N'avez pas peur des phantômes, craignez les vives.

Note: fanfiction di genere paranormale. Nata da un mio sogno. Nel suddetto sogno io ero Thomas, dunque se leggete capirete quanto io abbia sofferto. Mentre leggete ascoltate la canzone perché ad un certo punto penserete esattamente quello che il testo dice verso un certo personaggio (se finisce fatela ripartire)
Detto questo, buona lettura!

Non avete paura dei morti, temete i vivi.

Thomas' POV

Quello che tutt'ora sono convinto sia stato il giorno peggiore della mia vita iniziò nel più normale dei modi.

Io e il mio fidanzato Newt eravamo seduti su una panchina della stazione di Denver, la nostra città. La cosa curiosa è che nessuno di noi doveva prendere il treno, ce ne stavamo semplicemente lì, lui col capo poggiato sulla mia spalla, a fissare i binari.

Fu allora che accadde una cosa alla quale ancora ora sono restio a credere.

Successe tutto in pochi secondi: un minuto prima guardavo i binari vuoti, poi mi girai a guardare Newt per una frazione di secondo e infine tornai a guardare i binari.

Che non erano più vuoti.

Sui binari camminava una donna dall'aspetto etereo, venendo nella nostra direzione e percorrendo così le lunghe sbarre di ferro verticalmente.

Era una donna di statura media, coi lunghi capelli biondi raccolti in uno chignon.

Dalla distanza non saprei dire che colore avessero i suoi occhi.

Mi guardò per qualche secondo, per poi parlare:

"Sei mai stato all'ospedale di Denver?"

Io non risposi, troppo shockato dalla sua voce cristallina e da come la sua figura oscillasse come se fosse un ologramma.

"Ci rivedremo lì, temo."

Pronunciate queste parole la donna riprese a camminare -o fluttuare?- molto lentamente, seguendo il corso dei binari verso l'uscita della stazione.

Fu a quel punto che mi rivolsi a Newt:

-La vedi anche tu?-

Lui annuì, un'espressione di puro stupore era dipinta sul suo viso.

-Seguiamola.-

Lo presi per mano e cominciammo a seguire la donna che era giunta alla casa più vicina alla stazione.

Un'anziana signora di Denver la squadrò come se fosse abituata a vederla e dopo essersi fatta un rapido segno della croce proseguì nella nostra direzione.

Mentre la donna eterea entrava nella casa noi ci avvicinammo all'anziana signora e Newt parlò:

-Ci scusi, lei sa chi fosse quella donna?-

L'anziana signora annuì:

-Quella donna è ormai molto conosciuta in città. Ormai cinquant'anni fa morì sulle rotaie e adesso svolge un lavoro poco onorevole.-

La guardai incredulo: se quella donna era morta com'era possibile che noi la vedessimo così vividamente?

Decisi comunque di porle un'ultima domanda.

-Che tipo di lavoro?-

La donna fece uno strano sorriso:

-Se attendete lo scoprirete da soli.-

E l'anziana signora non si sbagliava: pochi istanti dopo vedemmo la donna di prima uscire dalla casa e, ora che la osservavo meglio, la sua figura era quasi trasparente e i vestiti che indossava non avevano certo un'aria moderna.

Ma quello che mi stupì maggiormente fu il fatto che a seguirla ci fosse una figura altrettanto incorporea, ma nettamente più piccola.

Era la figura di un ragazzino che non poteva avere più di tredici anni e seguiva la donna con aria rassegnata. Un ragazzo paffutello, dal viso gioviale e i capelli ricci.

La donna lo prese per mano ed entrambi scomparvero. Ma un attimo prima di dissolversi nel nulla la donna mi rivolse un sorriso di scuse che non compresi.

Perché si scusava...con me? Era evidente che la donna fosse una sorta di versione femminile del Tristo Mietitore e più che con me avrebbe dovuto scusarsi con la famiglia della quale aveva privato della vita innocente di un ragazzo così piccolo.

Le urla di dolore di una voce femminile si levarono dalla casa pregando chiunque di chiamare un'ambulanza e vedemmo un uomo accorrere dall'altro lato della strada.

Noi, invece, ci allontanammo, consapevoli del fatto che fosse troppo tardi.

Erano passate circa due ore da quello strano avvenimento e non erano nemmeno le cinque del pomeriggio.

Io e Newt avevamo raggiunto i nostri amici, Minho e Brenda, e gli avevamo raccontato l'intera vicenda.

Minho, grandissimo scettico e re del sarcasmo, era scoppiato a ridere dicendo che qualcuno ci aveva fatto un brutto scherzo, mentre Brenda, che aveva sempre mostrato una grande conoscenza della spiritualità annuì con serietà:

-Mì abuelo Jorge mi ha già raccontato di questa donna. E' una sorta di messaggera della morte e viene a prendere le anime dei puri di cuore.-

Io la guardai, non sapendo cosa dire, troppo sconvolto dalle novità apprese quel giorno. Poi mi ricordai di una cosa che ancora non avevo raccontato.

