15. Colonna sonora (quinze)
11 aprile 2018
<Ma chi stiamo aspettando esattamente?> mi chiede ancora una volta Jean-Eric. Io alzo gli occhi al cielo esasperata. <Juliette, la mia migliore amica. È la centesima volta che te lo dico> gli rispondo. In una settimana di gara, Jean è come una donna con il ciclo. Come se non lo fosse anche durante il resto dell'anno. Noi siamo già atterrati a Roma, solo che stiamo aspettando Julie, perché il suo aereo è in ritardo di qualche minuto, che per Jean ovviamente sembrano ore. Poco dopo la vedo arrivare e mi corre incontro abbracciandomi e gridando il mio nome. <Oddio Marti! Da quanto non ci vediamo!> esclama staccandosi da me. <Da un po' in effetti> le dico io leggermente imbarazzato. <Lascia che ti presenti Jean, il mio ragazzo> dico io rivolgendo uno sguardo al mio fidanzato. Juliette lo guarda stupita. <Ah però! Certo che te lo sei scelta proprio bene Martine!> esclama e io arrossisco così come Jean-Eric. Subito dopo prendiamo la sua DS elettrica e partiamo in direzione dell'albergo. Io e Julie siamo sedute dietro, mentre Jean è ovviamente al posto di guida. <Comunque è veramente figo, più di quanto mi avevi detto> mi sussurra all'orecchio la mia amica. <Lo so, in effetti mi sono scelta uno dei piloti migliori della griglia, in qualsiasi senso > le rispondo ed entrambe scoppiamo a ridere. <Io invece? Quando conoscerò Antonio?> mi chiede poi. <Lo conoscerai oggi pomeriggio. Usciamo tutti insieme per fare un giro della città> le dico. <E com'è?> <Non mi avevi detto che avevi già cercato le foto su Google?> <Sì, ovvio che le ho cercate ed è un figo che metà basta, ma io volevo sapere com'è caratterialmente> mi spiega. <Ah ok. Comunque è un bravo ragazzo ed è molto simpatico. E poi è anche un surfista> <È un surfista?! Allora è proprio quello giusto!> esclama facendomi ridere. In poco tempo arriviamo all'hotel che è molto vicino al centro di Roma. Dopo aver parcheggiato, entriamo tutte e tre nella hall, prendiamo le chiavi magnetiche e dopo aver salutato Juliette, io e Jean ci dirigiamo nella nostra camera. Appena entro rimango esterrefatta dalla bellissima vista che abbiamo dalle finestre. Si vede benissimo il Colosseo e il resto della città di Roma. <Wow... È magnifico> mormoro con un filo di voce. <Lo so. Ho preso apposta questa camera perché so quanto ti piacciono queste viste> mi dice Jean abbracciandomi da dietro. Mi lascia un bacio dietro l'orecchio facendomi rabbrividire. <È simpatica la tua amica comunque> prosegue poi. <Sì, lo so. Poi oggi pomeriggio le devo presentare Antonio> dico io sciogliendomi dal suo abbraccio e andando verso la mia valigia sul letto. <Antonio? Adesso fai anche da cupido?> <Si dà il caso di sì> gli rispondo io con un sorriso. Apro la valigia iniziando a sistemare i vari vestiti, ma lasciando sul fondo, in modo che Jean-Eric non lo veda, l'abito più importante. È quello che indosserò al gala. Voglio che sia una sorpresa. <Comunque lo sai che giovedì abbiamo un gala?> mi chiede lui. Io alzo divertita gli occhi al cielo. <Jean è la terza volta in due giorni che me lo dici. Lo so che c'è un gala giovedì> dico io sorridendo, mentre lui appoggia la sua valigia su una sedia. <Scusami, è solo che sono un po' nervoso> mi dice per poi sdraiarsi a pancia in sul letto. Naturalmente non ha avuto neanche un minimo di voglia di disfare la valigia e sono sicura che rimarrà lì per un bel po', fino a quando non inizierà a lamentarsi perché non trova mai le cose che cerca. <Tu? Nervoso per un gala?> dico alzando un sopracciglio. <Non è che sono nervoso, è che sarà la nostra prima uscita ufficiale insieme quindi...>. Ok, a questo non ci avevo pensato. <Quindi?> gli chiedo io cercando di mantenere la calma. <Quindi ho paura che pubblicano nostre foto sui social. Potrebbero uscire commenti denigranti su di te o qualcosa di simile> prosegue lui con quel suo faccino preoccupato. È così tenero quando lo fa. <Jean, ma ci sono già mie foto sui social> dico ridendo e lui abbassa lo sguardo, mentre le sue guance si fanno rosse. Lascio perdere le magliette che stavo mettendo a posto e mi avvicino a lui prendendo il suo volto tra le mani e costringendolo a guardarmi negli occhi. <Andrà tutto bene vedrai. E poi chissenefrega di quello che dicono gli altri, ciò che conta è quello che siamo noi due, non credi?> mormoro ad un soffio dalle sue labbra. <Tu as raison> sussurra sorridendo e lasciandomi un leggero bacio sulle labbra. <J'ai toujours raison> gli rispondo ed entrambi ridiamo.
