La danzatrice di fuoco

I guizzi delle fiamme abbracciavano l'albero in una mortale carezza. Si arrampicavano sul tronco e lo avviluppavano come spire di un serpente, consumando ogni residuo di linfa vitale. La pianta, impossibilitata a liberarsi da quella stretta mortifera, emetteva strazianti gemiti di dolore che nessuno poteva udire. Nessuno, eccetto Tamalia.

Lei restava ad osservare quell'atroce spettacolo in silenzio. Contemplava le fiamme divorare l'albero, affascinata ed impaurita al tempo stesso dalla forza e della voracità del fuoco, fuoco a cui lei stessa aveva dato vita.
Le era bastato alzare le mani al cielo ed invocare la dea Flaminia per ottenere la facoltà di scatenare quel rogo; allo stesso modo, sarebbe stato sufficiente chiudere la mano a pugno per fermare l'incendio. Ma non lo poteva fare: doveva portare a termine il suo compito, anche se questo significava morire.
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Tamalia era sdraiata proprio sotto quella quercia quando per la prima volta la voce di Flaminia le si era insinuata nella testa. Era una voce calda, roca, e graffiante come un coltello.
<<Ti consacro come mia sacerdotessa>>
Una semplice frase che aveva mutato per sempre la vita della ragazza. Da quel momento infatti aveva dovuto rinunciare alla famiglia, agli affetti, e a tutto ciò che aveva caratterizzato la sua esistenza. Aveva dovuto votare se stessa alla dea, accettando di sottomettersi completamente a lei. Molti ad Arganon ritenevano che fosse una benedizione, ma per Tamalia era più che altro un fardello. Aveva sì ottenuto poteri straordinari, ma a che prezzo? Aveva perso tutto, anche se stessa.
Non c'era niente che potesse dichiarare suo. Lei apparteneva alla dea, solo questo contava. Proprio per questa ragione aveva accettato la missione suicida che le era stata affidata. Flaminia le aveva annunciato che le radici della quercia che si ergeva al centro del bosco adiacente ad Arganon affondava le radici direttamente nel regno dell' Oltretomba e che perciò andava estirpata. La dea della natura selvaggia e violenta non poteva permettere che le divinità ctonie le si rivoltassero contro, sfruttando quel passaggio. Ergo, aveva ordinato a Tamalia di bruciare la pianta con il fuoco sacro, donatele da lei.
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La sacerdotessa cadde a terra e si strinse lo stomaco tra le mani. Prima aveva tentanto di resistere, ma in quel momento le fitte di dolore la trafiggevano come mille lingue di fuoco, mozzandole il respiro. Intanto, nelle orecchie le risuonava il grido d'angoscia dell'albero della cui fine era lei stessa l'artefice. La lacerava dall' interno, come se quell'urlo le strappasse l'anima dal corpo. Il dolore era talmente acuto che Tamalia si chiese se mai un essere umano ne avesse provato di più. La dea l'aveva avvertita che con l'appiccamento dell' incendio la sua essenza vitale si sarebbe congiunta a quella della quercia provocando anche la sua morte, ma di certo non le aveva detto che sarebbe spirata tra atroci sofferenze.
Soffocò un gemito, mentre l'ennesima fitta le toglieva il respiro. Un' ultima vampata, un ultimo sospiro, e la sacerdotessa dai capelli scarlatti morì, passando alla storia come la danzatrice di fuoco.

#spazio autrice
Ammetto che restare nei limiti delle 500 parole è stata arduo, ma alla fine ce l'ho fatta. Scrivertemi nei commenti cosa ne pensate :)

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