Capitolo 21 - Lanciare immondizia

~Astra~

Stellina mia,

Mi dispiace che ti trovi in questa situazione. Vorrei poterti dare qualche consiglio; tuttavia, ai tempi in cui ero a scuola, non ero molto interessato alle relazioni. Le uniche ragazze accettabili erano quelle con cui non volevo avere niente a che fare, dato che erano quasi tutte fanatiche come mia madre. Temo di non avere esperienza...

Mi fido del tuo giudizio, però. E tu vuoi bene ai tuoi amici. Troverai un modo per uscirne, anche se è difficile o se ci vorrà un po'. Non disperare, tesoro.

Con affetto, Orion.

~~~~

La vita fa schifo, onestamente.

La notte dopo la visita ad Hogsmeade, quando avevo visto Wren con Nico Jasper e poi avevo deciso di andarmene, Colette mi aveva detto che ero melodrammatica quasi quanto Wren. Dovetti cercare il significato di quella parola. In sostanza era un modo altisonante per dire che facevo troppi drammi, e suppongo che fosse giusto.

Di certo avevo cose più gravi di cui preoccuparmi. Divinazione era noiosa e terribile e la Cooman stava avendo grosse difficoltà a camuffare il suo interesse per me rispetto agli altri tre studenti, ma stavo imparando cos'era l'Occhio Interiore e come concentrarlo. Lo odiavo. Come sempre, c'era anche la minaccia di Stillens sulle teste di tutti. E ancora non avevamo idea di cosa fosse successo quando mi ero spezzata il braccio da sola.

Ma in qualche modo, il fatto che Wren ed Albus non mi parlavano, senza contare l'essere il motivo per cui James e Wren si erano lasciati, mi sembravano pensieri molto più schiaccianti al momento. Forse perché dovevo sedermi vicino a James ogni sera e sentire i suoi lamenti auto-lesionistici su quanto Wren meritasse qualcuno migliore di lui e di come fosse totalmente e inesorabilmente inutile. Inutile tentare di convincerlo a parlarle, lui si rifiutava sempre. Credeva davvero che lei stava meglio senza di lui. Alzava lo sguardo, guardava il punto in cui Wren ed Albus tenevano il loro mini-gruppo di autocommiserazione, e affermava che probabilmente lei non voleva mai più parlargli.

Non sapevo se fosse vero o no, perché sicuramente lei non voleva più parlare con me, quindi non potevo andare a chiederglielo. Questo non era il mio essere melodrammmatica, ero io che leggevo tra le righe di ciò che Colette mi diceva. Wren era ancora arrabbiata con me, anche se le stava passando. Il problema era Albus, suppongo, che sembrava molto più arrabbiato di lei. Quando incrociavo lo sguardo di Wren in classe, lei si limitava a distogliere lo sguardo, ma Albus reagiva guardandomi male. Quella era forse la parte peggiore. Wren non mi parlava, Albus mi odiava, e non potevo farci assolutamente nulla.

Decisi di ignorare il problema. Fu un po' più facile del previsto, perché dopo qualche giorno James decise che il modo migliore di affrontare la cosa era provare a comportarsi normalmente, e sforzarsi di voltare pagina. Era così stanco di sentirsi miserabile che si rivolse alle più disparate distrazioni. Certo, parlare con Wren avrebbe potuto funzionare meglio, e glielo dissi, ma lui non riuscì a trovare il coraggio per farlo. Immagino di non poterlo biasimare. Neanche io ci riuscii.

Non pensavo che quel piano aveva funzionato, ma una volta che James si metteva in testa una cosa non c'erano santi. Passavamo la maggior parte del nostro tempo con il resto dei Grifondoro del sesto e settimo anno, fingendo che fosse tutto a posto, normale, che andasse tutto assolutamente benissimo. In genere James riusciva a recitare fino a tarda serata, quando inevitabilmente precipitava di nuovo della disperazione. Teneva insieme i propri pezzi con lo scotch, e io non avevo nulla di più resistente da dargli.

