16. All of us (seize)
15 aprile 2018
Jean-Eric
Cerco di aprire gli occhi, ma li richiudo immediatamente per il mal di testa lancinante. I ricordi della sera prima sono sfocati nella mia mente. Li riapro di nuovo, più lentamente. Tasto la parte del letto accanto a me, ma mi rendo conto che è vuota e fredda. Cerco di tirarmi su con i gomiti. <L'aspirina è sul comodino> sento dire. Alla fine, non senza difficoltà, riesco a mettermi a sedere contro la tastiera del letto. Mi guardo attorno nella stanza, fino a che il mio sguardo non si posa su Martine appoggiata con la spalla allo stipite della porta. Mi ritorna in mente quello che mi ha detto e vedo sul comodino la pastiglia con un bicchiere d'acqua. La prendo nonostante la testa continua a farmi male. <Cos'è successo ieri sera?> riesco a chiedere mentre mi passo una mano tra i capelli. <Mhm, vediamo un po'. Fammi ricordare un attimo... Ah sì ecco: dopo essere sparito per praticamente tutta la festa di ieri sera, vieni da me ubriaco fradicio e fai una scenata di gelosia davanti a Mitch> mi risponde acida. È una delle poche volte che la vedo così arrabbiata. <E per la cronaca, ti ho riportato io in albergo> prosegue. Io non dico nulla. Ieri ho esagerato, lo ammetto. Ma ero talmente preso dal desiderio di farla mia, che quando l'ho vista parlare con Evans non ci ho visto più. Al mio silenzio però, Martine decide di andare avanti a parlare <Jean, non puoi fare scenate ogni volta che parlo con qualcuno di diverso da te, André, Daniel o chiunque altro sia!>. <Ho sbagliato ieri ok? Mi dispiace. Ma è normale che mi dia fastidio che tu parli con Evans, soprattutto dopo quello che è successo l'altra sera> le rispondo io e le faccio intendere che mi ha fatto male quando ha deciso di rinunciare a me. <Ma potevi parlarmene! Pensavi che ubriacarti avrebbe risolto le cose?!> ribatte lei arrabbiata, alzando la voce. <Perché, parlare con Mitchell ha sistemato i problemi?!> le rispondo con altrettanta acidità. Lei subisce il colpo, ma non abbassa lo sguardo. <E poi cosa sarebbe servito parlartene? Se tu non hai voglia di fare sesso con me, non posso mica costringerti!> esclamo anche io a voce alta gesticolando. <Ma è questo che fanno le coppie normali Jean! Ci si parla e si cerca di risolvere le cose! Non essere freddo per mezza giornata, evitarmi alla festa e poi fare scenate da ubriaco appena parlo con Mitch!> mi risponde lei nervosa staccandosi improvvisamente con uno scatto dallo stipite. Dopo le sue parole il silenzio cala pesante nella stanza, come non lo è mai stato tra noi. So che ha ragione, lo so perfettamente. Non posso passare sempre dal ragazzo romantico, a quello geloso nell'arco di due giorni. Ma io non posso permettermi di perderla. La sento sospirare, per poi camminare e sedersi sul bordo del letto poco distante da me. Ha la testa bassa, rivolta verso il pavimento, le braccia appoggiate sulle gambe. Io mi alzo, tirando via le coperte dal mio corpo e affiancandola. <Ehi> mormoro, appoggiandole una mano sulla spalla, sfiorandole la schiena. Non l'ho mai vista così abbattuta. <Non possiamo continuare così> dice a bassa voce. La guardo confuso. <In che senso?> le chiedo. <Non riesco ad andare avanti così, con questa situazione> prosegue. Il mio cuore batte più velocemente. Non può essere. <Vuoi... lasciarmi?> riesco a dire nonostante il mio tono di voce sconcertato. <No, non ho detto questo Jean> mi risponde guardandomi negli occhi. Mi immergo nei suoi, che sono sempre stati come uno specchio per me. Ma ora, non riesco a leggere alcuna emozione, se non la paura, la stessa che sta prendendo anche me adesso. <Volevo dire che qualcosa tra di noi deve cambiare Jean, perché io non posso andare avanti così, continuamente tra alti e bassi. Non possiamo andare avanti così se tu non ti fidi di me, dell'amore che io provo per te. Io mi fido di te Jean. Ho fatto lo sforzo di fidarmi di te, nonostante quello che mi è successo in passato, perché so che tu non mi ferirai. Io vorrei solo che tu facessi lo stesso e non perché te lo dico io, ma perché te lo deve dire il tuo cuore>. Io la guardo sconcertato. Non tolgo la mano dalla sua schiena e nemmeno distolgo gli occhi dai suoi. Rimango immobile, come sospeso tra le sue parole. Non so cosa dire per il semplice motivo che ha dannatamente ragione.
