47 ~ La colonia del Puma

RosaScarlatta's P.O.V

Sangue, artigli e grida rimpinguano l'atmosfera già ricolma di attonito terrore. Il dolce riverbero della luna, uno spicchio lattiginoso splendente come un faro in un mare increspato di nuvole, tinge l'erba, lunga fino a sfiorarmi le spalle, di incantevoli sfumature d'argento. Ombre spettrali si allungano sul terreno come dita ossute, pronte a ghermire le ignare vittime. A fare da sfondo c'è lei, la notte imperturbabile, signora delle tenebre e padrona degli incubi.

Chiudo gli occhi e, quasi per costruirmi una muraglia, li copro anche con le zampe tremanti. Tutto inutile: non è nascondendosi che la bufera pone fine alla sua furia distruttiva. Lo scempio che ho davanti mi buca le palpebre e mi si imprime a fuoco sulle retine, facendomi gridare di dolore. Non so più neanche se sia io al centro della lotta, con zanne splendenti di vermiglio piantate nella carne delicata, o LeonediMontagna, che si destreggia nel combattimento come un giaguaro infuriato. Non dà segno di star soffrendo, con quel ghigno malefico sempre impresso sul volto e gli occhi traboccanti di sadico godimento, quasi riversasse tutta la sofferenza che avrebbe dovuto provare su di me, il suo giocattolo.

I quattro solitari sembrano trovarsi in difficoltà: insanguinati e zoppicanti, sferrano attacchi sempre più deboli, nel disperato tentativo di rimanere aggrappati a una vita che ormai il mio aguzzino considera di sua proprietà. Nessuno è ancora intervenuto ad aiutarli: alcuni si scambiano sguardi timorosi, temendo per la vita dei loro cuccioli o semplicemente troppo spaventati per unirsi alla mischia, altri inneggiano il suo nome, come se fosse un eroe che li avrebbe condotti alla vittoria. Anche questi ultimi, però, si tengono in disparte, come una folla inferocita che assiste all'esecuzione di un criminale. Ma perché sono così codardi, loro, che se si unissero potrebbero facilmente sopraffare qualunque guerriero?

Forse è per questo che LeonediMontagna li ha scelti: perché sapeva che, per un motivo o per l'altro, non si sarebbero mai opposti alle sue oscure volontà. Ma, in fondo, come faccio io a biasimarli? Non è forse proprio perché mi sono ribellata a lui e a quella falsa di Ombrad'Acero se ora mi trovo in questa situazione? Mi guardo per un istante le zampe diafane, lasciando annegare le mie pupille in lacrime sanguigne.

"Non distrarti, RosaScarlatta! Potresti sempre imparare qualcosa da questo combattimento." Il sibilo maligno del felino imponente mi trafigge. Risollevo lo sguardo e boccheggio, come se avessi corso per molte miglia.

Una delle due gatte più giovani, della mia età o di poco più grande, si solleva sulle traballanti zampe posteriori, sfregiate in diversi punti, e si esibisce in quello che sarebbe dovuto essere un ruggito intimidatorio, ma che risuona come un roco gorgoglio. La paura, come una scintilla ribelle, balugina negli occhi color lillà, offuscando la sua apparente spavalderia. 

Spicca poi un balzo maldestro, che l'avrebbe dovuta proiettare verso le spalle muscolose di LeonediMontagna. Lui, però, con uno scatto fulmineo, si volta mentre lei è ancora in volo e, sfruttando la sua traiettoria incerta, si scosta di lato, facendola rovinare sotto il peso del suo corpo esile, quasi scheletrico. Poi, senza lasciare alla giovane il tempo di riprendersi, le serra le mascelle attorno alla collottola, lanciandola a diverse code di volpe di distanza senza il minimo sforzo.

Come un fantoccio inanimato, il corpo della gatta fende l'aria senza opporsi, fino a raggiungere il terreno. L'impatto dà origine a un suono strozzato, simile a quello di un masso che rotola giù per un pendio. La solitaria comincia ad annaspare in cerca d'aria, agitando convulsamente le zampe come se l'ossigeno fosse una preda e lei lo stesse rincorrendo.

"Gelsomino!" grida la madre, guerriera dal manto candido con zampe, coda e orecchie puntinate di nero e una macchia grigia sulla schiena che potrebbe vagamente ricordare la forma di un uccello in volo, facendo per scattare verso la figlia agonizzante, dove si sono già raccolti il padre e l'altra giovane, a loro volta malridotti.

