8. Caos (huit)
12 febbraio 2018
Il calore della luce del sole colpisce i miei occhi chiusi che non ho nessuna voglia di aprire. Sento il materasso affondare accanto a me, ma non ci faccio caso. “Sarà solo la mia immaginazione” penso. Un brivido abbastanza intenso però, percorre il mio corpo quando qualcuno appoggia la mano sul mio braccio. <Bonjour ma petite> sento sussurrare al mio orecchio da una voce estremamente familiare. Apro piano gli occhi e mi giro per vedere di chi si tratta. Rimango a bocca aperta. Sono felicemente sorpresa. <Jean…> mormoro tirandomi su e sedendomi contro la tastiera del letto. Lui semplicemente mi sorride e sposta lentamente la sua mano dal mio braccio alla mia mano. Fa intrecciare le mie dita alle sue e io sorrido ancora di più. Amo quando fa così. Io sento il cuore galoppare nel mio petto. Averlo così vicino fa sempre lo stesso effetto. Allungo la mano destra per accarezzargli la guancia coperta da una leggera barba. <Che ci fai qui?> gli chiedo a bassa voce. Mi guarda per un po’ senza dire nulla, fissando i suoi occhi nei miei. <Marti io…> cerca di dire ma si blocca. Abbassa lo sguardo e giocherella con le lenzuola. Fa sempre così quando non sa come dire qualcosa. Io non smetto di accarezzargli la guancia spostando le dita tra i suoi capelli castani. Lui rialza lo sguardo e prosegue <Io ti devo chiedere scusa. Per un’infinità di cose. Spesso ti ho detto cose che non meritavi assolutamente di sentirti dire. E ti chiedo scusa. Io mi sono comportato male con te, troppe volte. E tu non te lo meritavi. Anzi tu non meriti di avere un migliore amico come me. Meriti di meglio. Io però non riesco a starti lontano. Io ho bisogno di te come l’aria che respiro. Martine, io ti amo. Ti amo tantissimo…>. Io non so cosa dire. Lo amo anch’io, e anche tanto. Gli sorrido, come a rassicurarlo e con la mano tra i suoi capelli, avvicino il suo viso al mio. Le nostre labbra entrano in collisione e io sento che potrei avere un infarto proprio ora. Ho atteso talmente tanto questo momento che ora mi sembra quasi surreale. Mi sembra quasi un sogno…
Apro di scatto gli occhi e mi metto subito a sedere. Cerco di regolarizzare il respiro, mentre metabolizzo cosa ho appena sognato. Un sogno, un fottuttissimo sogno. Guardo l’orario sulla mia sveglia: 9:28. Sospiro mentre sento che i miei battiti cardiaci sono tornati normali. Una sola settimana che non lo vedo e già mi fa questo effetto: siamo messi bene. André è ritornato a Monaco e quindi io sono di nuovo a casa da sola. Non che sia un male, perché ci sono abbastanza abituata, però ormai il tedesco era quasi di casa. Decido di alzarmi e di prepararmi una buona colazione. Subito dopo mi vado a fare una doccia con lo scopo di togliermi dalla testa quel dannato francese. Più ci penso però e più cedo alla tentazione di andare da lui e perdonarlo. Ma l’altra parte di me controbatte dicendo che il mio perdono se lo deve guadagnare, se mi rivuole indietro. È ormai risaputo che sono in bel casino e stare in casa da sola non aiuta. Chiamerei volentieri Juliette, però lei a quest’ora sarà nel suo ufficio a lavorare, al contrario mio che oggi ho la giornata libera. A dire la verità sono libera per tutta la settimana e anche la prossima dato che stanno risistemando tutto lo stabile dove lavoro e il mio capo mi ha detto di non presentarmi dato che non sarei stata molto utile ai lavori. Con questi pensieri esco dalla doccia avvolta nel mio accappatoio e mi asciugo in fretta i capelli. Dopo aver sistemato per bene la mia chioma ed essermi vestita, prendo la mia borsa con dentro il cellulare e le chiavi di casa ed esco per andare a farmi un giro per i negozi del centro e approfittarne per fare una passeggiata. Mi faccio sia la riva destra e poi parte della riva sinistra della Senna. Io e Jev facevamo sempre delle lunghe passeggiate qui: era una delle nostre parti preferite, se non la preferita, di tutta Parigi. Appena