1 ~ Ruscello oscuro

ArtigliodiCardo's P.O.V

Pioggia.

Sento la pioggia sul mio cuore.

Nera, acida, amara pioggia.

Affilata come grandine. Fredda come il soffio di uno spirito.

Torbida come l'acqua fangosa in cui si specchia l'anima di questo gatto.

Questo gatto che, nel tempo, sono stato costretto a imparare ad accettare.

Ora, però, la vista di quel riflesso sfocato mi provoca ribrezzo.

Onde nere percuotono la figura ondeggiante di quel felino bianco e grigio, che pare scrutarmi. Quelle iridi ambrate orfane della vita scavano dentro di me, in cerca di quella parte del mio essere che è andata persa tanto tempo fa, e che non sono più riuscito a trovare.

Lo spirito di ArtigliodiCardo non esiste più. È morto con lei, tanto tempo fa.

Io sono solo il vuoto riflesso di quel gatto folle che un tempo aveva camminato sulla terra.

Sono un'ombra che galleggia sull'acqua, una memoria destinata a spegnersi poco alla volta.

Sono passati troppi anni, non so neanche più da quanto mi trovo qui. Eppure, il mio ricordo è rimasto aggrappato al cuore di qualcuno, nel bene o nel male.

So chi è colei che ancora mi trattiene qui, tra l'oscurità e i tormenti.

FonteChiara.

La figlia che non sapevo di avere.

E che ora potrei perdere per sempre.

Ora dorme, non ha più riaperto gli occhi. Non so se sia tormentata dagli incubi, o magari dai fantasmi delle rivelazioni troppo grandi da cui è stata sommersa. Combatte, lo so, ma fa fatica.

E se lei morisse, io svanirei.

Nessun altro pensa a me, al vero me, a quel cucciolo troppo presto strappato alla luce delle stelle.

Anche tu mi hai dimenticato, mia adorata MantodiNeve? Hai trovato qualcun altro da amare, lassù nel cielo, tra i campi di polvere di luna e i ruscelli di brezza? In fondo, come potrebbe una creatura pura come te voler bene a uno scarto come me?

Che cosa ho fatto, MantodiNeve...

Quanto devi aver sofferto, a vedermi precipitare lentamente in una spirale di follia senza poter fare nulla.

Mi sono rovinato con le mie stesse zampe, lasciandomi plasmare l'anima dal male e dall'ombra.

Come ho potuto farti questo?

Come ho potuto fare questo a nostro figlio?

E a nostra figlia?

Merito la sorte che mi è toccata, ma il Clan della Stella si sbaglia se pensa che la punizione peggiore sia stata quella di esiliarmi qui, nella dimora del dolore e delle tenebre.

I rimpianti sono la tortura più crudele.

Una lacrima d'ombra fa tremare il mio riflesso. Vorrei solo che FonteChiara si scordasse di me. È solo colpa mia se ha rischiato di morire. Sono io il fratello del suo aguzzino, lei è solo un'innocua giovane guerriera. Devo essere stato io a fargli qualche torto, anche se non so quale, e ora si è voluto vendicare sulla mia povera sventurata figlia.

Se io me ne andassi, svanendo definitivamente, sarebbe meglio per tutti. Potrei ricongiungermi al vento e alla luce, lasciar andare il mio passato e dimenticare.

Dimenticare.

Chiudo gli occhi e sprofondo nell'oscurità.

Oh, meraviglioso oblio!

Lì non ci sono occhi a scrutarmi, né ricordi ad assalirmi!

C'è solo immenso, eterno, dolce nulla.

Quando spalanco le palpebre, però, la Foresta Oscura torna a incombere su di me.

Riabbasso lo sguardo e torno a guardare le piccole onde del ruscello oscuro incresparsi. Sono ipnotiche, ammalianti. Paiono cantare per me, chiamarmi.

Mi chiedono di unirmi alla loro danza mortale.

E, forse, dovrei ascoltarle.

Faccio un passo verso l'acqua e vi immergo una zampa. La ritiro subito, disgustato: è calda e melmosa, pare catrame.

Fisso ancora lo specchio scuro. Il mio riflesso è sostituito dall'immagine di due giovani felini, uno screziato e l'altra completamente bianca, che si inseguono per gioco sulla riva del fiume, ridendo spensierati. L'acqua è trasparente, scintillante e pallida. Un po' come lo spirito della gatta candida. L'anima di lui, invece, già emana ombra.

Strizzo gli occhi per reprimere il pianto, ma ormai ho preso la mia decisione.

