19. Before you go (dix-neuf)
16 maggio 2018
Guardo il paesaggio sotto di me dal finestrino dell’aereo. Stiamo quasi per atterrare a Berlino. Sposto poi lo sguardo verso Jean, poco distante da me, che sta chiacchierando animatamente con André. Sorrido. Una decina di giorni fa era il mio compleanno e il mio fidanzato mi ha portata al ristorante della Tour Eiffel per un appuntamento semplicemente perfetto. E poi mi ha regalato una macchina nuova. Più precisamente una DS 3 Crossback E-Tense grigio chiaro. Naturalmente gli ho dato del pazzo per avermi fatto un regalo del genere, però lui ha insistito e alla fine ho lasciato perdere. In effetti la macchina che avevo prima era conciata un po’ malino. <A che pensi?> mi chiede proprio il mio ragazzo riportandomi alla realtà. Si siede accanto a me e mi lascia un bacio sulla guancia. <Nulla in particolare> gli rispondo con un sorriso. Mi volto verso di lui. Questa è la quartultima gara prima della fine del campionato. Ormai siamo agli sgoccioli. Il distacco che ha rispetto ai suoi avversari non è molto, ma è abbastanza da garantirgli di stare ancora in testa. Ma la Formula E è imprevedibile, lo sappiamo bene entrambi, e non c’è spazio per gli errori. Basta che anche una solo gara vada davvero male che gli altri piloti lo recuperano e la vittoria sarebbe già compromessa. Non voglio vedere solo in negativo, ma non voglio nemmeno illudermi: tante volte lo abbiamo fatto e non è andata a finire bene. Jean dovrà dare il meglio di sé (non che già non lo faccia). Dovrà essere più che perfetto, più che consistente, ma soprattutto non dovrà farsi prendere dalle emozioni. Jev è una persona molto emotiva, lo sanno tutti, io in primis. Quindi dovrà essere molto concentrato. Non può lasciarsi sfuggire quest’occasione. <Martine?>. La sua voce mi fa nuovamente ripiombare sulla Terra. <Dimmi> gli rispondo guardandolo negli occhi. <Ti ho chiesto se ti andasse bene cenare stasera con gli altri al ristorante dell’hotel> <Certo che mi va bene! Non dovresti neanche chiedermelo> ribatto io lasciandomi sfuggire un sorriso. Anche lui si lascia sfuggire una risata per poi baciarmi sulle labbra. Passano a malapena dieci secondi di bacio che André ci interrompe bruscamente. <Potete smetterla con questi atti osceni? Vi ricordo che non siete da soli!> ci grida. <Stai zitto che sei solo geloso perché hai quasi quarant’anni e sei ancora single> gli risponde Jean rivolgendosi all’amico. Il tedesco lo fulmina con lo sguardo. <Questa me la paghi Vergne> borbotta fingendosi imbronciato. <Lo vedremo Lotterer> ribatte Jean con tono di sfida. Dopo qualche secondo di silenzio, scoppiamo tutti e tre a ridere.
Siamo atterrati a Berlino presto e io e Jean abbiamo trascorso le ultime ore prima di cena in camera. Poi verso le 19:00 scendiamo nel ristorante dell’hotel. Mi siedo ad uno dei tavoli insieme a Daniel, Antonio e Lucas, ma quando iniziano ad arrivare i piatti, lo stomaco mi si chiude in una morsa. Improvvisamente non ho fame. Mangio a fatica la pasta e il secondo lo tocco a malapena. Non so perché mi sento così. Già da quando siamo partiti non sto tanto bene. Ho come la strana e odiosa sensazione che qualcosa andrà storto questo weekend. E non so se si tratta di me, di Jean oppure di entrambi. Oppure non c’entra nulla e mi sto preoccupando per nulla. Eppure ogni volta che ci penso, un senso di nausea mi pervade e la testa inizia vagamente a farmi male. <Tu, Martine Lacroix, non stai per niente bene>. Una voce accanto a me mi risveglia dai miei pensieri. Mi volto verso Lucas confusa. <Di cosa stai parlando?> dico con voce noncurante cercando di essere il più neutrale possibile, anche se so che lui non mi crederà. <Non hai mangiato nulla. O meglio hai mangiato poco e niente> mi risponde lui. Come volevasi dimostrare, non sono capace a mantenere un minimo di segreto. <Sono un po’ stanca> mormoro io distogliendo lo sguardo e tornando a guardare la tovaglia. E di nuovo quella sensazione ritorna prepotentemente. Cerco di respingerla in qualche modo, ma niente da fare. <Non è vero. C’è qualcos’altro sotto Marti, l’ho capito> prosegue Lucas. Mi mordo il labbro inferiore. Non è niente Martine, non è niente. Sei solo tu che ti stai facendo paranoie inutili. Andrà tutto bene questo weekend, non c’è motivo per preoccuparsi. Torno a guardare il mio amico, questa volta con un sorriso sbilenco sulle labbra. <Sto bene Lucas, davvero>. Bugia.
