10
Erano un paio di giorni che Gerard rientrava la sera e usciva la mattina presto, era indaffarato a fare chissà cosa, e Frank non riusciva a capire cosa, quando il tribuno tornava gli dava pochi semplici ordini che lui svolgeva in fretta, per poi andare a dormire, neanche una parola su cosa avrebbe fatto il giorno dopo o su cosa doveva fare lui, così, lo schiavo era convinto di dover fare ciò che faceva di solito, ma quando, due giorni prima era andato come al solito a pulire, trovò la stanza del tribuno chiusa a chiave, questo lo incuriosì, cosa aveva di così segreto da nascondere?
Aveva paura che questo fosse stato influenzato dalla lezione di lettura che gli aveva dato, che vedesse nello schiavo un nemico? Non si fidava abbastanza di lui? O forse non abbastanza di qualcuno dentro la casa?
Tutto ciò era strano, forse era meglio non sapere, conoscendo il tribuno, non si poteva mai immaginare cosa avesse in mente, si poteva solo essere spettatori e aspettare che le sue folli idea ti travolgessero.
Quella mattina, decise di fare un tentativo nella camera del padrone, non si aspettava certamente di trovarlo dentro, ma sperava almeno di trovare aperto.
Provò a spingere l'imponente porta con poca forza, ma sorprendentemente non c'era niente che faceva resistenza, per cui spinse in avanti e con noncuranza se la chiuse alle spalle, non si sapeva mai, considerata la prudenza di Gerard.
Sentì un rumore provenire dalle sue spalle, e terrorizzato si girò, due urla poco virili risuonarono all'unisono, quasi a sembrare una sola. Gli occhi di Frank si spalancarono, c'era una ragazza in piedi vicino al letto del tribuno, ma non una qualunque, Lavinia e la cosa che lo sorprese di più fu come la trovò.
Aveva un'aria un po' spaventata, non si aspettava che nessuno entrasse nella stanza, ma questo non le aveva impedito di essere pronta e scattante, infatti con un balzo era scesa dal letto e aveva arrotolato il lenzuola in vita, i lunghi capelli castani e spettinati le ricadevano dolcemente sul viso fino al seno, coprendolo, gli occhi erano fissi su di lui, effettivamente somigliava a suo padre, aveva qualcosa nell'espressione di suo. In mano aveva la lucerna che Gerard teneva lì vicino come se fosse un'arma, era in posizione di combattimento. Una cosa era certa, quella ragazza non era come le altre. Non poté negare quanto fosse bella, avrebbe tanto voluto trovarle qualche difetto, ma non era possibile, nonostante fosse mattina, sembrava fresca come una rosa.
«Le chiedo umilmente scusa signora!» disse subito coprendosi gli occhi e voltandosi di nuovo.
«Girati pure» gli disse la ragazza sorridendo e addolcendosi.
«Mi dispiace, ma Gerard mi aveva detto che non sarebbe entrato nessuno» spiegò posando la lucerna e sistemandosi i capelli.
Frank si girò e restò lì impalato, sentire il nome del tribuno pronunciato da lei gli fece sentire una fitta al cuore, la voce della giovane era così bella, eppure alle sue orecchie risultò sgradevole al suono di quelle sillabe.
«Lo so, ma non mi aveva detto... che avrebbe avuto... ospiti... e io ho pensato di venire a pulire, per cui vado via subito» spiegò Frank imbarazzato.
La ragazza non fece una piega a queste parole, con molta naturalezza, come se lo conoscesse da chissà quanti anni, si mise il vestito abbandonato sulla sedia della scrivania, scoprendo le sue forme giusto per qualche secondo, per poi essere coperte dal tessuto, questo lo mise ancora più a disagio, perché non aveva risposto?
Con maestria slacciò un filo che teneva legato al polso, porgendolo a Frank e si intrecciò i capelli partendo dalla radice, in pochi secondi aveva fatto una treccia perfettamente dritta e poi si mise di spalle davanti a lui, senza bisogno di parole, lo schiavo fece un nodo delicato tra quei morbidi capelli, la ragazza si girò sorridente in segno di riconoscenza.
