8 ~ Fiume nero
ZampadiPassero's P.O.V
La preda è ferma davanti a me.
Sibila piano, fruscia, si dibatte appena.
Neppure respira.
Forse sospetta di me, forse sa che il suo destino è già segnato, che la sua anima è prossima ad abbandonare quel corpicino esile, sottile come un brivido.
Eppure, sta ferma, immobile. Attende. Attende che la attacchi, che io ponga fine alla sua vita.
Sollevo il didietro e agito lentamente la coda, per poi cominciare a strisciare verso il mio obiettivo. Ancora non si muove. Forse ha troppa paura. Probabile. Io faccio paura. Io sono forte. Invincibile.
Gli occhi saettanti, il pelo controvento, gli artigli sguainati.
Il mio nome sarà anche quello di un delicato uccellino, di una timida preda, ma io non sono così. Io ho valore. Io ho coraggio.
Balzo.
Nell'aria si muove l'effigie di una tigre.
"Sei mia!" esclamo, atterrando sulla preda e schiacciandola sotto le zampe.
Ancora non respira. Non può farlo, perché non l'ha mai fatto. Tra i miei artigli stringo una fogliolina. Una piccola, indifesa fogliolina arancione.
Il mio trofeo di battaglia.
"Almeno su di te ho avuto la meglio" penso, malinconica, afferrando la foglia per lo stelo e sollevandola un poco. La riappoggio e la guardo. "Se solo al tuo posto ci fosse stato un guerriero del Clan della Tenebra..." Vi appoggio una zampa sopra. Freme, scricchiola, geme. Come AlbaFiorita negli ultimi istanti di vita. "Ed ecco, ecco ciò che gli avrei fatto!" Sguaino gli artigli e la riduco in leggeri frammenti, in fine polvere. "Di lui non sarebbe rimasto neppure lo spirito!"
Scuoto la testa per scacciare quei brutti pensieri: io non sono così, un'assassina spietata, una schiava della vendetta. Io sono ZampadiPassero, un'apprendista fedele al suo Clan e alla sua famiglia. AlbaFiorita non avrebbe voluto vedere la gattina da lei cresciuta così amorevolmente tramutarsi in un mostro. E rispetterò le sue volontà, per quanto lei mi abbia sempre mentito, nascondendomi la dura verità: lei non è mia madre. Valled'Eco, una gatta sconosciuta, lo è. E SoffiodiVento? Non è mio padre nemmeno lui? E allora chi sono i miei genitori? Dove sono? Troppe domande, troppe poche risposte.
Guardo ancora i brandelli della fogliolina e, con più delicatezza e un sorriso triste, li ammucchio e ricompongo la sagoma, come se, così facendo, potessi ridare la vita a ciò che ho distrutto. "Tu hai distrutto me, guerriero misterioso. Ma io non distruggerò te. Non cercherò vendetta, perché non posso andare contro me stessa, né posso far soffrire i miei compagni, FiammadiSperanza in particolare. Sappi però che non sarai dimenticato, che quest'apprendista allegra e vivace potrebbe causarti dei problemi." Mi acquatto, stufa di pensare.
La mia pancia emette un brontolio e mi ricordo di avere fame. Tanta fame. Se solo quella fogliolina fosse stata un gustoso topo! Rivolgo l'attenzione a Bocca di Madre. Buia e arcana come l'avevo sempre immaginata. Muta. Silenziosa. Troppo silenziosa.
Quanto tempo è passato da quando siamo arrivate qui? Secondi? Minuti? Ore?
"A me sembrano giorni..." borbotto, con la pancia che si lamenta sempre più forte.
Di certo è passato tanto, tanto tempo. Non c'è traccia di vita, e il minimo rumore è stato risucchiato dalla calma di una notte più nera delle altre. Le stelle paiono fiammelle colpite da un vento impetuoso, fuochi fatui, sogni spezzati.
Non c'è differenza tra l'oscurità del cielo e quella della grotta dalla quale AcquadiSorgente e SognodiCalendula non sono mai uscite.
Divorate da quelle labbra di pietra, trangugiate da quella gola di tenebra.
Mi avvicino alla soglia. Le orecchie basse, il cuore palpitante. "SognodiCalendula? AcquadiSorgente?" chiamo, la voce tremante. L'eco rimanda indietro le mie domande, storpiandole in un richiamo lugubre. Uno sfarfallio di pipistrelli segue le onde agitate della mia voce, agitandosi sulla mia testa in una nube corvina.
Poi, torna il silenzio.
Un silenzio di morte.
Mi appiattisco a terra per la paura. "Coraggio, ZampadiPassero. Non fare la fifona..." mi rimprovero. "Proprio tu che poco fa pensavi di fare giustizia privata, uccidendo quell'assassino..."
