Capitolo 41 - Un Molliccio

~Wren~

Scoprii dell'ultimo episodio di Astra il mattino dopo, cioè quando lo scoprirono anche Albus e James. Non avrei dovuto, ma non riuscii a non sentirmi un po' soddisfatta. Almeno non ero l'unica che non veniva aggiornata su qualcosa.

"Ciara pensa che sia la maledizione Imperius," Astra disse, facendo spallucce. "Forse Nico ha trovato un modo di lanciarla da ovunque."

"È possible?" James chiese.

"Beh, forse," Colete disse, facendo spallucce. "Fare ricerca sulle Maledizioni senza Perdono è proibito e illegale, e in ogni caso non finirebbe certo in una biblioteca scolastica. Non ci sono testimonianze storiche di ciò, però, per quanto ricordo."

"Ma non ha senso," dissi, accigliandomi. Astra mi guardò stranita, e subito mi corressi, "Non la roba dell'incantesimo, dico. Solo che io e Nico eravamo a rapporto ieri notte. Era con me. Non sembrava stesse lanciando un incantesimo."

"Forse te l'ha fatto dimetnicare?" Colette suggerì. "Ciara pensa che sia bravo ad obliviare le persone."

"Io... Non credo che lo farebbe," dissi, accigliandomi. "Credo anche che noterei il vuoto di memoria."

Astra sospirò, alzando gli occhi al cielo. "Come dici tu, Wren. Stiamo solo cercando di capire che succede. Da tempo non avevamo un indizio così grande."

"Questo lo so," dissi, sentendo che dovevo difendermi. Astra non mi stava attaccando, ne ero certa. "È solo-"

"Basta!" Astra scosse la testa. "Merlino, Wren. Puoi per una volta non rovinare tutto?"

Mi irrigidii. Le sue parole mi piombarono nello stomaco come macigni. Non stavo cercando di rovinare nulla. Sul serio... Stavo per piangere, o reagire, e sapevo che nessuna delle due avrebbe aiutato. Feci un profondo respiro, facendo del mio meglio per far finta di essere indifferente.

Tutti erano piombati in un silenzio scomodo. Albus, Colette, e James alternavano lo sguardo tra Astra e me, nessuno sicuro su cosa fare. Nemmeno io ero sicura. Non volevo dire qualcosa ed essere sgridata, il che sembrava lo scenario più probabile.

Astra fissava il tavolo, e sbatteva rapidamente gli occhi. Non capivo cosa le passasse per la testa, se si stesse arrabbiando di più, se si stesse pentendo di averlo detto, o se cercasse solo di pensare ad altro. Almeno c'era la realizzazione di cosa aveva detto, sembrava. Dopo un momento, alzò lo sguardo. "Io... Scusami, non volevo-"

Scossi subito la testa. "Va tutto bene."

"No, Io—"

"Astra, sto bene." Avevo un tono più urgente di quanto volevo. Sbattei gli occhi, e abbassai subito lo sguardo. Non dovevo cominciare a piangere. L'avevo provocata io, no? Non c'era bisogno di farla star male.

Ci fu qualche altro secondo di silenzio scomodo, poi Albus ridacchiò nervoso. "Ehm, beh, che ci dice oggi il giornale, Colette?"

Colette ci mise un po' a rispondere. "Oh, ehm, non molto. Credo che il Profeta abbia scoperto che Faith Lindsey sta scrivendo per il Cavillo. La stanno davvero massacrando oggi."

"Oh, è brutta," James disse. "Che stanno dicendo?"

"Penso-"

Astra si alzò di scatto, e la guardammo tutti. Arrossì leggermente. "Io... Eh... Mi serve un po' d'aria." Si girò e corse via.

La guardammo finché non fu fuori portata d'orecchio, poi Colette si girò accigliata verso di me. "La prossima volta non contestare ogni cosa, Wren. Lo sai come sono stati duri gli ultimi giorni per lei?"

