2. Lights out (deux)
11 gennaio 2018
Vengo svegliata da dei colpi alla porta. Apro lentamente gli occhi. Non avevo nessuna voglia di svegliarmi né di alzarmi. Guardo svogliatamente l'orario: 8:20. Chi è che mi viene a rompere anche quando sono in vacanza?! I colpi alla porta persistono e io mi costringo ad alzarmi. <Arrivo, arrivo> dico alla persona dietro alla porta. Quando apro mi ritrovo davanti il mio migliore amico con in mano un vassoio con quella che presuppongo sia la mia colazione. <Ti ho svegliata?> mi chiede entrando, mentre io chiudo la porta alle mie spalle. <Vedi un po' tu> gli rispondo io alzando gli occhi al cielo. Posa il vassoio sul tavolino e si siede sul divanetto facendo segno di sedermi vicino a lui. Io mi siedo e mi volto verso il pilota. <Ehm... Senti Marti io sono venuto per...> ma lo blocco immediatamente dicendo quello che lui presumeva di dire <Sono venuto per scusarmi per il comportamento di ieri sera. Non avrei dovuto essere così stronzo perché infondo tu sei venuta qui per me e io dovrei trattarti come meriti. Quindi ti ho portato la colazione per cercare di farmi perdonare>. Una volta concluso il mio discorso Jev mi guarda attonito e io scoppio a ridere. <Era quello che volevi dire, non è vero?> gli chiedo io e lui annuisce imbarazzato. <Ci sono abituata ormai ai tuoi sbalzi di umore, Jean, e ho imparato anche che, quando hai qualcosa da farti perdonare, mi porti sempre la colazione> proseguo io e lui mi sorride scuotendo la testa. <Devo inventarmi qualcosa di nuovo per stupirti, perché ormai tu sai già tutto!> esclama mentre io osservo scrupolosa ogni cibo presente nel vassoio. Tra tutti noto la mia colazione preferita in assoluto: un croissant alla nutella. Lo afferro e inizio a mangiarlo. <Immaginavo avresti scelto quello...> mormora lui e io rido. È il mio croissant preferito e non ho mai avuto intenzione di cambiare idea. Una volta finita la mia colazione, noto Jean fissarmi ridendo. <Hai un po' di zucchero a velo qui> mi dice indicando il lato della bocca. Cerco di pulirmi alla bene e meglio anche se so che il risultato sarà pessimo. Una volta fatto, Jean mi guarda, sembra volermi dire qualcosa, ma alla fine sta zitto. Tra noi si crea un silenzio imbarazzante. È strano perché noi abbiamo sempre qualcosa da dirci, anche se si tratta di stupidate. Poco dopo, a rompere quel silenzio che si era creato, sono dei nuovi colpi alla porta. <Ma cos'è diventata la mia camera?> esclamo io alzando le braccia al cielo. Quando apro mi ritrovo davanti André. <Ciao Marti! Jean è qui?> mi chiede sbirciando nella mia camera. <Sì, sì è qui> gli rispondo facendomi da parte mentre il francese si alza. <Ho interrotto qualcosa?> mi chiede il tedesco maliziosamente. <No, figurati. Stavo solo facendo colazione> gli rispondo io mettendo a tacere quei suoi strani pensieri che gli erano venuti in mente. <Ok. Jean vieni che dobbiamo andare a fare i briefing con Mark e gli altri> prosegue poi André. Jev borbotta un "va bene" per poi uscire andare verso la porta. Il tedesco se n'è già andato, non senza prima salutarmi. Jean invece si ferma sulla porta e mi guarda un sorriso che sembra più una smorfia. <Ci vediamo nel paddock allora, va bene?> mi chiede lui e io annuisco. <Perfetto, ci vediamo là allora!> mi dice poi un po' più allegramente di prima, come se si fosse ripreso da uno stato di trance. <Va bene. Ciao Jean!> <Ciao!> lo sento dire per poi chiudere la porta. Uno dei momenti più strani e imbarazzanti della mia vita. Scuoto la testa cercando di distrarmi da quei pensieri e inizio a prepararmi per andare più tardi al paddock. In effetti è da un po' che non faccio un giro per un paddock di una gara automobilistica. Mi ricordo ancora di quando avevo fatto dei giri per il paddock della Formula 1, quando Jev era in Toro Rosso. Ogni volta che penso a quel periodo mi sento male, soffro, perché so che cosa ha passato quando lo hanno sbattuto fuori e io c'ero. Mi lavo, mi vesto ed esco dalla mia camera diretta al circuito.