«Perché non mi spieghi dove si trova l'uscita sul retro? L'ultima volta che sono stata qui, mi sono persa» rise civettuola.
Frank annuì ancora spaesato e senza che realmente il suo cervello comandasse le gambe, aprì la porta e uscì, sicuro che la ragazza lo stesse seguendo.
Non sapeva come sentirsi, sapeva bene che Gerard non gli aveva fatto alcuna promessa e che non doveva aspettarsi nulla da lui, eppure stava soffrendo. Lui gli aveva donato tutto sé stesso, tutto il suo cuore e si sentiva come il tribuno lo avesse calpestato senza nessuna pietà. La parte peggiore era che lui non poteva competere con una donna, né tanto meno con una come Lavinia. Sapeva delle pressioni che la signora Way faceva al figlio e sapeva anche lei sarebbe stata una moglie perfetta. Sospirò forte tornando nella camera da letto, avrebbe dovuto sistemarla, cancellare tutti i segni di una notte di passione appena consumata, la stessa passione che il tribuno aveva consumato con lui. Immaginava i loro bellissimi corpi unirsi, in un'unica perfetta massa. Gli sarebbe tanto piaciuto dormire in quelle lenzuola profumate, ma quello era un onore che a lui non sarebbe mai toccato. La gelosia lo attraversò fino ad annebbiargli il cervello, chiuse i pugni e li scagliò con forza sul muro di marmo, ovviamente quello non era minimamente scalfito, ma la sua pelle sì, una piccola gocciolina di sangue colò sul pavimento e il dolore non tardò ad arrivare dopo il gelo iniziale provocatogli da quel contatto, la parte peggiore fu che subito dopo cadde un'altra gocciolina a terra, ma questa volta proveniva dai suoi occhi, anzi dal suo cuore.
Non lo voleva vedere, avrebbe preferito farsi castrare dalla signora Way in persona con qualche strana diavoleria, piuttosto che incontrare i suoi occhi con la consapevolezza che non lo avrebbero mai guardato come lui sperava che facessero. Quando il tribuno tornò prima che il sole fosse calato, si sentì morire, sperava solo che lo lasciasse in pace, almeno per quel giorno gli dei dovevano fargli questo favore, ma quando si sentì chiamare si odiò per averlo sperato.
«Preparami un bagno caldo» disse togliendosi la pesante cintura.
Lo schiavo non proferì parola, uscì dalla stanza esattamente come era entrato, a testa bassa e a sguardo spento. Fortunatamente il tribuno era troppo stanco per notarlo.
Gerard passò quasi un'ora immerso, evidentemente aveva bisogno di rilassarsi, anche lo schiavo ne avrebbe avuto bisogno, ma ovviamente non ci fu nulla che placò la sua anima. Quando si sentì chiamare per la seconda volta ebbe un sussulto, non preannunciava nulla di buono.
Il tribuno era intento ad asciugarsi, aveva solo un misero pezzo di stoffa in vita, e lui si sforzò di non guardare.
«Lavinia mi ha detto che vi siete incontrati stamattina» sorrise tra un movimento e l'altro.
Queste fece imbestialire lo schiavo ancora di più, si vedeva come era contento, troppo contento quando parlava di lei. Non aveva voglio di rispondere, annuì sgarbatamente con solo un cenno, in quel caso non poteva trattenersi e fingere che tutto andasse bene.
«Che c'è? Qualcuno ti ha tagliato la lingua?» disse sicuro, come se gli avesse letto nel pensiero.
Lasciando cadere l'asciugamano si avvicinò pericolosamente a lui con passo felpato, lo schiavo, nella rabbia, lo vide più sexy che mai. Invece di mettersi davanti, si posizionò alle sue spalle e lo abbracciò da dietro mettendo le labbra sul suo collo. Un brivido lo percorse, il corpo del tribuno era ancora bagnato.
«Non toccarmi...» disse respirando piano lo schiavo.
Gerard sorrise e si fermò.
«La gelosia non è una virtù Frankie» lo prese in giro.
«Ma io non sono geloso!» esclamò.
