3 Capitolo

Serata danzante...

Cosa mai potrebbe indossare una ragazza come me... Che non esce con gli amici, perché non ne ha. Perché non ne voglio, o forse ho paura ad averne. Cosa mai potrebbe indossare una ragazza che, come me, definiscono scopabile e nient'altro. C'è che poi ti dice
-sei perfetta-
-Bellissima-
E niente altro.
Mi scrutai ancora davanti allo specchio, alla ricerca di quella perfezione che non esiste.
Cosa mai avrei potuto indossare per una serata, una festa in maschera, io che di maschere de avevo fin troppe.
Solitamente indossavo felpone, maglioni larghi oltre misura, rendevano il mio corpo, piccolo, impercettibile, esile.
E il mio unico osare, consisteva in magliette attillate, mai troppo scollate, spesso dolcevita monotoni.
Il mio sguardo si posò sui seni
Ne piccoli, ne prorompenti.
Poi sui fianchi, stretti, quasi provocanti.
Vita stretta ed esile.
Pancia con un accenno di addominali.
Non ero alta.
Ma neanche bassa.
Avevo gambe magre slanciate, a tratti muscolose.
Un essere privo di esagerazioni.
Un corpo perfetto per una bacchettona come me.
Non indossavo minigonne, mini shorts, e tanto meno calze a rete.
Non avevo un ragazzo e non mi sarei mai sognata di chiedere di poter uscire con uno.
Ho 18 anni ne dimostro meno.
Presi il vestito nero posato sul letto,
Poco scollato, attillato e lungo
Oltre i miei piedi, oltre me. Lasciai che si poggiasse morbidamente seguendo e fasciando i seni ed i glutei tondi.
Era scollato dietro, anche troppo, alcuni pezzi di stoffa impreziositi da Swarovski giocavano con la luce, come ad indurre a spostare lo sguardo.

-DIANEE- udì in lontananza le urla di mia madre.
-SBRIGATI-
Allarmata per il tempo perso, presi le decoletè nere e mi avviai verso il bagno.
Arraffai la mia trousse con tutto il necessario. Truccai miei occhi cangianti tendenti al verde o al dorato a seconda della giornata, applicai mascara ombretto eleyner, evidenziati i miei occhi da gatta mi concentrato sulle labbra carnose, rossetto rosso appena sui toni bordeaux.
Lasciai i capelli ondulati liberi sulla mia pelle.
Uscimmo da casa, l'aria di primavera mi piaceva, era sera, I lampioni creavano strane ombre sull'asfalto.