Io non ne rimasi del tutto consumata, ovviamente. Quando lui esagerava, me ne andavo da Colette. E poi, ormai avevo Divinazione due volte a settimana, il che era orribile.

La Cooman era clinicamente pazza. Ne ero sicura. Ad ogni lezione non mancava mai di fare qualche previsione drammatica sui suoi studenti. Secondo lei, Luna Scamander sarebbe diventata una famosa e potente lavoratrice al Ministero, anche se lei sognava semplicemente di aprire un blog di viaggi. Trilia Bones era destinata ad avere successo e diventare ricca, nonostante lei volesse fare volontariato all'equivalente magico delle Nazioni Unite. E poi c'era Trevor Haspin, condannato a morire (una profezia che non sembrava preoccuparlo). A quanto sembrava, secondo Trilia, la Cooman faceva predizioni del genere ad almeno uno studente ogni anno. Fino a quell'anno era stato Scorpius, il che forse spiegava perché non avesse continuato con Divinazione.

La Cooman insistette per farci tenere un diario dei sogni. Tutto molto bello, sennonché io di solito non li ricordavo i miei sogni. Finii per inventarmeli la maggior parte delle volte, dicendo che ero stata inseguita da un gigantesco orso di peluche o che ero caduta da una torre o da un altro che sembrava banale e credibile. Quando dovetti spiegare cosa significassero quei sogni, riuscii a dire qualcosa di vago sull'ansia o sul sentirsi non in controllo, classica roba da psicologia babbana.

Immagino che non fosse così male. Non era difficile, e inventarsi cose per il mio diario un po' era divertente. Ogni volta che pensavo a Divinazione, però, mi ricordavo dello sgradevole fatto che a quanto sembrava ero una Veggente.

Decisi di continuare coi sogni falsi, perché la Cooman sembrava non riconoscere le mie menzogne. Avevo persino provato (senza successo) ricordarmi più sogni solo per avere del materiale migliore, più realistico. Almeno fin quando non feci un altro sogno che ricordai.

Ero nell'oscurità totale. Anche se non riuscivo a vedere nulla, sembrava stranamente familiare. E non in modo positivo. Mi guardai intorno, ed ebbi la distinta sensazione di essere osservata. "Heylà?"

"Aiuto," una voce disse da dietro di me. Mi girai di scatto e vidi la bambina che avevo sognato qualche settimana prima. Sussultai, trattenni un grido. Mi stava fissando con occhi vuoti. "Aiuto," disse di nuovo.

"Chi sei?" Chiesi, con voce più tremante di quanto intendessi.

"Io sono uno," disse la bambina.

Mi accigliai. Sicuramente non parlava della sua età. Ma 'uno' non era un nome. Iniziai a sentirmi male. Qualcosa non andava. Qualcosa non andava per niente.

Prima che potessi fare altro, la bambina si allungò verso di me. "Aiuto," disse lei, iniziando a muoversi lentamente.

Arretrai, col cuore che batteva così forte che lo sentivo. Ero determinata a capire cosa stesse succedendo, però. Era il mio secondo sogno con questa bambina. Doveva essere importante. "Come faccio ad aiutarti?" Chiesi.

La bambina si fermò. "Salvaci," disse.

"Non so come fare. Mi dispiace."

Lei iniziò a scuotere la testa, e all'improvviso i suoi occhi erano normali e terrorizzati ed io urlai.

Mi svegliai di nuovo in mezzo al dormitorio, tremando e piangendo. Colette era inginocchiata di fronte a me. "Mi senti?"