Non ero sicura di saperlo; c'era altro oltre a ciò che mi aveva detto, sembrava, e nessun altro si era preso il disturbo. "Mi dispiace," dissi, con voce più bassa di quanto avrei voluto.

"Fai bene," Colette disse, alzando gli occhi al cielo. "Te l'avevo detto che le stavi dando fastidio."

James mi mise un braccio attorno alle spalle. "Stai un po' esagerando, non pensi?"

"Non ho torto!"

"E quindi?" James sbuffò. "Potrei dirti che sei una cretina senza tatto, e non avrei torto, ma io non vado in giro a dire cose del genere perché io non sono una persona orribile."

"Oh, sì, certo che non lo sei." Colette disse alzando gli occhi al cielo. "Sto solo cercando di impedire che accada di nuovo, okay? Wren continua a fare le stesse cose."

"Non lo faccio apposta!"

"Eppure succede ancora." Colette chiuse gli occhi, massaggiandosi le tempie con le dita. Quando aprì di nuovo gli occhi, sembrava meno arrabbiata. "Senti, mi dispiace. Lo so che ci stai provando. Ma credo che forse dovresti provare altro..."

James scosse la testa. "Sta facendo del suo meglio, Colette."

"Forse non è ciò che serve ad Astra in questo momento."

"Forse tu non sai cosa serve ad Astra in questo momento!"

"È chiaro che non è quello!" Colette indicò me.

"Zitta!"

"James, basta." Mi feci indietro per guardarlo. "Ha forse torto? Insomma, cosa sto facendo di giusto?"

Aprì la bocca, poi esitò per un attimo. Ciò la diceva lunga. "Ci stai provando, Wren. Lo sappiamo tutti."

"Provarci non basta," sbottai. "Continuo a provare, e finisco solo per rovinare tutto."

James alzò un sopracciglio, all'improvviso molto più serio. "Okay, no, questo non è vero. Sai che non voleva dire questo."

"Per quale altro motivo l'avrebbe detto?"

"Wren, è solo che sono stati dei giorni duri per lei."

"Quindi non dovremmo credere a cosa dice? Astra non sta diventando pazza, James. Dice le cose perché le pensa, e sai cosa? È vero. Sto rovinando tutto. E non so proprio come fermarmi, o come rimediare, ma è chiaro che sto sbagliando qualcosa." James aprì la bocca, ed io scossi la testa, interrompendolo prima che potesse protestare. "Non è così? Non sto sbagliando qualcosa? Di preciso cosa sto facendo di buono, James?"

"Beh, in questo momento stai solo facendo la ridicola," disse, stringendo gli occhi.

Stavo per farlo arrabbiare. Ma se avessi ceduto, concordando con lui, Colette si sarebbe solo arrabbiata di più con me, e alla fine aveva ragione lei. James cercava solo di difendermi, lo sapevo, ma in quel preciso momento non avevo bisogno di essere difesa.

"No, non sto facendo la ridicola," dissi, accigliandomi. "Smettila di negare ciò che dico."

"Preferisci che resti qui fermo a sopportare una marea di cazzate, Wren?"

"Se le dico io, sì!" Scossi la testa. Non era quello il punto. "Non è... Non è quello. Colette ha ragione, e litigare con lei non è d'aiuto."

"Cosa pensi di dover fare meglio allora, eh?"

"Non lo so!" Mi accigliai. "Io... Cerco solo di esserci per lei, come fate voi..."

"Esatto!" James allargò le braccia in un gesto eclatante. "Stai facendo tutto ciò che facciamo noi, tutto ciò che puoi. Non è colpa tua."

Sbattei gli occhi, poi guardai Colette ed Albus. Colette sembrava frustrata, Albus solo preoccupato. Sembrava che qualcosa fosse cambiato, però. "Sto facendo tutto ciò che fate voi, e sto peggiorando le cose..." Guardai di nuovo James. Aveva un sopracciglio alzato a mo' di avvertimento, sfidandomi ad andare avanti. Accettai la sfida. "Il problema sono io."

