Capitolo 16. Un posto felice

Facciamo un balzo temporale, vi va?

Caroline mise una spilla tra i suoi capelli legati e si sorrise allo specchio.

-Ti dovresti sbrigare; la festa è tra un'ora.-

Aprì la porta del bagno e rimase immobile, prima di sospirare.

-Seh, sarebbe meglio fare un po' di più...-

Marina non si era ancora messa il trucco e il suo vestito aveva la zip aperta.

-Non posso venire... Sono bruttissima...-

-Per caso hai il ciclo?-

-No: è solo martedì sera, tra poco ho un esame e non ho un ragazzo con cui andare alla festa!-

E si sedette sul gabinetto, a braccia incrociate. Caroline guardò l'orologio: Ethan sarebbe venute a prenderle a momenti.

-Sai di non essere obbligata a venire alla festa, sì?-

-Ma io voglio andare! Minerva è mia amica: sarà contenta di vedermi.-

-Questo non ti dà l'obbligo di presentarti, tanto per chiarirci. Non devi mica andare ad ogni festa che preparano i tuoi amici...-

-Certo che devo!-

Caroline la fissò con eloquenza.

-Che tipo di amica sarei se non mi facessi vedere?-

-Una stanca?-

Marina sotterrò il suo volto nei suoi palmi.

-Ascoltami: hai appena cambiato corso di studi e devi recuperare i tuoi compagni di veterinaria. Dirò a Minerva che sei stata trattenuta...-

-E così rimango stasera da sola a studiare mentre voi vi divertite? Jotaro ha detto che non vuole vedermi!-

-E perché?-

Marina esitò.

-Non mi ha detto il perché.-


Era il sabato prima, tre giorni prima per l'esattezza, e Marina e Jotaro stavano passeggiando nel parco.

-Diamo da mangiare alle papere!-

C'era un piccolo stagno con le ninfee, le carpe e le papere. Una di queste era un maschio e le altre due erano femmine. Sia Jotaro che Marina l'avevano capito dal piumaggio. C'erano anche delle tartarughe in letargo, poco visibili.

-Ce l'hai del pane appresso?-

-E come no.-

Jotaro sorrise.

-Nella mia tasca posteriore con la mia bacchetta magica e la pergamena della verità...-

-Ah. Ah. Fai davvero tanto ridere.-

Commentò Marina, rispondendo al sarcasmo col sarcasmo.

-Sei tu che fai ridere: non puoi dare del pane alle papere.-

-Non puoi?-

Jotaro le fece cenno di aspettare e si guardò in giro.

-C'è un negozio appena fuori da qui. Seguimi, dopo ci torniamo.-

Entrarono in un fruttivendolo e Jotaro pagò per un grappolo d'uva prima di tornare allo stagno.

-Saranno buone? Non è più stagione...-

-Dubito che alle papere importi.-

E tirò fuori un coltellino svizzero dalla sua tasca.

-Te lo... Porti sempre in giro quello?-

Disse Marina, allontanandosi un pochettino.

-Certo.-

-Va bene, è... Intelligente e inquietante allo stesso tempo. Che stai facendo?-

Lui ridacchiò dolcemente e le porse dei pezzi a cui aveva rimosso i semi.

-Possono mangiare questo.-

Lei sorrise e gliene lanciò qualcuno, mentre Jotaro ne puliva altri e lanciava anche lui.

-Non sapevo ti piacesse dar da mangiare alle papere... Vieni qui spesso?-

-Mh? Non esattamente...-

-Lo chiameresti il tuo posto felice?-

Jotaro la fissò, confuso.

-Un posto felice?-

Marina respirò l'aria fresca degli alberi e spiegò:

-Il tuo posto felice è... Quel posto nel quale ti senti veramente in pace con te stesso. Dove torni quando la vita ti dà uno schiaffo in faccia e recuperi le energie dopo una giornata stancante.-

Il ragazzo spostò gli occhi sulle papere, che si stavano beccando per l'ultimo acino che venne mangiato da una carpa.

-Non credo sia questo il mio posto felice...-

-Ma ne hai uno?-

Jotaro non rispose.

-Il mio posto felice è casa dei miei genitori. Hanno Momo... E il divano di quella casa è il posto dove ho giocato di più quand'ero più piccola. Ma immagino che tu non possa capire... Dopotutto, in Giappone non avete i divani, giusto?-

E ridacchiò. Jotaro sorrise timidamente e mangiò uno degli acini, passandone uno anche a lei. Rimasero a fissare lo stagno, abbracciandosi.