Ma l'altro non si mosse, anzi continuò ciò che stava facendo.
«Opponi resistenza proprio adesso che...» rise lasciando la frase a metà continuando a baciare la pelle tenera.
«Cosa?» chiese con un filo di voce, incatenato alle emozioni che stava provando.
«Avevo intenzione di farti provare qualcosa che va... oltre, la sensazione di sentirsi riempito e completo, cosa che non può essere paragonata a nessun'altra che tu abbia mai fatto prima» soffiò sul suo collo umido.
Quelle dolci parole lo avevano sedotto, ma era troppo arrabbiato per cedere, per mesi si era lasciato sfruttare senza dire una parola, senza muoversi, senza vivere. Ma in quel momento scoppiò e probabilmente era ciò di cui aveva bisogno. Scosse il suo corpo e si allontanò di qualche passo, girandosi in modo da essere faccia a faccia con il tribuno. Chiuse d'istinto gli occhi forte.
«Io ti odio!» sputò a gran voce sorprendendosi di se stesso.
Quelle tre parole lo fecero sentire libero, finalmente, era tutta la vita che aspettava di riassaporare quella sensazione e adesso che aveva cominciato, non aveva intenzione di smettere.
«Mi sono stancato! Non posso più vivere così» disse aprendo gli occhi e incontrando quelli increduli del più grande.
«Ti odio per ciò che mi hai fatto fare a tuo fratello, ti odio per ciò che mi hai fatto provare e per ciò che mi fai provare, ti odio perché mi hai portato ad odiarmi, ma soprattutto ti odio perché ti amo».
Un peso era stato tolto dal suo cuore, ma per lui non era abbastanza.
Senza dare il tempo al tribuno di poter replicare si diresse verso il baule ai piedi del letto, sapeva benissimo cosa cercare, e infatti, in pochi secondi lo trovò, con quel pezzo di freddo metallo, si avvicinò a Gerard, fino a darglielo in mano e ad avvicinarsi il più possibile.
«Prendi questo pugnale e uccidimi, adesso» ordinò vicinissimo alla sua faccia.
Gerard era pietrificato, Frank aveva in mano l'arma dalla parte della lama e tutto ciò gli fece venire i brividi.
«Smettila...» disse debolmente.
«Non posso più farlo. Ho disobbedito al padrone, ho osato insultarlo, per cui merito la morte» rispose sicuro.
«Io... non posso» disse deglutendo.
«Ti prego...» chiese supplicando, non era sua intenzione farlo, ma in quel momento voleva solamente morire, e adesso era così vicino.
«No, ho fatto una promessa» replicò prendendo un po' di sicurezza e afferrando il pugnale per poi scagliarlo a terra.
Frank fece per abbassarsi a riprenderlo, ma il tribuno lo bloccò per le braccia portandolo dritto davanti a lui quasi sollevandolo, faccia a faccia.
«Ho promesso sulla tomba di mio padre che la morte non sarebbe mai più passata da questa casa e dai suoi abitanti, per cui non succederà, ho giurato Frank».
Lo schiavo tremò a queste parole, il tribuno le aveva pronunciate con un'austerità che non lasciava spazio a nessun movimento o pensiero.
«Lui era troppo buono per immaginare che qualcuno potesse tramare alle sue spalle, soprattutto l'imperatore Claudio, che era peggio di suo figlio. Quando sono venuti, io ero qui e ho visto tutto, ogni singolo e maledetto secondo, ma non ho fatto assolutamente niente, anzi mi sono nascosto, non ho mosso un muscolo, non ho neanche respirato e ancora oggi non so perché, non so come abbia potuto permettere che qualcuno togliesse la vita a chi me l'aveva donata, forse avevo semplicemente paura della morte, era troppo vicina, tanto vicina da poter infettare anche me, la sentivo sulla pelle anche dopo che sono andati via. Il sangue colorava il pavimento, io so che veniva verso di me, voleva toccarmi e forse sarebbe stato più giusto... Ero piccolo, ma non stupido, ma le cose sono cambiate, adesso non mi fa più paura, e se mai si dovesse di nuovo avvicinare a questa casa, dovrà prima passare sul mio corpo e non sarà assolutamente facile».