La sala da ballo era immensa, lampioni, luci soffuse tavoli agghindati. Era sui toni del blu scuro, una serata a tema con le maschere, io non l'avevo.
Udì confusione.
Voci disperse di persone sconosciute.
Da un lato, nella sala c'era un bellissimo pianoforte bianco, spettacolare, ornato da candelabri.
-MhMh- qualcuno sbattè il dito sul microfono.
-accomodatevi signori e signore-
mio padre fece un cenno con il capo al tizio che parlava, lo salutò da lontano.
-Maurice- disse mia madre sorridendo.
-Chi è? - chiesi sedendomi su una sedia, al nostro tavolo.
-un vecchio amico, tu non lo ricordi-
intervenne distrattamente mio padre.
-okay-
Dopo poco cominciai a patire la fame,
Divorai tutti i grissini sul tavolo.
Alcuni presenti si alzarono dai rispettivi tavoli e scoppiarono o in un caloroso applauso.
In sala entrò un giovane, alto, biondino, molto sexy.
Sorrise al pubblico, sorrisi anche io.
Prese posto al pianoforte.
Cominciò a suonare diversi brani, dalla musica classica fino a quella più moderna.
Ero incantata senza darlo a vedere.
Il concerto finì.
Maurice prese il microfono.
-Adrian Warren, il nostro bravissimo pianista nonché mio figlio-
Riservo tutti, non capì il motivo.
-Non ti assomiglia- disse uno del pubblico.
Il ragazzo sorrise, e scomparì dal palco.
Ai tavoli cominciarono a servire le prime pietanze.
Vidi Adrian sbucare dalla porta d'ingresso.
Mi alzai per andare un bagno.
I gamberetti stavano facendo su e giù dentro il mio stomaco.
La sala buia mi stava giocando brutti scherzi perché andavo a sbattere ovunque.
-ops, scusa- un ragazzo mi urtò, diede una spinta leggera e barcollai.
non dissi nulla, fui travolta dal suo profumo.
Finito in bagno, ritornai al mio tavolo.
Sedendomi mi accorsi che mi mancava il braccialetto.
Fu allora che notai il prurito che provavo alle spalle, mi grattai e cadde un bigliettino.
-Se rivuoi il tuo bracciale, fatti trovare nel sotto scala, nella hall di ingresso-
Perplessa lo accartocciai. Mi allontanati con una scusa da scuola elementare
-ho mal di pancia-
Scesi in fretta e furia le scale, con il cuore in gola, e consapevole che ciò che stavo facendo non aveva alcuna logica.
Trovai alla finestra, appena sotto la scala, il biondino che suonava il pianoforte.
-Adrian- sussurrai,
Lui prese una sigaretta, la mise in quella bocca da sballo. Restò li girato a fissarmi, senza dire una parola.
-Dammi il bracciale-
Sorrise.
-Sei molto bella- fece un altro tiro.
-Voglio il bracciale-
Estrasse dalla tasca il filo blu con ornamenti d'argento.
-Grazie- provai a metterlo ma non ci riuscì.
Sorrise
-Vuoi un piccolo aiuto?! - chiese con un'espressione indecifrabile.
-no- non avevo alcuna intenzione di fare la figura dell'imbranata.
Si staccò dalla finestra, avvicinandosi lentamente, sempre di più.
Feci qualche passo indietro, la sua altezza era imponente
Il suo fisico muscoloso ancora di più.
Mi afferrò per un braccio
Stretta forte e decisa
costrinse il mio esile corpo ad avvicinarsi
Restai in silenzio
-Come ti chiami?! - chiese aprendo la catenina del bracciale
-Diane-
-ho sentito questo nome pochissime volte-
Aggiunse mentre mi infilava in bracciale
-Credo che già tu sappia come mi chiamo-
aggiunse malizioso.
-Grazie -
La sua stretta non si allentò
-cosa vuoi da me?! -
Chiesi sorpresa ed apparentemente irritata.
Solo apparentemente, perché quel suo modo di fare mi stava provocando delle reazioni poco consone.
Inoltre il suo profumo non aiutava a distrarmi.
-non so cosa voglio- disse lasciandomi il braccio
-puoi andare-
-no aspetta- non volevo andarmene, volevo rimanere con lui
-tu sei il figlio di Maurice- mi affrettai a chiedere.
-consci mio padre?! -
-in realtà no, ma i miei genitori si-
-Sandra e Raymond- disse quasi sottovoce, un ciuffi biondo, liscio ma ribelle gli cadde sul viso
-Ah,sai il loro nome- sorrisi
-e quindi sapevi pure il mio- feci sospettosa
-si mi ero appena informato-
-ci rivedremo?! - chiesi, maledicendo le parole che mi stavano uscendo dalla bocca