-Quella donna mi ha parlato.-

Newt mi guardò sorpreso:

-Sei sicuro, Tommy? Io non le ho sentito proferire parola...-

Stavolta fui io a guardarlo sorpreso.

-Ma come? Ha parlato dell'ospedale, del fatto che ci saremmo rivisti lì e prima di svanire mi ha anche fatto una sorta di sorriso di scuse...-

Brenda mi guardò preoccupata:

-Potrebbe star parlando del giungimento della tua ora, hermano.-

Sentii le braccia esili di Newt stringersi attorno al mio corpo e la sua voce sussurrare al mio orecchio:

-Non permetterò che tu muoia, Tommy.-

Io ridacchiai:

-Ma dai, magari parlava di qualcosa che succederà tra settant'anni quando morirò di vecchiaia in un letto di ospedale.-

Lo sguardo di Newt si incupì.

-Sarà, ma ho un brutto presentimento.-

Minho sbuffò e alò gli occhi al cielo.

-Ma seriamente credete a queste cazzate? L'amore vi ha davvero fottuto il cervello.

Ora paghiamo e usciamo da questo bar.-

Quindi ci alzammo ed uscimmo dal locale, decidendo di fare una passeggiata nella parte un po' più isolata della città.

Quando ci allontanammo abbastanza notai che Brenda si era incupita abbastanza, ma prima che potessi chiederle cosa avesse ci ritrovammo davanti una vecchia conoscenza.

-Ciao, Tom. Brenda, Minho.- disse la ragazza salutandomi con voce entusiasta e facendo un breve cenno alla coppia, ignorando completamente Newt, il quale si schiarì la voce.

-Oh, scusa Norton, non ti avevo visto.-

-Mi chiamo Newt.- disse lui leggermente seccato.

Lei lo ignorò riportando la sua attenzione su di me.

-Sto andando all'ospedale, ti va di accompagnarmi? E' a solo dieci minuti da qui.-

Brenda trasalì a quelle parole, guardandomi e ammonendomi allo stesso tempo.

Il suo sguardo mi diceva, anzi mi urlava, di non farlo.

-Mi dispiace, preferisco evitare gli ospedali.-

Lei ridacchiò e mi sfiorò una guancia:

-Andiamo, sarebbe un modo per conoscerci meglio... Noi due da soli...-

Fu a quel punto che Newt si frappose tra noi:

-Teresa, lui non verrà con te a "conoscerti meglio" perché è il mio ragazzo. Chiaro?-

Lei lo fulminò con lo sguardo.

-Goditelo, finché puoi.- si limitò a dire.

Poi se ne andò in direzione dell'ospedale.

Quando si fu allontanata abbastanza Brenda parlò:

-Ragazzi, attraversiamo e torniamo indietro. Dobbiamo allontanarci dall'ospedale.-

-Oh, andiamo. Ancora con queste stupidaggini.- disse Minho.

Ma non protestò quando decidemmo di attraversare per poi tornare indietro.

Già.

Attraversare per poi tornare indietro.

Eravamo quasi a metà della carreggiata, quando una macchina a tutta velocità sbucò dal nulla.

Ovviamente cercammo di allontanarci, ma fu tutto inutile. Dopo averci preso in pieno il conducente si schiantò contro un albero.

Mi rialzai dopo pochi istanti, con nient'altro se non ferite superficiali e preoccupato per i miei amici.

Vidi Brenda e Minho su un lato della strada, sembravano avere qualche ossa rotta, ma nulla di grave.

Poi mi guardai attorno per cercare Newt.

Newt era stato sbalzato fuori dalla strada e giaceva circondato da erba che si stava tingendo di vermiglio.

Ma almeno sembrava cosciente.

Corsi da lui gridando il suo nome e quando lo raggiunsi mi accorsi con sollievo che era ancora vivo.

Ma dal suo capo stava uscendo decisamente troppo sangue.

- T-t-tommy...- mormorò con voce fleibile.

-Shh, va tutto bene.- dissi accarezzandogli leggermente i capelli. Vidi la mia mano macchiarsi di sangue.

-Adesso ti porto all'ospedale, okay?-

Vidi che Minho e Brenda restavano immobili, probabilmente in stato di shock.

Ma, non potendo preoccuparmi di loro misi delicatamente un braccio dietro la schiena di Newt e l'altro sotto le sue ginocchia.

Dopo cominciai solo a correre per raggiungere l'ospedale, cercando di tenerlo sveglio.

-Newt, ti prego, resta con me. Resta con me, okay?-

-S-sono tanto stanco, Tommy...Non possiamo fermarci a riposare un pochino, solo io e te?-

-Riposerai all'ospedale, Newt, te lo prometto. Però ora resta sveglio, ti scongiuro.-

Come aveva detto Teresa l'ospedale distava solo dieci minuti dal punto in cui eravamo al momento dell'incidente, ma io ne impiegai quasi trenta a raggiungerlo con Newt a pesare tra le mie braccia e gli innumerevoli tentativi di tenerlo sveglio.

Arrivato nel cortile dell'ospedale sentii le braccia cedere: non ero mai stato fortissimo e venire investito non aveva contribuito alla mia salute fisica.