-Senti: so che non sei tipo da festa, ma Minerva ha detto che dovremmo portare il nostro ragazzo e...-

-Una festa? Ma il suo compleanno è tra due mesi...-

Marina lo guardò negli occhi.

-E tu questo come lo sai?-

-Io e Minerva siamo amici.-

-Da quando in qua?-

-La settimana scorsa.-

-Che mi sono persa?-

-Beh... Non parliamo molto, ma credo che possiamo essere comunque considerati amici.-

Marina fece per dire qualcosa, ma poi ci ripensò.

-Senti, lascia perdere. È per aver ricevuto una promozione nel suo lavoro part-time.-

-Che sarebbe...?-

-Pensavo foste amici.-

-Non siamo amici del cuore.-

-Lavora in un fast food.-

-Buon per lei.-

-Quindi me lo fai il favore di venire martedì sera?-

L'umore del ragazzo cambiò improvvisamente.

-Non posso.-

-Ma mi avevi appena detto...-

-Non sapevo fosse di martedì. Ho da fare.-

-Oh. Bene...-

Marina lo guardò: decisamente, non voleva parlarne.

-Capisco. Già.-

Jotaro fece un sorriso meno convinto.

-Ti riaccompagno a casa?-

-Mi piacerebbe tanto. Con la macchina?-

-Non ho ancora la patente.-

-Ma presto la avrai!-

-Questo senza dubbio.-





Ma Marina non sembrò voler lasciar stare la cosa. Sapeva che Jotaro non avrebbe risposto sinceramente, quindi digitò il numero di Polnareff.

"Mi ha dato questa tessera prima delle vacanze dicendomi che potevo chiamarlo se avevo bisogno di consigli con Jotaro. Non pensavo mi sarebbe servito... Ma chi voglio prendere in giro? Mi sarebbe servito prima o poi."

-Bonjour! C'est Jean Pierre Polnareff, le detective privé!-

-Sono Marina.-

-Ciao, Marina. Come va?-

-Ti sto chiamando, quindi indovina...-

-Wow. Siamo sarcastici oggi, eh?-

Lei sospirò.

-Scusa. Sono solo un po' confusa.-

-Com'è?-

-Ho chiesto a Jotaro di uscire martedì sera e... Si è comportato in modo strano e mi ha detto che non poteva.-

-E tu pensi che ti stia tradendo...-

-Che? Ma certo che no! Ma non è che avete dei piani insieme?-

-Martedì... Dici?-

Poggiò il telefono sul petto e si sporse per guardare il suo calendario. Appena vista la data, sbiancò.

-Oh no... Marina: hai chiesto a Jotaro di uscire il 16 gennaio?-

-Sì! Non mi fa strano che abbia rifiutato, perché era una festa... Ma io avrei anche evitato di andarci pur di passare un po' di tempo con lui.-

Polnareff fece del suo meglio per mantenere il controllo e cercò le parole giuste. Non sapeva proprio cosa dire...

-Quindi tu non sai cosa farà?-

-Ahi... Bon Dieu... Questa sarà difficile da spiegare...-

Si schiarì la voce.

-Vedi... Marina... Jotaro... Ha bisogno di stare da solo un po'... Non è abituato... Ad avere compagnia...-

"Merde... Non sono così bravo con le parole..."

-Mi stai dicendo che ci sono volte in cui devo lasciarlo stare?-

-Esatto! Anche tu, a volte, vorresti stare da sola, no? Anche tu hai delle giornate no.-

Marina si grattò il braccio.

-Suppongo di sì...-

-Grande! Ora, ti dispiace attaccare, che ho un'altra chiamata sotto?-

-Certo. Grazie per l'aiuto, Polnareff...-

E attaccò.





Tornando al presente, Caroline si guardò le unghie e chiese:

-Quindi è solo un po' giù di morale? Non è un problema.-

-Dannazione... È già così tardi? Mi devo mettere il trucco.-

-Sei sicura? Ora sei tu ad essere giù di morale...-

-È solo che... Pensavo che anche se fossimo stati separati nelle vacanze, i progressi che avevamo fatto sarebbero rimasti.-

-Progressi?-

-È ancora un po' riservato.-

-Ma non puoi aspettarti di trasformare un introverso in estroverso in soli due mesi...-

-Forse hai ragione...-

Caroline chiuse la porta e le disse:

-Ethan sta per arrivare. Ti consiglio di darti una mossa.-

Suonarono alla porta.