"James alzò gli occhi al cielo. "Che cazzata."

"Ah davvero?" Sbottai. "Sul serio? Perché l'ultima volta che ho controllato, quando Albus chiede ad Astra se sta bene, non succede nulla, ma appena lo faccio io, è di cattivo umore e frustrata e Wren ha appena rovinato tutto. Io sono il problema."

"No, non lo sei!"

"E allora cos'è?"

"Non lo so!"

Scossi la testa. "James, stai facendo il ridicolo."

James mi guardò male, poi si girò verso Colette. "Questa è colpa tua." Le fece un gesto osceno, poi si alzò e se ne andò.

Colette alzò gli occhi al cielo. "Molto maturo, James," gli urlò dietro. Lui ripeté il gesto senza girarsi.

Perché l'avevo fatto? Cosa c'era di sbagliato in me? Ero frustrata e confusa e tutti i miei pensieri correvano per la mia mente troppo veloci per pensarli come si deve. Per un attimo, mi limitai a fissare ciò che restava del mio cibo. Non avevo più fame.

"Stai bene?" Albus chiese.

Era accigliato. Colette sembra addirittura un po' preoccupata, in effetti. Alternai lo sguardo tra loro due. "No." Mi alzai e me ne andai.

Albus mi raggiunse nel corridoio. Quando non mi fermai, si mise al passo con me. Ci condusse verso un'alcova di una finestra al terzo piano che nessuno frequentava, e andava bene così; non avevo alcuna destinazione precisa in mente. Mi appoggiai al vetro e guardai fuori. La Foresta Proibita si estendeva per miglia. Anche se la maggior parte degli alberi aveva perso le foglie da tempo, sembrava ancora oscura e minacciosa.

Per un attimo, anche Albus guardò fuori dalla finestra. Poi, guardò me. "Davvero non penso che fosse seria quando ha detto che rovini tutto, Wren. L'hai vista la sua faccia dopo?"

Annuii. Il vetro era leggermente scheggiato. Chissà cosa l'aveva causato.

"È solo sopraffatta. Ma ci tiene molto alla tua amicizia. Sul serio."

Feci spallucce. "Non devi cercare di farmi stare meglio, Al. Credo di poter sopportare la verità."

"Non sto solo cercando di farti stare meglio." Albus fece spallucce. "Credo solo che abbia passato così tanto tempo a pensare che deve prendersi cura di te, che non sa come chiudere la bocca e lasciare che sia tu a prenderti cura di lei."

"Non è quello che vuole."

Lui fece spallucce. "Insomma, sì, a volte sei un po' intensa. Ma non più di quanto lo sia stata lei con te."

"Quello era diverso."

"Forse. O forse l'unica differenza è che Astra non è per niente abituata ad altre persone che si prendono cura di lei. Ha sempre fatto tutto da sola, e ora che non può, non sa come funzionare."

Aveva un po' di senso, ma scossi la testa. "Se fosse solo questo, respingerebbe tutti, non pensi?"

"Non lo so. Non penso che James e Colette ed io la stiamo aiutando davvero. Tu sei l'unica che ci sta provando davvero, perché noialtri non sappiamo cosa fare."

"Evidentemente non lo so nemmeno io," dissi, accigliandomi.

"Secondo me sì." Albus fece spallucce. "Credo solo che Astra non sa come lasciare che le persone la aiutino. Insomma, ci fu quella volta al secondo anno che passò un mese in biblioteca a cercare informazioni su sua madre, e a malapena mangiava o dormiva e dovemmo organizzare un intero atto di forza e farci rapire dai tuoi genitori per farla riprendere del tutto."

Rimasi a bocca aperta. "È così che andò a finire?"

