Finale alternativo

Quattro anni dopo

"Harry, stai bene?"

Una mano atterra sulla sua spalla ed Harry si spaventa a tal punto che, da dove è accasciato sulla sedia, gira esageratamente su stesso e si lascia scappare di mano le pinzette . Non si era reso conto di essere stato per così tanto tempo chino sul microscopio sino a quando non si raddrizza e la sua schiena, dolorante, protesta.

"Caz--" riesce a trattenersi all'ultimo dall'imprecare, ed arrossisce un poco. "Mi scusi. Non pensavo ci fosse ancora qualcuno in giro."

"Ed è esattamente questo il problema," dice la sua professoressa, osservandolo da sopra i suoi occhiali rossi. "Senti, sto per dirti qualcosa che probabilmente non ti dovrei dire ma... tu studi troppo. Esci di qui. Vai a bere qualcosa con i tuoi amici. Fai una dormitina di tanto in tanto. Sei fin troppo avanti con il programma. Avrai tempo di distruggerti di lavoro dopo la laurea."

"Ma," protesta Harry, giocherellando con i suoi occhiali mentre si stropiccia gli occhi stanchi, "Non equivale davvero ad un lavoro per me. E' divertente." Lo aiuta a dimenticare. Gli impedisce di pensare troppo a quanto tutto sia andato a puttane.

La donna si limita a sospirare e a tirargli una pacca sulla spalla. "Non restare qui fino a tardi, okay? E cerca di riposare, poi."

"Lo farò. Promesso," replica Harry, cercando di sorridere perché la donna gli piace. Ha sempre trovato confortante il suo viso dolce e costellato da rughe.

Solamente un'ora più tardi Harry si decide ad alzarsi dalla sedia. Prende ad arrancare nel campus per raggiungere il piccolo appartamento in cui vive da solo. Si spalma sul letto, domandandosi se sia il caso di ignorare il suo telefono, che sta suonando. Non può.

"Mamma," risponde, metà del viso spiaccicato sul cuscino.

"Amore, sembri esausto."

"Sto bene. Stavo solo lavorando al mio progetto principale."

"Mi preoccupo per te, sai. Torna a casa per un po', così potrai ritornare lì ad Oxford con una valigia piena di cibo."

Harry ridacchia, gli occhi che gli si chiudono da soli. Ricorda di come, tre anni prima, era solito addormentarsi, proprio in questo modo, con Louis dall'altra parte del telefono. Louis lo chiamava ogni notte, troppo stanco per fare una vera conversazione perché aveva passato metà giornata all'università e l'altra metà lavorando, per permettersi di vivere a Londra. A volte, dopo che le sue parole biascicate si tramutavano in respiri bassi e ritmati, Harry restava in linea un altro paio di minuti per sentirlo semplicemente respirare. Atteggiamento inquietante, forse, ma arrivati a quel punto era disposto a prendersi qualsiasi parte Louis fosse disposto ad offrirgli.

Quando la mamma gli domanda, "Ti sei addormentato?" Harry realizza con un sussulto di essere entrato in dormiveglia. Viene sommerso dai sensi di colpa, perché torna a casa meno volte di quanto dovrebbe. E' molto più dura fingere che tutto vada bene quando i ricordi legati a Louis occupano ogni angolo della sua camera da letto, in qualsiasi punto della casa e delle strade che erano soliti percorrere mano nella mano. Il più delle volte, quando torna a casa dall'università, Harry preferisce dormire sul divano al piano di sotto anziché nel suo letto.

"Scusami, mamma. Sono solo un po' stanco."

"Beh, okay, amore. Ti lascio dormire allora. Chiamami domani quando ti svegli?"

"Certo," risponde Harry, le ossa che gli si affossano sotto il peso della nostalgia. Quanto vorrebbe un abbraccio ed una tazza di thé e... e niente. "Mi manchi."

"Anche tu, patatino. Prenditi cura di te."

"Anche tu."

Termina la chiamata, e lotta per uscire dai suoi vestiti prima di accoccolarsi sotto le coperte. Patatino. Harry, da bravo masochista, ama quando sua madre lo chiama così. Gli ricorda di Louis che si era appropriato del nomignolo, rendendolo suo. Loro.

Ogni giorno Harry si chiede se abbia fatto la scelta sbagliata.

*******

Tre anni prima

Harry non è preoccupato. Non lo è. Arriverà in uno di questi giorni. Deve farlo.