Portai le mia mani al suo viso, un leggero sospiro abbandonò le sue labbra, gli spostai ciuffo
-tra poco- sorrise-.
-devo andare-
Ritornai in sala con il cuore in gola, ebbi la paura che avessero notato la mia assenza, infatti
-Dove sei stata tutto questo tempo? - chiese mio padre
-avevo perso il bracciale-
-lo hai ritrovato?! -
-si si-
Verso le undici di sera diedero via alle danze...
-tutti i presenti sono invitati ad accomodarsi sulla pista da ballo, prima però dovete indossare delle maschere-
Ero felice che finalmente ci si muovesse un po', anche perché speravo di vedere Adrian
Magari al pianoforte
Ma la musica era trasmessa da una console per dj
Poco lontano dalla mia tavola allestirono una bancarella con un sacco di maschere.
-Vanne a prendere una-disse mia madre
-voi non ballate?! - chiesi, sperando che non mi lasciassero sola.
-no tesoro, lo sai che a noi non piace ballare-
Arrivata alla bancarella presi una mascherina che copriva solo gli occhi, sembrava in pizzo, bellissima.
Questa me la porto a casa, farfugliai tra me me.
Un lentissimo valzer diede via alle danze, come se sapessi cosa fosse o come si ballasse.
Di fronte avevo un signore, alto e scuro, mi sorrise feci altrettanto imbarazzata.
Dopo aver fatto centinaia di saltelli e cose varie. Si passò al tango pop, manco fossimo a '' step up''.
Frontalmente avevo un ragazzo alto, biondino con un ciuffo a me familiare.
Sorrise
Io rimasi a fissarlo, la maschera mi pizzicava la pelle.
Lui indossava una benda con due fori per gli occhi blu.
Adrian sussurrai
La musica partì ad alto volume
Mi afferrò prima per la mano poi per i fianchi.
La sala si fece buia.
Spiccavano solo luci blu
Le sue mani percossero le mie curve.
Feci uno strano verso.
Mi guardò e poi cominciò a muoversi velocemente, non capivo tanto quello che stavo facendo.
Le sue labbra si posarono su un lembo della mia pelle, all'altezza del collo.
Punto debole.
Mi fece scivolare, incastrò le dita nella scollatura del mio vestito.
Eccitante.
-sei molto bella- mi sussurrò
-anche tu non sei male- a queste parole sorrise, fece quei sorrisi che non puoi dimenticare manco a volerlo.
Le sue mani afferrarono la mia vita, la strinse con energia
Mi fece girare
-ti va di venire con me? -
Neanche il tempo di rispondergli che mi prese strattonandomi.
Prese un paio di chiavi dalla hall
Vidi una porta verde
-è lo stanzino degli inservienti-
-porti tutte qui??-chiesi
-si ieri ci ho portato la cameriera- fece sarcastico
-romantico-
-si ha detto che vuole sposarmi-
Ci guardammo per un istante e scoppiammo a ridere.
Posò la giacca elegante su una sedia
Indossava una camicia bianca
Gli stava da Dio
-che facciamo? - chiesi sedendomi su una sedia posta in un angolo.
La stanza era in penombra.
Avanzò cautamente, afferrò un telone verde e lo trascinò via provocando tanta polvere.
-ti piace la musica?! - scoprì un pianoforte nero.
La polvere si propagò nel piccolo spazio angusto.
-si-
Cominciò a strimpellare il pianoforte, un pezzo non classico, famoso,
Riconobbi il ritornello.
-hall of fame- dissi sorridendo
-ti piace?! -
-si lo adoro-
-vieni -
Mi fece cenno di avvicinarmi, mi sedetti accanto a lui.
Aveva un profumo buonissimo, lo sentivo.
Prese le mie dita e le mise sui tasti bianchi.
-Se sai che tasto premere, realizzerai qualcosa di molto bello! -
Che voce eccitante
-Vale anche nella vita- aggiunse.
-mi piacerebbe imparare- dissi estasiata.
-chiudi gli occhi- feci come richiesto.
Afferrò le mie mani, accarezzandole fino ad arrivare ai polpastrelli.
Li posizionò, cominciò a premere su di essi.
Stavo suonando, insomma, stava suonando.
Mi provocò brividi di piacere.
-wow-aggiunsi prima di aprire gli occhi.
-si dobbiamo andare- disse mentre si alzava.
-tu non hai l'aspetto da bravo ragazzo! - aggiunsi.
-E chi lo ha mai detto che lo sono? -
Prese la giacca.
-È stato estasiante signorina-
Aprì la porta è si dileguò.
Quella fu la prima volta in cui incontrai Adrian, non me lo tolsi più dalla mente da allora.

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