Albus annuì, accigliandosi. "Credo che io e James ci arrendemmo un po', allora. Colette più o meno al quarto anno. Non sappiamo come aiutarla."

Volevo rimpicciolirmi e sparire. Non sapevano come aiutarla? Pensavano che non la stavano aiutando? Avevano bisogno che lo facessi io? Era impossibile. Lei non poteva passare nemmeno cinque minuti con me ultimamente. "Sto solo peggiorando le cose. Non vuole il mio aiuto."

"Forse no. Lo vorrà." Albus fece spallucce. "Prima o poi toccherà il fondo, penso. Cioè, spero di no, ma di questo passo, non mancherà poi tanto. Il punto in cui la sua scelta sarà impazzire o accettare aiuto. E credo che lo vorrà da te. James è buono per fare a botte, per l'azione, e Colette e buona per fare ricerche, ed io sono buono per... Non lo so, supportare ciecamente tutte le sue decisioni?"

Ridacchiai nonostante tutto. "Sei buono per molto di più, Al."

Lui sorrise e fece spallucce. "Direi di sì. Il punto è, nessuno di noi ha mai dovuto affrontare qualcosa di anche solo simile a questo. Tu sì. Ciò che ha aiutato te aiuterà anche lei."

Abbassai lo sguardo. "Quindi cosa dovrei fare nel frattempo?"

"Non arrenderti. Sii presente per lei, vicina quanto lei te lo consente. Ti vuole con sé, davvero. Se non ti volesse, avrebbe già fatto qualcosa al riguardo."

Quelle parole mi rimbombarono nella testa per il resto della mattinata. Non ci avevo pensato prima, ma era vero. Astra non si faceva problemi a tagliare fuori completamente le persone. Aveva ignorato Lacy ed Iris il quarto anno, quando non mi avevano perdonata subito. Aveva smesso di parlare con James molte volte, anche se raramente a lungo. C'era stata quella volta al quarto anno in cui non riconobbe l'esistenza di Albus per quasi due mesi perché aveva insultato il suo ragazzo. E la primavera scorsa sia lei che Albus si erano rifiutati di parlare con Colette perché pensavano che fosse una spia. Non aveva fatto nulla di tutto ciò con me, almeno non ancora. Forse semplicemente non aveva una scusa, ma qualcosa mi diceva che se davvero voleva una scusa, l'avrebbe trovata.

Andai a cercare James prima di pranzo. Sorprendentemente, lo trovai al campo di Quidditch, seduto sugli spalti a fissare il nulla. Non sembrava infastidito dal vento, o dal freddo. Tremai leggermente mentre mi sedevo vicino a lui, e lui mi mise un braccio attorno alle spalle apparentemente senza pensarci. Per un attimo, mi appoggiai a lui, non sapendo se volevo rompere il silenzio o no.

"James, mi dispiace davvero, per prima. Non avrei dovuto dire quelle cose."

Fece spallucce senza molta voglia. "Non fa niente. Mi sarei arrabbiato a prescindere dal tuo tono di voce."

Sbatetei gli occhi. "Oh."

"No, no." Si raddrizzò, girandosi verso di me e mettendomi una mano sulla spalla. "Non con te. Non sono arrabbiato. È solo... Non sei tu il problema."

Sospirai. "James, non voglio ricominciare..."

"No, no, ascoltami." James alzò l'altra mano. "Il problema non sei tu. È quel dannato di tuo zio. Questo è esattamente ciò che vogliono lui e Nico, vero? Vogliono che noi litighiamo, così Astra si sentirà ancora più isolata. Vogliono che ci respinga tutti. Non è affatto colpa tua."

Sembrava una scusa debole, ma James sembrava aver bisogno di una scusa debole. In realtà, aveva più o meno ragione, ma... Avrei dovuto fare meglio di così. Perché sapevo meglio di tutti cosa volevano Stillens e Nico, quindi sarei dovuta stare più in guardia. Ormai, sembrava troppo tardi per sistemare tutto. Ma sorrisi, perché James ne aveva bisogno. "Okay. Sì. Ha senso."