Jean-Eric
Ascolto André svogliatamente. Credo stia parlando della performance della macchina, ma non lo sto ascoltando più da un pezzo. Sto fissando insistentemente l'entrata del paddock sperando che da lì passi la mia migliore amica. Stamattina avrei voluto dirle un sacco di cose, ma non l'ho fatto. Solitamente non ho nessun problema a parlare con lei, però di recente sento che qualcosa è cambiato tra di noi. E mentre faccio questi pensieri idioti, la vedo arrivare, più bella del solito. È sempre stata una bella ragazza, ma oggi brilla di luce propria. Si ferma a parlare con Lucas e Daniel. Mi dà fastidio che parli con loro. Lo so che lei è una ragazza abbastanza estroversa e solare, anche chiacchierona a volte, quindi dovrebbe essere normale per me vederla parlare con altri ragazzi, ma... non so... di recente mi dà particolarmente fastidio. <Senti, stavo pensando di andare a schiantare la macchina domani, per te va bene?>. La voce di André mi riporta alla realtà. <Eh? Cosa?> chiedo io confuso. <Bentornato sulla Terra! E' stato bello il viaggio?> mi chiede lui con un sorriso. <Stupido> borbotto tornando a guardare Martine. Ora sta ridendo, probabilmente per una battuta di Daniel, perché vedo anche Di Grassi ridere. Adoro la sua risata. <Non è che se la fissi in continuazione lei viene da te, eh> mi dice il mio compagno di squadra facendomi voltare verso di lui. <Tu i fatti tuoi mai invece?> <Mi interesso ai tuoi problemi, mio caro francese> mi dice dandomi una bella pacca sulla spalla. <Ma Martine non è un problema> ribatto io. <Come non è un problema? Ma se la stai fissando da quando ha messo piede nel paddock!> <Controllo che vada tutto bene> gli rispondo. Ottima spiegazione Jev davvero, complimenti. <Che spiegazione del cazzo, Jev! Non ci credi nemmeno tu! La verità è che a te piace quella ragazza, punto!> ribatte lui insistente. <Ma come te lo devo dire? In giapponese così lo capisci?! NON MI PIACE MARTINE!> dico pronunciando bene le ultime quattro parole. Lui sbuffa sonoramente. <Fai come ti pare Jev, ma io insisterò su questa questione fino a quando non confesserai i tuoi sentimenti!> insiste lui e io alzo gli occhi al cielo. Veniamo interrotti da giornalista che si dirige verso di noi per un'intervista probabilmente. Mi metto i miei amati occhiali da sole e lancio un'ultima occhiata a Martine. La situazione è più complicata del previsto...