18 aprile 2018
Martine
Sono le 9 di mattina e sto facendo colazione in un bar del centro di Parigi con André. Bevo un sorso del mio cappuccino mentre guardo fuori dalla vetrata le persone che camminano sul marciapiede. Tra dieci giorni queste strade si trasformeranno in un circuito cittadino. Riappoggio la mia tazza, ormai vuota, sul piattino e guardo in direzione del mio migliore amico. <Tra una settimana è il compleanno di Jean> mi dice. Io mi massaggio le tempie. <Lo so. E ancora non ho preparato nulla. Avevo qualche idea per una possibile festa, ma poi non ho avuto tempo per pensarci> gli rispondo. <Magari potremmo fargli una festa a sorpresa> mi propone. Io annuisco. <Mi sembra una buona idea. Ma dovremo farla nel pomeriggio, perché la mattina andiamo a Pontoise a trovare i nostri> dico io. Andare a Pontoise il giorno del compleanno di Jean, è sempre stata una nostra tradizione da quando ci siamo entrambi trasferiti a Parigi. <A proposito, come va tra voi?> mi chiede poi. Sospiro. <Diciamo che va. Dopo quello che gli ho detto a Roma è già tanto che non ci siamo lasciati. Alcune volte continua a comportarsi come il ragazzo più romantico e dolce del mondo, altre volte invece sembra evitarmi> gli rispondo. Gli ho già raccontato tutto quello che io e Jean ci siamo detti. André mi rivolge uno sguardo compassionevole e accenna un sorriso. <Vedrai che risolverete tutto. Lo sai che Jean è fatto così. Se vuoi posso provare a parlargli nei prossimi giorni dato che faremo delle prove al simulatore qui agli uffici del team> prosegue lui. Io annuisco. André forse è la persona più indicata per parlare con Jean-Eric di queste cose. Tra noi cala il silenzio mentre io guardo ancora un po' fuori il traffico parigino. Io amo Jean, lo amo con tutta me stessa, ma non posso vivere sempre con la paura di fare qualcosa o di parlare con qualcuno perché lui non si fida di me. Mi mordicchio il labbro. Non ho neanche idea di che regalo fargli per il compleanno. Il mio pensiero è di fargli qualcosa di speciale e di non scontato. <Jean ti ha mai detto perché ha scelto il numero 25 per correre?> chiedo ad un certo punto, tornando a guardare André di fronte a me. Lui annuisce. <Perché è il giorno del suo compleanno, no?> mi risponde e io sorrido. <Non solo. C'è anche un'altra motivazione legata a me, o meglio a noi. Io sono nata il 5 maggio, dieci giorni dopo di lui. Quindi se fai due, che sta per me e Jean, per dieci più cinque fa...> <Venticinque> conclude lui con un sorriso. Sorrido anche io. Ogni volta che ci penso non riesco a smettere di sorridere e di pensare a quanto sia meraviglioso. <Ma è fantastico! Perché non me l'ha mai detto?> <È una cosa che riguarda solo noi due, per questo non te l'ha mai raccontato. Ed è anche per questo che quando gli chiedono come mai ha scelto questo numero, lui risponde sempre che è per il giorno del suo compleanno oppure perché è semplicemente il suo numero fortunato. Quindi adesso conosci il nostro piccolo segreto> dico con un sorrisetto e André si mette a ridere divertito contagiando anche me.