Anche James sorrise. "Sono fiero di te, sai."

"Davvero?" Alzai un sopracciglio. "Per cosa?"

"Tutto. Sei piuttosto incredibile, lo sai? Sei prefetta e hai voti quasi perfetti e stai aiutando a sconfiggere tuo zio e in qualche modo riesci anche ad essere un essere umano funzionante. Io a malapena riesco a prendere una sufficienza in classe. Non so come fai."

"Tanto aiuto da un ragazzo che mi supporta," dissi, avvicinandomi a lui.

"Certo, certo, ovvio." Ridacchiò.

Appoggiai la testa sulla sua spalla. "Anche tu sei un tipo in gamba, suppongo."

"Oh, tu supponi, hmm?"

"Ti amo."

Mi strinse la spalla. Sentii la sua testa appoggiarsi sulla mia. "Anche io ti amo. Così tanto."

Il cielo era ancora grigio e deprimente. Il vento soffiava forte attraverso il mio cappotto, e stavo ancora tremando. Ma in quel preciso istante, sarei potuta rimanere così per sempre.

~~~~

I giorni successivi furono alquanto strani. Il Profeta stava trascinando Faith Lindsey nel fango, così il Cavillo reagì dicendo che magari Faith Lindsey era una persona di merda, ma almeno diceva cose vere.

Il Profeta aveva anche ricevuto una soffiata da uno studente di Hogwarts anonimo secondo cui Astra soffriva di 'attacchi di pazzia'. Aveva provato ad uccidere sua cugina, e aveva quasi aggredito un'insegnante e attaccato un'altra studentessa. Gli articoli invocavano affinché Russey affrontasse di persona questa 'minaccia alla salvezza dei bambini'. La situazione era così grave che il signor Potter addirittura fece una dichiarazione pubblica dicendo che Astra era assolutamente stabile e a posto. A quel punto la situazione si calmò.

Astra impiegò una settimana intera a farmi sapere di suo padre e dei genitori di Haverna. Lo menzionò con nonchalance a cena una sera, e sembrò infastidirsi quando rimasi sconvolta. Non capii se aveva avuto intenzione di dirlo davanti a me o no. Comunque, ormai si sapeva, e dovetti comportarmi come se non fosse una cosa completamente pazza che spezza il cuore e oh cielo ma come accidenti si sarà sentita per tutta la settimana? Ero sicura che avevo reso tutto molto peggio. Non c'era niente che potessi fare al riguardo, però. Sembrava volerci passare sopra.

Erano cominciate le lezioni di Smaterializzazione. Non mi sarei Spaccata volontariamente, ovvio, ma dovevo almeno fingere di non essermi mai Smaterializzata prima. Onestamente, più facile a dirsi che a farsi. Albus non riusciva ad afferrarlo, almeno, ed insisteva perché io stessi vicino a lui e Poppy così poteva fare da distrazione ogni volta che si Spaccava un sopracciglio o roba del genere.

La vita si stava assestando su un ritmo scomodo. Più del normale, cioè. Non posso dire di essermi mai sentita molto a mio agio fin dal primo anno. Ma ormai il normale era che Astra parlava con me solo di cose superficiali. Il normale era che lei e Ciara passavano ore nella Stanza delle Necessità ogni volte per provare a resistere alla maledizione Imperius. Il normale era che Ciara ed io andavamo più d'accordo che io con Astra. Il normale era che Colette e James litigavano costantemente, Albus che si allontanava da tutti noi per starne fuori, ed io che in qualche modo rendevo sempre tutto imbarazzante a prescindere da cosa dicessi o facessi.