L'abisso di pece che domina la strada davanti a me pare il pozzo in cui stavo per saltare, quel fiume nero in cui ero in procinto di lanciarmi, spinta da peccaminosi propositi. Ora che sto per penetrarlo, però, il fine è ben diverso. La salvezza, non la perdizione. Tuttavia, quell'assenza di luce mi paralizza.
"Fallo per loro, ZampadiPassero. Potrebbero essere in pericolo. Fallo per loro..." mi ripeto come una litania, cercando in quelle parole una scintilla di coraggio.
Nulla, ancora niente luce.
Buio totale.
Mi accingo a muovere un passo, tremando, memore delle mie disavventure e degli scherzi che la notte mi aveva già più volte giocato, quand'ecco, da dietro una coltre di tenebre, vedo sbucare due musi. Prima sono sfocati, due semplici macchie, ma poi li riconosco. Il mio timore si trasforma in gioia. "Oh, eccovi, finalmente! Ce ne avete messo di tempo! Credevo che il Mostro delle Ombre vi avesse attaccato!" esclamo, agitando i baffi divertita.
Niente dubbi davanti agli altri, niente pensieri. Solo la mia anima. Solo ZampadiPassero.
Nessuno ride.
Il puzzo della paura appesta l'aria. E tale paura non è la mia, quella dettata dal timore della parte oscura del mio spirito. Il sorriso si incrina. "Ehm... Che è successo? Cosa sono quei musi lunghi?" domando, provando invano a tirarle su di morale.
"Non rispondono..." sussurra SognodiCalendula, la mestizia negli occhi ambrati.
"Cosa?" replico, gonfiando il pelo.
"Le stelle tacciono" ribatte la giovane sciamana, continuando ad avanzare con la coda bassa.
"Allora è così che deve andare..." mormoro, a voce tanto bassa che neppure le ombre sarebbero in grado di coglierla. "Persino il Clan della Stella ci volta le spalle. Poveri noi, che siamo viventi! Da dove racimoleremo la speranza? Quale futuro si prospetta davanti a noi, se all'orizzonte non si vedranno più le stelle?"
Mi affretto a seguire le due gatte. "Forse è un bene che non abbiano risposto. Non sono pronta per diventare leader, e con la mia inesperienza avrei portato il Clan alla rovina" bisbiglia con tristezza AcquadiSorgente.
"Ma come puoi pensare una cosa del genere?" sbotta SognodiCalendula. "ArtiglioCremisi ci sta annientando, e il Clan della Stella lo sa! Dietro c'è qualcosa di molto, molto più oscuro. Qualcosa come... un pericolo comune per tutti... vivi e morti." Le pupille della sciamana si assottigliano. "La profezia..."
"La profezia?" mi incuriosisco. "Faceva cenno a qualcosa del genere?"
SognodiCalendula annuisce. "Fino a questo momento non l'avevo mai rivelata a nessuno, ma ora è giunto il momento. C'è una previsione che FonteChiara ha ricevuto in sogno il giorno in cui è diventata guerriera. Recitava: 'Quando le stelle taceranno, la belva oscura sarà tornata. Coglierà il fiore nato dalle tenebre, che nel dolor langue'."
"Belva oscura? Fiore nato dalle tenebre?" domando, inclinando la testa.
"Misteri, misteri, misteri... E ora pure questo! Certe volte non capisco che cosa passi per la testa degli antenati!" esclama la giovane sciamana, frustrata. "Certo, capisco che debbano essere misteriosi per poter conservare intatto il mito che li circonda, ma quando è troppo è troppo!"
"Vorranno di sicuro intendere qualcosa, ma cosa?" interviene AcquadiSorgente.
"Che è la fine" concludo tra me e me. Mi allontano poi dal gruppetto, senza nemmeno rivolgere un cenno di saluto. Bisbiglio solo un: "Vado a cacciare qualche preda" che non sono sicura abbiano sentito, troppo avvolte dalla delusione e dall'angoscia.
Avanzo con la fronte bassa, lo sguardo al terriccio che scorre sotto di me. Il freddo della notte, che di solito mi inonda di pace, ora mi punge come spine d'ortica, portando con sé cattivi presagi. Il vento pare il sibilo di un'anima in pena. Sussurra, grida, ulula. Trasporta parole di ammonimento, ma io non le riesco a cogliere. Pare tutto un sogno, un incubo originato dall'inedia e dal sonno.
Eppure, a ogni passo che faccio, sembra tutto sempre più reale. La voce della brezza è più acuta, il freddo più forte, il cielo più scuro.
Un ramoscello si spezza sotto la mia zampa, provocando uno schiocco che pare risvegliarmi da un torpore.
Allora è vero. È tutto vero.