Dopo aver fatto colazione con André, sono tornata a casa per fare un paio di mestieri e ho chiesto a Jean se voleva pranzare da me. Ha accettato volentieri. Mentre sistemo la mie magliette che avevo stirato nei cassetti, sento la porta d'ingresso aprirsi. <Martine?> <Sono in camera> gli rispondo ad alta voce. <Lascio i cartoni di pizza sul bancone allora> gli sento dire. <Sì sì, fai pure. Io tanto devo ancora sistemare qua> proseguo io. Poco dopo mi raggiunge proprio mentre sto mettendo via la penultima maglietta. <Ehi> mormoro quando si avvicina. <Ciao piccola> mi dice lasciandomi un leggero bacio sulle labbra. <Lasciami mettere a posto queste ultime due cose poi sono tutta tua> gli dico e lui annuisce. Lo vedo sedersi alla sedia bianca girevole della mia scrivania mentre io metto via l'ultima camicia nell'armadio. Successivamente lo raggiungo sedendomi sul bordo del letto proprio di fronte a lui. Jean si gira sulla sedia guardandomi. <Eccomi qui, tutta tua> esclamo mettendo le mani sulle ginocchia. Lo guardo e lui fa la stessa cosa con me. <Da quanto non suoni la chitarra?> mi chiede e con un cenno della testa indica un angolo della stanza. Mi volto in quella direzione e lancio uno sguardo allo strumento chiuso nella sua custodia nera. <Non lo so. Troppo tempo> gli rispondo io. Noto uno strano luccichio nei suoi occhi. <Ti va di farmi sentire qualcosa?> mi domanda successivamente. Rimango un po' spiazzata dalla sua domanda. È davvero tanto tempo che non suono più. E poi ho suonato solo un paio di volte davanti a Jean. Lui mi ha visto suonare ad alcune recite a scuola, ma pochissime volte con lui da soli. Ma quando guardo con la sua espressione in attesa e la sua curiosità, non riesco a trattenere un sorriso. <E va bene> dico sembrando scocciata, ma divertita. Mi alzo andando in quel povero angolo a prendere la mia chitarra. Ritorno a sedermi sul bordo del letto, mentre Jean-Eric continua a sorridermi come un bambino a cui gli stanno facendo un bellissimo regalo. Apro la custodia, lasciandola sul letto dietro di me, e tiro fuori il mio strumento musicale. Dopo aver accordato la chitarra, chiedo al mio ragazzo <Vuoi sentire qualcosa in particolare?> <Quello che ti passa per la mente> mi risponde lui. Sorrido sfiorando le corde con le dita senza produrre alcun suono. Rifletto per qualche secondo su quale canzone posso suonare. Alla fine la trovo e inizio con i primi accordi. Jean all'inizio non la riconosce, tanto che aggrotta leggermente le sopracciglia. Poi inizio a cantare.
Talk, let's have conversations in the dark. World is sleeping, I'm awake with you, with you. Watch movies that we've both already seen. I ain't even looking at the screen, it's true, I got my eyes on you...
Avevo imparato a cantare verso la fine delle elementari e avevo proseguito fino al penultimo anno del liceo. Le mie insegnanti di musica mi avevano sempre detto che avevo una bella voce, ma avevo scelto di non proseguire per andare all'università e provare a laurearmi. Mi avevano anche detto che ero molto brava anche a suonare la chitarra e ne ero perfettamente consapevole, ma poi con il tempo per i vari impegni che mi ero presa, l'avevo fatto sempre più raramente.
And you say that you're not worth it. You get hung up on your flaws. Well, in my eyes you are perfect, as you are...
E quando inizio con il ritornello mi rendo conto di quanto questa canzone parli di noi e forse l'ho scelta proprio apposta, anzi togliendo il "forse".
I will never try to change you, change you. I will always want the same you, same you. Swear on everything I pray to, that I won't break your heart. I'll be there when you get lonely, lonely. Keep the secrets that you told me, told me. And your love is all you owe me and I won't break your heart...
E vado avanti a suonare senza mai guardare Jean, perché so che se lo faccio, perdo la concentrazione e io voglio che sia tutto perfetto.