Quello era il suo punto debole, man mano che quelle parole uscirono dalla sua bocca, allentò la presa dalle spalle dello schiavo fino a far scivolare le braccia lungo i fianchi, il suo sguardo era perso in quello di Frank, i suoi occhi erano pieni di sofferenza e di immagini che anche se lontane, le sentiva vicine, perché ogni volta che si ritrovava solo, si perdeva in se stesso, nei suoi ideali, nei ricordi, nei suoi pensieri e non riusciva sempre a trovare la strada del ritorno.
Dagli occhi dello schiavo, scivolò una lacrima, unica e sola, strozzata tra le sue labbra. Subito abbassò il viso per nascondersi, e mentre stava per portare una mano su di esso, il tribuno gli afferrò piano il mento per spingerlo a guardarlo. Con il pollice raccolse quella goccia per farla andare via da quello splendido viso.
«Non guardarmi» sussurrò il piccolo con gli occhi rossi, era imbarazzato da tutto ciò, si era sempre sentito una vittima, non avrebbe mai immaginato che anche lui lo fosse.
«Sei bellissimo» disse dolcemente come non aveva mai fatto con nessuno.
Frank sussultò, il suo cuore esplose definitivamente.
Delicatamente annullò le distanze e fece combaciare le loro labbra. Quello fu un bacio diverso, non c'era passione, non c'era malizia, ma solo il bisogno di conforto, con quel singolo gesto, Frank fece molto più di chiunque altro.
Per una volta Gerard non si era perso in se stesso, era riuscito a perdersi in qualcun altro, in qualcuno che non si sarebbe mai immaginato. Non aveva mai raccontato come aveva provato nel vedere il corpo di suo padre per terra nella loro casa, molte volte si era sfogato con Mikey, ma non si era mai aperto così, forse perché ancora non ci credeva o semplicemente perché faceva troppo male.
Il tempo in cui restarono l'uno tra le braccia dell'altro non poteva essere quantificato, per questa volta non erano solo le pelli ad essere in contatto, ma le loro anime.
Arrivarono sul morbido letto senza neanche rendersene conto, Frank schiacciato dal peso di Gerard. Tutta la rabbia e l'amarezza del passato erano svaniti nel nulla.
La tunica dello schiavo era volata via con facilità e adesso erano completamente nudi, le loro labbra non volevano saperne di staccarsi, mentre le mani vagavano sui corpi che si sfregavano con foga.
Si lasciarono un attimo per prendere respiro, entrambi avevano il fiatone, ma non si sarebbero fermati per questo. Gli occhi di Gerard chiesero muti il permesso a Frank di continuare, di fare ciò che aveva detto prima. Lo schiavo non rispose, riprese a baciarlo, come a dire "sì".
Quando Frank percepì un dito avvicinarsi alla sua apertura, si irrigidì, sapeva che avrebbe fatto male, ma adesso sapeva di essere protetto, al sicuro, lì, con Gerard.
Lentamente il tribuno fece entrare un dito dentro di lui e il dolore non tardò ad arrivare, era qualcosa di nuovo, un dolore diverso, con un retrogusto di pienezza e piacere.
Fece entrare un secondo dito e Frank gemette nascondendo il viso corrugato nel collo sopra il suo e aggrappandosi alla sua schiena. Il tribuno stava giustamente portando pazienza e girando la testa baciò le tempie del più piccolo accarezzandogli una spalla con la mano libera per tranquillizzarlo.
Il dolore si stava regolarizzando, si stava abituando a quella presenza che presto sarebbe stata sostituita. Gerard spostò di nuovo la mano, per portarla sul pene dello schiavo, questo lo fece gemere, quel fondersi di emozioni, davanti e dietro, era troppo intenso. Il maggiore uscì da lui, per andare con le dita leggere sul marchio che gli aveva inflitto.
«Mi dispiace...» sussurrò al suo orecchio con voce strozzata.
Il piccolo sentì il cuore esplodere per la seconda volta.
«Ti ho già perdonato» sorrise.