<Dan, ma dov'è Antonio?> chiedo sussurrando al pilota Audi. Dopo pranzo insieme a tutti i nostri amici, siamo usciti per fare un giro della città e adesso siamo vicini ai Fori Imperiali. <Mi ha detto che ha avuto un breve contrattempo e che adesso sta arrivando. Giuro che se non si muove, me la prendo io Juliette> mi risponde lui serio incrociando le braccia al petto e facendomi ridacchiare. Proprio in quel momento lo vediamo arrivare correndo nella nostra direzione. <Scusate ragazzi, ma non sono riuscito a liberarmi prima. Il capo a volte è davvero stressante> ci spiega con il fiatone. <Dai muoviti scemo, che la tua ragazza ti sta aspettando già da venti minuti!> esclama Daniel abbassandogli la visiera del cappellino. Antonio se la rimette a posto non prima di aver lanciato un'occhiataccia al tedesco. <Quindi, dov'è Juliette?> ci chiede e io e Dan indichiamo contemporaneamente un punto dietro di noi e guardiamo Antonio con una faccia che sta a dire "muoviti va". Lui alza le mani in segno di difesa e va verso la mia migliore amica. Appena Julie posa lo sguardo sul portoghese rimane in fissa. Antonio si presenta e Juliette non riesce quasi a pronunciare parola. Anche il pilota mi sembra alquanto preso. Io e Daniel ci scambiamo uno sguardo d'intesa e ci battiamo il cinque. Successivamente noi iniziamo a camminare attraverso le vie della città di Roma. Davanti a me ci sono Lucas, Jean-Eric, Daniel, Antonio e Juliette un po' più in disparte. Io sono indietro perché sono presa a fotografare il più possibile questa meravigliosa città. Mentre sto fotografando una statua, qualcuno di molto simpatico si piazza proprio davanti alla fotocamera facendomi una faccia buffa. Io rido scuotendo la testa. <Certo che a volte sei proprio scemo> dico spegnendo la macchina fotografica e rimettendomela al collo. <È per questo che mi adori> ribatte André per poi avvolgermi un braccio attorno alle spalle. <Ovvio> gli rispondo ed entrambi scoppiamo a ridere. <Allora, sei pronta per il gala di domani?> mi chiede poi. <Penso di sì> <Com'è il vestito? Jean l'ha già visto?> prosegue lui. <No, non l'ha ancora visto> dico con un sorrisetto. André mi guarda stupito. <Quindi tu mi stai dicendo che lui non ha la minima idea di che vestito indosserai domani?> <Neanche la più pallida idea> gli rispondo. <Ti prego dimmi che ha lo spacco?> mi chiede incrociando le mani in segno di supplica. <Può darsi> dico cercando di non sorridere troppo. <E di che colore è?> <Non te lo dico André, perché sono sicura che non riuscirai a mantenere il segreto e appena ci sarà l'occasione lo dirai a Jean. Quindi non ti dico più nulla> affermo fermandomi di colpo. <Ma ma...> cerca di protestare, ma io lo blocco <Niente "ma" caro mio, ti conosco e non ce la farai a non dirgli niente. Ormai ho preso la mia decisione> <Uffi! Come sei noiosa!> esclama lui facendomi scoppiare a ridere. <Grazie André, mi amo anch'io>.
<Petite, sei pronta?> mi chiede Jean-Eric da dietro la porta del bagno. <Jean, giuro che se me lo chiedi un'altra volta, la pizza invece di mangiarla te la tiro addosso> esclamo io. Mi sto truccando per uscire stasera in una pizzeria di Roma con tutti gli altri piloti e Jean come al solito si lamenta che ci sto mettendo troppo. A dir la verità sono in bagno da soli dieci minuti. <Ok, ok come non detto> mormora lui e io alzo gli occhi al cielo. Certe volte sa essere davvero pesante. Finisco di mettermi il mascara per poi uscire. Il mio ragazzo è seduto sul letto con il telefono in mano e quando percepisce la mia presenza, posa gli occhi su di me. <Sto bene?> gli chiedo facendo un giro su me stessa. Indosso un semplice top nero con dei pantaloni bianchi e un paio di tacchi neri. <Stai benissimo, mon amour> mi dice per poi lasciarmi un leggero bacio sulla guancia. Subito dopo usciamo dalla nostra camera e dall'hotel per poi dirigerci mano nella mano verso la pizzeria scelta dai miei amici. Ben presto arriviamo davanti al locale ed entriamo. <Oh, è arrivata la coppia più bella del paddock!> esclama Lucas appena ci vede e tutti si mettono ad applaudire. Io e Jean ci guardiamo brevemente ancora mano nella mano mentre vedo le sue guance farsi rosse così come le mie. Successivamente ci sediamo uno accanto all'altra. Dopo aver ordinato le pizze che arrivano in fretta, io inizio a divorare la mia. Jean mi guarda divertito mentre io mi lecco i baffi per quanto è buona. <Non c'è niente di meglio di una buona pizza italiana!> esclamo accasciandomi sulla sedia dopo aver finito la mia cena. <Concordo pienamente!> mi fa eco Daniel ed entrambi scoppiamo a ridere. Subito dopo arriva il momento del dolce, che non mangio dato che mi sono già saziata con la pizza. Mentre rispondo velocemente ad un messaggio che mi è arrivato sul telefono, mi arriva sotto il naso una forchetta con un pezzo di torta. Mi volto verso Jean-Eric che è alla mia sinistra. <La pizza mi ha già riempita, la torta non la mangio> gli dico ma lui insiste <È buonissima Marti, davvero, dovresti assaggiarla>. Alla fine cedo, anche perché non saprei resistere a una torta al cioccolato. Appena addento il pezzo, rimango in estasi per quando è buona. <Mio Dio, ma è deliziosa! Dammene un altro pezzo!> esclamo cercando di prenderne un altro pezzettino, ma lui toglie il piatto. <Non avevi detto che eri piena?> mi chiede con uno sguardo di sfida. <Sì, ma è rimasto un buchino nella mia pancia, quindi ne voglio un altro pezzo> ribatto con una voce da bambina. Jean ride scuotendo la testa, lasciandomi l'ultimo parte della fetta di torta. <Sei un pozzo senza fondo> mi dice mentre mi pulisco la bocca con il tovagliolo. <Non è vero!> esclamo, ma entrambi poi ridiamo. Quando ci siamo calmati, ci guardiamo negli occhi. Io mi immergo nei suoi stupendi occhi color cioccolato al latte, che amo davvero tantissimo. <Sei un po' sporca qui> mormora indicando il lato della mia bocca. Io cerco di pulirmi, ma non serve perché Jean-Eric si sporge e lo fa lui con il suo tovagliolo. Il movimento è impercettibile, ma è comunque capace di farmi venire i brividi. Si allontana piano, quasi con la paura che la bolla che si era creata scoppi. <Ecco fatto> dice in un sussurro. Il contatto visivo non si spezza, neppure quando lui appoggia la mano sulla mia guancia. Si avvicina per baciarmi quando l'atmosfera viene rotta da Sam Bird che ci richiama <Ehi piccioncini! Fate le vostre effusioni fuori di qui che non vogliamo essere partecipi di certe cose>. Io e Jean ci allontaniamo immediatamente, io ridacchiando, mentre il mio ragazzo liquida il suo collega con un "Stai zitto, Sam". Una volta conclusa la cena ed essere rimasti a chiacchierare ancora un po', usciamo dalla pizzeria e ci salutiamo tutti per poi dirigersi ognuno al suo hotel. Camminiamo mano nella mano attraversando le vie più famose di questa città. Devo dire che mi sono innamorata subito di Roma, già prima di visitarla. Più di una volta mi era passata per la mente l'idea di trasferirmi qui o più in generale in Italia, ma penso che non lo farò mai perché sono troppo legata a Parigi per trasferirmi da un'altra parte. <A che cosa pensi?