"Non credo proprio, bellezza" sibila LeonediMontagna, afferrandole la zampa posteriore destra. La felina geme per il dolore che quelle zanne potenti le stanno provocando, e prova a divincolarsi dando degli strattoni che non fanno altro che aumentare la sofferenza: nulla può smorzare quella presa micidiale.

"Lasciami andare, ti prego! Hai già strappato la vita a una delle mie figlie, non ti è stato sufficiente?" supplica lei, i suoi occhi due oceani di quarzo.

"No, mia cara VolodiGabbiano. Non lo è stato. Se lo fosse stato, ora non staremmo combattendo, e la tua Papaverina non sarebbe morta invano" risponde lui con la voce ostacolata dall'arto che continua a stringere tra le fauci. La sua voce è come veleno, che silenzioso scorre nelle vene fino a raggiungere il cuore, bloccando il suo battito in un'atroce stretta.

"Non provare a pronunciare il nome della mia piccola, mostro!" sputa la guerriera, provando a rivoltarsi e a mordergli il capo, invano.

"Io faccio quello che mi pare, micetta. Non sarai tu a darmi ordini. Credevo l'avessi capito quando, nonostante le tue suppliche, ho affondato i denti nel fragile collo della tua preziosa Papaverina, ma tu hai continuato a seguire il filo dei tuoi ottusi pensieri. Ora ti darò un'altra dimostrazione. Scusami - o forse no - ma credo farà un po' male" biascica con strana potenza, come se il pelo che gli solletica il palato non gli faccia particolare effetto.

Il mio cuore sprofonda in un oceano di terrore quando capisco cosa sta per accadere. Mi appiattisco di più e cerco a tutti i costi di coprirmi gli occhi, ma un maligno sussurro mi costringe ad assistere, impotente come un soldato ferito, a un altro scempio.

"No, non farlo! Abbi pietà!" uggiola con il tono acuto di un cucciolo, terrorizzata. I suoi famigliari, accortisi della situazione in procinto di degenerare, fanno per dirigersi verso la gatta in difficoltà, ma gli alleati di LeonediMontagna, quelli che già prima lo inneggiavano, si allineano davanti a loro, impedendo il passaggio con morsi e artigliate.

"Io non ho pietà per nessuno, micetta!" mormora ancora, crudele, prima di far scattare le zanne attorno alla zampa maculata. Lo schiocco raccapricciante di un osso spezzato copre per un istante ogni altro suono, subito seguito da uno strozzato grido di dolore. Solo ora allarga le fauci e libera l'arto sanguinante, che ricade inerte lungo il fianco della solitaria. Lei, troppo debole a causa delle ferite e della sofferenza, mugola e ricade sul fianco sinistro.

"Buonanotte, Gabbianella" miagola LeonediMontagna con finta dolcezza, guardandola deliziato mentre lei, lentamente, perde i sensi. A questo punto, con un cenno della coda ordina alla schiera dei suoi alleati di aprirsi, e così posso vedere chiaramente le espressioni orripilate dei famigliari della vittima. 

Gelsomino, che si è nel frattempo ripresa, si è ora rialzata sulle zampe ondeggianti, ed è la prima ad avvicinarsi alla madre. Il gatto beige le soffia contro, ma la giovane non si ritrae, nonostante l'incessante tremare dei suoi arti. Sfiora con il naso il pelo screziato di rosso della solitaria immobile, sussurrando un "Mamma" quasi impercettibile. La sorella la raggiunge, senza prestare attenzione al guerriero imponente, mentre il padre se ne sta in disparte, fissandolo con muto rancore impresso negli occhi lucidi. 

"Ma che scena strappalacrime! Non vorrete mica vedermi piangere?" domanda LeonediMontagna, fingendo di asciugarsi una lacrima. "Non vedete che è solo svenuta? Tempo poco e si risveglierà!"

"Sei un essere spregevole!" sputa il compagno della gatta.

"Ma che bel ringraziamento per averle risparmiato la vita! Sai, potevo ucciderla, come ora potrei uccidere le due figlie che vi sono rimaste. Ma non ho intenzione di farlo, FiammaSussurrante. Voi mi servite vivi, come parte della mia colonia" replica il felino color nocciola.