Stavolta il cuore di Gerard si sentì più leggero, non aveva mai chiesto scusa a qualcuno, perché nessuno l'aveva mai chiesta a lui, gli aveva insegnato a fare così e da bravo, lui aveva obbedito. Ma stavolta sentì la necessità di farlo, pensò che quelle parole in realtà non furono per Frank, ma per lui, si stava scusando con se stesso.
Continuando a massaggiarlo, il più grande entrò in lui con tutta la sua lunghezza, andando piano, fino a far scontrare la base con la pelle morbida ed esposta. Entrambi smisero di respirare per un attimo. Le spinte, da lente si fecero più veloci ed entrambi gemettero, il dolore di Frank era completamente svanito, si mise a spingere insieme a Gerard, accompagnando i suoi movimenti, per aumentare la collisione tra loro. Questo fece buttare la testa indietro al tribuno, con grande soddisfazione dell'altro.
In tutto ciò la mano di Gerard non aveva mai abbandonato il pene di Frank, ma il piccolo sentì che ormai quel contatto era inutile, con un mano abbandonò la pelle dell'altro per toccare il suo braccio, per fermarlo. Il tribuno capì, e fece cessare quel movimento, istintivamente le loro dita si intrecciarono.
Vennero insieme, nello stesso istante, unendo le loro labbra tremanti.
Gerard aveva chiuso gli occhi sopra di lui, spostò il suo peso di lato, fino ad essere poggiato sul fianco, il piccolo restò fermo, sapeva che si stava solo riposando. Sarebbe arrivato il momento peggiore, il più odiato, il più doloroso, quello dell'abbandono, dopo tutto ciò che avevano condiviso, Frank non si sarebbe voluto staccare mai, ma non era possibile, non lo sarebbe mai stato.
Gli accarezzò i ciuffi di capelli sudati, senza far sentire la pressione delle dita, quel nero spiccava sulla pelle sudata e arrossata.
«Tu sei bellissimo» soffiò cercando di non farsi sentire.
Spostò il suo peso dietro per scivolare piano via, non avrebbe sopportato di sentirselo dire.
«Dove vai?»
Gli occhi del più grande si aprirono interrogativi.
«Via» rispose semplicemente.
Passarono alcuni secondi, come se si trovassero entrambi nel limbo, senza sapere cosa fare nonostante fosse tutto troppo palese.
«Resta qui» ordinò sorprendendolo.
Lo schiavo fece finta di non capire, restando lì fermo, ma il tribuno lo trascinò per un braccio.
Si stese supino, lasciando che Frank si poggiasse con la testa al suo petto per poi cingerlo dalle spalle.
Restarono in silenzio, facendo in modo che si sentissero solo i rumori dei loro respiri.
«E comunque lo so di essere bellissimo Frankie».
Risero, ecco il solito Gerard.
La puzza ed il calore erano insopportabili, gli penetravano i polmoni in profondità impedendogli di trovare aria pulita. Gli occhi gli bruciavano terribilmente, la luce era scarsissima, solo il rosso vivo illuminava l'ambiente, era tutto inquietante.
«Non disperare, questa è solo la tua punizione Frank» una voce lo fece girare.
«Ma tu chi sei?» chiese all'uomo incappucciato di nero di fronte a lui.
«Come siete stolti voi uomini nel non riconoscermi, sono Ade, il dio degli inferi, giovane». Dopo aver pronunciato queste parole sparì.
Un respirò morì dentro di lui, si mise a correre, aveva corso per tutta la vita ed era ciò che sapeva fare meglio, spesso lo aveva fatto senza alcun senso, ma adesso aveva un obbiettivo ben preciso, Gerard.
Dove era? Non riusciva a vederlo, tutto ciò che sentiva era il calore aumentare e seguirlo.
«Non si può fuggire da qui» sentì la voce di Ade lontana.
Inciampò sul qualcosa spaventato, cadde, da terra si girò e ciò che vide fu il corpo di Gerard per terra, tra le fiamme. Urlò.
Si alzò di scatto completamente sudato, era solo un sogno. Ma ciò che vide, fu la cruda realtà.
Fumo nero, fiamme.
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