È la cosa migliore, per me, per noi, per tutti.

Abbasso le palpebre e faccio per saltare.

Saltare nel buio.

Saltare nell'oblio.

Poi, odo boccheggiare alle mie spalle. I passi sono impercettibili, silenziosi come solo quelli di uno spirito potrebbero essere.

"ArtigliodiCardo! ArtigliodiCardo!"

Mi volto nella direzione della voce che mi chiama. In mezzo al nero svetta una figura bianca come la neve, con il corpo sfigurato da una lunga cicatrice e gli occhi, vuoti come i miei, di un pallido verde. Ansima senza controllo e agita la coda, teso.

"CiuffodiNeve, che ti succede?" esclamo, avvicinandomi a lui colmo di paura.

CiuffodiNeve è l'unico amico su cui posso contare, in questa prigione. È l'unico che sa dove mi trovo, che conosce i posti in cui mi ritiro a riflettere. Gli altri compari che avevo o si sono scordati di me, che da tempo vago in solitudine tra gli arbusti rinsecchiti e gli alberi spogli, o sono già svaniti.

Come me, CiuffodiNeve è un Pentito, uno spettro della Foresta Oscura che prova ribrezzo per ciò che ha fatto in vita e cerca di migliorarsi. Questo è principalmente ciò che ci ha avvicinati. Lui, però, a differenza mia, ha continuato a mescolarsi agli altri spiriti, senza sparire nel buio dei propri pensieri.

Il felino latteo alza il muso e, non appena il suo sguardo verde incontra il mio, comprendo.

Tremo.

"Un'altra anima perduta si è unita a noi" mormora, abbassando la testa.

No... Non un'altra...

Perché il mondo non impara mai dai suoi errori? Perché i gatti continuano a commettere gli stessi sbagli? Non sono abbastanza severi i nostri supplizi?

È davvero così dolce il sapore del male? Esistono davvero altri stolti come me, che si lasciano abbindolare dagli inganni celati nel buio?

Ora un'altra anima si è aggiunta alla mesta schiera.

Ma a chi apparteneva quello spirito? A un ingenuo giovane che ha imboccato il sentiero sbagliato? A un guerriero adulto? A un anziano?

La curiosità mi solletica.

E pensare che stavo davvero accarezzando l'idea di consegnarmi all'oblio...

Spalanco gli occhi e capisco: è stata quell'anima misteriosa a salvarmi, a impedirmi di compiere un gesto folle e disperato.

Devo vederla. Voglio ammirare gli occhi della mia salvatrice.

"Portami da lei" sussurro, guardandomi le zampe.

Chissà come reagiranno gli altri morti quando scopriranno che ArtigliodiCardo non è svanito.

Cambiato, certo, ma non scomparso.

CiuffodiNeve mi rivolge un cenno e comincia a correre nella direzione dalla quale è venuto, subito seguito da me.

Il sentiero sembra infinito. Non si vede su cosa si sta camminando, e pare che il terreno sia fatto del tessuto che compone l'aria. Ad avvolgerci l'essenza stessa della notte. Non c'è ombra di bellezza in questa oscurità penetrante, che offusca e spegne ogni cosa.

Ogni barlume di gioia.

Ogni luce di speranza.

Ogni sogno di salvezza.

Nulla sfugge al nero, neppure la candida purezza di una stella. Quando l'ombra penetra nel cuore, anche l'anima tenera di un cucciolo ne viene stravolta.

Irrimediabilmente. Per sempre.

Poi, una pallida luce si fa largo davanti a me.

Impossibile. Nulla può infrangere la notte perenne della Foresta Oscura.

E invece, eccola lì.

Avvolta da bagliori argentei, fluttuanti nell'aria come turbini di pulviscolo. Gli occhi ancora chiusi, gli artigli rinfoderati, il muso rilassato, come se dormisse. Un taglio sanguinante sulla gola, probabilmente la causa della sua morte.

Non è che una gattina, poco più che un'apprendista.

Troppo piccola, troppo pura per stare qui.

Solo quelle screziature rosse sulle zampe sottili, il marchio di noi abitanti della Foresta Oscura, la tradiscono.

Attorno a lei, alcuni spiriti curiosi la osservano e annusano. Non appena mi vedono arrivare, si scostano, intimiditi. Per quanto morto da tanto, evidentemente, incuto ancora paura come un tempo. Tuttavia, se una volta ciò mi appagava, ora mi imbarazza solo. Sono anime perdute come me, non dovrebbero temermi.

"Da quanto è qui?" chiedo a CiuffodiNeve, che osserva mesto la giovane.

