Traccia 1-Fantasma

Rimasi lì, ferma, immobile, paralizzata.
Una folla di persone era disposta a semicerchio intorno a me, come se fossi un'attrice sulla scena di un teatro greco.
Non sembravano apprezzare lo spettacolo; i loro occhi erano sbarrati e la loro bocca era distorta in una smorfia orribile.I loro volti erano autentiche maschere di terrore.
Fissai l'attenzione su una signora anziana, che mi stava indicando con una mano pallida e ossuta. La soffice massa di capelli bianchi le ricadeva sulle fragili spalle in modo disordinato ma lei non se ne curava. Gli occchi azzurri erano adombrati dal pianto mentre, tra un singhiozzo e l'altro, cercava di dire qualcosa.
Accanto a lei, tutti gli altri lanciavano grida ed urli strazianti, in un assurda cacofonia insopportabile.
Che cosa avevano da gridare? Perché mi guardavano tutti in modo così sconvolto?

Stavo per chiederglielo, quando una fitta mi trafisse il petto come una lancia. Le parole mi si bloccarono in gola, mozzandomi il respiro. M'accasciai a terra in un momento, senza neppure rendermene conto. Notai che l'asfalto era impregnato di un liquido cremisi e vischioso che emanava un forte odore di ferro. Sangue.
Il mio sangue, realizzai con un brivido lungo la schiena.

Un ragazzo corse al mio fianco, mi sollevò tra le sue braccia e mi pose delicatamente sulle sue ginocchia. Non ebbi la forza di protestare.
La folla si strinse intorno a me ad anello, rubandomi l'ossigeno. Mossi freneticamente il petto su e giù, annaspando in cerca d'aria come se fossi un assetato che vaga nel deserto coltivando l'illusione di trovare dell'acqua.
《Chiamate un' ambulanza!》 gridò il ragazzo con una nota di disperazione nella voce.
Voltai lentamente il capo verso di lui e nei suoi occhi grigi intravidi una cupa ombra di rassegnazione.
Quello che prima era solo un tenue, piccolo dubbio in quel momento si tramutò in una gelida certezza. Il terrore di morire mi pervase la mente allo stesso modo in cui il petrolio invischia le ali di un gabbiano.
Il dolore esplose di nuovo al centro del petto ed io piantai le unghie nella maglietta del ragazzo.
《Presto, datemi qualcosa per tamponare il sangue!》
Sentii gemiti e singhiozzi soffocati, ma nessuno rispose alla chiamata del ragazzo.
《Sbrigatevi, maledizione!》 ringhiò.
Credo che uno della folla avesse fornito una pezza di tessuto, perché sentii qualcosa avvolgermi la ferita.
Il giovane mi accarezzò i capelli, anch'essi incrostati di sangue a causa del contatto con l'asfalto.
《Andrà tutto bene, tranquilla》 mormorò. 《Hanno chiamato l'ambulanza, è in arrivo. Sarà presto qui.》
Sfoggiava un tono sicuro, ma non era riuscito a dissimulare il tremore nella sua voce.

Tuttavia, apprezzavo molto il gesto e mi sarebbe piaciuto ringraziarlo ma dalle mie labbra fuoriuscì solo un gemito soffocato. Ero così debole che anche solo muovere una mano mi costava fatica. Mi sentivo svuotata, priva di forze. Chissà quanto sangue avevo già perso
... ero così stanca.

Avevo le palpebre pesanti e avrei voluto tanto abbandonarmi all'oblio eterno; una parte di me però non me lo permetteva e m'esortava anzi a combattere una battaglia che, lo sapevo bene, era inutile.
Della mia vita non rimanevano che pochi, miseri, granelli di sabbia. Avevo solo il tempo di ripercorrere i momenti più belli della mia breve, fugace vita.
Mi sfilarono davanti agli occhi episodi della mia infanzia, il mio primo giorno di medie, sola e sperduta in un nuovo ambiente, le uscite con i miei amici delle superiori, il mio primo bacio...
A velocità allarmante, rividi in un flashback tutto ciò che avevo di più caro. I miei genitori, se solo fossero stati qui per un ultimo abbraccio!
E poi, lui, a cui avevo dedicato due anni della mia vita senza che lo sapesse. Se avessi potuto, avrei sospirato. Se avessi potuto, avrei vissuto.
Ma c'era una cosa che potevo fare. Tirai su di un poco la testa, non senza fatica, e sforzandomi di tenere gli occhi aperti guardai dritto verso l'astro più luminoso di tutti.
I greci narravano che i morenti, prima di scendere negli Inferi, cercavano sempre la luce del sole ed io trovai quel desiderio più che legittimo. Vedere il sole, la cui luce era fonte di vita, mi forniva il pretesto per un ultimo, debole sorriso. 
Poi, fu il nulla.