> mi chiede Jean, mentre passiamo davanti al Colosseo. <Stavo pensando di trasferirmi qui un giorno, o a Firenze o a Venezia> gli rispondo. Jean-Eric strabuzza gli occhi. <Vuoi lasciare Parigi?> mi chiede subito. <No, no, lo sai quanto ci tengo alla nostra città per trasferirmi da un'altra parte, ma stavo solo...> <Sognando> conclude lui con un sorriso. I suoi sorrisi sono la cosa più bella di questo mondo. <Sì, sognando> proseguo con lo stesso sorriso. <Sei così bella quando sorridi> mi dice con un filo di voce. <Grazie> mormoro baciandolo a fior di labbra. Rimaniamo in silenzio per un po', fino a quando non arriviamo in hotel e saliamo in camera. Jean va in bagno e io ne approfitto per uscire sul balcone. L'aria fredda della sera mi sferza sul viso e io cerco di scaldarmi strofinando le mani sulle braccia. Ho la pelle d'oca. Inizio, quasi istintivamente, a pensare al gala di domani. Sarà la prima uscita ufficiale da fidanzati di me e Jean-Eric. Ripenso a quel periodo di crisi che abbiamo passato prima del bacio a Punta. Quel bacio. Ripenso a tutte le emozioni che ho provato in quel momento e i brividi attraversano di nuovo la mia schiena. La nostra storia è come una di quelle canzoni che ti rimangono in testa per sempre, anche se a volte ti dimentichi le parole o addirittura il titolo. Ti dimentichi dove l'hai ascoltata la prima volta oppure quando è uscita, ma ti ricordi benissimo il ritmo. La mia storia con Jean è proprio così. Non mi ricordo com'è iniziata perché la nostra storia, sia di amicizia che d'amore, ha radici troppo profonde, ma mi ricordo molto bene le tappe più importanti, le nostre risate, le nostre promesse, i nostri abbracci e anche le nostre litigate. Ed è un motivo bellissimo. <Non dovresti uscire così scoperta, ti prenderai un raffreddore>. La sua voce dietro di me, mi fa risvegliare dai miei pensieri e poi una giacca si posa sulle mia spalle. Jean-Eric mi abbraccia da dietro scaldando non solo la mia pelle, ma anche il mio cuore. <Hai ragione> mormoro. <Qu'est-ce qu'il y a, petite? Je te vois pensive> mi chiede in un sussurro. <Rien, Jean, je vais bien> gli rispondo. <Sûre? Tu sais que tu peux tout me dire> <Rien, Jean, vraiment> gli dico rigirandomi tra le sue braccia. Jean-Eric mi tiene stretta a sé. Lui nasconde il suo viso nel mio collo e strofina il naso contro la mia pelle. <Je t'aime beaucoup, mon amour> mormora per poi tornare a guardarmi negli occhi. È lui il mio motivo preferito. <Je t'aime aussi> gli rispondo per poi baciarlo con passione.
13 aprile 2018
<Daniel mi passeresti la Nutella?> chiedo al tedesco di fronte a me. Ho deciso di invitare alcuni dei miei amici a fare colazione al nostro hotel. Dan mi passa la crema alla nocciola e mentre io la spalmo sul pane tostato, gli chiedo <Tu chi porterai al gala di stasera?>. Si prende qualche secondo per pensarci e poi mi risponde <Nessuno credo. Sono single, chi dovrei portare?> <Miriam? Non è venuta qui?> gli chiedo. <No, no e poi tra noi è finita la conoscenza diciamo> mi risponde con un tono un po' triste. <Oh, mi dispiace. Come mai se posso chiedere?> dico addentando una fetta di pane tostato. <Non andava più. Le relazioni a distanza non sono destinate a durare> mi risponde e io annuisco debolmente. Mentre mangio la mia colazione, inizio a pensare al gala di stasera. Spero che vada tutto bene e soprattutto che a Jean piaccia il mio vestito. Ho optato per qualcosa di leggermente diverso dal solito abito lungo da sera e mi auguro di aver fatto la scelta giusta, se no sarebbe una delle gaffe più clamorose della mia vita. <Cos'è quella faccia pensierosa Marti?> una voce mi fa distrarre dai miei pensieri. Lucas si siede accanto a me con il suo vassoio pieno di cibo. <Stavo solo pensando al gala di stasera. Sai il vestito, il trucco, i capelli...> <Voi donne e le vostre paranoie per vestirvi> borbotta Daniel alzando gli occhi al cielo. Io lo ignoro non prima di avergli fatto la linguaccia. <Bianca può darti una mano, se c'è qualche problema> mi dice il brasiliano. Io annuisco. Inoltre c'è anche Juliette, quindi avrò anche il doppio aiuto. E penso che mi servirà proprio perché non sono per niente sicura del mio outfit di stasera.
<Siete sicure che sto bene?> chiedo mentre faccio un giro su me stessa. <Sicure al cento per cento> mi risponde Bianca lanciandomi uno sguardo compassionevole. <Non è che ho fatto una scelta troppo azzardata a mettere questo vestito?> <No Marti, fidati. Stai benissimo> le fa eco Juliette. Prendo un bel respiro. Forza Martine ce la puoi fare. <Grazie ragazze, siete state gentilissime> dico infine abbracciandole entrambe. <Figurati Marti, lo sai che lo faccio con piacere> mi dice Bianca. Subito dopo ci lascia me e Julie da sole, poiché Lucas è giù nella hall ad aspettarla. <Mio Dio, sono così nervosa!> esclamo passandomi le mani sul volto. <È normale. È la prima uscita pubblica da fidanzati di te e Jev> mi risponde lei mentre si sistema il suo vestito lillà allo specchio. <Se non me lo ricordi, mi fai un favore> borbotto prendendo la mia pochette nera che fa contrasto con il vestito bianco. Julie alza gli occhi al cielo. <Finiscila di farti paranoie. Vedrai che andrà tutto bene, devi solo avere un po' più di fiducia in te stessa> prosegue lei per poi prendere anche lei la sua pochette e uscire con me dalla mia stanza. Una volta fuori dall'hotel, prendiamo un taxi che ci porterà direttamente alla villa dove si tiene la "festa". Penso e ripenso a Jean e a quale potrebbe essere la sua reazione e mi sale ancora di più l'ansia. Arriviamo molto in fretta alla villa. Davvero troppo in fretta per i miei gusti, dato che non sono ancora minimamente pronta. Non ce la farò mai.
