Capitolo 2

Adrien's POV

Come luogo dell'incontro era stato deciso il parco, un posto perfetto per una gioiosa rimpatriata di classe.

Appena varcai il cancello riuscii a scorgere da lontano le figure dei miei vecchi compagni di classe, vista che mi scaldò il cuore e fece nascere un sorriso sincero sul mio volto perennemente tirato.

Nino mi esortò a continuare a camminare, e presto mi ritrovai ad abbracciare e a battere i pugni a tutti i ragazzi.

Dovetti ammettere che Nino non aveva affatto torto: erano quasi irriconoscibili.

Alix non mi sorprese più di tanto, dato che, anni prima, avevo già incontrato la sua versione cresciuta; Max era cresciuto molto, e aveva iniziato a vestirsi in abiti più sportivi, anche se un paio di occhiali giacevano ancora sul suo naso; Kim era lo stesso di sempre, esuberante e competitivo, e si vedeva da chilometri che aveva iniziato ad andare in palestra, i suoi muscoli erano aumentati a vista d'occhio; Alya era rimasta praticamente la stessa, e nemmeno la sua passione per gli scoop era andata perduta, Juleka aveva ancora i capelli viola e il suo stile era rimasto intatto, ma mi sembrò più aperta e socievole; Rosa rimaneva la solita inguaribile romanticona, e nemmeno lei aveva rinunciato al suo look vivace; Ivan aveva perso parecchi chili, riguadagnandoli poi in massa muscolare; mentre Milenne non era cambiata molto, se si parlava d'altezza; Nathaniel aveva cambiato acconciatura, portando il ciuffo in su, e accompagnando quella novità con un modo di fare più giocoso e meno timido; Sabrina continuava ad essere la palese leccapiedi di Chloe, che a sua volta continuava a curare alla perfezione il suo stile "chic"; Lila, invece, con cui mi preoccupai di chiarire che non stavamo insieme e che mai lo saremmo stati, aveva mantenuto le sue forme prosperose, optando per una lunga coda alta per i suoi capelli castani.

I ragazzi, dopo essersi complimentati per i cambiamenti del mio aspetto, si tuffarono tra risate e scherzi sui tavoli imbanditi di bibite e pietanze, spesso trascinandomi con loro in un malinconico ricordo di anni prima.

Ero al settimo cielo per quell'amicizia che non era stata perduta, ma mi accorsi che mancava qualcosa, o meglio, qualcuno.

Lanciando un'occhiata d'intesa a Nino, che subito capì e distrasse gli altri dagli aneddoti sulla mia vita in America, iniziai a cercare Marinette, l'unica che non avevo ancora incontrato.

Quando intravidi con la coda dell'occhio una chioma corvina, subito marciai in quella direzione, ritrovandomi alle spalle di una vecchia panchina in metallo, sulla quale era seduta un irriconoscibile Marinette.

Consapevole del fatto che non si fosse ancora accorta di me, iniziai a squadrarla con attenzione, avvertendo un lieve bruciore tormentarmi le guance.

La sedicenne aveva lasciato crescere i capelli più o meno fino ai gomiti, acconciandoli in una coda alta, ma non rinunciando alla frangia e al nastrino rosso con cui li teneva legati; le forme le si erano accentuate parecchio, cosa che mi fece mancare qualche battito, ma subito si riusciva a capire che ero rimasto più alto di lei. In quel momento indossava un paio di pantaloni neri, una giacca dello stesso colore e una t-shirt bianca, che si abbinava perfettamente al pallore della sua pelle.

Però non era il suo lato esterno a renderla così diversa: qualunque aspetto avesse avuto, sarei sempre stato in grado di riconoscerla tra mille.

Quello che mi fece rimanere spiazzato era che il suo sorriso era sparito, e i suoi grandi occhi da cerbiatta erano lucidi e arrossati, contornati da folti ciglia nere. Sembrava essere persa nei suoi pensieri, e mi si ruppe il cuore quando la vidi mordersi un labbro, nel palese tentativo di smettere di farlo tremolare.