When no one seems to notice, and your days, they seem so hard, my darling, you should know this: my love is everywhere you are...
Perché noi siamo tutte le parole non dette, le occhiate di sfuggita, le litigate fino a rimanere senza fiato e i baci per fare pace. Siamo tutto di noi.
Dopo l'ultimo ritornello, le note sfumano nella stanza e lasciano un'atmosfera sospesa, quasi magica. Alzo lo sguardo verso Jean che per tutta la canzone non ha detto una parola e nemmeno si è mosso. <Era stupendo Marti> mi dice in un sussurro. Alza gli occhi verso di me e noto le sue ciglia bagnate. Lascio cadere la chitarra sul letto e mi sporgo ad abbracciarlo. Lui ricambia, facendomi sedere sulle sue gambe. L'ho visto poche volte commuoversi o piangere e il fatto che lo stia facendo per me ora, mi fa venire le farfalle nello stomaco. Immerge totalmente il viso nel mio collo prendendo grandi respiri. Sento la barba solleticarmi la pelle e una lacrima bagnarmi la maglietta. Gli accarezzo la schiena notando che trema leggermente. Gli lascio un bacio tra i capelli senza smettere di coccolarlo. Io vivrei per tutta la vita di momenti così intimi e intensi. Restiamo così, nella nostra bolla, per lasso infinito di tempo, fino a quando non gli sento dire <Stasera ti porto fuori a cena> <Jean...> cerco di fargli capire che non è necessario e che sinceramente mi basta accoccolarmi sul divano con lui a vedere un film. <Ti porto fuori a cena> ripete, non più come una proposta, ma come un'affermazione. Torna a guardarmi negli occhi. Io mi immergo nei suoi, ancora lucidi. Rimango a fissarli così tanto da distinguere il mio riflesso. Non riesco a trattenere un sorriso. <Ti amo tanto> mormora piano appoggiando la fronte contro la mia. <Io di più> gli rispondo baciandolo sulle labbra.
E alla fine siamo usciti a cena. Mi ritrovo non molto distante dalla Tour Eiffel, in uno dei ristoranti più costosi di Parigi, eccetto quello della Torre. Più volte ho ripetuto a Jean che non doveva portarmi qui e che mi sarei accontenta di poco, solo noi due, ma lui mi ripete per l'ennesima volta <Dovevo ripagarti in qualche modo per l'omaggio che mi hai fatto oggi>. E così ceniamo tra una chiacchiera e l'altra, mentre i nostri problemi sembrano solo un lontano ricordo. E io non potrei essere più felice di così. <Tra una settimana è il tuo compleanno> dico ad un certo punto, mentre il cameriere porta via i primi. Mi pulisco la bocca con il tovagliolo, mentre Jean mi risponde <Lo so, non me lo ricordare. Non è mica bello sapere che sto invecchiando>. Io alzo gli occhi al cielo. <Non fare il melodrammatico. Compirai solo 28 anni, mica sei vecchio> gli rispondo io. Jean si lascia sfuggire una risata, contagiando anche me. <Comunque pensavo di chiamare domani mio madre per dirgli che andremo a trovarli il 25, come abbiamo sempre fatto> prosegue. Io annuisco e proprio in quel momento arrivano i secondi. La cena prosegue nel migliore dei modi, ma quando arriva il momento di pagare il conto, tra me e Jean-Eric si accende una piccola discussione perché io vorrei almeno pagare la metà. Alla fine lascio pagare a lui, dato che non mi va di litigare. Alla fine ritorniamo a casa mia, mano nella mano. Jean non ha smesso un momento di fare il galantuomo. So che vuole rimediare per quello che è successo a Roma, ma non ce n'è bisogno, perché io l'ho già perdonato. Entro nel mio appartamento e lascio la porta aperta per lui. Mi tolgo i tacchi mentre Jean appende la giacca sull'attaccapanni. <Ti va di vedere un film? Non ho ancora così tanto sonno per andare a letto> mi dice Jean e io annuisco. Vado in camera mia per cambiarmi e indossare qualcosa di più comodo. Decido di mettere un maglione rosa e dei pantaloncini