Jean-Eric
<Non è che ti ha detto che non veniva più?> <No Jean. Arriverà, è solamente un po' in ritardo> mi risponde André sorseggiando il prosecco dal calice. Siamo nella sala principale della villa, mentre aspettiamo l'arrivo di tutti gli invitati, Martine compresa, prima della cena. Mi infilo le mani nelle tasche della giacca. <Non ti ha detto nemmeno com'è il vestito?> gli chiedo ancora. Il mio compagno di squadra scuote la testa. <Nemmeno quello. Mi ha detto solo che ha lo spacco> mi dice. Io strabuzzo gli occhi. <Lo spacco?> gli chiedo mezzo scioccato. Lui annuisce divertito. <Spero che non sia troppo profondo però...> borbotto in risposta io. <Perché? Qualche sarebbe il problema se fosse un po' più profondo?> mi chiede. <Ma hai idea quanti uomini qua dentro sarebbero pronti a mangiarsela con gli occhi?! L'unico che deve farlo è il sottoscritto, non gli altri> sbotto io a bassa voce per non farmi sentire dagli altri invitati. André prima mi guarda sorpreso poi si mette a ridere divertito. <Oh il francesino è geloso della francesina> mi prende in giro. Io alzo gli occhi al cielo e proprio nel momento io cui mi giro verso l'ingresso, la vedo entrare. Tutto attorno a me di colpo passa in secondo piano. Martine si guarda attorno un po' intimorita e insicura. Mi cerca con lo sguardo e quando incontro i suoi occhi il mio cuore salta un battito. Mi sorride debolmente per poi avvicinarsi a me. La osservo in ogni minimo movimento: i capelli che ondeggiano appena sopra le sue spalle seguendo i suoi passi, il vestito bianco che si adatta perfettamente ad ogni curva del suo corpo. Perché sì, lei è perfetta nella sua semplicità. Ci ritroviamo uno davanti all'altra. Ci guardiamo negli occhi senza dire nulla, anche perché le parole mi muoiono in gola. <Wow...> sussurro facendola ridacchiare. È bassa rispetto a me, nonostante porti i tacchi. <Sei... Non riesco neanche a trovare le parole per dire quanto sei bella> mormoro sfiorandole il viso con le dita. Le sue guance si colorano di un leggero rosa. <Grazie> mi risponde per poi sporgersi e baciarmi sulle labbra. <Ehi Marti!>. André dietro di noi ci interrompe. <Ciao André!>. Si abbracciano brevemente e si salutano con due baci sulle guance. <Sei stupenda stasera!> esclama poi. <Grazie> risponde. Proprio in quel momento un cameriere ci interrompe dicendoci che nella sala accanto sta per iniziare la cena. Così noi tre ci dirigiamo verso la sala dove sono preparati tutti i tavoli. All'inizio mi sento un po' perso, però alla fine trovo il nostro tavolo. Naturalmente accanto a me c'è seduta Martine, un paio di sedie più distante André e poi altri membri del team. Vedo salire sul palco Alejandro Agag, il fondatore della Formula E, per tenere un discorso. Inizia a parlare spiegando come è iniziato questo viaggio e cosa lo ha ispirato. Io lo ascolto per metà. Ogni tanto mi perdo a guardare Martine e mi chiedo come faccia ad essere così bella. Lei non ricambia il mio sguardo, dato che è tutta presa a sentire il discorso. Io invece mi perdo nei suoi lineamenti. Mi chiedo perché lei non si senta mai all'altezza. È bella, intelligente, solare. Perché non deve sentirsi all'altezza? <Che c'è?>. La sua voce mi riporta alla realtà. Si è voltata verso di me. Probabilmente ha notato la guardavo con lo sguardo un po' perso. <Nulla, petite> le rispondo un piccolo sorriso. Le prendo la mano e le bacio il dorso. Anche lei mi sorride e torna a guardare verso il palco. Il discorso finisce con un enorme applauso della sala. Io però è come se sentissi l'amaro in bocca. Non so come descrivere questa sensazione, ma è come se mi stesse sfuggendo qualcosa. Come se mancasse qualcosa. Mentre iniziano a servire i primi piatti, io guardo di nuovo Martine. E mentre la osservo parlare quella odiosa e strana sensazione si intensifica. Cos'è che mi sta sfuggendo? È come se non avessi fatto abbastanza per lei. Come se tutto quello che è successo finora non è abbastanza. Ed è proprio in quell'istante che capisco. Capisco quello che lei provava e prova ogni tanto quando è con me. E mi rendo conto che non abbiamo fatto nulla di sbagliato. Non sto sbagliando io e non sta sbagliando nemmeno lei. Noi stiamo facendo tutto quello che è nelle nostre mani per l'altro. Martine mi lancia brevemente uno sguardo. Forse è ora che io faccia ancora qualcosa in più...