-M-Marinette?- la chiamai titubante, vedendola mentre faceva schizzare lo sguardo sul mio volto, spalancando a poco a poco gli occhi stanchi e le labbra piene e rosee.

-Adrien?- balbettò incredula, squadrandomi dalla testa ai piedi.

Posò gli occhi sul nuovo modo in cui avevo deciso di tenere i capelli, ovvero più corti ai lati e con un folto ciuffo che si ostinava a cadermi sulla fronte; spostò poi lo sguardo sui miei nuovi muscoli, arrossendo quando notò quanto marcati fossero i miei bicipiti da sotto la maglia nera. Osservò le mie braccia fasciate per metà dalla mia inseparabile giacca bianca, quindi scese con lo sguardo verso le gambe più spesse di quanto probabilmente ricordasse.

-Mi scusi- scosse infine la testa -devo averla scambiata per qualcun altro- mi porse un sorriso di scuse, chiedendomi poi come conoscessi il suo nome.

-Ehm... Marinette, sono io... Adrien...- le confermai con un sorriso tirato, preoccupato di una sua possibile reazione.

Si portò una mano sulla bocca nuovamente spalancata, fissando con insistenza le sue iridi azzurre sui miei occhi dipinti di un verde brillante.

-Wow...- ridacchiò infine, cercando di smorzare la tensione creata -non mi aspettavo... questo- mi indicò con un dito.

-In senso positivo o negativo?- scherzai, spostando il peso da una gamba all'altra, mentre lei si alzava in piedi.

Avevo ragione. Era rimasta qualche centimetro più bassa di me, cosa che adorai.

-Stai scherzando?!- esclamò con voce leggermente stridula, prendendo a muovere le mani come se stesse enfatizzando un concetto non espresso ad alta voce -sei fantastico! Cioè, tu sei sempre fantastico, ma ora lo sei di più!- iniziò a blaterare, facendomi ridere di gusto, prima di accorgermi di un'altra cosa.

I suoi gesti sembravano tirati e innaturali, stanchi, come se stesse cercando di mostrarsi come sempre era stata.

-Ehi, Marinette- la chiamai, posandole una mano sul braccio sorprendentemente palestrato -stai bene?- sussurrai aggrottando la fronte e facendola nuovamente sedere sulla panchina, seguendola in quell'azione.

-I-Io...- balbettò con lo sguardo rivolto a terra -si, sto bene- si girò verso di me, rivolgendomi un sorriso smagliante che non aveva nulla a che fare con i ghigni sinceri che le vedevo fare anni prima.

-Neanch'io posso dichiararmi completamente felice, anche se finalmente vi ho rivisti e dalla prossima settimana ricomincerò a frequentare il liceo- poggiai gli avambracci sullo schienale della panchina, alzando il volto verso il cielo azzurro -poco prima di dover trasferirmi in America ho subito una... perdita. Una perdita che mi ha spezzato il cuore, e che tutt'ora, dopo due anni, continua a impedirmi di dormire sonni tranquilli- ammisi tristemente, deglutendo quando l'immagine di Plagg mentre mordeva una fetta di Camembert invadeva la mia mente.

-Ti capisco...- sussurrò, sorprendendomi e facendomi scattare lo sguardo verso di lei -anche io ho perso una persona importante- tirò su col naso -e non me lo riesco a perdonare, perché avrei potuto fare qualcosa per impedirlo!- seppellì il viso tra le mani, prendendo a piangere sommessamente.

La tirai verso di me, facendole adagiare il capo sulla mia spalla, quindi chiusi gli occhi, cercando di non farmi prendere dall'emozione, altrimenti mi sarei ritrovato a versare lacrime a mia volta.

-Sono sicuro che non hai colpe, e che anche quella persona la pensi come me- bisbigliai al suo orecchio, carezzandole la schiena con una mano, mentre l'altra rimase occupata a tracciare piccoli cerchi immaginare sul suo fianco.

