta. Quel dì, fu particolarmente paziente e riuscimmo a non distrarci più di tanto, ottenendo cinque ore di studio pesante.

Il sole era calato da un pezzo, quando avevamo aperto il pc, in cerca di una serie tv da guardare. Tra uno sbuffo e l'altro, però, non avevamo scelto alcun titolo. Era chiaro che avessimo preferenze differenti: io tendevo maggiormente verso il genere romantico e lei, spietata e empatica per niente, puntava su thriller o horror.

«Ho un'ideona!», squittì, facendosi scendere gli occhiali sul naso e letteralmente spingendomi giù dal letto. Si mise il pc sulle gambe e iniziò a digitare un titolo sul motore di ricerca, veloce come una furia.

Afferrai un lembo delle lenzuola e mi diedi la spinta per rimettermi sul morbido materasso, poi diedi uno sguardo al computer. Apparse una schermata, dalla scritta Omegle arancione e un logo azzurro.

«Talk to strangers?», chiesi più a me stessa che a lei, letteralmente sbiancando. Questo tipo di siti così oscuri, in anonimo, mi avevano sempre inquietata.

«Testo o video?», ribattè con una voce acuta da sfondare i timpani.

«Mer-»

«Testo, va! La bimba è ancora poco matura per un certo tipo di immagini che potrebbe ritrovarsi sotto gli occhi», ghignò.

Mi avvicinai a lei, prelevandole il computer dalle mani, quando lo allontanò da me, assottigliando gli occhi. «Non finirai sul deep web, nè ti verranno a cercare a casa, nè ti uccideranno o minacceranno. Parola di... Titti!», sorrise ancora, pronunciando quel soprannome che da sempre le attribuivo.

Scossi la testa e mi maledissi per la mia capacità di non saper ribattere o difendermi: la verità era che mi fidavo troppo di Meredith, per pensare che davvero volesse portarmi su una cattiva strada.

«Adesso uno sconosciuto ci scriverà», mi informò e io sospirai. «E noi risponderemo! Anzi... scriviamogli noi!»

«Io...»

«Sì! Lui va bene! Guarda qua!», mi porse il computer. 

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