Per quanto volessi credere ad Albus, per quanto volevo esserci per Astra, lei stava rendendo le cose molto difficili. E so che sembra orribile. Lo so che non ce l'aveva con me, e che comportarmi come se fosse così mi rendeva egoista. Ma era dura essere ignorata tutto il giorno, tutti i giorni. Era dura fingere che non mi importasse. Era dura impegnarsi così tanto per essere una buona amica e apparentemente peggiorare solo la situazione. Ma Albus diceva che Astra aveva bisogno di me, che prima o poi non avrebbe avuto altra scelta che lasciarsi aiutare da me (bellissimo modo di porre la cosa, tra l'altro). E dovevo essere presente quando sarebbe successo. Quindi per quanto volessi solo sparire, passare il tempo con Poppy ed Arthur, e lasciare Astra sola, non lo feci.

Sarò sincera, era estenuante. Passate due settimane, quando dovetti andare di nuovo di pattuglia con Ciara, ero grata per la scusa di andarmene. In altri momenti avevo trovato la scusa di andare a studiare con Poppy, ma questa non mi faceva sentire in colpa, perché davvero non potevo esimermi.

Quando Ciara arrivò, le sorrisi, e lei ricambiò. Incredibile come le cose potessero cambiare così in fretta. Tutto stava cambiando. Astra, Ciara... Albus stava passando più tempo con Poppy che con noi, Colette stava passando più tempo con Haverna che con noi. L'unico a non essere cambiato ultimamente era James.

"Come sta Astra?" Chiesi mentre salivamo le scale.

Ciara mi guardò stranita. "A cosa ti riferisci?"

Intendevo in generale, ma suppongo che Astra non sbandierasse in giro quanto fossi fastidiosa. Non volevo spiegare tutta la storia, dato che era un po' ridicola. "Riguardo la maledizione Imperius. Come vi state allenando."

"Beh..." Ciara fece spallucce. "Stiamo lavorando solo sull'incanalare la forza di volontà. Merlino sa che lei ne ha da vendere. Io... Non sono sicura di come metterla alla prova, purtroppo. Non userò certo una Maledizione Senza Perdono su mia cugina. Io non mi sono mai messa davvero alla prova, ma Astra non è così sicura di riuscire a resistere."

"Oh. Ci sono altri incantesimi?"

"Forse. Colette ha detto che li avrebbe cercati." Ciara alzò gli occhi al cielo. "Onestamente, credo che gliela lancerebbe lei stessa su Astra se glielo permettessi."

"Non hai torto," dissi, facendo spallucce. Non sapevo che Colette li stesse aiutando, o che Ciara e Colette potessero andare d'accordo abbastanza a lungo per ottenere un qualunque risultato.

"Comunque..." Ciara mi guardò di sottecchi. "Insomma, è tutto un po' stupido. Ma... Non hai mai detto ad Astra cos'è successo quella notte lo scorso trimestre. Quando mi sono comportata da pazza?"

Me ne ricordavo. Nico era fuori dal dormitorio oltre il coprifuoco, e Ciara era impazzita per circa un minuto. Feci spallucce. "Certo che non l'ho detto. Mi hai chiesto di non dirlo a nessuno. Perché avrei dovuto?"

"Oh, non lo so..." Ciara fece spallucce, distogliendo lo sguardo. "Non mi aspettavo molto da te."

Mi accigliai. "Oh." Beh, aveva senso. Nemmeno io mi ero aspettata molto da lei.

Prima che potessi pensare ad altro da dire, ci fu un tonfo che sembrava venire da una delle classi vicine.

Ciara si fermò e sospirò. "Giuro, se la gente solo facesse piano mentre si accoppia, non si farebbe scoprire..."

Beccare studenti nel bel mezzo di intense effusioni amorose era forse la parte che meno mi piaceva delle pattuglie. Di malavoglia, andai verso la porta della classe da dove era venuto il rumore. "Per favore mettetevi i vestiti se non li indossate già," urlai, fermandomi fuori la porta. Avevamo scoperto tempo prima che era meglio avvisare.