Martine
Rido alla storia che mi ha appena raccontato Daniel. Mi sono fermata a parlare con i due piloti Audi prima di andare da Jev. <Comunque storie imbarazzanti a parte, ieri ti abbiamo visto parlare con Mitch> inizia a dire Lucas. <Ah, vero! Grazie per avermelo ricordato: stamattina Mitch mi ha chiesto di darti il tuo numero> esclama con un sorriso Daniel. Io lo guardo stupita. <E tu glielo hai dato?> gli chiedo poi. <No, no, ho voluto prima chiedertelo se ti andasse bene>. Finisce appena la frase che Lucas gli dà uno schiaffo sulla nuca. <Ahio! Perché l'hai fatto?> protesta il tedesco. <Dovevi darglielo direttamente il numero, senza chiedere a Martine, stupido! È la prima regola delle relazioni sentimentali!> ribatte il brasiliano come se fosse un guru in questo campo. <Ma io e Mitch mica stiamo insieme!> dico io attirando nuovamente l'attenzione dei due piloti. <Lo so, lo so, però si vede lontano che gli piaci!> mi dice Lucas e io sento le guance farsi rosse. <Aww, stai arrossendo!> mi dice Daniel e io sento le guance a cento gradi. <Finitela!> esclamo dando un leggero schiaffetto sulla spalla ad entrambi. Proprio in quel momento mi arriva un messaggio sul telefono.
Sconosciuto: Ciao Martine! Sono Mitch. Mi chiedevo se oggi ti andasse ti venire a fare un giro del mio box, se vuoi anche del paddock. Fammi sapere!
<Chi è?> mi chiede Daniel, al quale si aggiunge anche Lucas, sbirciando sul mio telefono. <E' Mitch> gli rispondo con un sorriso. <Woooo!!! Il kiwi ha fatto colpo!> esclama Lucas prendendo per le spalle il suo compagno di squadra e scompigliandogli i capelli. <LUCAS! Quante volte ti ho detto di non toccarmi i capelli?!> si lamenta il tedesco cercando di risistemarseli. <Oh come sei permaloso stamattina!> ribatte il brasiliano alzando gli occhi al cielo, facendomi ridere. È veramente comico vederli battibeccare. <Cosa devo rispondere?> chiedo ai due una volta che hanno smesso. <Digli di sì, senza esitare> mi dice Lucas. E Jev? Gli avevo detto che sarei andata da lui il prima possibile. <Forse declino> mormoro io tornando a guardare lo schermo del telefono indecisa sul da farsi. <E perché?> mi chiedono i due come se avessi detto di no alla regina Elisabetta. <Perché avevo promesso a Jev che sarei andata da lui il prima possibile...> rispondo io. <Ma lascia perdere quel francese! Vai dal kiwi e basta!> esclama Lucas. <Ma che "lascia perdere" e "lascia perdere"! E' meglio che va prima dal suo migliore amico che da Mitch> ribatte Daniel. <Ma cosa dici?! Deve andare da Mitch, da Jev può andarci quando vuole!> prosegue Lucas. <No, invece. Lei dovrebbe...>. Decido di ignorarli perché se no non arriverebbero mai ad un accordo. Decido di rispondere a Mitch così:
Hey Mitch! Certo che vengo, però prima passo un po' di tempo con Jean-Eric e poi vengo da te dopo pranzo, sempre se sei ancora libero.
La sua risposta non tarda ad arrivare.
Mitch🥝: Sì, sono libero, tanto pranzo qui vicino. Se vuoi dopo possiamo fare un giro qui nei dintorni.
Va benissimo, ci vediamo più tardi allora!
Mitch🥝: A più tardi!