-Scommetto che è lui.-

-Mi sto preparando!-

La ragazza aprì la porta dicendo:

-Non è ancora pronta. Avremo ancora bisogno di qual...-

Alzando gli occhi, si accorse che Ethan era più alto del solito...

-Jotaro? Sei tu?-

Jotaro rimase immobile sullo zerbino.

-Pensavo tu fossi, e quoto, "troppo impegnato".-

-Urgh... Potete anche smetterla di rinfacciarmelo.-

Caroline alzò un sopracciglio.

-E quindi? Cosa ti ha fatto cambiare idea?-

-Sai com'è... A volte devo fare il bravo fidanzato.-





Finita la telefonata, Polnareff sospirò, si strofinò gli occhi e mugugnò.

-Jotaro: abbiamo da parlare.-

E digitò rabbiosamente il suo numero.

Jotaro stava sdraiato sul divano, percorrendo il tessuto della sua maglietta con le dita.

"Sono stato scortese... Mi chiedo cosa pensa che farò."

Fissò il soffitto.

-Sono una persona orribile. E pensare che stavo migliorando.-

Il telefono squillò. Gli diede un'occhiata senza muoversi dal divano di un centimetro.

-Star Platinum.-

Lo stand prese il telefono per lui e glielo passò.

-Sono Jotaro. Chi mi vuole?-

-Cos'hai detto alla tua ragazza per farla arrabbiare così?-

-Oh santo cielo...-

-Dovrei essere io a dirlo!-

-Ascolta: sono andato nel panico.-

-So perché l'hai fatto, la vera domanda è: quand'è che ti lascerei andare?-

-Questo è il primo anniversario. Sono triste che non possiamo passarlo insieme.-

-E quindi ti serve qualcuno con cui passare la giornata è condividere il dolore. Perché non lo chiedi a lei?-

Jotaro si mise seduto e rivolse lo sguardo alla fotografia dall'altra parte della stanza.

-E cosa le dovrei dire?-

-Non mi aspetto certo la verità, ma... Condividere il dolore con qualcun altro può solo farti bene. E io vorrei essere lì con te, però lo sai bene che non posso...-

Jotaro si alzò e prese la cornice in mano.

-Non ti sto dicendo di dimenticarti di Kakyoin, Avdol e Iggy, ma tu pensi che loro vorrebbero vederti piangerti addosso per tutta la giornata e dimenticarti di vivere?-

Silenzio. Star Platinum, che aveva passato la foto al suo portatore, lo fissava.

-Sei ancora in linea?-

Chiese Polnareff, preoccupato.

-Sì.-

-Capisci cosa sto cercando di dire?-

-Certamente.-

-Allora cosa farai? Passerai il 16 a piangere sul divano o andrai a quella festa con la tua ragazza?-

Jotaro sorrise.

-Nessuna delle due cose.-




Jotaro entrò nell'appartamento mentre Caroline gli guardò alle spalle per controllare che non stesse arrivando il suo ragazzo. Jotaro le lanciò uno sguardo e lei puntò il bagno con il mento. Marina sentì bussare alla porta.

-Non... Avrò bisogno di più tempo, Carol!-

Jotaro aprì la porta. Stava indossando un vestito blu con la zip ancora abbassata e una collana di perle, i suoi capelli erano pettinati e il suo trucco era sbiadito.

Lei lo vide entrare dallo specchio: indossava una maglietta grigia e attillata, una cintura gialla e dei pantaloni bianchi che andavano con la giacca che gli aveva regalato. Ovviamente, stava indossato anche il suo cappello bianco e nero.

-Oh cielo... Che ci fai tu qui?-

Appena il giapponese guardò la sua ragazza negli occhi, cominciò a ridere dolcemente. Marina arrossì, imbarazzata.

-Sono così ridicola? Non dovevi vedermi così...-

-No... Non è quello...-

Marina fece il broncio mentre lui continuava a ridere per poi dire:

-Sto ridendo perché sei adorabile anche così.-

Lei arrossì ancora di più e si volse di nuovo verso lo specchio, nascondendo la faccia tra le mani.

-Scusami! Scusami... Non volevo mortificarti, dico sul serio...-

-Mi avevi detto che avevi da fare oggi!-

-E invece mi sono liberato per passare un po' di tempo con te.-

E le tirò su la zip. Lei lo guardò negli occhi: sembrava sincero.