Martine
La cena è proseguita nel migliore dei modi e ora siamo ritornati nella sala principale. Una piccola orchestra sta suonando una canzone classica mentre alcune persone, principalmente un po' più avanti con l'età, ballano. Bevo dal mio calice quel poco di prosecco che è rimasto e seguo Jean-Eric con lo sguardo. Sta parlando con André. Durante la cena l'ho visto un po' perso nei suoi pensieri. E anche un po' preoccupato. Ad un certo punto lo vedo andare verso l'orchestra che ora ha smesso di suonare. Dice qualcosa all'orecchio del pianista. Corrugo le sopracciglia. Appoggio il bicchiere vuoto su un tavolino quando la sala viene riempita dalle note di "Perfect". Non può averlo fatto... non per me. Mi volto incredula verso di lui che mi guarda con un sorriso. Viene verso di me. Le mie mani tremano leggermente. Lui sa quanto mi sono innamorata di questa canzone e il fatto che l'abbia messa per me... Non so neanche come descriverlo a parole. Ormai è arrivato di fronte a me. <Tu sei pazzo> mormoro a bassa voce. Lui sorride. <Allora, mi concedi questo ballo?> mi chiede porgendomi la mano. Come diamine faccio a non amarlo? Metto la mia mano nella sua, per poi trascinarmi in pista. Siamo proprio al centro della sala, mentre attorno a noi ci sono altre coppie che ballano. Appoggio la mano sinistra sulla sua spalla, mentre lui mentre lui fa intrecciare la sua mano sinistra con la mia destra. L'altra sua mano invece va a finire sul mio fianco. Ci muoviamo a un ritmo lento proprio come lo richiede la canzone. Si sporge verso il mio orecchio. <You look perfect tonight> mi sussurra. Il mio cuore salta un battito. Ritorna a guardarmi negli occhi. <Jean...> mormoro, ma lui mi blocca. <Tu ti meriti queste parole e tante, tantissime altre. Tu ti meriti il meglio. E sarai sempre all'altezza, anche se non lo pensi così spesso. Tu sei perfetta per me, Martine>. Rimango senza fiato. Era questo che avevo bisogno di sentirmi dire. <Cosa farei senza di te?> dico con un filo di voce. Lui non dice nulla, mi sorride e basta, lasciandomi un leggero bacio sulla fronte. Sorrido anche io, per poi appoggiare la testa sulla sua spalla. Mi lascio cullare dalle sue braccia. <Hai scelto la colonna sonora perfetta per questo momento> dico ritornando a guardarlo negli occhi. <Grazie. Almeno per una volta ho scelto una canzone che piace sia a me che a te> mi risponde e io mi lascio sfuggire una risata. Noi due abbiamo gusti musicali molto difficili e più di una volta abbiamo litigato perché una canzone che piaceva a lui non piaceva a me oppure il contrario. Rimaniamo così per qualche secondo ancora e mentre mi guardo intorno, il mio sguardo si posa su André, che si trova in un angolo della sala. Mi saluta con un cenno che io ricambio con un semplice sorriso. <Te lo ha detto André di fare questa cosa per me?> gli chiedo ad un certo punto a Jean-Eric. Non che io non mi fidi del mio ragazzo, però nel caso glielo avesse consigliato André non mi stupirei dato che sono molto legati, ma ci rimarrei un po' male perché non è partita di sua volontà. <No, no. Io gliel'ho solo detto e gli ho chiesto un parere e lui mi ha risposto che non potevo fare cosa migliore> mi risponde e io sorrido un po' più tranquilla. Alla fine la musica sfuma, rompendo così il nostro momento. Jean però fissa ancora i suoi occhi nei miei. <Ti amo> dico senza neanche pensarci. <Io di più, petite> mi risponde lui con un sorriso dolce. Mi lascia un leggero bacio sulle labbra, per poi prendermi per mano e andare insieme verso André, che ci attende tutto entusiasta. Guardo ancora per qualche secondo il mio ragazzo e una meravigliosa sensazione riempie il mio cuore. Tu es la meilleure partie de ma vie...
È poco prima della mezzanotte quando usciamo dalla villa e ci dirigiamo verso la macchina. Ridiamo senza un motivo apparente, questo è un segno che non siamo del tutto sobri. Mi appoggio con la schiena alla portiera della macchina cercando di riprendere fiato. <Oddio che serata> riesco a dire mentre rialzo gli occhi verso Jean. Anche lui mi guarda con uno strano luccichio negli occhi. Il suo respiro è accelerato come il mio. <Ti va di concludere la serata in un modo ancora migliore?> mi chiede avvicinandosi terribilmente a me. Io appoggio le mani sul suo petto per poi portarle lentamente al suo collo sistemando il papillon. <E a come pensavi di concludere questa serata?> lo provoco. <Stavo pensando a tante cose e devo dire che questo vestito mi ha aiutato molto> mi sussurra all'orecchio posando una mano sul mio fianco. Milioni di brividi percorrono la mia schiena. Mi lascio sfuggire un sorriso per poi allontanarmi da lui e sedermi sul sedile del passeggero. Anche Jean-Eric sorride e fa il giro della macchina sedendosi accanto a me nell'abitacolo. Durante il viaggio mi guarda molto spesso. <Eric guarda la strada, non me> gli dico ad un certo punto e lui mi ascolta. <Come mi hai chiamato?> mi chiede lui e dal suo tono non riesco a capire se è arrabbiato o meno. <Eric. Perché non ti piace?> gli chiedo io. A dir la verità so perfettamente che non gli è mai piaciuto sentirsi chiamare "Eric", però... <Sì che mi piace, detto da te mi piace molto> mi dice guardandomi ancora brevemente. Io arrossisco ricambiando il suo sguardo per poi guardare fuori. Arriviamo in fretta all'albergo e come un vero gentiluomo Jean mi viene ad aprire la portiera. Non riesco a trattenere un sorriso. Entriamo nella hall e saliamo insieme le scale fino alla nostra camera. Sento il suo sguardo bruciare sulla mia pelle. Esattamente come un felino che cerca di catturare la sua preda. Apro la porta facendo passare la tessera magnetica attraverso il supporto. Ma ho appena il tempo di entrare che Jean mi spinge contro il muro. Mi bacia, famelico. Io ricambio, incerta. Lo so cosa vuole, lo so benissimo, e anche io lo voglio, ma è come se... come se sentissi che non è il momento giusto. Forse perché sono leggermente brilla e perché vorrei essere lucida quando arriva quel momento. O forse perché mi ricorda il tradimento di Christian e di come fino a due giorni prima avevamo fatto sesso. Sento la mano di Jean risalire dal mio fianco fino a dietro la schiena. Ed è il quel momento che l'ansia e la paura mi prendono completamente. Lo prendo per il polso allontanando la sua mano. <Jean, Jean...> lo richiamo un paio di volte interrompendo i nostri baci. Allontano il mio viso dal suo. Jean-Eric mi guarda sorpreso, spalancando leggermente gli occhi. <Ho... fatto qualcosa di sbagliato?> mi chiede subito. <No Jean, tu non hai fatto nulla. È solo che...> distolgo il mio sguardo dal suo. Non riesco a guardarlo negli occhi. <Che?> ripete lui. Vuole capire cosa c'è che non va. Arrossisco. Prima sembravo tutta sicura di me stessa, ma poi quando mi ritrovo davanti al "problema" mi lascio prendere dal panico come un'adolescente alla prima cotta. <È solo che non mi sento pronta. Non so perché. Ma non è colpa tua Jean, tu non c'entri nulla, è solo che... non lo so. Oddio mi sento così stupida!> esclamo coprendomi il volto con le mani. Lo sapevo. Lo sapevo che sarebbe andata a finire così. Io credo di essere all'altezza di certe situazioni, ma poi alla fine non lo sono. E so perfettamente di apparire debole e fragile di fronte a lui, anche se io non lo voglio. <Ehi, tu sei stupida> mormora sostandomi le mani dal viso. Io lo guardo, nonostante non riesca a vedere bene le sue iridi per via dell'oscurità. Le lacrime mi pizzicano gli occhi. È frustrante. <Va tutto bene Marti, non ti preoccupare. Se non te la senti, non c'è problema, sono disposto ad aspettarti per tutto il tempo che ti serve> mi risponde. <Davvero?> gli chiedo io. <Davvero, davvero> prosegue lui con un leggero sorriso. Lo abbraccio subito. Immergo il mio viso nel suo collo. <Ti amo tanto Jean, lo sai vero?> mormoro a bassa voce. <Lo so. Anche io ti amo petite> mi risponde.