<Allora io vado ragazzi!> dico attirando nuovamente l'attenzione dei due piloti Audi che erano tutti presi a discutere sulla mia situazione sentimentale. <Che gli hai detto?> mi chiede Daniel. <Gli ho detto che prima vado dal mio migliore amico e poi dopo pranzo ci vediamo> gli rispondo io tranquillamente mentre rimetto nella mia borsa a tracolla il cellulare. <Ma nooo!> esclama Lucas. <Vedi che avevo ragione io?> ribatte il tedesco dando un pugnetto sulla spalla al suo compagno di squadra. <Grazie mille comunque ragazzi, siete stati gentilissimi!> esclamo io dando ad entrambi un bacio sulla guancia. <Grazie a te, Marti!> esclamano loro in coro. Io rido scuotendo la testa e mi allontano da loro per andare ai box Techeetah. Entro nei box e cerco Jev con lo sguardo, ma non lo trovo. Alla fine, chiedo ad André e mi dice che è nella sua stanzetta. Mi dirigo immediatamente lì e busso piano. Non ricevo risposta così entro aprendo lentamente la porta. <Si può?> chiedo io sorridendo. Jean Eric è spaparanzato per terra dove ci sono sparsi dei vestiti e altre cose che non riesco a capire. <Certo che puoi! Vieni pure> mi dice alzandosi in piedi mentre io cerco di avvicinarmi a lui senza pestare niente. <Ma cos'è sto posto? Un campo di guerra?> esclamo io sedendomi accanto a lui con le spalle al muro. <A volte è anche peggio. Io e André ci mettiamo qui per parlare in pace, alcune volte ci addormentiamo anche> mi dice ridendo, contagiando anche me. <Ti va di andare a mangiare qui vicino più tardi? C'è un ristorantino che fa delle pizze squisite> prosegue poi tranquillamente. Il suo "strano" comportamento di stamattina è scomparso del tutto e io ne sono felice. <Sì certo, però subito dopo devo scappare perché ho un impegno> gli rispondo io. <Che impegno hai?> mi chiede curioso. <Mitch mi ha chiesto se volessi passare del tempo con lui e così ho accettato>. Quando pronuncio il nome del neozelandese, la mascella di Jev si contrae. Capisco perfettamente la sua reazione, così lo rassicuro <A dire la verità mi aveva proposto di andare nei suoi box adesso, però io ho preferito venire da te>. Alle mie parole Jev strabuzza gli occhi. <Non farti strane idee però!> proseguo io ridendo. Vedo le sue guance colorarsi di un rosa un po' più acceso per poi attirarmi nelle sue braccia. Io ci tengo a lui, più di ogni altra cosa. <E' da un po' che non mi abbracciavi così...> mormoro stringendomi più a lui. Lui ride e mi abbraccia ancora di più. Nelle sue braccia mi sento al sicuro, perché so che nonostante tutto lui non mi lascerà mai. <Dovresti essere meno francese a volte> sussurro io alzando la testa dal suo petto. <Non penso di potercela fare, ma se proprio vuoi ci posso provare> mi dice e io rido. <Non ci riusciresti> dico ancora riappoggiando la testa sul suo petto. <Dammi un po' di fiducia!> esclama facendomi ridere di nuovo. Non cambierà mai. Il resto del tempo lo passo nel suo box dove mi presenta i suoi meccanici e ingeneri. Mi fa anche salire in macchina e mi mostra come funziona il volante eccetera. Era da un po' che non passavo dl tempo con lui così e sono felice di averlo fatto. Jev può essere una persona estremamente complicata, ma se gli dimostrate fiducia, lui vi darà il suo cuore. Io lo conosco da una vita e so come prenderlo, ma se lo incontrate, così a primo impatto, penserete che sia il solito francese spocchioso e stronzo (c'è anche quello eh, però lasciamo perdere), ma non è così. Jev può essere molto divertente e alcune volte davvero dolce. <A cosa stai pensando?> mi chiede il francese mentre siamo uno davanti all'altro a mangiare pizze in quel ristorante di cui mi ha parlato prima. <A te> ammetto io senza pensarci troppo. <A me?