Annuii, costringendomi a fare respiri profondi, per cercare di calmarmi. Mi guardai attorno nella stanza. Lacy ed iris mi spiavano da dietro un cuscino sul letto di Lacy. Rose non era nascosta dietro un cuscino, ma sembrava che le avrebbe fatto piacere. E Wren... Non c'era. Il suo letto era intatto. Feci una smorfia. Se n'era andata, e non me ne ero neanche accorta?

"Stai bene?" Colette chiese a bassa voce, aiutandomi ad alzarmi.

Annuii lentamente. "Penso di sì."

Colette mi portò di sotto, e ci sedemmo vicino al fuoco. "Cos'era?" Chiese lei dolcemente.

"Di nuovo la bambina. Quella strana con gli occhi bianchi."

Colette si accigliò. "Era lo stesso sogno?"

"Non proprio. Stavolta le ho parlato."

Lei alzò un sopracciglio, interessata. "Di cosa?"

"Le ho chiesto il suo nome, e lei ha detto, 'sono uno'." Feci spallucce. "Non so cosa voglia dire."

"Nemmeno io."

"Poi ha detto, 'Aiuto', e io le ho chiesto come. Ha detto solo, 'Salvaci'."

Colette si accigliò. "Non ha molto senso."

"Lo so."

"Ma sembrava reale?"

"Me lo ricordo." Strinsi le spalle. "Non ricordo mai i sogni se non sono importanti, come sai."

Lei sospirò. "Lo so. Sei sicura di non aver mai visto quella bambina da nessuna parte prima?"

"Non proprio."

"Non proprio?"

"Insomma, non lo so! Forse l'ho vista! Non me lo ricordo, però. Non è nessuno che conosco, se è questo che chiedi."

"Non pensavo questo. Più che altro, è qualcuno che ha mai avuto impatto su di te in qualche modo? Forse la sua foto era sul giornale, o l'hai vista a Diagon Alley."

Strinsi le spalle. "Non riesco a ricordarla, Colette. Secondo me non è questo."

"Allora forse è come i tuoi vecchi sogni? Una versione più giovane di qualcuno che conosci?"

Alzai le spalle, impotente. "Non somiglia a nessuno che conosco."

"Okay, allora, cominciamo da qui. Che aspetto ha?" Colette chiese.

"Ehm... Occhi marroni, quando non sono completamente bianchi."

Colette si accigliò. "Chissà se è solo parte del sogno, o se è letterale?"

"Io... Non lo so?"

Lei scosse la testa. "Lascia stare. Continua."

"Giusto. Comunque, avrà sette od otto anni, penso. Lunghi capelli castani. Vestita sempre di stracci, e pare che non si lavi da Dio solo sa quanto."

Colette alzò un sopracciglio. "Magari hai visto una bambina senzatetto nella Londra babbana e ti è rimasta impressa." Alzai gli occhi al cielo, e lei ridacchiò. "Seriamente, però, è una descrizione molto generica. Capelli e occhi castani. Immagino che possiamo provare a pensare a persone che conosci, o che comunque ti sono legate in qualche modo, e che si trovavano in una situazione orribile a quell'età?"

Feci spallucce. "Non riesco a pensare a nessuno che corrisponda. Ci sono io, ovviamente, ma so che non ero io. E tu, però lei era caucasica, quindi non puoi essere tu."

"Se è per questo non ho nemmeno mai avuto l'aspetto di una senzatetto," Colette disse, guardandomi sdegnosa.

"Giusto. Comunque..." Feci spallucce. "Chi altri?"

Colette sbadigliò. "Forse dovremmo pensarci al mattino? Non credo che arriveremo molto lontano stanotte se non ti viene nessuno in mente al primo colpo."

Annuii, sentendo all'improvviso il bisogno di sbadigliare a mia volta. "Forse è una buona idea."

Non riuscii a dormire per il resto della notte. Verso l'una del mattino, sentii Wren entrare e feci finta di niente. Ben presto, il suo calmo respiro si unì agli altri, dimostrando che ero l'unica sveglia. Mi girai e rigirai fino a quando l'alba non fece capolino dalle finestre, perché l'unica cosa che vedevo quando chiudevo gli occhi era la bambina.

Io sono uno, aveva detto. Uno cosa?