corti. Quando ritorno in salotto, Jean ha già messo su Netflix un film a caso che probabilmente abbiamo già visto. Mi siedo sul divano dal lato opposto rispetto a lui. Mentre guardo le scene che si susseguono sullo schermo, sento una strana sensazione farsi strada nel mio corpo. Ce l'avevo già un po' per tutta la serata, ma avevo deciso di ignorarla, per godermi al meglio i momenti con il mio ragazzo. Ma ora è ritornata, più intensa di prima. Jean guarda poco lo schermo, tenendo spesso lo sguardo su di me. Lo noto con la coda dell'occhio. Proprio come diceva la canzone di oggi. Io cerco di guardare dappertutto tranne che lui. Quella sensazione diventa si fa più forte ogni momento che passa. Mi mordo con forza il labbro. Lo so perfettamente che cos'è. Lo guardo brevemente mentre lui ha spostato lo sguardo sulla TV. Il pensiero di essere collegata a lui in quel modo occupa interamente la mia testa. Ritorno a guardare lo schermo. Sento improvvisamente caldo. Ogni posizione è diventata scomoda. La bocca è diventata secca, il mio respiro affannoso. Deglutisco a vuoto: non deve assolutamente capire a cosa sto pensando. Lo voglio, lo voglio con tutta me stessa. Eppure non riesco a muovermi, non riesco a fare il primo passo. Jean ancora non si è accorto della mia agitazione e questo è solo un bene. Vedo il film a pezzi senza capire davvero la storia. Arriva la fine e io cerco di mantenere la calma, senza riuscirci. Vedo Jean-Eric spegnere la TV e voltarsi verso di me. Io faccio la stessa cosa. <Che c'è?> mi chiede. Io non gli rispondo. Mi prendo qualche secondo per pensare, ma senza distogliere i miei occhi dai suoi. Ora o mai più. Con uno scatto mi avvicino a lui e lo bacio con decisione. All'inizio rimare sorpreso dal mio gesto, ma poi ricambia con altrettanta passione. Mi stringe a sé mentre io perdo gli ultimi freni inibitori che avevo. Mi lascio trascinare dal mio istinto, tanto che mi siedo a cavalcioni su di lui. Lui non mi ferma, non ancora almeno. La mia mano finisce tra i suoi capelli, tirandoli leggermente. Le sue mani invece vanno a finire sulle mie cosce scoperte avvicinandomi ancora di più a lui. Non passa molto tempo però, prima che lui si stacchi da me richiamando la mia attenzione. <Marti, Marti, aspetta...> mormora. Entrambi abbiamo il fiato corto. <Non voglio che tu ti senta costretta a farlo se non vuoi> mi dice. Io rimango in silenzio. Gli sfioro la guancia con le dita. Mi mordo il labbro. Ho sognato così tante volte questo momento e ora non vorrei interromperlo per nessuna ragione al mondo. <Ti voglio Jean> sussurro riavvicinando le mie labbra alle sue. Lui si lascia sfuggire un sorriso e torna a baciarmi più famelico di prima. Si alza dal divano tenendomi sempre stretta a lui. Cammina in direzione della camera da letto e non smettiamo di baciarci per un secondo. Chiude la porta della camera con un calcio e si avvicina al letto, lasciandomici cadere sopra. Sorrido contro le sue labbra quando mi sovrasta con il suo corpo. Inizio a sbottonargli la camicia bianca, mentre lui inizia a baciare baci dolci, ma allo stesso tempo intensi, lungo la curva del collo. Quasi mi scappa un gemito quando lo sento mordicchiare la mia pelle. Sento le mie guance andare a fuoco, ma lui non se ne accorge per via dell'oscurità della stanza. Si stacca nuovamente da per togliersi definitivamente la camicia. Ritorna a baciarmi, lasciandomi senza fiato. Sento le sue mani risalire dalle mie cosce fino al lembo della maglia. Ci stacchiamo giusto il tempo di lasciarmela togliere. Il suo sguardo si sofferma sulla parte superiore del mio corpo per poi incontrare nuovamente i miei occhi. Mi sorride e prosegue il suo percorso di baci lungo il mio