> chiede lui divertito. <Sì. Stavo pensando che alcune volte sei davvero stronzo> dico io facendogli alzare gli occhi al cielo. <Ma ci sono abituata, non ti preoccupare> proseguo io guardando fuori dalla finestra accanto a me. Tra noi cala il silenzio simile a quello di stamattina, con l'unica differenza che è un po' meno imbarazzante. Dopo pranzo lo saluto con un abbraccio, anche se avevo la sensazione che non volesse lasciarmi andare. Ritorno in albergo dove io e Mitch ci saremmo incontrati. Una arrivata davanti all'edificio lo trovo appoggiato al muro, con la gamba leggermente piegata. Indossa dei jeans strappati, una maglietta bianca, una giacca sempre di jeans e degli occhiali da sole. Mi avvicino lentamente, per non disturbarlo, visto che sembra assorto nei suoi pensieri. <Disturbo?> chiedo poi con un sorriso facendogli alzare lo sguardo verso di me. <No assolutamente> mi risponde con lo stesso sorriso e avvicinandosi a me per salutarmi con un bacio sulla guancia. Dopo i saluti iniziamo ad incamminarci. Iniziamo a parlare del più e del meno, del suo weekend di gara e delle sue aspettative. Inizia poi a raccontarmi della sua vita personale. <Tu hai fratelli o sorelle?> gli chiedo io ad un certo punto. <Sì, ho un fratello maggiore che fa anche lui il pilota e si chiama Simon. E tu invece?> <Io sono figlia unica. Jev è l'unico "fratello" che io abbia mai conosciuto> gli rispondo mentre continuiamo a camminare senza meta. Lui resta un attimo in silenzio, come se stesse riflettendo sulle mie parole. Poi prosegue chiedendomi con un sorriso <Tu e Jev siete molto amici, vero?>. Io annuisco. <Ci conosciamo da sempre e siamo molto legati. È davvero una bella amicizia> dico io. In quel momento però ho come la sensazione che la parola "amicizia" non bastasse più; in quel momento vorrei che la parola "amicizia" si trasformasse in qualcos'altro, qualcosa che abbia più effetto. Mi fermo confusa. Cosa mi sta succedendo? <Ehi, stai bene? Sei diventata pallida> sento dire da Mitch che si è fermato a pochi passi da me. Non posso davvero provare quelle cose per Jean Eric, non posso permettermi di rovinare la nostra amicizia. È l'unica cosa che mi rimane. Non posso permettermi di soffrire ancora, non potrei sopportarlo. <I-Io...> cerco di dire qualcosa ma non riesco più a ragionare. Sono così confusa... <Vieni, ti porto in un posto più tranquillo> mi dice Mitch per poi prendermi per mano e condurmi verso una destinazione sconosciuta. Entriamo in un giardino botanico. Il profumo dei fiori mi inonda le narici e mi fa immediatamente rilassare. Mitch mi fa sedere sotto un albero, all'ombra. <Va meglio?> mi chiede accarezzandomi le spalle. Io annuisco piano. <Vuoi parlarmene? Se non vuoi io non ti costringo> mi dice serio togliendosi gli occhiali da sole e permettendomi di guardarlo negli occhi. Sento che di lui mi posso fidare. È una strana sensazione, ma qualcosa mi spinge a buttare fuori tutto quello che ho dentro. <Une mese e mezzo fa, circa, per fare una sorpresa al mio fidanzato sono andata a casa sua e l'ho trovato mentre si stava per scopare la mia migliore amica. In quel momento sono rimasta ferita sia sul fattore amicizia sia su quello amoroso. Ho perso tutto in quel momento e sono stata veramente male. Il problema è che non l'ho ancora superata del tutto e di notte mi capita di sognare di nuovo quella scena e ci sto male il doppio> dico mentre sento le lacrime offuscarmi la vista e un nodo che mi si forma in gola. Mitch mi stringe più a sé. <Mi dispiace così tanto Marti, non te lo meriti> mi sussurra all'orecchio. Io non dico nulla mi lascio solamente avvolgere dal suo