18 maggio 2018
Ieri ho passato buona parte della giornata in camera. Non me la sentivo di uscire. Jean mi ha tartassato di domande e io ho risposto ad ognuna di esse con un “Sto bene, va tutto bene”. Non voglio addossargli le mie preoccupazioni: ha ben altro a cui pensare. Eravamo addirittura ad un passo dal litigare, però alla fine, in non so quale modo, siamo riusciti a calmare le acque. Oggi però non potevo rintanarmi di nuovo in camera e rimanere lì ad autocommiserarmi. E così ho deciso di uscire. Anche perché il mio fidanzato non avrebbe smesso di chiedermi come sto e cosa c’è che non va, e la cosa sarebbe precipitata di nuovo in un litigio. Ora sto entrando nel E-Village, da sola. Ho lasciato che Jean-Eric andasse presto al circuito così avrei avuto più tempo per prepararmi con calma. Mi guardo intorno, mezza spaesata. È pieno di fan con in mano cartoline autografate dai loro piloti preferiti, cappelli delle squadre che seguono, bandiere delle nazioni dalle quali provengono. Ma in tutto questo caos non trovo la persona che cerco. Mi dirigo allora in pit lane. Cammino a passo deciso, salutando di tanto in tanto qualcuno dei miei amici. Arrivo ben presto ai box Techeetah, entro, chiedo ai meccanici e agli ingegneri se hanno visto Jean, ma mi rispondono tutti scuotendo la testa. Sto per prendere innervosita il telefono e chiamare il mio fidanzato per sapere dove diavolo si è cacciato, quando mi si para davanti una scena che non avrei mai voluto vedere. È tornata. Anne. La modella ed ex fidanzata di Jean sta parlando e ridendo con quello che ora è il mio fidanzato. Vedo Jean-Eric ridere divertito, entusiasta. Vengo presa immediatamente dallo sconforto. Un misto tra rabbia e tristezza mi assale. Non si sono ancora accorti di me e della mia inutile presenza. Mi sudano le mani e cerco di asciugarle alla bene e meglio sui jeans. All’improvviso tutte le mie insicurezze prendono il sopravvento. Mi volto di spalle. Mi devo allontanare. Vederli di nuovo insieme mi crea un vortice di emozioni che non sono in grado di controllare, almeno non ora che non sono al cento per cento. Non faccio in tempo però a fare mezzo passo che la voce del francese mi chiama <Martine?>. Mi fermo sul posto. Prendo un profondo respiro. Mi volto di nuovo verso i due stampandomi in faccia il sorriso più finto che ho. Cammino nella loro direzione e mi fermo accanto a Jean, ignorandolo. <Oddio Martine! Da quando tempo non ci vediamo?> esclama “entusiasta” Anne sistemandosi gli occhiali da sole sulla testa. Mi ero dimenticata di quanto la sua voce fosse fastidiosamente squillante. <Sono passati quattro anni> rispondo cercando di sembrare il meno fredda possibile. Da quando tu hai mollato Jean e nel frattempo me lo sono presa io. <Quattro anni?! Wow… Tu non sei cambiata per nulla!> <Sì, sempre la solita vecchia Martine. Se volete scusarmi ora devo andare> dico in fretta allontanandomi bruscamente. Ogni minima speranza di potercela fare è svanita in un attimo. Non sono quel tipo di persona combattiva, con una personalità forte e decisa come Anne, al contrario continuo ad essere schiava delle mie insicurezze. Perché Jean ha deciso di mettersi con una come me, quando potrebbe avere ragazze migliori come la sua ex fidanzata? Ma non riesco a dare una risposta alla mia stupida domanda perché una mano mi afferra il polso. <Perché ti sei comportata così?