~~~~

Il giorno dopo, avevo Divinazione al mattino. Non mi era venuto in mente di riempire il diario dei sogni prima; ero stata troppo impegnata ad inventarmi qualcosa di finto. Sperai che la Cooman non se ne accorgesse, ma ovviamente lo fece. Per fortuna, mi trattenne in classe dopo la lezione invece che accusarmi davanti agli altri studenti. Ero sicura che fu solo perché il signor Potter le aveva chiesto di essere discreta. Lei adorava inscenare drammi.

"Astra, non hai scritto sul diario dei sogni per ieri notte," la Cooman disse, sgranando gli occhi. "È difficile individuare uno schema se non sei consistente, cara."

Sospirai. Non sarei certo rimasta lì a prendermi un rimprovero per non aver riempito uno stupido diario dei sogni che era comunque pieno di bugie. "È anche difficile trovare uno schema se mi invento le cose man mano, non pensa?" Sbottai.

La Cooman sbatté gli occhi. "Prego?" L'aria mistica sparì dalla sua voce, rimpiazzata da irritazione.

"Non ricordo mai i miei sogni," dissi amaramente, riprendendomi il mio diario dei sogni e ficcandolo violentemente nella borsa. "È così da quando sono piccola. Non ricordo mai niente di quello che sogno, tranne per quelli strani e veri."

"Cosa intendi?" L'irritazione sparì dalla sua voce, ma l'aria mistica non era tornata del tutto. Sembrava confusa, però, e forse un po' speranzosa.

"Io... Quelli che sono veri." Mi accigliai. "Come quello che ho avuto su me che mi rompevo il braccio. Ho sognato anche cose che sono successe nel passato. Sembrano sempre molto più reali. E li ricordo come se fossi stata lì ad assistere."

La Cooman mi fissava come se fossi Gesù Cristo il Messia in persona. "Mia cara, hai idea di quanto sia incredibile?" Chiese lei, allargando le braccai come per mostrarmi quanto fosse incredibile. "Mai nei miei anni di insegnamento ho avuto una studentessa col tuo talento, e una che sa quando un sogno è importante! È un vero dono!" Si strinse le collane di perline tra le mani e alzò lo sguardo con fare grammatico. "Oh, meraviglia delle meraviglie, l'universo ha finalmente deciso di donare ad Hogwarts un'altra veggente!"