calore che mi fa sentire protetta. Mi accarezza i capelli e rimaniamo così, accoccolati uno all'altra, per molto tempo. Le parole sono superflue perché so che lui ha già capito. Ed è questo che mi ha colpito di Mitch: nonostante la sua giovane età, sa già molte cose e ha già capito come comportarsi in situazioni del genere. Giocherello con le sue dita, prima di incrociarle con le sue. A questo gesto lui mi sorride e stringe di più la presa. Mentre resto nel suo abbraccio, osservo la grande piscina che c'è di fronte a noi. All'interno ci sono dei fiori gialli e rosa, sparsi per tutta la sua superficie. Dopo alcuni minuti, Mitch mi sussurra all'orecchio, quasi avesse paura disturbarmi <Vuoi ritornare in hotel?>. Io annuisco e ci alziamo dal nostro posticino. Quando le sue braccia mi lasciano, sento un vuoto dentro, avrei voluto solamente rimanere lì per molto di più. Mitch mi riaccompagna in hotel e durante il tragitto riesce a strapparmi anche qualche risata. <Grazie mille per tutto, Mitch> gli dico una volta giunti davanti al mio hotel. <Figurati Marti, è stato un piacere. Mi piacerebbe vederti di nuovo> mi dice lui con quel suo solito sorriso furbo. <Anche a me, tanto il mio numero ce l'hai! A proposito te lo ha dato Daniel il mio numero?> gli chiedo poi io. <Sì beh all'inizio era un po' titubante nel darmelo, ma alla fine l'ho convinto> mi risponde facendomi ridere. <Va bene, allora ci vediamo nel paddock> <Certamente. Ciao Marti!> <Ciao Mitch!>. Ci salutiamo, ma mentre sto per entrare in hotel, la voce del neozelandese mi richiama. Mi volto verso di lui e lo vedo correre verso di me. <Dimenticavo questo> mi dice con un leggero fiatone, ma non ho tempo di rispondere che mi lascia un bacio sulla guancia, proprio all'angolo delle labbra. Io arrossisco mentre lui si allontana di nuovo senza togliersi quel sorriso. Rientro in camera ridendo come una scema, senza togliermi quel sorriso che il pilota della Jaguar mi ha fatto spuntare. Dopo essermi fatta una doccia trovo sotto la porta d'ingresso della mia camera un bigliettino. Lo raccolgo e riconosco immediatamente la calligrafia.
Ti aspetto al circuito subito dopo cena. Ho una sorpresa per te. Non ti dico nulla su quello che sarà anche se so che stai morendo dalla voglia di scoprirlo. Vestiti comoda che ci sarà da divertirsi.
Jean-Eric
Sorrido come una bambina alle sue parole e stringo al petto quel pezzo di carta. Scendo giù al ristorante dell'hotel e mangio poco poiché non vedo l'ora di vedere la sorpresa che Jev mi ha preparato. Una volta ritornata in camera, mi vesto in fretta, mettendomi dei leggings neri e una maglietta bianca a maniche corte. Mi lego i capelli in uno chignon un po' disordinato. Prendo il mio telefono ed esco dalla camera. Qui a Marrakesh fa un po' freddo la sera, però non sono una persona freddolosa. Mi dirigo verso il circuito camminando velocemente. Arrivata all'ingresso del circuito, vedo Jean-Eric proprio lì accanto. Indossa dei jeans strappati e una polo nera del team. <Jev!> esclamo a bassa voce. Attiro la sua attenzione e si volta verso di me con un sorriso. Riesco a distinguerlo anche perché c'è ancora un po' di luce, nonostante sia già passato il tramonto. <Ti aspettavo, vieni> mormora prendendomi per mano e aiutandomi a scavalcare la recinzione per entrare. Ho la sensazione che non stiamo facendo qualcosa di proprio legale. <Allora dov'è la sorpresa?> gli chiedo io dopo aver fatto qualche metro a piedi. Lui guarda davanti a sé e mi indica con la mano un punto più distante da me. Appena vedo di cosa si tratta lancio un urletto e lasciando la sua mano, che avevo tenuto fino a quel momento, e correndo verso la mia sorpresa. Sento Jean ridere e avvicinarsi a me. Si tratta di due stupendi go-kart. <Oddio ma sai da quanto non ci salgo su uno di questi cosi?!