-Scusami- si staccò, asciugandosi freneticamente le lacrime con la manica della giacca -non volevo ricordarti ciò che hai passato durante la tua perdita- tirò su col naso, ricominciando a sfregarsi gli occhi bagnati -il fatto è che... ho perso anche il mio migliore amico...- aggiunse dopo un po -e non ho nemmeno potuto parlargli dei miei sentimenti per lui, che all'improvviso, "puff!"- simulò uno scoppio con le mani -era sparito dalla mia vita...-

-Beh... abbiamo un'altra cosa in comune, allora...- sospirai, impedendomi di ripensare a Ladybug, perché sapevo perfettamente che in quel caso lo squarcio nel petto si sarebbe allargato ancora di più.

-Ti è mai capitato di amare due persone contemporeanamente?- me ne uscii fuori d'un tratto, facendola sobbalzare lievemente dallo spavento.

-Tutt'ora i miei sentimenti sono rivolti a due ragazzi- sospirò buttando la testa all'indietro -è straziante, perché so che nessuno dei due mi ricambia, e che il mio amore non verrà mai corrisposto- ammise con le labbra curvate verso il basso, cercando di nascondere il dolore che sicuramente si portava dentro da chissà quanto tempo.

-Vuoi dirmi che nessuno si è mai dichiarato a te, durante questi anni?- inarcai un sopracciglio, facendola arrossire e arricciare teneramente il naso.

Dentro di me sentii qualcosa sprofondare lievemente, e, seppur mi ostinassi a ignorarlo e negare l'evidenza, sapevo perfettamente a cosa era dovuto.

-Si, Luka e Nathaniel mi hanno svelato di provare qualcosa verso di me- rivelò imbarazzata -ma non ho potuto dire la stessa cosa- finì in un sussurro.

In quel momento fu come se un pesante macigno mi si fosse levato dalle spalle, e a stento riuscii a trattenermi dall'esibirmi in un profondo sospiro di sollievo.

-Di certo il qui presente mr. rubacuori ha fatto molte più conquiste di me, dico bene?- mi rivolse un lieve sorriso malizioso, ma qualcosa nella sua voce tradì il suo dolore.

-Ti dico solo che mi arrivavano più lettere di fan che bollette- sospirai afflitto, facendola ridacchiare davanti alla mia reazione esagerata.

-Quindi è ufficiale? Il famoso modello Adrien Agreste ha trovato la sua dolce metà?- chiese scherzosamente, ma non potei fare a meno di notare un lampo di tristezza coprirle gli occhi.

-Non potrei mai- scossi la testa -come ti ho già detto due ragazze hanno rubato il mio cuore, prendendone metà ognuna, e nessuno di loro sa cosa provo-

-Oh...- soffiò semplicemente, presa in contropiede da quella mia confessione.

-Facciamo un patto- esclamai all'improvviso, sedendomi a gambe incrociate verso di lei.

Marinette sobbalzò all'istante, portandosi una mano al petto, quindi mi fulminò con lo sguardo, ottenendo uno scherzoso "scusa" in risposta.

-Entro la fine di settembre ci saremmo dichiarati alle persone che amiamo, così che, sia nel bene che nel male, potremo dire di non avere rimpianti- le proposi con un po di insicurezza, consapevole che, se avesse accettato, sarebbe stata una lama a doppio taglio.

-Per me va bene...- sussurrò -tanto alla fine avrei dovuto comunque farlo...- ammise, mormorando poi con tono impercettibile qualcosa che somigliò pericolosamente ad un "il problema sarà trovare il mio gattino e il coraggio per confessarmi...".

-Andata?- le chiesi, dandole un'opportunità per tirarsi indietro, ma allo stesso tempo le allungai una mano, non sapendo se sperare che la stringesse o meno.

Beh, lo fece.

-Andata!-

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