"Non ti chiederò come fai a sapere i nostri nomi, perché so che tanto non mi risponderesti, ma ti porrò quest'altra semplice domanda: come fai a essere così ottuso da pensare che io e la mia famiglia, dopo ciò che ci hai fatto, ti seguiremo come cagnolini al guinzaglio?" mormora il solitario, un soriano argentato.

"Oh, volete ancora opporvi? Poveri illusi. Non potete sfuggirmi, nessuno può. Sono stato fin troppo buono con voi, e ora ho deciso di usare le maniere forti: da questo momento in poi sarete miei prigionieri, e io, così come ogni altro membro che si è unito alla mia colonia senza protestare, potrò disporre delle vostre vite a mio piacimento. Se qualcuno tra noi si sentirà frustrato, o avrà bisogno di allenarsi, potrà uccidervi. Malridotti come siete, non mi stupirei se una semplice artigliata bastasse a spedirvi dritti nell'Aldilà" spiega LeonediMontagna, sfregando la lingua sulle zanne ancora sporche di sangue.

"No, non lo farai!" grida FiammaSussurrante, scattando sulle zampe posteriori e afferrando l'avversario con quelle anteriori, per poi affondare i denti nella parte posteriore del suo collo. 

Il guerriero, però, anziché gemere di dolore e provare a liberarsi, ride sguaiatamente. "Ah, ah! Mi fai il solletico!" esclama, per poi lasciarsi cadere sul lato dove il solitario si è agganciato. Il soriano, colto di sorpresa, prova a mollare la presa, ma non fa in tempo e rimane schiacciato sotto il peso dell'aggressore.

"Ora, se non ti dispiace, gradirei proseguire il mio discorso senza più interruzioni. Questo vale anche per voi, Rosa e Gelsomino!" sbraita LeonediMontagna, fulminando le due giovani, che rabbrividiscono. "Intanto, a che serve ribellarsi, miei servitori? Avete avuto la possibilità di unirvi a me come guerrieri a pieno titolo, ma l'avete sprecata. E ora, ne pagate le conseguenze" termina con un sorriso che mi fa venire il voltastomaco.

"FuriadiTornado, AcquaPallida, PiedediCervo! Fate in modo che questi solitari non abbiano via di scampo!" urla, indicando tre delle nuove reclute che, una volta ingaggiate, si sono unite a lui con piacere, desiderose di vendicarsi dei Clan che li hanno esiliati. Trovo che sia incredibile la facilità con cui il mio compagno è riuscito a convincerle a unirsi a lui: è passato poco più di un giorno da quando le Ombre della Notte si sono unite a noi, e ora siamo una colonia di notevoli dimensioni, con solitari, dissidenti e persino mici domestici.

I tre gatti designati gli obbediscono subito, immobilizzando le due sorelle e il soriano, liberatosi nel frattempo dalla massa che lo opprimeva. Indeboliti dalle numerose ferite, non riescono a opporsi, e temo che, se non verranno curati a dovere, moriranno in breve tempo.

"Avete visto, miei fedeli compagni? Che cosa, vi chiederete. Ecco che cosa: il mio trionfo. Il nostro trionfo. Ora siamo pronti a risorgere. La colonia del Puma è pronta a risorgere!" esclama, dando origine a un coro di acclamazioni, una marcia trionfale, un inno di guerra.

Ansimo e sgrano gli occhi, il terrore dipinto sul mio muso trasparente. La mia casa è in pericolo, e io sono ancora intrappolata qui. Sono una parte non consenziente di questo gruppo maledetto. LeonediMontagna crede di aver fatto prigionieri i quattro solitari, ma in realtà non ha fatto che indurire ancor più le sbarre della mia gabbia. E ora ha un'intera setta di squilibrati dalla sua parte: la colonia del Puma.

~•~•~

Ecco un nuovo capitolo, interamente dal punto di vista di RosaScarlatta. La situazione sta rapidamente degenerando, e LeonediMontagna sta prendendo sempre più potere, arrivando a dare origine alla sua colonia personale, la colonia del Puma. Sembra che nessuno possa più arrestare la sua ascesa, e che la foresta tutta sia in grave pericolo. Come faranno i nostri protagonisti a fermare i suoi piani diabolici? Riuscirà RosaScarlatta a liberarsi e a tornare al suo Clan? E quale sarà la sorte dei quattro solitari? Al prossimo capitolo!

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