2capitolo
Ormai era passata un'ora,
il silenzio rotto dai sussurri cominciò ad infastidirmi.
Mi alzai, cominciai ad inoltrarmi nell'oscurità della biblioteca.
-Hey, stronzo, basta smettila-
mi voltai incredula, non capivo da dove provenissero quelle voci.
-Smettila non ho fatto nulla- continuavano
Uscii dagli scaffali impolverati, diedi un colpo di tosse.
La bibliotecaria, giovane forse sulla trentina, si alzò dalla poltrona celata dietro il bancone.
Tutti i presenti, inclusa me, udirono un boato, migliaia di libri caddero sopra due corpi...
i corpi di due ragazzi.
Mi mossi d'istinto, ancor prima che la bibliotecaria capisse da dove fosse provenuto il tonfo mi precipitati sui due. Tentai di spostare velocemente i libri che li ricoprivano, mentre continuavano ad imprecare. Inciampai su un vecchio romanzo, caddi, su uno dei due ragazzi.
-Imbranata- borbottarono,
-hey voi- la ragazza era visibilmente alterata, nel frattempo ci avevano raggiunti anche il resto delle persone presenti nella biblioteca. Del resto non ricordo più nulla, un colpo alla testa
Un lieve dolore
Più nulla.
-Stai bene?! - una voce femminile, vellutata, quasi irreale, mi accarezzò le orecchie in fiamme. Aprii gli occhi, il mio battito cardiaco aumentò di botto
Mi mancò l'aria
-hey, calma-
La voce sembrò essere più reale questa volta. Rimasi qualche istante a fissare un tetto 4x4 color cenere.
Non ero più nella biblioteca.
Altri sussurri, sentivo ancora quelle voci maschili, quelle che appartenevano alla biblioteca.
-È sveglia?-qualcuno chiese
-Credo di sì?! - rispose la voce.
Mi massaggiai la testa
Le braccine, sicuramente di una ragazza, aiutarono ad alzarmi.
Trattenni il fiato.
Sbarre.
Barcollai, e poi le rividi erano delle sbarre,
Ero in prigione.
Oltre si scorgevano delle sagome, virili, slanciate.
Due mani erano incrociate ad una sbarra, di un'altra cella, messa frontalmente alla nostra, in uno spazio angusto.
Odorava di acro, di vecchio, la muffa decorava le pareti come un affresco.
-È una cella?! - chiesi, per convincermi che fosse vero.
-A te che sembra- rispose il proprietario delle mani in bella vista. Le nocche erano rosse, le dita lunghe e bellissime. Conoscevo quel tipo di mani.
Da pianista
La ragazza accanto a me lanciò un'occhiataccia nella sua direzione.
-Si, è una storia abbastanza lunga-
-Sei svenuta- disse qualcun altro che non riuscii a vedere
Lei annuii
-Io sono Annalise, ma tutti mi chiamano Anny- mi porse la mano, la strinsi con vigore.
-Diane- mi affrettai a dire.
-Ragazzi?! - si rivolse all'altra cella
-piacere Arthur- esclamò un ragazzo, c'era poca luce, intravidi una massa di riccioli.
Il proprietario delle mani strinse i pugni
-Chris- un altro, ancora sbucò dalla penombra, aveva un tuppino, scuro.
-Adrian- rilassò le braccia e si ritirò, ebbi il tempo di intravedere un ciuffo, non capivo che colore fosse.
Adrian
il nome mi era familiare.
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