Gemetti.

~~~~

Dopo pranzo avevamo Trasfigurazione. Colette ed io ci sedemmo in fondo all'aula. La professoressa Edwards non sembrava far caso a noi che parlavamo, finché ogni tanto alzavamo lo sguardo sulla lavagna. In realtà, era fin troppo nervosa per prestare attenzione agli studenti, a meno che qualcuno non aveva una domanda, il che la rendeva solo più nervosa. Colette stava lavorando su un incantesimo anti-ansia per lei (questo ed altro per ingraziarsi un'Indicibile), ma non aveva fatto molti progressi.

Va detto che la classe era strapiena. Quasi tutti quelli del sesto anno avevano proseguito con Trasfigurazione, il che voleva dire una classe di quasi cinquanta persone. La professoressa Edwards era una tipa ansiosa per natura, e avevo l'impressione che quella classe facesse solo peggio.

In ogni caso, non notò Colette e me parlottare di nascosto. Albus ci notò, ovviamente, e alzò gli occhi al cielo, ma non mi importava più tanto cosa pensava lui.

"Altre idee?" Colette chiese.

Scossi la testa. "Non credo che mia madre abbia avuto un'infanzia difficile, quindi non può essere lei. E poi, era babbana."

Colette annuì. "Ci sta. Che mi dici di persone che non puoi sapere se hanno avuto un'infanzia difficile? Professori, o impiegati del Ministero, o cose così."

Feci spallucce. "Vale la pena tentare. Immagino che potrebbe essere Haverna."

Colette soffocò una risata. "Credo se la passasse bene finché i suoi genitori non sono morti, in realtà."

"Quando è successo?"

"Durante la guerra, so io. Credo fosse già ad Hogwarts."

"Quindi non può essere lei."

"Sicuramente non è la Edwards, perlomeno. O madama Cantha," Colette disse. "Hai detto che la bambina era caucasica, giusto?"

"Esatto. Il che esclude anche Vinnie," dissi.

"Forse era Faith Lindsey?" Colette suggerì.

Annuii. "Credo che l'avrei riconosciuta, ma forse sì. Poteva essere anche la Carrow, però."

"O forse una degli agenti di Stillens."

Sospirai. "Mi sa che stiamo brancolando nel buio."

"Forse dovremmo fare qualche ricerca," Colette suggerì. Dovetti sembrarle dolorante, subito corresse, "Forse dovrei fare qualche ricerca, allora. Non sia mai che alzi un dito, Astra."

"Mi dispiace," dissi, facendo una smorfia. "Ti aiuterò, lo giuro. È solo che non so come. È difficile fare ricerche su persone che non sono ancora nei libri di storia, sai, e la maggior parte delle persone che potrebbero essere quella bambina non ci sono." Feci una smorfia. "Perché il mondo magico non si sposta su internet? Sarebbe tutto molto più facile se avessimo una sorta di Google magico."

Colette fece spallucce, guardando la lavagna. "Cercare su internet dà meno soddisfazione."

"Chi se ne frega della soddisfazione. Io mi arrabbio e basta."

Colette ridacchiò. "Beh, allora, immagino tu possa renderla la seconda grande crociata della tua vita. Tirar fuori tuo padre da Azkaban, poi introdurre ufficialmente il mondo magico in internet."

Sorrisi, poi guardai la lavagna. Non sapevo nemmeno cosa stessimo imparando quel giorno. La professoressa Edwards parlava di Gesù, per qualche motivo. Forse avremmo trasformato l'acqua in vino. Avrei voluto poter chiedere ad Albus o Wren cosa stesse succedendo, ma erano parecchie file più avanti e comunque mi avrebbero ignorata.

All'improvviso, la mia rabbia e quell'accenno di senso di colpa evaporarono. Mi sentii investire da un'ondata di pace, sembrava tutto non avere più importanza.

Era strano. Era molto strano. Significa che non era normale. Ma andava bene, anormale non era sempre un male, e questo andava bene. Mi sentivo bene.

Alzati, disse una voce nella mia testa. Non riuscii a pensare ad un motivo per non farlo. Non sembrava proprio corretto, però.

"Astra?" La voce di Colette passò attraverso ai miei pensieri nervosi come se fosse sott'acqua. "Cosa stai facendo?"

Prendi il cestino dei rifiuti, disse la voce nella mia testa. Sembrava ragionevole.

Lancialo

Mi fermai. Lanciarlo? Non potevo mica lanciare un cestino dei rifiuti. Non era-

Lancialo, insistette la voce.

Resistere alla voce mi faceva male alla testa, ma non volevo lanciare il cestino. No, pensai.

Lancialo, la voce disse. Lancialo, lancialo, lancialo lancialo lancialolancialolancialolanc-

Lo lanciai.

La nebbia sparì dalla mia mente all'istante, in tempo perché sentissi lo schianto quando il cestino sbatté contro la lavagna e la incrinò, per poi cadere a terra con gran fracasso.

L'aula si fece silenziosa. Si girarono tutti lentamente per fissarmi. Albus e Wren si scambiarono uno sguardo allarmato, ma non avevo le energie per prestarci attenzione. La professoressa Edwards aprì e chiuse la bocca, sconvolta quanto me. L'avevo fatto io? All'improvviso mi sentii sull'orlo delle lacrime. Non ricordavo perché l'avevo fatto. Era stato come avere qualcosa nella mia testa, ma non avrei saputo dire cos'era. Non ricordavo cos'era.

Tutto ciò che potetti fare fu fissare la professoressa Edwards.

Scossi lentamente la testa, ritrovando l'orientamento. "Io... Professoressa, mi dispiace," dissi piano. "Io... Non so perché l'ho fatto."