14 aprile 2018
Cammino mano nella mano con Jean attraversando l'E-Village della Formula E. Stamattina Jean-Eric è stato gentile e premuroso come sempre, nonostante a volte avessi la sensazione che fosse un po' distaccato. Saluto con un cenno Daniel e Lucas ai box Audi, per poi entrare nel garage della Techeetah. Jean mi dice che deve andare a fare un briefing pre-prove libere e così rimango praticamente da sola senza far nulla. Mando un messaggio a Julie per sapere se può venire qui, ma mi risponde subito dicendo che è ai box Andretti con Antonio. Così mi ritrovo a fissare la monoposto di Jean persa nei miei pensieri. Magari se l'è un po' presa perché non sono voluta andare con lui... Voglio dire è normale che ci rimanga male. È anche normale che non abbia più voglia di farlo con me. Sospiro. Odio farmi paranoie, ma a volte non riesco proprio a farne a meno. <Tutta sola, soletta?>. Una voce dietro di me, mi riporta alla realtà. André si siede accanto a me con uno dei suoi soliti sorrisi. <Avete già finito il briefing?> gli chiedo io. <Io sì, Jean sta ancora parlando con Mark. Infondo lui è in testa al campionato e credo che abbiano diverse cose su cui discutere riguardo alle strategie e quant'altro> lo dice con un tono di voce normale con un sorriso, ma io posso notare una nota di sconsolatezza, come se lui si sentisse un pilota meno bravo del suo compagno di squadra. Deve essere un po' frustrante essere qualche posizione più in basso in classifica rispetto al tuo compagno di squadra oppure fare la parte del secondo pilota, quando hai una carriera come la sua. Appoggio una mano sulla sua spalla. <Ehi, questo non vuol dire che tu non sia un buon pilota. Jean sarà anche in testa al campionato, ma lui è in questo ambiente già da un po', tu invece sei solo arrivato quest'anno. Hai già fatto tanto per il team. E poi non hai mica vinto per caso tre 24 ore di Le Mans!> esclamo e lui ride alle mie parole, contagiando anche me. <Hai ragione> mi dice poi guardandomi negli occhi. <Ovvio, io ho sempre ragione!> esclamo e lui si lascia sfuggire una risata. <Te invece? Come va con Jean?> <Bene diciamo> gli rispondo io guardando di fronte a me. <Non mi sembri troppo convinta. Ieri al gala sembravate molto affiatati> prosegue lui. <Sì, sì stavamo molto bene. È solo che ieri sera è successa una cosa che...>. Sento le mie guance scaldarsi. <Nulla di grave, solo una piccola incomprensione> dico tornando a guardarlo negli occhi. André sembra bersi la mia bugia bianca annuendo. Tanto sono sicura che se non glielo dirò io, gliene parlerà Jean. <Adesso devo andare, ma per qualunque cosa chiamami. Anche mentre sono in pista, tu cercami in radio> mi dice lasciandomi un leggero bacio sulla guancia, facendomi ridacchiare. Quando André se n'è ormai andato, io ritorno a guardare la monoposto di Jean. Era solo una piccola incomprensione, no?
La gara va discretamente bene. Il team può essere più che felice per il terzo posto di André e il quinto di Jean che continua a mantenere la testa del campionato. Dopo aver festeggiato sotto il podio con la marea di tifosi italiani, ritorno ai box Techeetah, proprio mentre Jean sta finendo delle interviste. Non si accorge di me quando saluta la giornalista e se ne ritorna ai box con la testa bassa. Io lo seguo fino al suo camerino. Tengo la porta aperta quando lui entra e finalmente si rende conto della mia presenza. <Oh ciao... Non sei andata a vedere le celebrazioni sul podio?> mi chiede lui prendendo un asciugamano per asciugarsi i capelli ancora un po' sudati, mentre io mi appoggio con la schiena alla porta chiusa. <Sì sono già andata. C'era un sacco di gente> gli rispondo io. <Immagino> mormora lui buttando da qualche parte l'asciugamano. Si toglie la polo del team e cerca una maglietta. È di spalle rispetto a me. Fisso la sua schiena magra, tanto che si intravede la colonna vertebrale. Mi immagino sfiorare la sua pelle, piano, quasi impercettibilmente, per poi arrivare alle spalle, fino a intrecciare le dita tra i suoi capelli. Potevo farlo ieri sera, ma ho preferito rinunciare a tutto quello che di bello aveva da darmi. <Martine, mi stai ascoltando?>. Ripiombo a terra come se per tutto questo tempo fossi stata sulle nuvole. Non mi ero nemmeno accorta che lui si era già rivestito. <Sì, sì, mi ero distratta solo un attimo. Continua pure> dico io noncurante del fatto che non sapessi minimamente di che cosa stava parlando. <Stavo dicendo che probabilmente stasera Sam terrà una festa, in un locale qui vicino> dice prendendo il telefono e infilandoselo nella tasca posteriore dei pantaloni. <Come fai a sapere che terrà una festa?> gli chiedo io aggrottando le sopracciglia. <Perché lo fa sempre quando vince> mi risponde lui avvicinandosi con un sorriso. Mi lascia un bacio sulla fronte per poi sorpassarmi e uscire dalla stanza. Io lo seguo nonostante sia un po' più lontana da lui. Lo guardo mentre saluta alcuni meccanici dandogli pacche sulle spalle. Tra me e Jean va tutto bene, devo solo smetterla di farmi paranoie.