> mi chiede una voce quasi lontana. Mi volto verso Jean-Eric. Le sue parole accrescono una rabbia che già covava dentro di me da ieri. <Perché non avrei dovuto?> ribatto irritata. Jean per un attimo rimane spiazzato. Non si aspettava una reazione così da me e ad essere sincera nemmeno io. <Che ti prende Martine?> mi chiede, il suo tono carico di nervosismo. Ma io non mi lascio intimidire, non stavolta. Quel sentimento chiamato gelosia che non mi ha mai toccato in questi pochi mesi di relazione con Jean-Eric, si mostra per la prima volta nelle mie parole <Dovresti capirlo da solo o forse sei troppo preso da quella falsa modella mangiasoldi di Anne per accorgertene>. Se prima era solamente un po’ sorpreso, ora è proprio allibito. Non credo che Jean mi abbia mai vista così. La sua mano per tutto questo tempo non ha lasciato il mio polso. E io me ne accorgo solo ora. Mi libero velocemente dalla sua presa e mi allontano a passo spedito verso una meta sconosciuta, lasciandolo da solo in piedi a riflettere su di me, anzi su di noi.
Alla fine sono andata, o meglio nascosta, ai box Audi e ci sono rimasta fino al pomeriggio. Daniel e Lucas hanno capito che qualcosa non andava e che quel “qualcosa” riguardasse Jev, quindi hanno cercato di distrarmi il più possibile. Sono davvero tanto fortunata ad avere degli amici come loro. <Martine guarda cosa ti ho portato?> esclama Dan che era momentaneamente sparito. Mi volto verso il tedesco e lo vedo venire nella mia direzione con un enorme bretzel. <Oddio grazie! Come facevi a sapere che adoro i bretzel?> gli chiedo prendendo il pane dalle sue mani e dandogli un bacio sulla guancia. <So tutto mia cara francesina> mi risponde lui facendo il saccente. Lucas alza gli occhi al cielo. <Ma taci va che il massimo che sai fare sono i vlog su YouTube> borbotta il brasiliano beccandosi un’occhiataccia dal suo compagno di squadra. <Parla l’uomo il quale figlio probabilmente sarà più intelligente di lui> ribatte Daniel. A interrompere questa alquanto bizzarra discussione, sono le mie risatine sommesse. Entrambi i piloti Audi si voltano nella mia direzione. <Sono indecisa se paragonarvi a due bambini di cinque anni oppure a marito e moglie> dico sorridendo. I due si scambiano uno sguardo rimanendo in silenzio per un po’ come se fossero indecisi se andare avanti a beccarsi oppure smetterla. Si sfidano per vedere chi cede prima. Dopo alcuni secondi, il primo a cedere è Daniel <E va bene la smettiamo. Cambiando argomento, stamattina ho visto una ragazza bionda per il paddock. Non l’avevo mai vista prima, voi per caso la conoscete?> <Ah sì, l’ho vista anch’io. Stava parlando con Jev credo. Tu per caso la conosci Marti?> mi chiede Lucas. Per un attimo smetto di masticare il boccone del mio bretzel. Quindi anche loro hanno visto Jean parlare con Anne. Fantastico, davvero fantastico. Mi auguro solamente che il mio fidanzato e la sua ex siano stati abbastanza discreti da non farsi beccare insieme, perché giuro che se esce anche solo una foto dove insinuano che Jean ci stava provando con la bionda, non so cosa gli faccio. <Marti?> la voce di Daniel mi riporta improvvisamente alla realtà. Alzo lo sguardo verso i due piloti che mi guardano confusi. <Sì?> domando cercando di sembrare il più distaccata possibile. <Tu conosci quella ragazza?>. Mi prendo un paio di secondi per rispondergli. <No> mento.