Le stelle tacciono. Lumicini in procinto di spegnersi per sempre. E io, come una sciocca, mi sono allontanata dal gruppo.
Esattamente come due settimane fa.
Un brivido mi fa raggelare, come se gli artigli di roccia di quei tassi mi avessero di nuovo sfregiato, strappandomi brandelli di vita e riducendo in fumo le mie speranze. Quasi torno a sentire il puzzo delle due creature, il loro ringhiare e ansimare, le pupille iniettate di sangue, le mascelle schiumanti. Al coro degli elementi notturni si aggiungevano le grida disperate di Narciso, e poi anche le mie.
Sono solo ricordi, certo. Echi dissolventi. Eppure ancora vividi. Così tanto che mi pare di riviverli ogni volta. E, infatti, eccomi catapultata lì. Eccolo: il fiume nero che scorre sotto di me, spalancando le fauci per dilaniarmi. Il ramo che si spezza. La caduta nel vuoto. Il corpo di mio padre che cade in acqua al posto del mio.
E poi buio. Buio e lacrime.
"No, basta!" mi rimprovero. "Rimembrare fa male. Indebolisce. O, ancora peggio, rende rancorosi. E il rancore plasma anche i più buoni, facendone assassini."
Mi guardo attorno per vedere se ci sia qualcuno nelle vicinanze, qualche rumore di passi amico, o forse nemico. Cerco lo scalpiccio di una preda, anche solo di un topolino. Non posso tornare al Clan a zampe vuote: desterei troppi sospetti.
Nulla.
La notte è troppo profonda, il silenzio troppo dilagante.
Anche le prede sono rimaste nelle loro tane, al sicuro.
Solo noi, scioccamente, abbiamo deciso di sfidare la sorte, avventurandoci in un'impresa che difficilmente avrà esito favorevole.
Riprendo il cammino tendendo le orecchie, in cerca del minimo sussulto, del più insignificante respiro delle foglie.
Il battito d'ali e il lugubre canto di una civetta sono gli unici suoni che odo. Non so nemmeno identificarne la posizione. Gli alberi paiono tutti uguali nel loro susseguirsi infinito. Cammino e cammino, ma pare che io non mi muova. Mi sembra di aver percorso molte miglia, e allo stesso tempo di essere rimasta immobile, a contemplare il futuro incerto, incerto come le linee dipinte da queste chiome, come le ombre sfocate dei cespugli.
Avanzo ancora, finché una fitta di stanchezza non mi fa accasciare. I sensi cominciano a venirmi meno: sono troppo stanca e ho troppa fame.
Mi acquatto a terra e mi distendo su un fianco, ansimando. La vista sfarfalla, il bosco si fa sempre più pallido. Sto per svenire, e ciò significherebbe morire, in una foresta dove vi sono più predatori che prede. Non lo posso permettere.
Tento di alzarmi, ma le zampe fragili e tremanti cedono subito, facendomi rovinare nel sottobosco. Riprovo, ma il risultato è lo stesso. È tutto inutile. Andare a Bocca di Madre senza aver mangiato le erbe speciali usate dagli sciamani in questi casi è stato un suicidio.
Ed ecco che, all'improvviso, ora che la salvezza pare così lontana, percepisco un odore. È dolce, per quanto coperto in parte dal fetore del pesce.
Sollevo lo sguardo e tremo a vedere il fiume, nero e vorace come lo ricordavo. Al di là, però, scorgo un gatto. Un felino bianco e grigio, in apparenza poco più giovane di me. Subito lo riconosco come l'apprendista del Clan del Fiume incontrato qualche giorno fa al raduno, ZampadiFiume. Eppure sembra... diverso.
I suoi occhi color nocciola, rari e particolari, non sono fissi nella mia direzione: vaneggiano senza vedere tra le acque del torrente, come in cerca di un ricordo perduto. Sta seduto e avvolge la coda attorno alle zampe, l'espressione mesta e contrita. Non c'è più gioia o vivacità su quel muso prima lucente, che mi aveva fin da subito conquistata.
Che gli sia successo qualcosa di spiacevole? Che quel fiume nero abbia strappato via qualcosa di prezioso anche a lui?
Mi sforzo di mettermi seduta e, con sollievo, vi riesco. La vista del giovane gatto del Clan del Fiume mi ha restituito un po' di vigore. "Ehi, ZampadiFiume!" lo saluto, agitando la coda e i baffi. "Ti ricordi di me? Sono ZampadiPassero, del Clan del Tuono! Ci siamo conosciuti al raduno!"
Non appena sente la mia voce, l'apprendista solleva la testa, mettendo in mostra quei gusci di castagna che sono i suoi occhi. Per poco il mio cuore non salta un battito: le sue pupille sono cave, vuote, pozzi senza fondo, grotte misteriose. Faccio un passo indietro a quella vista, e lo fa anche lui. Per poco tempo i nostri sguardi si sfiorano, senza però parlarsi. Nel suo riconosco solo vacuità, inconsistenza, confusione.