Talvolta mi ero chiesta cosa ci fosse dopo la morte. Si diventava cenere? L'anima si disperdeva nel nulla? O andava in paradiso? Oppure ancora, si reincarnava? E se non fosse mai esistita?
Nei secoli, molteplici filosofi avevano formulato ipotesi contrastanti tra loro ma, di fatto, non c'era nessun elemento che confermasse o smentisse.
Forse è proprio vero, come sosteneva Kant, che si rischiava di perdersi nell' oceano-mare della metafisica.
Ad ogni modo, nulla mi preparò a ciò che successe.

Percepii i miei pensieri agitarsi e turbinare insieme e poi fuoriuscire dalle orecchie in una sorta di una nube compatta. Riuscii a seguire la traiettoria della massa informe, che in realtà si muoveva nell' etere vagando senza meta.
Non possedevo nessuno dei cinque sensi, tuttavia le mie facoltà razionali erano ancora intatte, al punto che ricordavo perfettamente il mio nome, la mia vita e gli ultimi avvenimenti... mi bloccai. Sentii la massa informe dei miei pensieri ingarbugliati arrestarsi di colpo.
Ero morta.
Pff. Quello che il giorno prima era vita, ora non era più.
Era nulla, vuoto. Perché fra tutti i sensi avevo mantenuto solo la ragione? L'unica che mi ricordava che il mio tempo era esaurito? Maledizione!
I miei sogni, i miei progetti... distrutti.
Le mie speranze... infrante.
Rimaneva solo la triste consapevolezza di aver perduto la vita prima ancora di aver vissuto.

《Piantala di autocommiserarti!》 m'ammonì una voce femminile. Stupidamente feci l'atto di voltarmi,  e, con mia grande sorpresa, la "nube" eseguì i miei ordini. Non che servisse a molto, visto che i miei pensieri erano sospesi nell' etere ed io ero priva di vista.
La donna, ragazza, o qualunque cosa fosse, sbuffò. 《Oh cielo, ma sei ancora in questa forma?》
Non capii a cosa si riferisse, però notai che, quantomeno, avevo l'udito funzionante. Avrei voluto tempestarla di domande riguardo alla sua identità e al motivo della sua presenza, ma poi ricordai di non avere una bocca.
《Se ti decidessi ad assumere la forma che conviene all'anima di un essere umano, a quest'ora potresti parlare!》
sbottò infastidita.
Era un'allucinazione, ormai era chiaro. Come poteva altrimenti quella voce assurda leggermi nel pensiero?
《Odio chi si comporta così!》 commentò a mezza voce.
《Se fossi solo un'allucinazione,  potrei forse suggerirti che è sufficiente immaginare il tuo corpo perché esso compaia?》
Mi soffermai a riflettere; certo, poteva essere semplicemente un consiglio del mio subconscio- ammesso che ne avessi ancora uno- ma in fondo la questione non aveva molto importanza.
Valeva la pena di mettere in pratica quanto raccomandato.
Mi concentrai sulla mia immagine, focalizzandomi prima sulla struttura generale e poi sui dettagli, come l'abbigliamento.
Non volevo certo apparire nuda!

In contemporanea con i miei sforzi, sentii la massa muoversi in diverse direzioni. Impartii allora ordini su come disporsi e, come uno artista modella la sua scultura, io ricostruii il mio corpo, o almeno un suo pallido riflesso. Fu un processo un po' lungo visto che i miei pensieri non seguivano un unico filone, ma al termine potei dirmi soddisfatta.
La mia immagine aveva le esatte sembianze di quando ero in vita. Notare che ero eterea e inconsistente mi destabilizzò un poco ma almeno ero di nuovo me stessa.
Purtroppo, avevo recuperato anche la vista e ciò che vidi non mi piacque per nulla.
Il mio corpo, la mia dimora per diciassette anni, giaceva sull'asfalto in una pozza di sangue. Intorno a me, una folla di astanti guardava la scena con smorfie di disgusto o tristezza mentre qualcuno mormorava  un 《Era così giovane.》Distolsi lo sguardo, incapace di rimirare la scena, e, abbassando gli occhi, notai che anche i miei attuali vestiti erano intrisi di sangue. La mia t-shirt bianca era divenuta scarlatta tanto era macchiata e pure i miei jeans a sigaretta presentavano qualche chiazza scura. Persino da morta mi si doveva ricordare la mia tragica fine.