Sistemo distrattamente alcune magliette nella valigia. Jean è in bagno a farsi una doccia. Non ci siamo neanche parlati quando è rientrato in camera e non ho intenzione di farlo. O fa lui il primo passo nel fornirmi qualche spiegazione decente oppure possiamo rimanere così per il resto del weekend. Fa male ovvio, ma quando mi metto in testa una cosa è difficile farmi cambiare idea. Smetto di fare quello che stavo facendo e guardo davanti a me. Perché mi dà così fastidio? Infondo lui e Anne stavano solo parlando. Ma non è quello il punto. E qual è il punto? Il punto è che lei è la personificazione delle mie insicurezze. Lei è tutto quello che io non sono e che probabilmente non sarò mai. Perché lei è dannatamente perfetta in tutto quello che fa e che dice mentre io sono solamente… una qualunque. <Possiamo parlare?>. La sua voce mi distrae dai miei pensieri. Mi volto e lo trovo appoggiato allo stipite della porta del bagno con solo un asciugamano attorno alla vita. Normalmente rimarrei a fissarlo sbavando come un cane, ma questa volta non mi lascio distrarre. <Chi ti dice che io abbia voglia di parlare con te?> ribatto voltandomi di nuovo verso la valigia chiudendola. Lo sento sospirare. Sa perfettamente che quando faccio così è un chiaro segno che non mi arrenderò facilmente. Tiro con violenza la cerniera del trolley, ma senza riuscire a chiuderlo bene. Sbuffo sonoramente. Sono infastidita, molto infastidita. Ma mi congelo immediatamente quando le sue labbra sfiorano il mio collo. Il mio povero cuore salta un battito. <Perché non puoi semplicemente ammettere che sei gelosa?> mi sussurra all’orecchio spostando i miei capelli da una spalla all’altra. <Non sono gelosa…> mormoro con un tono di voce meno convincente di quanto vorrei. Jean inizia un percorso di baci che parte proprio da dietro l’orecchio e lentamente, molto lentamente, segue la linea del mio collo. Il suo respiro caldo sfiora la mia pelle mandando milioni di brividi lungo la mia schiena. <Sei così testarda a volte…> mi dice non accennando minimamente a fermarsi. Chiudo gli occhi. Vuole convincermi così, mandandomi in delirio. Vuole che mi dimentichi la conversazione tra lui e la sua ex, come se nulla fosse. Ma io non voglio. Mi allontano bruscamente da lui, voltandomi però per guardarlo negli occhi. <Tu non capisci Jean! Non è così semplice come pensi!> esclamo alzando la voce. <E allora spiegami!> ribatte. Il silenzio cala tra noi. Prendo un bel respiro cercando di calmarmi. <Non è il fatto che tu stessi parlando una ragazza, perché sai che non sono gelosa fino a impedirti di parlare con le persone. Ma il fatto è che tu stavi parlando con lei. Dopo tutto quello che ti ha fatto e che ci ha fatto passare… Ma non è solo per quello…> mi fermo. <E allora cosa?> mi chiede lui insistendo. <Lei è una modella Jean. È attraente, ha un bel fisico, è famosa… voglio dire… è perfetta> concludo in un sussurro. Il silenzio cala tra noi. Non lo guardo, non mi azzardo a farlo. Fisso il pavimento sotto i miei piedi, giusto per vedere qualcosa che non sia la persona di fronte a me. Odio quando sono debole. Credo di essere forte, ma non lo sono. Per niente. Mi lascio vincere dalle mie paure ogni santo giorno. E perché? Perché sono una ragazza insicura, bisognosa di affetto e che ha sofferto troppe volte in passato. <Ti sbagli> gli sento dire a bassa voce. Rialzo lo sguardo, ma non incontro subito i suoi occhi. Giocherella con le sue mani, evitandomi. Ma dopo qualche istante di esitazione mi guarda. <Lei potrà essere perfetta, ma non è perfetta per me. Non è la persona che voglio. La persona che voglio sei tu