il suo nome, passa anche per caso nella mia mente, mi provoca una fitta al cuore. Perché riesce sempre a rovinare tutto quello che c’è tra noi? Probabilmente se non avessi baciato Mitch o se lui non mi avesse vista sarebbe filato tutto liscio, ma con il senno di poi ci sono piene le fosse. Io non ho sbagliato a ricambiare il bacio di Mitch. E poi non sarà di certo Mr Jean-Eric Vergne a decidere chi devo o chi non devo baciare! Sì, come no, continua a crederci Marti. Lui è ancora nella mia testa, nei miei pensieri. Mi sembra di vedere e sentire dappertutto la sua voce, di incontrare i suoi occhi tra quelli della gente. È qualcosa a cui non ero preparata. Io non ero pronta per innamorarmi di qualcuno, benché meno di lui. Ma lo ami veramente? Mi chiede una vocina nella mia testa. Non lo so. Mi fermo e appoggio le mani sul muretto, dove sotto c’è il fiume che scorre. In testa ho una confusione a dir poco caotica. Prendo un respiro profondo e cerco per un attimo di staccare la spina. Chiudo gli occhi e cerco di togliermi dalla testa tutti i miei pensieri, sperando di riuscirci. <Martine?>. Mi si ghiaccia il sangue nelle vene. Non può essere lui… Mi giro lentamente e mi trovo davanti l’ultima persona che avrei voluto vedere qui e ora. <Christian> mormoro con un filo di voce. <Quanto tempo> dice guardandomi stupito. Più di due mesi… Sicuramente incontrare il mio ex era l’ultima cosa che mi ci voleva al momento. <Già> rispondo io abbassando lo sguardo alle mie scarpe. Non so cosa dire. In effetti cosa si dovrebbe dire alla persona che ti ha spudoratamente tradito con la tua migliore amica? Mentre ero presa a pensare a Jev avevo tralasciato il dettaglio che io sono stata fidanzata con questo idiota davanti a me. <Ti va di andare a prendere un caffè assieme? Stavo giusto andando in questo bar qui> mi chiede poi indicando un barettino francese dietro di lui. Io annuisco semplicemente, tanto non saprei dire nient’altro. Certo però che Parigi è proprio uno sputo: esco per farmi una passeggiata e incontro il mio ex. Sempre molto fortunata io… Entriamo in questo bar e andiamo al banco per scegliere cosa prendere. Io mi faccio portare un bicchiere di Coca-Cola, mentre Christian prende un caffè espresso. Stesso caffè che beveva anche quando stavamo insieme. C’è da dire che non è cambiato molto né fisicamente, né nelle sue abitudini. Dopo aver preso le nostre bevande ci andiamo a sedere a un tavolo per due, con vista sulla strada. Beviamo in silenzio senza dirci nulla per un po’. Io ad essere sincera vorrei mandarlo a quel paese e uscire da questo bar ora, però c’è qualcosa che mi frena. Non so di cosa si tratta, ma per ora mi sta impedendo di prenderlo a pugni. <Come stai?> mi chiede poi, rompendo il silenzio tra noi. Bene, prima che ti incontrassi. <Abbastanza bene. Tu?> <Bene anche io. Come sta Jean? Ho visto che ha fatto doppietta a Santiago> mi risponde lui e io rimango per un attimo sorpresa. Lui non ha mai voluto vedere o venire a vedere con me un’E-Prix e mi sembra molto strano che lui abbia visto questo. È anche strano che mi chieda di Jean-Eric dato che a lui non è mai andato giù il fatto che io e il francese eravamo (e siamo tutt’ora, credo?) migliori amici. Ha sempre pensato che tra me e Jean ci fosse qualcosa, ma io gli ho sempre ripetuto che amavo solo lui. <Molto bene> gli rispondo secca io. Il discorso si chiude lì e io e Christian non apriamo più bocca fino a quando non abbiamo finito le nostre bevande. Lui inizia a torturarsi lentamente le mani e guarda un po’ fuori e un po’ il tavolo come se mi tenesse qualcosa nascosto, ma non sa come dirmelo. Poi sgancia la bomba. <Io e Camille ci sposiamo>. Io mi immobilizzo sulla sedia. È come se mi avessero tirato uno schiaffo in piena faccia. <Cosa?