Ben's heritage

In un libro si mettono le cose importanti, vero? A meno che non si sia un decadente alla D'Annunzio, si cerca di mettere solo quel tipo di avvenimenti che segnano una svolta cruciale nella vita del protagonista, la fine di un'era e l'inizio di un'altra.
Per questo ho deciso di andare avanti di qualche giorno nella vita di Abel: la pioggia ha smesso di disturbare la vita dei marsigliesi e degli immancabili turisti, ma lui non ha più avuto modo di uscire a godersi il bel tempo.
L'estate è ormai giunta... Quel caldo che sembra infastidire tutti, a lui non risulta affatto opprimente. Ne ha provati di ben peggiori, come quello africano, o quello--
Toc, toc, toc.
Tornando a concentrarsi sul mondo che lo circonda, Abel alza lo sguardo, fissandolo contrariato sulla porta che a breve si spalancherà. Si trova al lavoro: per guadagnarsi da vivere ha sfruttato una capacità che aveva scoperto di avere come mercenario, il cucito - utile non solo con il sacco da boxe, ma anche con le uniformi di tutti i colleghi - per aprire una piccola bottega in una vietta del centro città, che a due settimane dall'apertura funziona già a gonfie vele. Per la precisione si trova nel retro, nel piccolo magazzino-laboratorio che ha ingombrato di macchine e ripiani candidi, tenuti sempre in ordine per sprecare meno tempo possibile nella ricerca dei materiali e degli strumenti in orario di lavoro. Quell'orario, cioè, che prevede la chiusura del punto vendita da ben due ore, e che rende il signor Verplaeits il solo al mondo ad aver potuto bussare alla sua porta dopo aver attraversato il negozio chiuso alla clientela: egli è, infatti, il suo unico collaboratore.
Lo sta aiutando, questo è da riconoscergli, quanto più gli è possibile con l'organizzazione del punto vendita e del lavoro che gli è dietro, con le scartoffie e tutto il resto; e la sua disponibilità è un'autentica fortuna. Il giovane non saprebbe davvero farne a meno, soprattutto perché la sua incredibile energia non gli permette di cucire pacificamente tutto il giorno come i clienti vorrebbero, ma gli impone di spostarsi e muoversi almeno di tanto in tanto. Questo è il motivo per cui ogni sera deve sfogarsi allenandosi, nella speranza di riuscire a tenere il fondoschiena incollato alla seggiola almeno per la mattina seguente.

Per inciso, grazie all'abilità acquisita nel cucito, ci mette la metà del tempo che gli serviva a rimettere insieme il sacco, che continua a non reggere per più di due giorni di allenamento. La sua forza e le sue tecniche sono al medesimo livello di quando Sumner era suo insegnante, con la differenza che ora è solo e l'unica voce che può suggerirgli a cosa dedicarsi con maggior impegno o come migliorare è la sua. Fortunatamente pare star funzionando.
In partenza era stato indeciso se dedicare il piccolo spazio commerciale acquistato ad una scuola di sambo o ad una sartoria. Riflettendoci bene, tuttavia, ha capito di non sentirsi pronto ad insegnare ad alcuno, e soprattutto che l'unico motivo per cui la lotta continua a fare parte della sua vita è che serve ad esaurire le forze eccessive che lo psycho power - e detto tra noi il gene - fa "fermentare" senza sosta dentro di lui. Si tratta di una necessità, forse anche di un dovere, ma non di un interesse o di una passione.
Lottare è un ottimo modo (se non l'unico, almeno il migliore) per liberarsi di ogni energia, e inconsciamente Abel spera che anche quella derivata dagli esperimenti di Bison possa esaurirsi, presto o tardi. Sin dagli inizi, anche se non può saperlo, ha sempre e solo praticato le arti marziali col fine di sfogarsi e mai perché le apprezza o perché lo appassionano; non gli è mai piaciuto davvero, lottare, ma è comunque ciò che meglio gli riesce, ciò in cui è diventato un professionista e addirittura un potenziale maestro.*

È il momento, comunque, di riportare l'attenzione a quanto sta accadendo nel piccolo laboratorio, perché Verplaeits pare davvero eccitato da qualcosa e Abel sembra perplesso dal suo comportamento.
«Il notaio ti aspetta!»
«Cosa?? Si sieda un attimo e mi spieghi cosa sta accadendo.»
«L'eredità... Ben...»
Un po' spazientito dalla fretta che il collega e coinquilino mette nel pronunciare ogni singola parola - rendendo il discorso pressoché incomprensibile - il ragazzo non può che portarsi le mani alle tempie e sforzarsi di non urlare.
«Si calmi, Verplaeits. Non sto capendo un accidente.»

In pratica è stata trovata una cassa di proprietà di Ben; contiene diversi beni di sua proprietà e il testamento nel quale Abel è indicato come unico erede del suo contenuto.
Al momento la cassa è in attesa della sua firma per poter essere spedita in Francia e qui rimanere. E così al giovane non rimane che dirigersi dal notaio che ha l'ufficio un paio d'isolati più avanti, ed è quindi tranquillamente raggiungibile a piedi.

**

«Qui, qui e qui.»
«E a cosa servirebbero così tante firme?»
Il notaio, un nanetto baffuto e occhialuto rinchiuso nella sua stessa gobba, gli rivolge un'occhiata quasi terrorizzata. Il suo timore è dovuto al fatto che con una sola mano Abel potrebbe prendergli il cranio e farlo diventare una polpetta; dato che però quest'ultimo non l'ha nemmeno realizzato, si trova spiazzato da quelle due sfere tremolanti che lo fissano quasi con insistenza da dietro due buffe lenti rotonde.
«È la-- la procedura, signore. B-burocrazia, sa.»
«Oh, capisco. Beh, ecco fatto.» Gli porge il plico con un sorriso, ma quando il notaio li afferra nervosamente, si rabbuia. «È tutto ok, signor... Notaio?»
«Sì, sì.» I piccoli occhi scorrono su innumerevoli altri fogli, che pinza poi insieme e allunga al cliente. «Dovrebbe ricevere tutto entro una settimana... Diciamo pure tre giorni. Se dovesse cambiare idea--»
«Io non cambierò idea! È la volontà del... Del mio ex capo.»
Per la risposta violenta di Abel, il piccoletto sobbalza e sembra quasi soffocare nella pelle raggrinzita del suo medesimo collo.
«Perfetto, allora, tenga questo» dice tutto d'un fiato, porgendogli una lettera e aggiungendo subito dopo: «Arrivederci, addio, addio!»
Alzandosi in piedi, i due metri del ragazzo sovrastano la sua ridicola mole; diventano un poco meno a causa dell'accenno di un inchino e poi abbandonano la stanza con gran sollievo del perplesso notaio, che si lascia andare sullo schienale della seggiola con un sospiro. 

**

*Ecco le fonti:
- la frase che rivolge a Sakura nella modalità Arcade in SSFIV: "You seem to really enjoy fighting. I've never felt like that myself." - "Sembra che ti piaccia lottare. A me non è mai piaciuto."
- una delle citazioni delle round win in SSFIV: "If fighting will help me to remember..."  - "Se lottare mi può aiutare a ricordare..."
- la frase che rivolge a C. Viper nella modalità Arcade in SSFIV: "We may have different careers, but we both qualify as pros." - "Abbiamo carriere diverse, ma siamo entrambi professionisti."
- la frase del rival match, contro Guile in SSFIV: "I'm much of a pro!" - "Sono davvero un professionista!"

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