Martine, solo e soltanto tu, nessun’altra. Ma questo dovresti già saperlo> conclude con un sorrisetto. Jean si avvicina a me, mentre io ritorno con lo sguardo a terra. Sento un calore salire sulle mie guance. Sapevo già di essere la sola e unica per lui. E allora perché avevo bisogno di una conferma in più? Certe volte il cervello umano funziona proprio in modo strano. Mi sento così stupida. <Scusami> sussurro mordendomi leggermente il labbro. Due dita mi sollevano il mento costringendolo a guardarlo negli occhi. <Io ti amo, Martine Lacroix, e lo farò sempre, anche quando pensi che stia andando tutto storto, anche quando pensi di essere sola. Hai preso il mio cuore e nessun’altra, fidati, nessun’altra persona su questa Terra potrà mai prendere quel posto. Non pensare mai, neanche per un secondo, che io non ti ami, ok? Me lo prometti?>. Annuisco con un sorriso. Lo ricambia e, mattendo una mano a lato del mio viso, posa le sue labbra sulle mie. Questo bacio sa di una promessa destinata a durare per sempre o almeno, questo è quello che spero. <Ti amo Jean> mormoro ad un soffio dalle sue labbra, dopo esserci separati. <Io di più, petite, io di più>.
19 maggio 2018
<Ma l’aria di casa deve aver fatto proprio bene a Daniel, perché sta andando come un fulmine!> esclamo ad André mentre siamo nei box a vedere la super pole. <Ma che diavolo ne so, avrei voluto che avesse fatto questo effetto anche a me!> ribatte facendomi ridere. Lui si è qualificato diciottesimo, ma partirà ventesimo perché gli hanno dato dieci posizioni di penalità dovute alla gara scorsa. A interromperci è proprio lo speaker che annuncia che Daniel ha preso la pole. Jean partirà dalla terza posizione. Io e il tedesco della Techeetah attendiamo il francese appena fuori dai box. Poco dopo lo scorgiamo camminare nella nostra direzione, con ancora la tuta addosso e il casco in una mano. Mi saluta con un bacio sulla guancia, cosa che, non so per quale motivo, mi fa arrossire. <Sei stato bravo comunque> gli sussurro all’orecchio. Ovviamente come al solito, so che lui non è del tutto contento del suo risultato, per questo, come lui ha fatto con me ieri sera, lo rassicuro e gli faccio sapere che nonostante tutto, io sarò sempre al suo fianco. Jean mi regala uno dei suoi sorrisi più belli per poi lasciarmi un bacio sulle mie labbra. Resto con i due piloti Techeetah fino all’inizio della gara prima nei box e poi sulla griglia di partenza. E proprio mentre mi sto allontanando per ritornare nella corsia box per seguire l’E-Prix da lì, mi scontro contro qualcuno. <Oddio scusami!> esclamo indietreggiando goffamente. <Dovresti stare attenta a dove cammini, Lacroix>. Il sangue si ghiaccia nelle mie vene. <Anne> borbotto infastidita alzando gli occhi verso la modella. <È proprio vero che non sei cambiata per nulla in questi anni: sei sempre la solita imbranata> mi risponde con un odioso sorrisetto sulle labbra. Stringo le mani in pugni, sentendo crescere la rabbia dentro di me. <E tu sei sempre la solita vipera> ribatto a denti stretti. La vedo stringere la mascella, evidentemente toccata dal mio commento. <Sei proprio l’ultima che dovrebbe permettersi di dire certe cose, dato che Jean sta con te solamente perché non aveva trovato niente di meglio> mi dice, ogni parola carica di veleno. Una cicatrice in una parte nascosta del mio cuore si riapre quasi all’improvviso, ma io resisto. Non mi lascerò abbattere, non questa volta. <E tu dovresti essere il meglio? Tu che lo hai tradito per tre anni e hai prosciugato il suo conto bancario? Davvero pensi che io sia così stupita da aver creduto a tutte le bugie che