> esclamo io stupita e abbassandomi all'altezza di quelle piccole macchinine. <Un bel modo per ricominciare, no?> mi dice e quando mi rialzo mi porge un casco che non so da dove ha preso. Io lo prendo titubante. <Ma non è che stiamo per fare qualcosa di illegale?> gli chiedo io e lui mi sorride rassicurante. <Ti fidi di me?> mi dice guardandomi negli occhi serio. Certo che mi fido di te. Mi limito a sorridere felice e ad indossare il casco. Jev mi mostra il circuito di kart che non avevo ancora visto. Indossa anche lui il casco e mettiamo i kart sulla linea di partenza. Al suo "via" partiamo alla velocità della luce. È da un po' che non faccio dei giri sul kart e quindi i primi giri non sono buoni, poi però riprendo confidenza e azzardo dei sorpassi sul mio migliore amico. Tra sorpassi e controsorpassi, risate e alcune imprecazioni, ci divertiamo tantissimo. Ovviamente lui taglia il traguardo per primo anche se io gli ero attaccata. Non a caso è lui che è diventato il pilota tra io due. Quando ci fermiamo io scendo dal kart e mi tolgo il casco, sotto lo sguardo allegro di Jev. Sono ancora carichissima di adrenalina. Penso a tutto quello che abbiamo fatto in questi due giorni e nonostante ci siano stati dei momenti un po' ambigui io non vorrei essere da nessun'altra parte se non qui con lui.
Mi chiedo spesso se tu sei felice come me. Se poi ti basta quello che ci unisce, un po' d'amore e poche regole...
Se un giorno io volessi di più di tutto quello che già ho, ti troverei dentro un'altra vita con lo stesso sguardo, perso ma sincero...
<Era da tempo che non ci divertivamo così> dico mentre gli ridò il casco che mette, insieme al suo, in una specie di baule vicino alla pista. Ci andiamo a sedere sul muretto dove c'è la recinzione del circuito dove Jev e gli altri correranno sabato. Il cielo si è scurito completamente e ora sono comparse alcune stelle, oltre a una bellissima Luna che ci permette di distinguere i contorni degli oggetti intorno a noi e di vederci l'un altro. Iniziamo parlare e riaffiorano i ricordi che hanno influenzato la nostra infanzia. <Credo di doverti delle scuse> dice ad un certo punto Jev spezzando la catena del nostro discorso. <Perché? Non hai fatto nul-> non riesco a completare la frase che lui prosegue <No Marti, lasciami parlare ti prego>. Io mi zittisco e ascolto quello che ha da dirmi. <Io mi devo scusare perché spesso e volentieri mi comporto veramente da stronzo con te. Lo so che tu mi dici sempre che sei abituata, però non deve essere così. Marti, tu sei veramente una ragazza speciale e molto importante nella mia vita. Tu... tu sei rimasta, quando ho lasciato la Formula 1, quando tutti quelli che credevo fossero miei amici se ne sono andati. E tu sei rimasta. Anche quando non avevo più un soldo, tu sei rimasta. Mi sei rimasta accanto tutte quelle notti dove piangevo arrabbiato, in cui mi hai ospitato a casa tua... mi sei rimasta accanto quando avevo una delle mie crisi di nervi e mi hai calmato. Io non so come tu faccia. Tu mi hai dato la forza per ricominciare e per andare avanti, anche quando io non ce l'avevo. Tu mi hai subito supportato quando ho scelto di venire nella Formula E e sono sicuro che lo farai ancora. Sei molto importante per me Martine. Sei stata la mia luce in fondo al tunnel. Io non ti ringrazierò mai abbastanza per quello che hai fatto per me. Io ti voglio un bene dell'anima. Permettimi di trattarti come si deve e di mantenere la nostra amicizia ancora viva, come quando eravamo piccoli>. Le sue