petto. Il mio respiro affannoso non accenna a calmarsi. Jean si sofferma sul mio seno destro, proprio all'altezza del mio cuore. <Batte forte> mormora sorridendo e sollevando lo sguardo, incrociando i miei occhi. Sorrido anche io. <È merito tuo> gli rispondo. Il suo sorriso si allarga. Prende il mio polso e porta la mia mano sul suo petto. <Anche questo è merito tuo> mi risponde in un sussurro. Sento il suo cuore battere veloce, almeno quanto il mio. Non riesco a smettere di sorridere. Jean si abbassa ancora baciandomi prima sulle labbra e scendendo sempre di più. Con la mano dietro la mia schiena mi sgancia il reggiseno. Prosegue il suo percorso di baci, passando per il ventre dove la sua barba mi fa venire il solletico lasciandomi sfuggire una risatina. Jean mi guarda sorridente, felice per il fatto che non si sia creata troppa agitazione tra noi. Ben presto arriva al bordo dei miei pantaloncini. Jean alza lo sguardo come a chiedermi il permesso. Io annuisco. Allora lui li tira giù insieme alle mutande. Per qualche istante si sofferma a osservare per la prima volta il mio corpo nudo. Io cerco di ignorare il mio imbarazzo soprattutto quando si siede sul bordo del letto per togliersi i pantaloni ed insieme ad essi i boxer. Distolgo lo sguardo e fisso il soffitto cercando di reprimere la mia paura immotivata. <Marti...>. Jean richiama la mia attenzione. Non mi ero neanche accorta che era già tornato sopra di me. <Scusami è solo che... sono un po' nervosa> mormoro. Le mie guance vanno letteralmente a fuoco. <Non ti preoccupare, lo sono anche io> mi risponde e io mi sciolgo alle sue parole. Apre il preservativo, se lo mette e, sorreggendosi sui gomiti, entra dentro di me. Io lo guardo cercando di fissare nella mia mente ogni minimo tratto del suo viso. Le labbra schiuse, i capelli tutti scompigliati, la fronte leggermente corrugata: non è mai stato così bello come lo è in questo momento. Dapprima le sue spinte sono dolci, lente, poi a mano a mano si fanno sempre più veloci finché la stanza non viene riempita dai nostri gemiti. Lo bacio, lo stringo a me, mi aggrappo alle sue spalle. Non riesco a fare a meno di lui. Alla fine arriviamo al culmine con le mani strette forte e le labbra che si incontrano ancora una volta. Si stacca da me, sfiorandomi il viso con le dita. Si sdraia, non prima di aver buttato il preservativo nel cestino in bagno. Quando ritorna a letto, Jean-Eric ci copre entrambi con le lenzuola. Io mi sdraio su un fianco senza smettere guardare il mio ragazzo sdraiato a pancia in su. Il mio sguardo si sofferma sul suo petto che si alza e si abbassa lentamente. <C'è una cosa che non ti ho mai detto> dice ad un certo punto. Gira la testa verso di me, facendo immergere i miei occhi nei suoi. <Quanto avrei voluto essere io la tua prima volta>. Trattengo il respiro, mentre il mio cuore salta un battito. <Oh Jean...> mormoro avvicinandomi a lui, abbracciandolo e appoggiando la testa sul suo petto. <Ti amo tanto Martine> mormora. <Anche io Jean-Eric> gli rispondo in un sussurro e mi addormento ascoltando la musica più bella: il battito del suo cuore.
Spazio autrice:
E voilà con un nuovo capitolo! È stato molto particolare ed emozionante scriverlo sia per le varie scene sia per la canzone che fa da colonna sonora. Spero tanto che vi sia piaciuto e non credo ci sia altro da aggiungere se non che anche il prossimo capitolo sarà speciale, perché sarà il compleanno di una persona altrettanto speciale!😜🤭😏❤
P.S. Le parole e la canzone scelta da Martine è "Conversation in the dark" di John Legend, ma comunque la trovate sopra insieme a quella meravigliosa GIF di Jean😂😂❤.
A presto!
Baci❤🥰
Martina
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