gli hai raccontato per anni? Davvero pensi che Jean-Eric creda a una persona falsa e meschina come te? Sono passati quattro anni da quando tu e Jean vi siete lasciati e sono cambiate molte cose nella sua vita. Lui è cambiato. Quindi se pensi anche solo per un attimo che lui si lasci di nuovo trascinare da un’egoista come te, ti sbagli. Non permetterò che tu gli faccia del male una seconda volta. Non permetterò che tu rovini le nostre vite ancora una volta>. Anne mi guarda come se avesse appena visto un fantasma. Io mi lascio sfuggire un sorrisetto orgoglioso. È come se avessi vinto finalmente un battaglia durava molto, molto tempo. <Ci si vede in giro Anne> le dico sorpassandola e scontrandomi apposta contro la sua spalla. Nel mio ritorno verso i box incontro per un secondo lo sguardo di Jean che mi saluta con uno dei suoi sorrisoni che io ricambio sinceramente. Sì, Jean-Eric Vergne, tu sei la mia vittoria.
La gara finisce con la vittoria trionfale con Daniel e della doppietta Audi con secondo Lucas. Jean finisce l’E-Prix al terzo posto. Subito vado a seguire la celebrazione del podio, facendomi strada sgomitando attraverso la folla di tifosi tedeschi, di cui la maggior parte è ubriaca. Riesco a seguire tutto proprio da sotto il podio e, per fortuna, non vengo sfiorata neanche da una goccia di champagne. Subito dopo vedo scendere il vincitore e lo accolgo con grande abbraccio. <Te la meriti tutta questa vittoria Dan! Sei stato grande!> esclamo lasciandogli un bacio sulla guancia. Lui mi sorride e mi chiede di venire a fare le foto con lui e il team. Io annuisco contenta e i PR ci scattano alcune fotografie. Alla fine, notando anche che si è fatto tardi, dato che mi sono fermata con loro più di quanto avessi previsto, mando un messaggio a Jean-Eric dicendogli che lo aspetto in albergo. Non avrebbe senso ora andarlo a cercare per mezzo paddock e poi sono sicura che lui starà ancora parlando con i suoi ingegneri riguardo alla gara. Non passano molti minuti dalla sua risposta, che è semplicemente l’emoji con il pollice all’insù. Così mi dirigo in albergo. Dopo essere salita in camera, mi faccio una doccia veloce e scendo direttamente giù a mangiare. Non ho sentito Jean salire in camera. O forse è salito e non me ne sono accorta? Sinceramente non ne ho idea. Le mie domande però trovano subito una risposta, quando vedo Jean seduto ad un tavolo con André, Antonio e Sam. Il francese ancora non si è accorto della mia presenza, così, poso da dietro le mani sulle sue spalle e mi chino di lato per lasciargli un bacio sulla guancia. Lui rimane completamente sorpreso dal mio gesto, come se si fosse appena risvegliato da una lunga serie di pensieri sui quali stava ragionando da diverso tempo. Però sembra riprendersi abbastanza in fretta e infatti ricambia il mio bacio con uno sulle labbra. Il nostro momento però viene interrotto dagli altri piloti che mi coinvolgono immediatamente nelle loro conversazioni e mi lasciano appena il tempo di mangiare. Durante tutta la cena Jean è stato stranamente silenzioso, però cercava di non darlo a vedere, forse per farmi credere che andasse tutto bene. Ma non è capace a mentire, o almeno, non è capace a mentire a me. Io lo vedo subito quando inizia a comportarsi in un modo diverso dal solito. Ma ora cerco di non dare troppo peso al suo atteggiamento. Probabilmente è dovuto al terzo posto della gara dato che per lui i risultati che ottiene non sono mai abbastanza. Dopo cena mi fermo un po’ nella hall a parlare con i ragazzi, per poi tornare di nuovo in camera. Subito dopo essere entrati, Jean si siede sul bordo del letto. Sembra… perso. Rimango per qualche secondo in piedi a guardarlo con uno sguardo interrogativo per poi sedermi alla sua sinistra. Ha gli occhi rivolti verso un punto impreciso sul pavimento. Quegli occhi che solitamente mi dicono sempre qualcosa, nei quali c’è sempre una scintilla, ora sono spenti. <Jean, va tutto bene?