parole mi arrivano dritto al cuore. La sua mano cerca la mia e le nostre dita si intrecciano tra loro. Credo sia la prima volta che mi dedica parole del genere. Sento una, poi due, tre lacrime scivolare lungo le mie guance. Nascondo il mio volto tra le mani. Odio quando la gente mi vede piangere, anche se queste sono lacrime di commozione, anche se si tratta di Jev. <Non nasconderti, voglio vederti> gli sento dire mentre mi scosta piano le mani. Lo guardo dritta negli occhi, marroni come i miei. <Mi piace quando ti commuovi> mi dice con un sorriso. Sto per dirgli che non c'è niente di bello e che sono orribile che lui prosegue <Perché riesco a vedere la parte più bella di te>. Rimango senza fiato. <Jev...> dico un filo di voce. Sento il battito del mio cuore accelerare quando vedo il suo viso avvicinarsi al mio. Io mi avvicino a lui. La sua mano accarezza delicatamente la mia guancia, scostandomi un ciuffo di capelli ribelle. Io gli accarezzo delicatamente con la punta delle dita quella leggera barba che si è fatto crescere da qualche mese a questa parte. I nostri visi ormai sono vicini, i nostri nasi si sfiorano, le nostre labbra sono a due centimetri di distanza e il suo respiro caldo sul mio viso mi manda completamente in tilt. Il suo profumo così famigliare mi invade le narici portandomi in un'altra dimensione. Sappiamo entrambi che se succede quello che sta per succedere la nostra amicizia cambierà completamente. Passo lo sguardo tra i suoi occhi e le sue labbra, ma quando mi appresto per posarle sulle sue, in un attimo la nostra bolla scoppia. Lui si allontana da me, portandomi ad un brusco risveglio. Sbatto un paio di volte le palpebre per cercare di metabolizzare il tutto. Tutt'a un tratto mi sento vuota, spoglia. <Sarà meglio tornare in hotel, si è già fatto tardi> mi dice con voce distaccata, come se niente di tutto questo fosse accaduto. Scende dal muretto e mi porge una mano per aiutarmi. Io lo ignoro e scendo da sola. Sembra tutto un sogno o forse un incubo. Ci incamminiamo insieme verso il nostro albergo. Avvolgo le mie mani intorno alle mie braccia per cercare di scaldarmi e per far scomparire la pelle d'oca causata dal francese accanto a me. Com'è potuto accadere? Sono stata così stupida a pensare che... Non ci voglio neanche pensare. Non me la sento di piangere, non ancora. Il tragitto in albergo è stato silenzioso, imbarazzante, pesante anche per due come noi. Saliamo verso le nostre camere che per mia sfortuna sono una di fronte all'altra. Una volta arrivata di fronte passo la tessera lungo il supporto. <Grazie per la serata Jev. È stata una bellissima sorpresa> mormoro cercando di nascondere le mie emozioni. Mi volto brevemente verso di lui che mi guarda triste. Il suo sguardo mi penetra ancora, come qualche minuto fa. <Buonanotte Jean> dico, decidendo di mettere fine a quella agonia, aprendo la porta della mia stanza. <Notte Marti> gli sento dire prima di chiudere la porta alle mia spalle. Scivolo con le spalle alla porta e mi siedo per terra portandomi le ginocchia sotto il mento. Inizio a piangere nascondendo il mio volto tra le ginocchia. Ho rovinato tutto...
Spazio autrice:
Bonjour! Questo capitolo è stato abbastanza emozionante per me, soprattutto l'ultima parte. Spero di avervi trasmesso le stesse emozioni che ho provato io.❤😍🥰
Cosa farà adesso Jev e soprattutto quali sono i suoi pensieri dopo il quasi bacio con Martine?
Con questo non mi dilungo oltre che il capitolo è stato già abbastanza lungo😂😅
P.S. Le parole in corsivo nell'ultima parte sono prese dalla canzone Straordinario di Chiara Galiazzo
Baci❤🥰
Martina
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