> chiedo io con un filo di voce. <Io e Camil-> <Lo so, questo l’avevo capito> ribatto secca impedendogli di parlare. È come se ritornassi alla realtà. La realtà che mi viene sbattuta in faccia un’altra volta. Io per un anno, un dannato anno, avevo aspettato la sua proposta e ora lui si sposa con una che conosce solo da tre mesi. <Come hai potuto?> gli chiedo a bassa voce e guardandolo cercando di farmi dare una risposta. Lui non dice niente e abbassa lo sguardo. Non ha neanche il coraggio di guardarmi in faccia. <Martine…> gli sento dire ma io mi sono già alzata e sono uscita dal bar. Non mi faccio più umiliare da lui. <Marti aspetta…> sento da dietro di me e una mano mi prende per il polso, facendomi voltare verso di lui. <Non mi toccare!> esclamo e con uno strattone mi libero dalla sua presa. <Mi fai solo schifo> sibilo poi puntandogli il dito contro. Lo guardo brevemente negli occhi per girare i tacchi e ritornare a casa. Quando entro nel mio appartamento sbatto la porta con violenza. Gemo frustrata e lancio la borsa sul mio divano. Cosa mi è saltato in mente quando sono andata con lui in quel bar? Che stupida che sono stata. Però mi ritornano in mente le sue parole. Loro si sposano e io no. Loro hanno trovato la loro felicità e io no. Sento una lacrima scivolare lungo la mia guancia, ma l’asciugo prima che possa arrivare al mento. Ne ho abbastanza di piangere per gente che mi fa solo soffrire. Avrei proprio bisogno di qualcuno che mi stia accanto senza nessuna condizione. Ho bisogno di qualcuno che mi ami e che non mi faccia stare male. Mi balza in testa un’idea. Recupero il telefono dalla mia borsa e cerco il suo numero nella rubrica. Premo il bottone verde e mi porto l’apparecchio all’orecchio, aspettando che mi risponda. Sempre se risponde… <Pronto?>. Una voce mezza assonata mi risponde dall’altro capo del telefono. <Mitch?> chiedo io insicura. <Martine?!> esclama stupito. <Ti ho disturbato?> gli chiedo. <No, no, figurati. Dimmi tutto> <Non ti dispiace se vengo da te oggi a Monaco, per un paio di giorni?>. Questa era l’idea che mi è venuta prima: scappare a Monaco con il pilota della Jaguar per qualche giorno. <O-Ok va bene. N-Non me l’aspettavo> balbetta lui dall’altro capo. Nemmeno io fino a 5 minuti fa. <Quindi per te va bene?> gli chiedo ancora. <Sì, sì va bene. Non c’è problema. Vieni in treno? Ti devo venire a prendere?> <No, no, vengo in macchina> <Ok, allora ti mando l’indirizzo. A dopo> <A dopo>. Concludiamo così la chiamata. Non so se questa decisione sia una prova d’amore nei confronti del neozelandese o se sia solo un’ennesima prova del fatto che il mio cervello sta perdendo tutte le rotelle che aveva, so solo che le mie azioni sono dettate dal fatto che ho solo voglia di andare via da questa città, anche solo per pochi giorni. Preparo in fretta la valigia per poi prendere le chiavi della mia macchina e mi appresto a lasciare casa mia. Salgo sulla mia Renault Clio rossa e parto in direzione del Principato di Monaco. Sono 9 ore di viaggio che però sono disposta a sopportare. Durante tutto il tragitto non riesco a smettere di pensare alla notizia che mi ha dato Christian. Certo che la mia vita fa proprio schifo. I miei pensieri vengono interrotti però dallo schermo dal display della macchina che mi segnala una chiamata in arrivo da parte di… Jean? Decido di rispondergli, perché se no mi riempie di chiamate e di messaggi. <Pronto?> <Dove stracazzo sei?> mi interrompe lui palesemente arrabbiato. <Ciao Jean, sto bene anche io grazie> <Marti rispondimi. Dove diamine sei?