> gli chiedo in tono preoccupato. Lui non sembra prestare la minima attenzione alla mia domanda. Non l’ho mai visto così e la cosa mi spaventa e mi preoccupa. C’è qualcosa che non va e che non vuole dirmi, forse per non farmi preoccupare, o forse perché si tratta di qualcosa di grave e non sa come dirmelo. Jean mi dice sempre tutto, non mi nasconde mai nulla, quindi se c’è qualcosa che non vuole dirmi è perché allora è qualcosa di davvero importante. Cercando di mantenere la calma, mentre proseguo <Puoi dirmi tutto Jean, lo sai>. Mi avvicino un po’ di più a lui, per fargli capire che ci sono davvero. Ancora una volta, le mie parole cadono nel vuoto. È un silenzio strano quello tra noi. Non saprei come descriverlo. Sembra un’anticipazione. Un’anticipazione per qualcosa che non so se è bello o brutto. È un silenzio neutro che non riesce a farmi capire quello che sta per succedere. Guardo il suo volto in cerca di qualche segno che riesca a farmi capire quello che potrebbe dirmi, ma non lo trovo, neanche il minimo. Le domande e le preoccupazioni continuano a farsi strada nella mia testa, facendosi ancora di più sentire. Inizio a farmi prendere dal panico, quando si volta verso di me e la sua voce rompe quel silenzio che era diventato così assordante <Io e Anne ci siamo baciati>.
Io e Anne ci siamo baciati.
Quella frase, quelle sei parole, mi travolgono come uno tsunami di acqua gelida. Il mio cuore cade e si frantuma in un milione di pezzi. Il mio mondo crolla nell’esatto istante in cui pronuncia quelle ventuno lettere. Il mio cervello inizia a ripetere quella frase in loop, mentre io mi sento come se mi avessero pugnalata e sono certa che mi avrebbe fatto meno male. Per aggrapparmi a un’ancora, a una salvezza, prima di affogare in questo mare di dolore che non sembra finire, lo guardo negli occhi e cerco di trovarci una traccia di bugia, un qualcosa che mi dica che sta mentendo e che questo è solo uno stupido scherzo. Ma non c’è. I suoi occhi sono incapaci a mentirmi. E allora mi sento cadere, sento mancare la terra sotto i miei piedi, mi sembra di precipitare senza vedere la fine. Le lacrime iniziano ad offuscarmi la vista, mentre sento di nuovo la sua voce, questa volta però lontana un miglio <Lasciami spiegare Martine, ti prego>. Cerca di prendermi la mano, ma io la ritraggo immediatamente. Mi alzo di scatto. All’improvviso non lo riconosco più, non mi riconosco più. All’improvviso mi ritrovo da sola contro un mostro più grande di me. Avvolgo le braccia intorno al mio corpo a creare un debole scudo per proteggermi. Anche Jean si è alzato e questa volta sul suo volto ci trovo delle emozioni: dolore, pentimento, supplica, tristezza. Ma non ne sono sicura. Non sono più sicura di nulla. <Marti, per favore, non è come sembra> prosegue. Il modo in cui pronuncia il mio nome mi fa ancora più male. <Vattene> dico con un filo di voce. Non so neanche dove ho trovato la forza di parlare. O forse il dolore che sto provando ora supera ogni mia capacità di ragionare a mente lucida. <Martine…> tenta di nuovo, la disperazione che penetra nella sua voce. <Vattene ti ho detto!