-Hai deciso di andare alla festa solo per stare con me?-

-Non esattamente... Vieni con me.-

E le prese la mano, trascinandola dolcemente verso la porta.

-Aspetta. Non possiamo andarcene così.-

-Perché no?-

Già, perché? Marina non aveva una risposta pronta, perciò lo seguì e se ne andarono. Caroline non intervenne e aspettò che arrivasse il suo ragazzo.

-Perché sei da sola? Dov'è Marina?-

Chiese Ethan, confuso.

-È malata. Non potrà venire.-

Disse la ragazza, con un sorriso sul volto.




-Potresti farmi il favore di dirmi dove stiamo andando?-

-Lo vedrai.-

-Jotaro: spero che sia importante, altrimenti...-

Non ebbe il tempo di finire la frase che lui si fermò davanti ad un edificio. Lei alzò gli occhi e lesse l'insegna a mente:

"The Florida Aquarium. Mia madre mi ha portato qui per un mio compleanno una volta ed ho nuotato con i pinguini."

Si volse per guardare Jotaro e notò che i suoi occhi si erano illuminati e sorrideva.

"Giusto. Lui vuole diventare un biologo marino. Questo è il suo regno."

-Che ci facciamo qui, Jotaro?-

-Ho pensato...-

Distolse gli occhi.

-Siccome stiamo insieme da due mesi... Volevo portarti... In un posto speciale per me.-

Marina sorrise.

-E allora entriamo.-

Ed entrarono dalla porta principale. L'acquario era quasi vuoto. Di martedì sera, non c'erano molti visitatori. L'acquario aveva aperto da più o meno cinque anni ed era anche adatto ai bambini piccoli, con attività di intrattenimento per tutta la famiglia. Davanti ad ogni acquario, Jotaro spiegava tutto ciò che sapeva delle specie in questione, che fossero pesci, polpi, squali, pinguini ed addirittura cetacei. Marina non lo interruppe mai nelle sue spiegazioni ed era contenta di vedere questo lato di Jotaro, diverso da quello che aveva visto a scuola. Questo era il segno che finalmente si stava aprendo un po' di più con lei e con il mondo.

Si sedettero su una panchina che dava dritto su una vasca con alghe di tutti i tipi, coralli, pesci e stelle marine. La pallida luce che illuminava l'acquario tingeva anche loro di blu.

-Jotaro... È stato... Non saprei trovare le parole giuste.-

-Volevo solo mostrarti una parte di me.-

-L'ho visto. E wow, sei davvero un nerd, lo sai?-

Jotaro rise, prima che la risata sfumò appena un ricordo gli sfiorò la mente. Una frase che aveva detto una volta, una delle tante di cui si pentiva amaramente:

"Dico sul serio, Kakyoin, puoi smetterla di fare il nerd per cinque minuti?!"

Fissò l'acqua davanti a sé con sguardo vacuo.

-Questo posto è riuscito a farmi sentire più tranquillo. È questo qui... Il mio posto felice.-

Una grossa manta passò davanti a loro, coprendo la luce per un istante, mentre Marina fissava Jotaro.

-Oggi è un giorno speciale. Un giorno triste. Non posso spiegarti in dettaglio, diciamo solo... Mi sentivo in colpa all'idea di andare ad una festa o divertirmi in generale oggi.-

-E perché?-

Jotaro ringhiò, gli occhi fissi sul vetro.

"Io non ho diritto di essere felice. Loro non hanno potuto esserlo, quindi perché dovrei esserlo io?"

-Era questo che pensavo all'inizio.-

Marina non trovava senso a quella frase. Lui sospirò e poi prese a sorridere.

-Ma poi... Qualcuno mi ha fatto capire che è inutile stare a pensarci troppo.-

-Bene.-

-E quindi ho pensato che avrei dovuto mostrarti questo.-

-E sono contenta che tu l'abbia fatto.-

-Fatto? Non ti ho ancora mostrato il bello!-

E si alzò, poggiando il palmo sul vetro della vasca.

-Ti sarai chiesta perche ho deciso di portarti qui di notte... Ora vedrai.-

Marina non capì finché le luci non diventarono più forti. No, non erano le luci... Una miriade di piccole luci stava nuotando, illuminando tutto con una varietà di colori luminescenti. Marina si alzò e si avvicinò, in estasi.