"È appena arrivata. Non so chi l'abbia portata qui, ma deve essere stato molto veloce. Non ha avuto neanche il tempo di risvegliarsi, povera creatura..." mormora, rattristato.

Un altro spettro, quello di una gatta blu dallo sguardo azzurro impertinente, interviene con un sorriso gioioso: "Chissà quanto sarà spaventata la piccoletta al suo risveglio... Sarà divertente!".

"No che non lo sarà, FioreBlu! Sarà traumatico, come lo è stato per tutti noi!" replica SaliceRosso, un felino rossiccio, irritato.

La gatta scuote la coda, divertita. "Per me non lo è stato" esclama, irriverente.

"Fate silenzio, per favore!" si intromette CiuffodiNeve. "Non disturbate la piccola. Lasciatela respirare."

"Ma chi sei? Un messaggero del Clan della Stella?" ribatte FioreBlu, sprezzante. "Sei troppo buono per stare qui..."

"Sta' zitta e basta..." borbotta il mio amico, rivolgendole un'occhiata severa che la fa ammutolire.

I discorsi dei miei compagni di sventura non sono che brezza nelle mie orecchie. Il mio sguardo è interamente catturato da quella fragile anima, brutalmente strappata via da un corpo che ancora le apparteneva. È una fiamma ardente, ma non pare fatta di fuoco.

Pare invece essere d'acqua argentea.

Il suo manto è un placido ruscello, se non in corrispondenza del muso, delle orecchie e delle zampe. 

Lì il ruscello diventa oscuro, come quello in cui stavo per tuffarmi.

Come quello da cui lei mi ha salvato.

Un fremito attraversa il corpicino. Trattengo il fiato: ci siamo. Si sta svegliando. Sta per spalancare gli occhi sulla sua sorte nera.

Ma la accetterà?

Due iridi azzurre si accendono davanti a me. Sono confuse, impaurite e spaesate.

"Dove sono?" domanda con voce tremante, ancora assonnata. "Sto sognando?"

Mi avvicino di più a lei, pieno di comprensione, così che possa vedermi. Il suo pelo si rizza, non appena i nostri sguardi si incrociano. Mi immobilizzo, non appena scorgo il panico sul suo muso: anche lei ha paura di me, pur non sapendo chi io sia.

"C-chi sei tu? P-perché m-mi sento osservata? P-perchè è così buio?" balbetta, terrorizzata.

Le rivolgo un sorriso rassicurante, ma lei indietreggia di più. Sembro minaccioso anche quando non voglio esserlo, con le mie zanne e i miei artigli insanguinati, gli occhi ambrati vuoti, il pelo mancante a ciocche. Sono un mostro, e sono consapevole di esserlo.

"M-mi fa m-male la g-gola! Se sto dormendo, p-perché fa c-così male?" grida, indietreggiando sempre più, fino ad andare a sbattere contro una gatta grigia dagli occhi color ametista.

"Sta' attenta, pivellina" esclama la guerriera, colpendo la giovane con una zampata. 

La piccola lancia un grido. "M-ma dove s-sono? C-che posto è questo? P-perché sono qui? P-per favore, ditemi che è solo un incubo!" Comincia a correre in cerchio, fuggendo da fantasmi che sente soffiare, frusciare, ma che non vede.
L'unico nel suo campo visivo sono io.

Mi avvicino di più, e lei prende ad ansimare. La paura le appesantisce le zampe. "Come ti chiami, giovane?" le chiedo, cercando di usare il tono più gioviale che mi riesce.

Lei trema più forte, ma poi risponde: "C-C-CantodelRuscello".

Il mio sorriso si fa più dolce, ma il pelo sulla schiena della gattina non si abbassa. "Oh, CantodelRuscello, un nome davvero grazioso. Povera sfortunata creatura..." comincio.

Le iridi della guerriera si allargano. "P-perché parli così? N-non vorrai mica... u-uccidermi?" singhiozza, terrorizzata.

Mi immobilizzo e deglutisco, cercando le giuste parole per rivelarle la verità. Poi proseguo, lasciandomi guidare dall'istinto: "No, piccola. Non voglio ucciderti. E, purtroppo, quella che hai davanti non è la passeggera illusione di un incubo". 

Mi fermo un momento, e vedo il terrore sul muso della giovane aumentare sempre più. Forse non dovrei continuare, forse ha già capito, ma io, inesorabile, riprendo il discorso: "Tu sei morta, CantodelRuscello, e questa è la Foresta Oscura. La tua nuova casa".

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