> alzo all’improvviso la voce, cosa che lo fa sussultare. Non alzo mai la voce con lui. Non mi piace farlo. Non mi piace litigare con lui, non mi piace litigare in generale. Ma ora è cambiato tutto. Abbassa lo sguardo, sconfitto. <Mi dispiace…> sussurra, pensando che io non lo senta. Mi mordo il labbro cercando in tutti i modi di non far uscire neanche una lacrima dai miei occhi. Lo vedo voltarsi e andarsene verso la porta. Poso lo sguardo sul pavimento, incapace di guardarlo un secondo di più. Con la coda dell’occhio lo vedo esitare qualche secondo sulla maniglia, come se non volesse perdere questa battaglia, come se non volesse perdere me. Ma poi alla fine apre la porta e se ne va portandosi via con lui un pezzo di me. Quando sento la porta chiudersi alle sue spalle, non riesco più a trattenermi. Mi lascio cadere sul pavimento e scoppio in lacrime. Mi copro il volto con le mani e lascio che le emozioni prendano il sopravvento. Il mio corpo è scosso da continui singhiozzi. Trovo a malapena la forza e il tempo per respirare regolarmente. Resto così per una quantità per me infinita di tempo, con le braccia avvolte intorno alle gambe strette sotto il mento. Passo ore allo stesso tempo pensando e cercando di non pensare a quello che è successo. Alla fine, non so come, riesco a rialzarmi e dopo essermi messa a fatica il pigiama per andare a dormire, do una breve occhiata al telefono. La luce dello schermo dà fastidio ai miei occhi arrossati per il pianto. Non mi è arrivata nessun tipo di notifica. Prima di spegnerlo però, mi soffermo qualche secondo sullo sfondo della mia home. È una foto di me e Jean a Parigi dopo la sua vittoria. Siamo abbracciati, lui con ancora la tuta di gara addosso, la bandiera francese attorno alle spalle e il trofeo in mano, mentre io lo bacio sulla guancia. Sento una fitta colpire il mio cuore. Non riesco a darmi una spiegazione al momento. Scuoto la testa e spengo il cellulare appoggiandolo sul comodino. Mi infilo sotto le coperte e dopo aver spento la luce, rimango a pancia in su a fissare il soffitto. Domani vedrò per davvero le conseguenze di quello che è successo oggi, ma per ora mi sembra solo un incubo che pare infinito. Un sospiro mi sfugge dalle labbra. Non mi sono ancora resa conto della realtà della situazione. E come potrei farlo? Chiudo gli occhi con la speranza di risvegliarmi e di ritrovarmi la mattina tra le braccia di Jean, ma so che non sarà così. E Dio solo sa quando potrò farlo di nuovo. Mi giro su un fianco e quando riapro gli occhi non incontro quelli cioccolato di Jean-Eric che mi rivolge un sorriso e un bacio sulle labbra prima di andare a dormire, ma solo il vuoto. Allungo la mano sulle lenzuola fredde soffrendo per la sua mancanza. Non so come farò ad andare avanti senza di lui. Come farò senza i suoi abbracci, senza le sue risate, senza i suoi sorrisi, senza i suoi baci, senza il suo amore? Chiudo di nuovo gli occhi cercando di non pensarci, di dimenticare, di fingere che domani sarà un altro giorno anche non sarà più la stessa cosa senza di lui, mentre una lacrima silenziosa traccia di nuovo i solchi che hanno lasciato le altre. Prima di cadere in un sonno che so che non sarà sereno, anzi molto, ma molto tormentato, una domanda senza risposta però riesco a pormi.
Come potrà esistere una Martine Lacroix senza il suo Jean-Eric Vergne?
Spazio autrice:
Hello everyone! Prima di tutto, scusatemi ancora tantissimo per la lunga attesa, ma come avrete potuto intuire leggendo, per me non è stato per niente facile scrivere questo capitolo. Non so che altro dirvi, perché le parole mi sembrano un po' inutili al momento. Spero solo che non mi odierete troppo dopo questo capitolo😅
E nulla, vi lascio sperando di rileggerci presto!
Un bacio❤
Martina
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