> <In giro> gli mento io. <Sono davanti al tuo condominio e il tuo vicino di casa mi ha detto che sei uscita con una valigia in mano> mi dice e io mi zittisco. Perché riesce sempre a scoprire quello che faccio? <Marti, dimmi dove sei, ti prego> mi chiede ancora lui. Posso sentire chiaramente dalla sua voce che è preoccupato per me. <Ho bisogno di stare da sola per un po’ Jean. Sto bene solo… fidati di me> dico io non ricevendo nessuna risposta dall’altro capo. <Ci vediamo in Messico> concludo e prima che possa dire qualsiasi altra cosa, ho già chiuso la chiamata. Guardo la strada davanti a me mentre il silenzio occupa di nuovo l’abitacolo. Stargli lontano è la decisione giusta sia per me che per lui, ma allora… perché mi fa soffrire così tanto? Sento una lacrima bagnarmi la guancia e non mi muovo neanche per asciugarla. Forse mi merito di soffrire. Mi ritornano in mente le parole di Jev nel sogno: Tu non meriti di avere un migliore amico come me. No, non è così. E’ decisamente il contrario. Sono IO a non meritarmi lui. Sono io che non merito di amare. Mi accorgo appena ora che sono arrivata a Monaco. Controllo sul cellulare l’indirizzo che mi ha mandato Mitch e mi dirigo verso la casa del neozelandese. Mi fermo qualche minuto dopo davanti a un tipico condominio di Monaco che da fuori non sembra niente di che, ma dentro gli appartamenti sono lussuosi come non so cosa. Parcheggio la macchina proprio lì davanti e, dopo aver recuperato la mia piccola valigia dal bagagliaio, mi appresto ad entrare. Salgo fino al terzo piano, così come mi aveva detto lui, e mi ritrovo davanti alla porta del suo appartamento. Non esito per un istante a bussare. Questo mio gesto cambierà naturalmente tutte le carte in tavola fino ad ora, ma sono disposta a correre questo rischio. Tanto, cos’ho da perdere? Qualche secondo la porta si apre mostrandomi la figura di Mitch. Mollo la mia valigia per terra e lo abbraccio fortissimo. Lui ricambia la stretta, sollevandomi di poco da terra. <Mi sei mancata sai?> gli sento dire mentre io nascondo il mio volto contro il suo collo. Io annuisco e sciolgo l’abbraccio, accorgendomi solo ora dei miei occhi lucidi. Mitch mi sorride, appoggiando piano la mano sulla mia guancia. <Sono successe un casino di cose> mormoro abbassando lo sguardo. <Ehi> dice mettendo due dita sotto il mio mento e facendomi incrociare i suoi occhi con i miei. <Va tutto bene. Ci sono io qui, adesso> dice queste parole con sicurezza, una sicurezza che mi fa sentire bene. Io gli sorrido e alzandomi in punta di piedi poso le mie labbra sulle sue. Lo sento sorridere, cosa che istintivamente fa sorridere anche me. Ora è Mitch il mio porto sicuro. Quando ci stacchiamo, ci guardiamo negli occhi e io mi perdo nei suoi ambrati. Il momento però viene interrotto dalla mia pancia che brontola poco discretamente. Mitch ridacchia per poi dirmi <Ti ho preparato qualcosa da mangiare>. Mi prende per mano per condurmi in cucina, dove c’è la tavola apparecchiata per due. <Mi hai preparato una cenetta romantica eh?> gli chiedo io con un sorrisetto mentre mi avvicino al tavolo. <Sì… cioè no. Pensavo solo che tu avessi fame e…> cerca di dire ma io lo blocco dandogli un bacio sulla guancia. <Va benissimo> mormoro io facendolo sorridere. Ci mettiamo entrambi a sedere e io praticamente divoro tutto quello che ha preparato. <Era tutto delizioso> esclamo appoggiandomi contro lo schienale della sedia e toccandomi la pancia. <Ne sono contento> mi risponde lui con un sorriso. Subito dopo lo aiuto a sparecchiare la tavola e a mettere i piatti nella lavastoviglie. Decidiamo poi di andare a vederci qualche bel film sul divano, quando il suo cellulare squilla per una chiamata del suo team principal. Decido di lasciarlo parlare tranquillamente, così esco sul terrazzo per prendere una boccata d’aria. Mi appoggio alla ringhiera con entrambe le mani e mi perdo nel guardare il mare di Monaco. Ormai il sole è già tramontato, ma la vista rimane comunque bellissima. Rabbrividisco mentre una brezza di vento mi raggiunge, facendomi tirare su la cerniera della felpa per il freddo. Mi perdo nei miei pensieri, quando il mio cellulare vibra per l’arrivo di una notifica. Accendo il telefono e trovo due messaggi su Whatsapp: uno è da parte di André, mentre l’altro è di Jev. Leggo prima quello di André che è di questo pomeriggio:
André: Marti, Jev mi ha detto tutto. Dimmi solo se stai bene. Jean e io siamo molto preoccupati per te.