-Sono seppie. Normalmente vivono in acque piuttosto profonde, quindi le loro vasche devono essere scure. Non si trovano in America, ed alcune di loro hanno il corpo bioluminescente che mostra i suoi colori solo in queste ore della sera.-

Marina abbracciò il braccio di Jotaro e disse:

-Un po' come te...-

-Mi sono fatto perdonare per essere stato un idiota?-

-Sono delle scuse in grande stile, devo ammettere...-

E rimasero fermi a fissare lo spettacolo.




Marina scivolò sul ghiaccio sulla via di ritorno e strillò, vedendosi già a terra, ma sentì subito le braccia di Jotaro che la sostenevano da dietro.

-Grazie.-

-Sta' attenta.-

Qualche altro passo e scivolò, nuovamente presa al volo dal suo ragazzo.

-Grazie. Di nuovo!-

-Sai una cosa? Magari è meglio se camminiamo così finché non superiamo il ghiaccio.-

Disse Jotaro, reggendola per i fianchi. Lei rise mentre arrossiva.

-Non è necessario!-

-Insisto.-

Camminarono così finché non dovettero separarsi, guardando quella meraviglia che era la neve. Per Marina, era la seconda volta. Aveva nevicato una volta nel 1977, ma era durata poco, mentre questa nevicata del 23 dicembre aveva retto fino a gennaio. Il ghiaccio, perlomeno.

-Puoi tornare da sola? Io devo ancora fare una cosa per conto mio.-

-Sì. Non ti preoccupare. Grazie per stasera, è stato magico.-

-Grazie a te per far parte della mia vita.-

Marina attizzì e lo spinse.

-Andiamo, che esagerato!-

Lui non se l'aspettava e scivolò, cadendo di schiena.

-Oh cielo! Mi dispiace! Ti sei fatto male?-

-Sì... Non ti preoccupare.-

Si baciarono e poi si salutarono.

-Ci vediamo domani mattina.-

Marina si accorse che quella non era la direzione di casa sua, quindi lo seguì con gli occhi, solo finché non lo vide entrare in un cancello di ferro.

-Il cimitero? Perché dovrebbe andare lì?-

Rimase ferma un attimo, ma poi alzò le spalle e tornò a casa.

Jotaro si mise in ginocchio davanti ad un piccolo santuario. La tomba di Kakyoin stava in Giappone e gli aveva lasciato i fiori a Natale, mentre quella di Avdol ed Iggy stava nel Cairo, quindi non c'era molto che avrebbe potuto fare per loro se non pregare.

-Mi sentite? Riesco a percepirli.-

Polnareff in Francia stava pregando con una croce in mano, mentre Joseph a New York stava solo a mani congiunte.

-Riesco a sentire gli altri che pregano insieme a me. Non vi ho detto che mi sono trovato una ragazza. Si chiama Marina. Credo che a te sarebbe stata molto simpatica, Avdol. Oh, ed ama i cani. Anche se dubito che tu ti saresti fatto accarezzare, eh, Iggy? Credo che sareste diventati ottimi amici tu e lei, Kakyoin, lo credo davvero.-

Sospirò, formando una nuvoletta di respiro.

-È stato un anno difficile. Una montagna russa di emozioni, se devo essere sincero. Pensavo di poter risolvere i miei problemi evitandoli... Ma lei mi ha dimostrato il contrario. E...-

Lui strinse i pugni, digrignando i denti.

-Vi prego, proteggetela. Se le dovesse succedere alcunché... Io non me lo potrei mai perdonare. Nel futuro potrei... Essere costretto ad affrontare altri portatori di stand per mettere la parola "fine" alla nostra crociata. E quando lo farò... Potrò finalmente vivere in pace con me stesso.-

Sorrise. Poi si alzò e fece un piccolo inchino a quel santuario solitario, prima di uscire dal cancello ferreo del cimitero nell'aria frizzante della notte.






















.....
Sorry: tragic Valeria can't come to the phone.

Only wholesome Valeria is available tonight.

Non aggiorno dal Paleolitico, ma è colpa della scuola.

La faccio facile io... Dò sempre la colpa alla scuola.

Vabbè, diciamo pure che non sto dormendo bene queste notti.

Comunque non so bene se quella nevicata del dicembre del 1989 è durata fino a gennaio, ma fate finta di sì.

E comunque mentre ricercavo le nevicate in Florida ho visto questo


E allora ditelo che è destino.

In ogni caso spero che i piccoli flashback non vi abbiano incasinato il cervello e siamo stati abbastanza chiari... In caso contrario, chiedetemi pure.

Voglio vedervi commentare in taaaaaanti!

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top