La professoressa Edwards sbatté gli occhi, e finalmente ritrovò la parola. "Cosa...?"

"Mi dispiace," ripetei, abbassando lo sguardo. Non avevo idea di quali sarebbero state le conseguenze. A quanto ne sapevo, non era mai successo. Certo, magari qualche studente aveva tentato di maledire un insegnante in passato. Ma lanciare un cestino dei rifiuti attraverso la stanza? Non sapevo nemmeno di essere così forte da lanciarlo così lontano, e con tanta potenza.

"Io... Non ho idea di cosa dovrei fare adesso..." disse la professoressa Edwards, accigliandosi. Sbatté gli occhi per un secondo, poi tirò fuori una pergamena dalla tasca. "Vediamo, ehm, mancanza di rispetto, togliere punti... Parlare durante la lezione, togliere punti... Disordine estremo, Capo della Casa... Violenza, preside. Suppongo che questa conti come violenza, giusto?"

Imprecai sottovoce.

"Beh, ehm, immagino che tu debba andare dalla preside. Devo venire con te? Almeno credo?" Fece una smorfia. "Studenti, continuate dal libro, torno tra un attimo."

La professoressa Edwards mi portò fuori dalla classe, e la mia mente iniziò a fare i salti mortali per cercare una scusa. Non potevo dire la verità a Kimmel. Non potevo parlarne con nessuno tranne i miei amici e il signor Potter. Tutta questa situazione somigliava inquietantemente a quella volta che mi ero spezzata un braccio, e lei era l'ultima persona a cui volevo spiegarlo.

Non mi era venuto in mente nulla quando raggiungemmo l'ufficio della preside. La professoressa Edwards mi condusse su per le scale. Quasi tremava, e mi chiesi se non fosse più in ansia di me. Non ne sarei rimasta sorpresa, visto che parlavamo di lei.

Ci volle qualche minuto per spiegare, semplicemente perché la professoressa Edwards continuava a mangiarsi le parole. Rimasi a fissare il pavimento mentre diceva a Kimmel cos'era successo. Poi ci fu silenzio per un minuto, prima che Kimmel dicesse, "Nel nome di Merlino, ma che..."

Feci una smorfia e alzai lo sguardo. "Mi dispiace. Davvero non so cosa stessi pensando."

"Io..." Kimmel congedò la professoressa Edwards con un cenno della mano. "Grazie, cara, per piacere chiama Harry mentre torni in classe." La professoressa scappò così velocemente che a malapena la vidi.

Kimmel scosse la testa. "Ma che diamine?"

"Non lo so. Mi dispiace."

Scosse di nuovo la testa, con espressione perplessa. "Beh, in tal caso, siediti. In caso tu te lo stessi chiedendo, nemmeno io so come comportarmi."

Mi sedetti lentamente. Kimmel guardò il fuoco, e io guardai a terra, e nessuna delle due parlò finché il signor Potter non entrò dalla porta, confuso. "Priscilla ha detto che è successo qualcosa con Astra...?"

Kimmel scosse la testa. "Le ha lanciato contro un cestino dei rifiuti, Harry."

"Tu che cosa?" Il signor Potter sbatté gli occhi.

Mi feci piccola piccola. "Mi dispiace. Non volevo. Beh, almeno, non so perché l'ho fatto. Mi dispiace."

Lui si accigliò, sembrando confuso, poi guardò di nuovo Kimmel. "E io sono qui perché...?"

"Non ho idea di come affrontare la cosa." Kimmel strinse gli occhi. "Tu conosci meglio la ragazza. Ha qualche problema? So che ha l'abitudine di mettersi nei guai, ma questo sembra estremo, perfino per lei." Resistetti all'impulso di alzare gli occhi al cielo.

Il signor Potter annuì lentamente. "Sì, è così." Mi guardò "Tutto qui? Non sai perché l'hai fatto, e ti dispiace?" Annuii. "Beh... Non credo sapremo altro da lei," disse lui, facendo spallucce.

Kimmel sospirò. "Una settimana di punizione, allora. Se saprò che hai lanciato altri cestini, verrai sospesa." Ci congedò con un gesto della mano, ed io seguii il signor Potter fuori dalla stanza.

Appena scendemmo le scale, dissi tutto a cascata. Per poco non piansi, il che mi fece arrabbiare, ma riuscii a dirgli tutto ciò che ricordavo. "È stato proprio come quando mi sono spezzata il braccio, solo che stavolta è successo in classe? E ho sognato anche questo, qualche mese fa. Non capisco."

Adesso il signor Potter sembrava preoccupato. "Va bene, hai avuto altri sogni come questo?"

Mi accigliai. "Sì. Uno."

Si accigliò per un momento, poi scosse la testa. "Dobbiamo scoprire cosa sta succedendo. Deve essere un incantesimo, ma non sapremo come constrastarlo finché non scopriamo cos'è. Sicura di non ricordare altro?"

Feci spallucce. "È solo... Mi sento calma, all'improvviso, e poi sento l'impulso di fare cose, come rompermi il braccio o lanciare un cestino. E se resisto, fa male, quindi alla fine lo faccio."

"Cosa scatena quell'impulso?"

"Io... Non me lo ricordo..."

Lui scosse la testa. "Non ho mai sentito una cosa del genere."

Harry Potter, che aveva affrontato ogni genere di mago oscuro, non ne aveva mai sentito parlare. Il signor Potter, l'uomo che aveva spostato mari e monti per proteggermi, non aveva idea di cosa fare.

Questo mi spaventava più dell'evento in sé.



Spigolo autore

Se la storia vi piace, vi chiedo di lasciare un voto, un commento, e di andare a leggere l'originale che merita davvero.

Alla prossima!

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