Loneliness

Dopo quel colloquio, Abel è rimasto completamente solo per un mese. L'acqua gocciolava dal rubinetto un giorno sì e tre no e non aveva idea di quando avesse mangiato l'ultima volta.
Era così strano sentirsi debole senza sprecare alcuna energia fisica, senza potere letteralmente fare nulla...
Si sentiva sempre più confuso; la chiarezza mentale diminuiva inesorabilmente, lasciandolo con una concezione molto relativa della realtà, vissuta come un dormiveglia continuo. Quindi, un po' per abituarsi alla sua stessa voce, un po' per spezzare il silenzio, aveva preso l'abitudine di parlare da solo. Sforzandosi di ragionare, ha compreso che la perdita totale della memoria non era l'unica cosa che affliggeva il suo senso del tempo. Come già sappiamo, cercare di ricordare gli faceva un male bestiale, proprio come se quella parte di mente gli fosse stata amputata e dover toccare, o anche solo sfiorare il moncherino gli provocasse una brutta reazione. È in questo periodo che per lui la causa di quel dolore misterioso è diventata chiara: più si sforzava di afferrare un ricordo, di metterlo a fuoco, e più esso gli sfuggiva - come acqua tra le dita. Ma c'era una novità: il vuoto stava avanzando. Anche il primo periodo della permanenza era entrato a far parte della sfera dei "ricordi" e questo lo stava lentamente convincendo che tutta la sua esistenza fosse legata a quel luogo, all'organizzazione per lui ancora senza nome che lo aveva costruito e quindi a colui che ne era a capo.
A tal proposito, v'è da specificare che l'unica immagine che gli sovvenisse senza fatica era la spaventosa figura di M. Bison, col mantello bordeaux fissato alle spalle, sottolineate da strani affari metallici ripresi su polsi e stinchi che gli davano l'aspetto di un robot, gli occhi cattivi e... Una voce veramente fastidiosa.
Non aveva nulla di umano.
Il giovane non provava alcun sollievo a rivederlo, in sogno o nella veglia. Reputava quasi una fortuna di non averlo più dovuto affrontare, dopo quella volta... Mentre rimpiangeva di non avere più potuto avere alcun contatto con anima viva.
Il freddo interiore che sentiva si era lentamente propagato all'esterno, come se il suo umore avesse fatto arrivare l'inverno dentro la piccola stanza - ovviamente quella sensazione era dovuta alla sua crescente debolezza, a sua volta determinata dall'assenza di sostentamento, che lo stava avvicinando di nuovo alla soglia dell'aldilà.
Raffreddore, mal di pancia, l'unica cosa che spezzava la monotonia e il fastidio della fame (sempre più simile ad una malattia) erano i malori che lo colpivano in continuazione. E ogni volta che qualcosa gli faceva male sul serio, non poteva non chiedersi con un gran sospiro: quando finirà tutto questo?

**

Ed ecco, dopo una notte passata a tossire e una mattina in dormiveglia, finalmente la solita giornata poteva iniziare. No, aspetta, era il giorno dell'acqua, quindi Abel era un filo più sereno del solito; ma a parte ciò, sembrava proprio il quarantaduesimo giorno dopo l'ultima cosa interessante avvenuta, ovvero il suo internamento e il colloquio - uguale al quarantunesimo e al quarantesimo, nonché a tutti i precedenti.
E poi è stato Caos, con la C maiuscola.
Avendo appena bevuto, quindi riuscendo a parlare con tranquillità grazie all'assenza di secchezza in gola, è riuscito ad esclamare: «Cosa succede?!» quando la sua "finestra" è andata in frantumi, permettendo ad un signore mai visto prima di tendergli la mano. Indossava grossi scarponi neri, uno spesso giubbotto antiproiettile verde e un cappello che indicava chiaramente la sua appartenenza alle forze armate statunitensi.
«Veloce, seguimi!»
Senza neanche riflettere, Abel gli è corso dietro per quasi dieci minuti.
«Dove diamine è l'uscita?!»
«Non ne ho idea!»
Si sono fermati ad un bivio, anche e soprattutto per riprendersi un attimo: il prigioniero era praticamente allo stremo. E poi quella base era letteralmente un labirinto...
«La radio non prende, qui sotto. Le istruzioni che mi erano state date erano completamente sbagliate... Mi avevano anche indicato un altro prigioniero» ha sussurrato il soldato, dapprima per chiarire un pochino la situazione al fuggitivo, poi tra sé e sé.
Abel si è morso il labbro. Il ricercato, forse, era il giovane che aveva visto passare fuori dalla sua cella così tanto tempo prima... Oppure una persona importante, che avrebbe potuto fare una differenza per qualche motivo, una volta fuori da là.
Mentre lui... Sebbene non avesse idea di chi fosse stato, era quasi sicuro di non avere mai avuto abbastanza doti per poter cambiare alcunché, nel mondo. Indice di questo, il fatto che nessuno fosse mai venuto a salvarlo.
«Io-» ha iniziato a dire, lo sguardo a terra; ma si è subito bloccato, sentendo un rumore di passi che s'avvicinava veloce.
«Ho trovato la spia!»
La voce subito riconoscibile di Vega ha ben presto sostituito ogni altro rumore. Il militare l'ha guardato dalla testa ai piedi, poi ha inarcato la schiena, pronto ad affrontarlo; Abel, invece, conscio dell'impossibilità totale di vittoria s'è lasciato scivolare lentamente lungo la parete gelida, finendo seduto per terra.
Il giubbotto dell'americano gli ha permesso di resistere un bel po', mentre Vega continuava a schivare i suoi attacchi. Infine, gli artigli sono riusciti a trapassare la protezione e metterlo K.O..
Con un ultimo colpo, l'assassino di Bison ha fatto sì che alcuna informazione potesse uscire dall'edificio; poi si è voltato per riferire il successo, camminando con sussiego e lasciando il compito di trasportare il Sesto Corpo (pietrificato dal terrore) in una cella sigillata ad uno spesso collega che l'ha portato in spalla senza alcuna fatica.
Incredibilmente, nessuno gli ha detto nulla - peggio di quello che già gli stava facendo, probabilmente, neanche Bison in persona poteva immaginare alcunché.
Da quel giorno ci sarebbe stata una nuova immagine a perseguitarlo, insieme al ghigno del dittatore: il volto contratto dal dolore dell'unica persona ad essersi preoccupata di lui, dacché se ne potesse ricordare. Il suo ultimo respiro, il suo sangue che imbrattava tutto.
E nessuna anima sarebbe più passata davanti al vetro, nessun rumore l'avrebbe più distratto per qualche tempo.

La base, infatti, dopo l'episodio dell'infiltrazione - e dato che i tempi erano ormai maturi - era stata definitivamente abbandonata: eccezion fatta per lui, non era rimasta anima viva. Per tre o quattro giorni nulla era destinato ad accendersi: questo avrebbe con ogni probabilità attirato qualche militare.

E quindi, insieme alla demolizione di quanto rimaneva, si prevedeva la soppressione di diverse esistenze.

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