《Su, smettila di piangerti addosso!》
Sobbalzai dallo spavento. Mi ero completamente scordata di lei.
Mi voltai a nella direzione da cui proveniva la voce così per la prima volta ebbi modo di vederla. Era una donna- e questo già l'avevo intuito- ma di certo non apparteneva alla nostra epoca. Indossava infatti il chitone, la tipica veste femminile greca, impreziosita da una cintura dorata e fermata sulla spalla da una spilla, anch'essa dorata. I capelli, scuri come il mogano, le ricadevano sulla spalla in una treccia a spina di pesce. Una giovane stramba.

《Tu chi sei?》le chiesi con una punta d'irritazione. 《Come osi dirmi cosa devo o non devo fare?》
Lei mi si avvicinò o meglio levitò, e inarcò un sopracciglio scuro.
《Sono chi tu vuoi che io sia》rispose enigmatica. 《 E ti dico di non autocommiserarti perché tanto è inutile.》 Addolcì un po' il tono. 《Non ti farà stare meglio.》 Intensificò il suo sguardo su di me. 《Ricordati che os pasin emin katzanein ofeiletai.》
《"La morte è un debito che tutti devono pagare"》mormorai quasi tra me e me.
La traduzione dal greco fu spontanea:mi ricordavo bene quel verso, perché apparteneva alla tragedia a cui avevo assistito. 《Alcesti!?》
La donna dedicò una lunga occhiata al suo abbigliamento.
《Sono vestita alla maniera greca per cui beh...》
Aggrottò la fronte, probabilmente nello sforzo di capire a chi mi riferissi. 《Alcesti non è colei che si offrì di morire al posto del marito Admeto?》
Annuii.
《Allora è plausibile che io sia lei.》 Mi squadrò con sguardo interrogativo 《Perché  mai una ragazza giovane come te dovrebbe scegliere un personaggio della mitologia greca?》
Scegliere? Non penso di averlo fatto consciamente; avevo studiato la tragedia di Euripide nei minimi particolari prima di vederla rappresentata a Siracusa per cui suppongo che avesse sollecitato la mia immaginazione.
《Perché sarebbe plausibile che tu incarni Alcesti?》 sviai la domanda.
《Perché io, mia cara, sono lo spirito addetto ad aiutare le anime che in vita non hanno dato spazio ai loro sentimenti.》
Mi scrutò con intensità, come se volesse leggermi dentro.
Cosa che, peraltro, non era troppo difficile dato che ero trasparente.
《Le anime mi vedono ciascuna in modo diverso ma qualunque sia il mio aspetto, rappresento sempre personaggi guidati dall' amore, e Alcesti si è appunto sacrificata in nome dell'amore per il marito》 spiegò.

La situazione stava degenerando: ero appena morta, mi ero trasformatain un fantasma e quest'anima, simulacro di Alcesti, mi diceva che doveva aiutarmi con i miei sentimenti. Cosa avevo fatto di male per meritarmelo?
《Capisco che tu sia sconvolta ma ti assicuro che l'unico modo per trapassare  è rendere conto dei tuoi sentimenti al diretto interessato.》
Tradotto: se vuoi andare nell' aldilà devi confessare il tuo amore al ragazzo che ti piace.
E io non ero pronta a questo, né a oltrepassare il velo che separa vita e morte né tantomeno a dichiararmi.
《Possiamo andare in un altro luogo a discuterne?》 Lanciai una fugace occhiata al mio cadavere.
Alcesti-ammesso che sia lecito chiamarla così- annuì.
Chiuse gli occhi e divenne evanescente. In un attimo era sparita!
Perché diamine non spiegava anche a me i superpoteri di un'anima?
《Possibile che tu non sappia ingegnarti almeno un minimo?》 tuonò la sua voce, spaventandomi un poco.
《Imita i miei gesti e per il resto ti guiderò io.》
Notai che il suo tono nascondeva una punta d'irritazione perciò m'apprestai a seguire il suo esempio.