Gli rispondo subito:
Sto bene André. Ti spiegherò poi tutto quando ci vedremo in Messico. TVB❤
Leggo poi quello di Jean. Istintivamente, il mio cuore batte un po’ più velocemente.
Jean: Bonne nuit Marti, où que tu sois🤍
La frase conclusa così, con, a differenza dalle altre volte, un cuore bianco. Jev non fa niente per caso e so per certo che quel cuore bianco non è per niente casuale. Chiudo gli occhi prendendo un bel respiro. Con lui le mie emozioni prendono sempre il sopravvento. Mi sta facendo impazzire. Decido di non rispondergli. Non ne avrei comunque il coraggio. Quanto sono codarda… Ho preferito scappare, invece che spiegargli tutto. Ma non posso tornare indietro, almeno, non posso ora. Ho bisogno di qualche momento da sola per schiarirmi le idee. Rimetto il telefono in tasca e torno a guardare il mare. Sussulto quando un paio di braccia mi avvolgono da dietro. <Tutto bene?> mi chiede Mitch mettendo la testa nell’incavo del mio collo. Io annuisco, mentre sento milioni di brividi correre lungo la mia schiena quando le sue labbra sfiorano la mia pelle. Prendo un bel respiro prima di sfogarmi <Il mio ex si sposa>. Mitch si blocca. Mi fa girare verso di lui costringendomi a guardarlo negli occhi. <Mi dispiace moltissimo Marti> mormora accarezzandomi la guancia. Io mi stringo le spalle. <Non ci posso fare nulla> gli rispondo io. <Se sapessi come si chiama e dove si trova, andrei a menarlo> mi dice lui, facendomi ridere. <Certe persone non meritano neanche le minime attenzioni> gli rispondo io. Lui sorride, non smettendo di accarezzarmi la guancia. si sporge verso di me e mi bacia sulle labbra. Quando ci stacchiamo lui appoggia la fronte contro la mia, non smettendo di guardarmi negli occhi. <Sono molto felice che tu sia qui> sussurra ad un soffio dalla mie labbra. <Sono felice anche io Mitch> dico per poi baciarlo nuovamente con più passione. Alle conseguenze dei miei gesti ci penserò poi, ma per ora voglio solo essere libera di essere felice, anche solo per un’istante, anche solo per un secondo.
Spazio autrice:
Bonjour! Torna la Formula E e torno pure io ahahahah
Allora sono successe un po' di cose... e Jean e Martine si sono ancora allontanati. Lo so, sono crudele con questi due, ma bisogna lottare un po' per amore no? Cosa ne pensate in generale del capitolo? Vi è piaciuto? È un po' più corto rispetto a quelli iniziali, ma spero sia stato di vostro gradimento. E nulla che dire fatemi sapere se vi è piaciuto e ci vediamo (presto spero) con un nuovo capitolo!!!
Baci❤🥰😘
Martina
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