Poi, senza rispondere al mio saluto, scatta in corsa, scomparendo in breve tempo nella notte scura.
"Che strano... Eppure al raduno era così simpatico..." borbotto, fissando per un po' il luogo dove prima si trovava. "Magari il fiume nero ha giocato anche a lui qualche brutto scherzo."
Ancora stordita per via della fame, mi rialzo in piedi e, strascicando le zampe come fardelli, riprendo la mia strada. Per un po' accarezzo l'idea di abbandonare la caccia e di tornare direttamente al campo. La foresta è deserta, e, nelle mie condizioni, non riuscirei a cacciare nemmeno un topolino.
Avanzo e presto la notte comincia a rischiararsi, lasciando il posto a una timida aurora rosata. Le striature che attraversano il mio pelo bruno paiono riflettere la luce pallida del sole nascente, mentre i miei occhi verdi sono sempre più infossati, più stanchi. Come un mantra continuo a ripetermi di non arrendermi, di proseguire, nella speranza di potermi riposare sul mio giaciglio e affondare i denti nella carne tenera di uno scoiattolo.
"Chissà se SognodiCalendula e AcquadiSorgente sono già arrivate..." mi domando in silenzio. Presto lo saprò: riconosco gli alberi che mi circondano, le loro forme sinuose e i loro tronchi robusti. Sono vicina al campo.
Preparo mentalmente qualche scusa da usare come pretesto di fronte alle inevitabili domande che mi verranno poste al mio arrivo. Abbasso la coda e le orecchie e acconcio il muso in un'espressione contrita. Dirò che sono uscita a cacciare e che, a causa della carestia, non ho trovato nulla, il che, alla fine, in parte è vero.
Arrivo alla soglia del campo che l'alba incendia le chiome e le tinge di un suggestivo color pesca. I miei muscoli stanno per cedere e per un momento la gioia mi inonda, insieme al profumo di casa. Sensazione che, presto, si tramuta in terrore.
La luce del sole illumina una scena che avrei preferito non vedere.
Alla mia destra, stanno SpiritoFiammeggiante e PiumadiCotone, le due spie che, ora sono sicura, non dormivano affatto quando le abbiamo lasciate.
Alla sinistra, SognodiCalendula e AcquadiSorgente, tenute in trappola dai nemici e piene di graffi sanguinanti.
Tutt'intorno, una schiera di guerrieri sconosciuti, portanti l'odore del Clan della Tenebra. Percepisco il loro ringhiare sommesso e inquietante, le lame delle loro pupille sul mio manto, l'ombra delle loro zanne sulla pelle. A loro, si mescolano alcune manciate di stupefatti guerrieri del Clan del Tuono. Troppo pochi per poter fare la differenza.
E, infine, davanti a me, l'immagine peggiore: StelladelSilenzio, affiancato da ArtiglioCremisi e VioladelPensiero.
"Un'imboscata..." penso, digrignando i denti.
"Ti aspettavamo" sibila il leader del Clan della Tenebra, rivolgendo un cenno ai suoi scagnozzi, che balzano nella mia direzione. Non ho neppure il tempo di reagire, che subito mi immobilizzano. Soffio e mi dibatto, ottenendo solo botte e graffi.
"Compagni, le tre gatte che abbiamo qui al nostro cospetto sono delle traditrici. Volevano usurpare il potere al nuovo, legittimo leader del Clan del Tuono, StellaCremisi" comincia a parlare StelladelSilenzio.
"ArtiglioCremisi! Non StellaCremisi! Lui non è il nostro leader! StelladiSorgente lo è!" ruggisce SognodiCalendula, ricevendo per via di quelle sue parole avventate un colpo alla testa così forte da farla collassare al suolo e svenire.
"Il Clan della Stella ha approvato, sciocca sciamana!" urla ArtiglioCremisi, guardando con astio il corpo inerte della giovane ambrata.
StelladelSilenzio emette un'inquietante risata gutturale, che mi fa rizzare ogni pelo della schiena. "Ben detto, StellaCremisi. E poi, come può AcquadiSorgente diventare la vostra leader, se sta per morire?" Le mie pupille si dilatano, anticipando le prossime parole. "Verrete tutte e tre giustiziate per il vostro tradimento. Cominciate a pregare il Clan della Stella di avere pietà delle vostre anime: ne avrete bisogno. E ora, portatele via!"
"No..." ho appena il tempo di mormorare, mentre vedo AcquadiSorgente cadere in terra, colpita da un guerriero di cui non conosco il nome.
Poi, una zampata sulla nuca.
E precipito nel fiume nero.
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