Alla fine la festa c'è stata veramente. Sono in piedi a bere il mio cocktail rigorosamente analcolico, mentre guardo le varie coppiette sbaciucchiarsi in qualche angolo del locale. Mordicchio la cannuccia. Sinceramente lo vorrei fare anche io, ma Jean-Eric è da qualche parte con i suoi colleghi. E io sono da sola. Come al solito ormai. Ad un certo punto vedo un volto familiare venire verso di me. Mi lascio sfuggire un sorriso. <Ehi Mitch!> esclamo una volta che è di fronte a me. <Ciao Mar> mi saluta per poi lasciarmi due baci sulle guance. <Come va?> gli chiedo io. <Molto bene, tu?> mi risponde lui allargando ancora di più il suo sorriso. Ok, ammetto che è molto carino quando sorride. <Bene anche io dai, solita routine> gli rispondo finendo la mia bevanda per poi appoggiare il bicchiere su un tavolino poco distante da me. Iniziamo a parlare del più e del meno e via via mi sento sempre più rilassata. Parlare con Mitch non è mai stato difficile. Non che lo sia con Jean, però a volte diciamo che non è molto... loquace. Soprattutto se si tratta di faccende private. Preferisce tenersi tutto dentro, invece di parlarne con qualcuno come me. In quel momento mi rendo conto quanto Jev sia stato sempre abbastanza freddo con me oggi, o comunque che abbia sempre evitato il vero e proprio confronto. Proprio come sta accadendo adesso. Sta evitando di stare con me perché con tutta probabilità ce l'ha ancora per ieri sera. Guardo Mitch e noto che ha il colletto un po' storto. <Scusa, posso...?> gli chiedo una volta che ha finito il suo discorso, indicandogli il colletto. <Oh sì certo, fai pure. Immagino sia all'incontrario> dice e io ridacchio. <Un po' sì> gli rispondo io sistemandoglielo. Ritorno a guardarlo negli occhi e lui riprende a parlare come se nulla fosse successo. Jean-Eric adesso non c'è e quasi quasi io mi sento un po' meglio.
Jean-Eric
Questa dannata musica sta spaccando i miei timpani. Bevo tutto d'un sorso un altro bicchiere di un cocktail del quale non conosco neanche il nome. So solo che è il terzo bicchiere che mando giù. Giro la testa solo per dare un'occhiata al locale. Sam è completamente ubriaco e Daniel lo sta raggiungendo. Lucas sembra un po' più sobrio, forse per il solo motivo che in albergo c'è sua moglie incinta ad aspettarlo. Giro ancora di più la testa e vedo una scena che non avrei mai voluto vedere. Martine e Mitch a parlare. Insieme, da soli e soprattutto vicini. Troppo vicini. Mi mordo l'interno della guancia. Mentre una strana sensazione mi rode dentro. Gelosia. Chiedo al barista di farmi un altro bicchiere bello pieno dello stesso cocktail che ho bevuto prima. Li fisso, mentre la mia ragazza si sporge per sistemare il colletto della camicia bianca di Evans. Stringo la mano destra in un pugno. Non solo sono stato costretto a rinunciare a farla mia ieri sera, ma mi devo pure beccare la scenetta intima tra lei e il mio rivale. Proprio in quel momento il barman mi porge il bicchiere del cocktail e quando lo prendo in mano per berlo, una voce mi ferma. <Non pensi di aver già bevuto abbastanza?>. Volto lo sguardo verso André che mi guarda come se non sapesse se preoccuparsi o rimproverarmi. <No> sbotto il mandando giù tutto il bicchiere. Il liquido mi brucia in gola, ma io cerco di reprimere il fastidio con una smorfia. Il mio compagno di squadra non dice nulla. <Lo sai che il bere non sistemerà le cose che non vanno bene?> mi dice, ma io lo ignoro. Oggi tra l'altro è pure stata una gara insoddisfacente. <Si può sapere cosa è successo?> mi chiede poi con un tono un po' più calmo. Io stringo la mascella. <Ieri sera io e Martine stavamo per fare sesso, ma lei mi ha detto di "no" perché non si sentiva pronta> borbotto io riappoggiando con poca delicatezza il bicchiere sul bancone. <Ah ecco di cosa si trattava allora!> esclama lui. <Tu lo sapevi?> gli chiedo ritornando a guardarlo negli occhi. <No, mi aveva solo detto che c'era stata una piccola incomprensione>. Annuisco debolmente distogliendo lo sguardo e passando le dita sul bordo del bicchiere. <Comunque non ti devi preoccupare. È una fase che un po' tutte le coppie passano> prosegue lui. Io mi trattengo dall'alzare gli occhi al cielo. Le frasi filosofiche di André al momento non mi aiutano proprio. <E il bere non ti aiuterà a risolvere i problemi> ribatte. Cerca di prendere il bicchiere, ma io lo allontano prima che possa farlo. <Quello lì invece li può risolvere?> sbotto acido indicando con un cenno della testa un punto dietro di me. André si volta in quella direzione. <Ma stanno solo parlando!> esclama e io mi faccio portare un altro bicchiere. <Non mi interessa se stanno solo parlando, il punto è che lei non ci deve parlare con lui, almeno non in mezzo ad un locale, quando sai benissimo che potrebbe succedere anche qualcos'altro> ribatto. <Adesso stai esagerando> mi dice lui serio. Io prendo il quinto bicchiere e lo bevo ancora tutto in una volta. Il liquido questa volta mi brucia ancora di più in gola. <Non sto esagerando> dico tornando a guardarlo e André in risposta alza gli occhi al cielo.