Stranamente, non ci furono rumori di gente che rovistava. Ciara si accigliò, poi mi superò e aprì la porta. Si spalancò rivelando una stanza vuota. Non era una classe, ma sembrava un appartamento per professori in disuso. Ciara alzò gli occhi al cielo. "Se nella stanza di fianco c'è una coppia che fa cose, giuro che li uccido entrambi," sussurrò.

"E io ti aiuto." Alzai la bacchetta accesa e osservai rapidamente la stanza. Non c'era nessuno sotto il tavolo, e le credenze non erano abbastanza grandi da nascondere studenti. Ciara era già andata nella stanza di fianco, quindi la seguii. Stava cercando sotto il letto, quindi passai al guardaroba. "Forse pensano che se si nascondono, ci arrenderemo e passeremo oltre?"

"Magari potessimo," Ciara disse, alzando gli occhi al cielo e togliendosi di dosso una ragnatela mentre si alzava.

Aprii la porta dell'armadio, poi raggelai. Invece di due studenti in calore, ne uscì Stillens.

Non riuscivo a respirare. Non riuscivo a ragionare. Sbattei gli occhi, deglutii, poi arretrai fino al letto. Perché era lì? Mi aveva scoperta? Era arrabbiato? Sembrava arrabbiato. Oh no, oh no, oh no.

All'improvviso, Ciara mi buttò via e si piazzò avanti a me. All'improvviso, Stillens vorticò via, e divenne Scorpius. Crollò a terra, asfissiato, e Ciara gli puntò contro la bacchetta. "Riddikulus." La sua voce tremò un po'. Mentre il corpo di Scorpius cominciava a roteare, Ciara gettò quella massa dentro il guardaroba e chiuse le porte.

Si girò verso di me. "Stai bene?"

Sbattei gli occhi verso le porte. "Era un Molliccio."

"Certo che sì." Sorrise incerta. "Domani avviseremo Kimmel."

"Giusto..." Lentamente mi sedetti sul letto. Inspira, espira. Andava tutto bene.

Ciara esitò, poi si sedette vicino a me. "Stai bene?"

"Io..." No. Ma non sapevo perché. Avevo visto Mollicci prima. "Sì. Penso."

"Certo." Guardò il guardaroba. "Era... Quello era Caymus Stillens?"

Annuii. Andava tutto bene. L'Incanto Fidelius mi teneva al sicuro. Stillens non ne aveva idea, e mai l'avrebbe avuta. Andava tutto bene.

"Oh. Mi dispiace."

Passò qualche secondo, poi sentii la sua mano sulla mia spalla. E all'improvviso piangevo, e non sapevo perché, e prima che me ne rendessi conto mi stava abbracciando ed io singhiozzavo sulla sua spalla.

Passarono parecchi minuti prima che riuscissi ad alzarmi e asciugarmi le lacrime e respirare di nuovo. "Io... Mi dispiace."

"No, va tutto bene." Ciara mi rivolse un leggero sorriso.

"Davvero non so perché piango."

"Va tutto bene," disse, accarezzandomi la spalla. "A volte semplicemente hai bisogno di piangere. Lo capisco."

Mi asciugai gli occhi con la manica. "Grazie."

"Di niente." Ciara inclinò la testa. Sembrava stesse considerando qualcosa, ma non sapevo cosa. Lei non disse nulla, semplicemente dopo un momento fece spallucce e sorrise. "Puoi prenderti un minuto, se vuoi."

"Credo di stare bene," dissi, facendo un profondo respiro. Sul serio, mi sentivo un po' meglio. Niente era cambiato, ovviamente, ma una piccola parte della tempesta nella mia mente si era calmata. Svegliarsi il giorno dopo non sembrava più una tale fatica.






Spigolo autore

Se la storia vi piace, vi chiedo di lasciare un voto, un commento, e di andare a leggere l'originale che merita davvero.

Alla prossima!

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