CAPITOLO III~L'artiglio di sangue

Domandarlo ad alta voce fu molto peggio del solo pensiero. Mario non si vedeva da nessuna parte, ma di nuovo, come la specie umana dall'inizio dei tempi era abituata a fare, tutti tentavano di cacciare la paura dai loro corpi trovando una spiegazione concreta alla sparizione dell'uomo.

-Magari sta in bagno...?- la voce di Derek risuonò in un sussurro, incerta, lo disse quasi solo per convincere se stesso. Non aveva guardato nessuno negli occhi, teneva lo sguardo abbassato sul suo piatto e le dita serrate sulla forchetta, le nocche ormai diventate bianche.

-Può darsi, potremmo andare a controllare tutti. Ragazzi, non dobbiamo più dividerci.-

Margaret tentava di rimanere calma, ma dentro di sè un turbinio di emozioni negative la stava consumando, il cuore non voleva saperne di calmarsi, la mente lavorava per trovare idee e spiegazioni plausibili con la realtà.

Tutti annuirono, più che altro perché non volevano rimanere soli, quindi, alzati dalle loro sedie, si riversarono al secondo piano, dove decisero di controllare a coppie nelle stanze degli ospiti, finché un grido non squarciò il silenzio.

I cuori di tutti balzarono nei loro petti e corsero alla fonte della voce, e molti, a quel punto, capirono che sarebbero dovuti rimanere a casa quella notte.

Il corpo di Mario, ormai senza anima al suo interno, giaceva supino al suolo, due profondi graffi solcavano la morbida gola, dove ormai sgorgava sangue rosso, sangue puro.

Dalla bocca colò un liquido bianco, gli occhi ancora spalancati dallo sgomento e dalla paura erano diventati vitrei, senza più emozioni, senza vita. La camicia, il colletto, erano anch'essi imbrattati di sangue, e tutti i presenti, a quella vista, furono segnati da qualcosa di profondo, nelle loro anime.

Mario era la prima vittima. Adesso toccava agli altri. Uno ad uno qualcosa di oscuro li avrebbe fatti fuori, che lo volessero o meno.

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