Appoggiai delicatamente Newt, sorreggendolo con un braccio.

-Ce la fai a camminare o chiamiamo aiuto?-

Newt non rispose mai alla mia domanda.

Accadde tutto troppo in fretta e non sarebbe mai dovuto accadere.

Dicono che quando vedi una persona a cui tieni morire vieni avvolto da una bolla di dolore dalla quale ti è impossibile uscire.

Ma io in quel momento non provavo dolore.

Ero solo. Infinitamente. Arrabbiato.

Teresa era in piedi dietro il corpo senza vita di Newt, un sorriso sadico sul volto e un pesante vaso di fiori tra le mani.

Il pesante vaso che aveva appena usato per colpire la ferita aperta di Newt.

Newt sembrava esser morto sul colpo, gli occhi spalancati e vuoti, il sangue che si allargava attorno alla sua testa andando a formare una macabra corona, interrotta qua e là da pezzi del -dio, non ce la faccio a dirlo.

Non era un bello spettacolo, basti questo.

Teresa sorrise, portando una manica ad asciugarsi da uno schizzo di sangue che lo aveva colpita.

-Sembrava soffrire molto...gli ho risparmiato ancora più dolore.-

Non risposi, troppo arrabbiato per parlare.

Ciò che mi riportò alla realtà fu la comparsa della donna eterea che avevo visto qualche ora prima.

Si avvicinò a Newt sotto lo sguardo mio e di Teresa. Nemmeno lei sembrava sorpresa di vederla.

La donna si chinò e subito dal corpo inerme del mio Newt uscì una figura evaniscente simile a quella del ragazzino che avevo visto poche ore prima.

L'anima di Newt aveva un'espressione rassegnata e si limitò a seguire la donna.

Chiamai il suo nome più volte, ma dubito potesse sentirmi.

La donna invece si voltò a guardarmi e mi rivolse nuovamente un sorriso di scuse.

Solo che questa volta sapevo cosa significasse.

-Prendi me.- provai a dire con un filo di voce. -Prendi me e lascia lui.-

La donna mi sorrise intenerita.

"Non posso farlo, Thomas."

E detto questo se ne andò, scomparendo assieme al mio ragazzo.

Newt aveva solo 17 anni. Newt non meritava di morire. Era la persona più buona che io conoscessi. Non meritava di morire.

Teresa meritava di morire.

Mi voltai verso di lei, spinto da una rabbia cieca, e sotto il suo sguardo spaventato la sbattei al muro, avvolgendo le mani attorno al suo collo e stringendo forte.

Sentii la sua incapacità di respirare, sentii le ossa del suo collo rompersi sotto la pressione delle mie delle mie dita.

Sentii la vita abbandonare il suo corpo.

Guardai il suo cadavere per interi minuti, forse addirittura ore.

La donna eterea non venne mai a prenderla.

Ma la polizia arrivò a prendere me.

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Passarono parecchi prima che io incontrassi nuovamente la donna eterea ed avvenne per caso.

Dopo che ebbi scontato la mia pena in prigione -il giudice fu clemente e restai in gattabuia per non troppo tempo- mi allontanai da Denver il più possibile.

C'erano troppi ricordi, lì.

Vi tornai per questioni di lavoro molto anni dopo l'incidente, insieme alla mia fidanzata Silvia.

Una notte sentii delle urla provenire dalla stanza affianco: un ragazzo di appena diciott'anni si era suicidato e il suo compagno -un ragazzo decisamente più grande con un forte accento irlandese- si era precipitato fuori dalla stanza chiamando per ricevere aiuto.

La donna eterea arrivò presto e l'accolsi come se fosse stata una vecchia amica.

-Ciao.- le dissi.

"Thomas. Da quanto tempo."

-E' vero. Posso farti una domanda?-

"Credo di sapere cosa vuoi chiedermi."

-Perché non venisti a prendere Teresa?-

"Non meritava di venire con me. Ha ucciso una persona."

-Quindi nemmeno io verrò con te?-

"Con te la storia è diversa. Probabilmente verrai dannato per qualche migliaio di anni e poi verrai con me."

-E rivedrò Newt?-

"Sì, quando le vostre anime si rincontreranno. E prevedo che succederà un centinaio d'anni dopo che sarò venuta a prenderti."

Mi limitai ad annuire, per poi voltarmi a guardare il corpo del ragazzo nella stanza dietro di me.

-Anche lui si rincontrerà col suo ragazzo?-

La donna eterea annuì.

"Il suo compagno si suiciderà in meno di un mese, si rincontreranno presto."

Thomas rabbrividì a quelle parole e poi lasciò che la Messaggera della Morte facesse il suo dovere prendendo l'anima del giovane.

Prima di andarsene la donna mi guardò un'ultima volta.

"Ciao, Thomas. Ci vediamo tra qualche miglliaio di anni"

E per la prima volta da quando l'aveva visto la donna eterea mi fece un sorriso vero.

E poi scomparve, tornando nel suo mondo ultraterreno, dove tutto è eterno e dura poco più di niente.

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