Quando riaprii gli occhi, non ero più nel viale costeggiato da alberi e aiuole, bensì ero in una aula di pochi metri con le pareti di un terribile giallo uovo. La lavagna recava ancora disegnate le funzioni goniometriche, nonostante fosse ormai pomeriggio inoltrato.
Feci una smorfia: ero nella mia scuola, il liceo classico che un tempo era un convento. Non penso sia necessario aggiungere altro.
《Perché siamo qui?》
Alcesti m'indicò il ragazzo seduto accanto alla finestra e, non so per quale motivo, l'intera scena mi ricordava la venuta degli spiriti durante la notte di Natale nel racconto di Dickens.
Mi fece cenno di avvicinarmi ma io non ebbi bisogno di farlo.
Lo stesso fisico asciutto, la stessa massa di lisci capelli capelli castani che gli ricadeva sulla fronte in modo disordinato, l'espressione assorta... era lui, non c'erano dubbi. Il ragazzo di cui ero innamorata da due anni.

《C-che ci fa lui qui?》
Lo spirito si studiò le unghie. 《Era qui per un progetto scolastico》 spiegò. 《Ma gli hanno appena annunciato la tua morte.》
In effetti era probabile che la notizia lo avesse già raggiunto, visto che ero morta nel viale adiacente alla scuola.
Alberto alzò la testa e si voltò nella nostra direzione. Io lo guardai allibita.
《Lui c-come può... io...》
《Vederci? Mia cara, altrimenti come potresti confessargli il tuo amore?》 aggiunse un sorriso radioso.
Se solo i fantasmi potessero incenerire con lo sguardo!

Alberto nel frattempo era giunto di fronte a noi e ci scrutava con un'espressione tra lo sconcerto e l'allucinato. Il suo sguardo sfrecciava dall' una all'altra con rapidità allarmante. Benché fosse visibilmente sconvolto, i suoi occhi verdi su di me erano ancora in grado di mozzarmi il fiato. (Se avessi avuto ancora dei polmoni)
Del resto, avevano sempre avuto il potere di ammaliarmi. Ho sempre pensato di essermi innamorata di lui a causa di quello sguardo indagatore che sembrava leggere i più oscuri recessi di ciascuno.
《Voi chi...chi...cosa?》 deglutì un paio di volte e si passò una mano sul volto.
《Io sono Alessia, la tua compagna di classe, ricordi?》
Tentai di mantenere la calma ma non era facile spiegare ad un vivo che aveva dei poteri da chiaroveggente. Alberto camminò in circolo continuando a scuotere la testa.
《È un'allucinazione》 borbottò tra sé e sé.
《No che non lo è!》 dissi. 《Io sono reale!》
《Sisi certo, è ovvio che lo spirito della mia compagna appena morta sia qui!》Sembrava parlare tra sé e sé.
Si messaggiò il mento. 《Devo essermi autosuggestionato, ecco.》
《Confessagli il tuo amore》mi sussurrò nell' orecchio Alcesti. 《È la tua via per il regno dei morti.》
Era davvero così? Se non le avessi dato ascolto avrei vagato sulla Terra per l'eternità?
La sua risposta arrivò lapidaria. 《Sì.》
《Mi leggi nel pensiero?》
Scrollò le spalle. 《In parte sì, ma la verità è che sei prevedibile.》
Alberto si passò una mano tra i capelli. <<Andatevene!>> gridò con rabbia.
<<Diglielo>> m'intimò Alcesti.
L'agitazione mi pervase il petto e, se non fossi morta, potrei giurare di aver sentito le farfalle nello stomaco.
《Posso darti una prova del fatto che sono reale》esordii.
《E come?》
《Posso dirti qualcosa di me di cui tu non sei mai stato a conoscenza.》
Alberto mi osservò con rinnovato interesse.
Il nervosismo che provai fu dieci volte superiore a quello di un esame. Mi voltai verso Alcesti, che mi fece un cenno d'incoraggiamento. Riportai l'attenzione sul ragazzo, che mi fissava ancora in modo stralunato. Dovevo dirglielo, lo dovevo a me stessa. Racimolai il mio scarso coraggio e confessai ciò che era rimasto segregato nel mio cuore per due lunghi anni.
《Mi piaci.》

#spazio autrice
Uff, che fatica! Finalmente sono riuscita a pubblicare la mia prova!
È un testo molto autobiografico, forse quello che mi rispecchia di più tra ciò che ho scritto su wattpad.
Non so, lascio a voi (e ai giudici) il giudizio su questa os.
Lasciate un commento!  :)
Grazie e alla prossima!

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