Giorno D U E [Seconda parte]
"Perché la vita è un brivido che vola via, è tutto un equilibrio sopra la follia."
L. Pirandello
Giorno due [Seconda parte]
Non molti minuti dopo, nella sala pranzo fece la sua comparsa una donna alta e piuttosto magra. Aveva un lenzuolo sudicio tappezzato da strane macchie scure, legato in vita. Ciuffi di capelli grigio topo sfuggivano dalla crocchia che aveva disordinatamente annodato dietro alla nuca. Trascinava un vecchio carrello di ferro con le piccole ruote che emettevano un cigolio straziante, sopra al quale era posato un enorme pentolone tappezzato di croste di metallo arrugginito, da cui spuntava il manico di un lungo mestolo in legno.
La signora cominciò a fare il giro dei tavoli, sbattendo senza alcuna grazia una scodella davanti ad ognuno dei pazienti e riempendolo con una mestolata di liquido giallastro semifreddo. Nessuno però si mosse, nonostante la fame e l'impazienza di riempire lo stomaco.
-Ecco a voi il pranzo!- Una voce acuta e per niente rassicurante, risuonò dal fondo della sala.
I gemiti e i borbottii si interruppero immediatamente e un silenzio assordante squarciò improvvisamente la mensa.
Madison alzò la testa alla ricerca del punto da cui proveniva la voce; non le ci volle molto tempo prima di trovarlo.
Una donna piuttosto corpulenta e in carne, stava camminando tra i tavoli passando in rassegna i volti di ognuno di loro, come a controllare uno per uno i presenti. Nonostante la falsa cordialità nella frase che aveva pronunciato poco prima, la faccia imperlata di sudore era corrucciata in un broncio severo.
Le labbra dispiegate erano arrovellate in una sottile linea tra il severo e la malignità.
Con le sopracciglia aggrottate scrutava con molta attenzione le persone sedute. Mentre camminava, la ciccia sotto al mento le rimbalzava come se contenesse due solide palline da ping pong. Rotoli di denso grasso si sovrapponevano sul suo corpo, ben visibili sotto la sua uniforme da cuoca.
Solo quando si avvicinò al tavolo dove stava seduta Madison questa poté notare una pesante cintura in pelle arrotolata intorno alla sua mano sinistra.
Molto probabilmente era lei la donna di cui Gohar l'aveva avvisata poco prima.
Quando la donna sorrise la pelle della faccia le si raggomitolò tutta sugli zigomi e sulla fronte. La ragazza cominciò a tormentare la propria treccia scura posata in grembo che le scendeva morbida lungo la spalla sinistra, si sentiva nervosa sotto allo sguardo della figura che si stava avvinando sempre di più a lei.
La cuoca socchiuse gli occhi. -E così sei tu la nuova arrivata, eh?-
Madison non seppe se risponderle o meno. Nel dubbio se ne stette immobile a fissare la donna, quasi con un luccichio di sfida nello sguardo.
-Ah! Tu sei in cerca di rogne- affermò la cuoca senza troppi preamboli. La ragazza la guardò per la prima volta negli occhi, quando venne trapassata dalle sue iridi azzurrine e fredde si meravigliò di quanto fosse vuoto il suo sguardo.
La cuoca attendeva solo una mossa sbagliata da parte di un qualunque paziente; ogni momento era giusto per deridere e sfogare la propria rabbia insensata sul malcapitato di turno, motivo per cui tutti cercavano di evitare l'ira della Cuoca, obbedendo umilmente a qualunque suo ordine. Conoscevano fin troppo bene l'attimo in cui il cuoio della sua cintura veniva a contatto con la pelle.
Quello era esattamente uno di quei momenti: sembrava che la cuoca avesse proprio voglia di divertirsi.
Con uno strattone avvolse la propria mano attorno alla lunga treccia della giovane. -Ho chiesto: sei tu la ragazzina nuova?- Le urlò in un orecchio, talmente tanto ad alta voce che ormai aveva attirato tutti gli sguardi delle persone sedute ai tavoli vicini. Il viso della cuoca era ad una distanza tale a quello della ragazza che questa avrebbe potuto contare persino i numerosi peli sparsi sulla faccia della donna.
Madison annuì leggermente abbassando gli occhi, era intrappolata nella morsa ferrea di quest'ultima.
-Sei muta, per caso? Devi rispondere: "Sissignora!"- La cuoca le scuoté violentemente la testa. Madison mugolò dal dolore lancinante che ebbe all'attaccatura dei capelli. Alcune lacrime la punsero agli angoli degli occhi, ma lei prontamente, le ricacciò indietro. Non era assolutamente quello il momento di piangere.
-Non siamo soldatini ai vostri ordini.- Rispose poi, in un sussurro talmente flebile da non poter essere sentito da qualcuno, ma abbastanza alto da essere udito dalla cuoca.
Non passò nemmeno qualche secondo che un sonoro ceffone risuonò con un colpo secco sulla sua gota sinistra, colorendola di un rosso porpora.
-Tu ancora non sai come funzionano le cose qui. Noi comandiamo e VOI- disse alzando notevolmente il tono della voce mentre distendeva il braccio davanti a sé, -Voi gente pazza e mentalmente instabile, obbedite! Il trattamento che vi è riservato è l'unico che meritiate.-
Detto ciò, mollò con uno strattone la presa alla testa di Madison che, per poco, non sbatté sulla superficie del tavolo talmente fu la forza usata dalla donna.
Ristampatasi un ghigno malefico e austero sulla faccia tonda incorniciata da una folta chioma rossastra, la cuoca si avviò ondeggiando verso altri tavoli. Forse a tormentare qualcun altro.
Qualcuno vicino a Madison tirò un sospiro di sollievo alquanto rumoroso, vedendo la donna allontanarsi. Anche se, stranamente, ancora nessuno aveva osato toccare la brodaglia scolata che avevano nei rispettivi piatti.
-Potete mangiare il gustoso pranzo che vi si è offerto!- Gracchiò infine a gran voce la Cuoca.
Non aveva ancora finito di pronunciare l'ultima parola che i presenti si buttarono sul loro suddetto gustoso pranzo, ormai talmente freddo da sembrare una strana miscela composta da acqua sporca mescolata a qualche altro ingrediente scadente.
Madison invece, ribolliva di rabbia per l'umiliazione appena ricevuta. Era stata ferita nel profondo del suo orgoglio. Non avrebbe permesso ad una persona qualunque di calpestare la sua dignità in quel modo così burbero e crudele.
Le era passata persino la fame, constatando che tutto ciò che si ritrovava davanti, fosse a dir poco disgustoso e pieno di sporcizia.
-Sì, sono nuova e non starò in questo schifo di posto dove gli unici pazzi siete voi che pretendete di comandarci!- Urlò in moto improvviso di rabbia, -queste povere anime le avete ammattite voi, a forza di tenerle rinchiuse in questa prigione senza giustizia.-
Si alzò con foga, urtando le ginocchia contro la panca di legno dove stava seduta e presa tra le mani la propria scodella, la sbatté con forza per terra, rovesciando e sporcando il pavimento con il liquido che vi era contenuto.
Per la seconda volta da quando aveva messo piede nella sala da pranzo in quel giorno, scese un silenzio tombale. Tutti rimasero muti e immobili a fissare la figura minuta di quella ragazza che aveva appena firmato la sua condanna per quell'inferno, situato in un angolo di Washington.
Solo che l'inferno, era appena cominciato per Madison Leen.
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Per il prossimo aggiornamento ho un POV speciale per voi.
Indovinate chi sarà?
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