Martine
Sto ancora parlando con Mitch quando vedo Jean venire nella mia direzione. Finalmente si fa vedere. <Ehilà Evans!> esclama il francese per poi avvolgere un braccio attorno ai miei fianchi. Rimango un po' stupita dal suo comportamento, però non ci do troppo peso. <Ciao Jev>. Anche Mitch sembra sorpreso dal suo comportamento. <Sai qualche volta dovremmo uscire tutti e tre insieme, a mangiare qualcosa> inizia a dire. Ok, anche questo è strano. Gli rivolgo uno sguardo confuso, ma lui mi ignora. <Così magari ti potrei insegnare come si fa a vincere>. Lo dice con un tono proprio di una frecciatina. Io lo guardo ancora più stranita. Ma lui va avanti imperterrito. <E poi magari ti potrei insegnare come stare lontano dalla mia ragazza> dice sottolineando la parola "mia". Io lo guardo con la bocca socchiusa e senza parole. Questo non è il mio Jean. <Scusaci Mitch> mormoro sotto lo sguardo confuso del neozelandese. Prendo per il braccio il mio ragazzo e lo trascino in un angolo un po' più tranquillo. <Si può sapere che ti è preso?> gli chiedo alzando la voce un po' per il nervosismo e un po' per sovrastare la musica alta. <Ti stavo difendendo da quel pivello di Evans> mi risponde lui. <Ma io non ho bisogno di essere difesa da Mitch!> esclamo. Jean continua ad ignorare le mie parole. Si avvicina tentando di baciarmi, ma la puzza di alcool invade le mie narici. <Sei ubriaco> dico abbastanza decisa. <Non sono ubriaco!> esclama, ma il modo in cui lo dice, come un bambino di 5 anni, conferma i miei sospetti. <Adesso ritorniamo in albergo, prima fammi avvisare André> ribatto fredda. Lo tengo per un braccio mentre cerco con lo sguardo il mio amico. Lo cerco nella ressa, ma non lo trovo da nessuna parte. Decido di rinunciare la mia ricerca: glielo dirò domani mattina. Con Jean sottobraccio esco di fretta, dato che la musica alta mi sta facendo venire un odioso mal di testa. Una volta fuori, prendo una bella boccata d'aria. L'affollamento all'interno mi stava soffocando. Respiro profondamente, mentre Jean-Eric rimane in piedi a fissarmi. Sono molto arrabbiata con lui. Prima sparisce senza motivo, poi me lo ritrovo davanti ubriaco e preso a fare una scenata di gelosia. Mi volto verso di lui. <Le chiavi> dico porgendogli la mano. <Cosa?> mi chiede come se si fosse appena svegliato. <Dammi le chiavi della macchina> ripeto. Inizia a tastare le tasche dei pantaloni cercando quello che gli ho chiesto. Dopo un paio di minuti, che per me sono già troppi, le trova. Io gliele prendo di mano con stizza. Vado alla macchina che è parcheggiata poco più distante da noi e dopo aver aperto la portiera, mi siedo al posto del guidatore. Jean fa la stessa cosa sedendosi accanto a me. lo guardo mentre cerca di allacciarsi la cintura di sicurezza, come se fosse un bambino. Alla fine ce la fa e io accendo il motore elettrico della sua DS, stringendo il volante tra le mani. Sono nervosa. E il mio nervosismo non è solo causato dalla scenata che Jean-Eric ha fatto davanti a me e Mitch e per il fatto che sia ubriaco marcio, ma anche per come mi sta guardando adesso. Mi fissa in modo strano e questo mi mette in soggezione, anche per quello che è successo ieri. <La smetti?> sbotto ad un certo punto voltandomi verso di lui quando siamo arrivati ad un semaforo rosso. Lui non dice nulla, si volta solo a guardare fuori dal finestrino. Quando ripartiamo però, ritorna a parlare <Sei molto sexy quando guidi>. Le mie guance vanno a fuoco. Lo so che non lo pensa per davvero, lo sta dicendo solo perché è sotto l'effetto dell'alcool. Questa volta sono io a non rispondergli. Finalmente arriviamo in albergo. Scendo dalla macchina seguita da Jean-Eric, che nonostante non sia molto stabile a camminare, riesce però a stare in piedi. Cammino abbastanza in fretta fino ad arrivare in camera. Entriamo e non mi preoccupo nemmeno di accendere le luci. Mi tolgo le scarpe per poi andare in camera da letto, ignorando spudoratamente Jean. Prendo il mio pigiama dalla valigia mentre vedo il mio ragazzo faticare a sbottonarsi la camicia. Alzo gli occhi al cielo. <Fermo, faccio io> dico spazientita avvicinandomi a lui. Inizio a sbottonarlo dal terzo bottone dato che i primi due erano già aperti. Jean mi lascia fare senza dire nulla. Il mio cuore però accelera il battito quando sfioro con le dita il suo petto. Arrivo finalmente all'ultimo bottone e per tutto quel tempo Jean-Eric non ha smesso di fissarmi. Rialzo gli occhi verso di lui, ritrovando i suoi. Il mio cuore ormai batte velocissimo. <Il resto riesci a farlo da solo, no?> gli chiedo io, ma la mia voce mi esce strana, come se fossi imbarazzata e volessi allontanarmi da lui il più velocemente possibile. E molto probabilmente è così. Jean annuisce piano senza staccarmi gli occhi di dosso. Nemmeno io dico nulla, mi allontano e basta andando in bagno. Accendo la luce e mi guardo allo specchio. Le guance arrossate, il respiro veloce, le mani che tremano: non sono più nervosa, sono solo agitata. Decido di lasciar perdere: non voglio combattere con qualcosa che è più forte di me. Mi cambio in fretta per poi uscire e ritornare in camera. Mi soffermo sulla soglia del bagno. Jean è sdraiato nel letto, sotto le coperte. Si è già addormentato. Sospiro. Questa non era certamente la conclusione di serata che speravo. Mi raggomitolo, infilandomi sotto le lenzuola. Mi perdo qualche secondo a guardarlo. Il petto che si alza e si abbassa lentamente, la labbra schiuse e i capelli tutti scompigliati: anche da completamente ubriaco, è bello comunque. M rigiro tra le coperte dandogli le spalle. Chiudo gli occhi come a cercare di togliermi tutti quei pensieri dalla testa senza riuscirci. Riesco a mormore un "buonanotte Jean" in un sussurro flebile, prima di addormentarmi del tutto. Domani sarà un altro giorno.
Spazio autrice:
SONO TORNATAAAAAA!!! Scusatemi tantissimo per la lunga attesa ma avevo un'odiosissimo blocco dello scrittore che non accennava ad andarsene oltre al periodo no. Spero tanto che questo capitolo vi sia piaciuto, nonostante sia un po' lungo. Mi auguro anche di poter aggiornare più velocemente e non tra un mese😅
E nulla, vi dico solamente che il prossimo sarà un capitolo moolto speciale e anche un po' emozionante quindi nel caso preparatevi i fazzoletti. Mo vi lascio che il mio telefono mi sta supplicando di metterlo sotto carica.😅😂
Baci❤
Martina
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