Solo che aprile cede il posto a maggio, e la lettera non gli è ancora arrivata. Harry continua a controllare ogni giorno la sua posta elettronica. Riesce a malapena ad essere felice quando riceve quella da Oxford, perché non è la lettera che stava aspettando. Non per davvero.

Non arriverà mai.

Finalmente accumula coraggio e recupera il cellulare, il cuore che gli batte ed il telefono che suona mentre attende in linea.

"Imperial College di Londra, come posso aiutarla?"

"Um... salve. Sono Harry. Harry Styles. Mi stavo solo domandando... mi sono immatricolato per iniziare a frequentare la vostra università questo settembre ma non ho ancora ricevuto nessuna risposta?"

"Potresti per favore fare lo spelling del tuo nome e dirmi a quale facoltà ti sei iscritto?"

Harry obbedisce, i palmi che gli sudano mentre aspetta.

"Hm," inizia a parlare la voce femminile dall'altro capo del telefono, ed Harry vorrebbe gridare cosacosacosa, non ce la fa più ad aspettare, "Dal database non risulta nessuna richiesta d'iscrizione da parte tua."

"Ma l'ho mandata dal computer prima della data di scadenza, ho fatto tutto. Ho riempito ogni cosa e ho allegato il mio curriculum scolastico," esclama con animosità Harry. Una parte di lui vuole che la segretaria inizi a ridere e a dirgli che è tutta una candid camera.

"Mi dispiace, il tuo nome non è nella lista. Forse la tua connessione internet ha avuto un problema tecnico--"

"Ma ne ho bisogno," sussurra Harry, stringendosi il cellulare all'orecchio e cercando di non impanicarsi.

"Harry," dice la voce, perdendo il timbro neutro e professionale, "Puoi sempre immatricolarti l'anno prossimo. Saremo felici di averti tra i nostri studenti, ne sono certa."

"L'anno prossimo," ripete il riccio stupidamente, sentendosi le ossa di gelatina, "Okay."

"Okay. Mi dispiace davvero."

Harry si limita ad annuire e ad attaccare. Scivola giù dal suo letto, avvolto in una strana forma di delirio, i piedi che lo trascinano autonomamente nella stanza della lavanderia, dove prima ha avvistato sua madre.

"Mamma?"

Il sorriso di Anne si ghiaccia per poi scomparire del tutto quando vede il viso del figlio. Harry si chiede se sembri paralizzato come si sente di essere. "Cosa c'è che non va?"

"E' che io," Harry sbatte le palpebre, ed entra nella stanza, "Non hanno ricevuto la mia richiesta d'ammissione. Non... non deve essere arrivata. E... è troppo tardi adesso."

"Oh, amore," dice sua mamma, allungando le braccia verso di lui, ma le ginocchia di Harry hanno già ceduto, ed il ragazzo si ritrova seduto tra un cumulo di panni sporchi. Scoppia a piangere.

"C-cosa... cosa faccio adesso?"

*******

Ora

Subito dopo aveva chiamato Louis, e a malapena era riuscito ad essere chiaro mentre cercava di spiegargli la situazione. Louis, dall'altro capo della linea, era rimasto in silenzio per un tempo infinito, a tal punto che Harry aveva iniziato a pensare gli avesse attaccato il telefono in faccia. Ma poi Louis gli aveva detto, "Sei stato accettato ad Oxford, amore. Dovresti... dovresti andare là."

"Ma non è... tu non---"

"Harry," gli aveva detto Louis, la voce gentile. "E' la cosa migliore da fare. Un'incredibile opportunità. Non fartela sfuggire, okay? Promettimi che non lo farai."

Harry si era sentito soffocare, come se il pavimento gli fosse scomparso da sotto i piedi. Ma, in ogni caso, aveva giurato a Louis che avrebbe frequentato l'università ad Oxford. Perché, razionalmente parlando, Louis aveva ragione. Se Harry avesse detto di no ad Oxford e poi l'anno dopo fosse stato rifiutato anche dall'Imperial College, sarebbe stato nei casini. Una prospettiva decisamente poco allettante.

Sia lui che Louis avevano provato a tenersi in contatto, ma le loro agende raramente coincidevano. Louis lavorava di notte in un bar mentre Harry lavorava part-time in un panificio durante il giorno. Entrambi erano così stanchi, distrutti dal lavoro e stressati a causa delle scadenze e l'affitto da pagare. Per un bel po' il suono della voce dell'altro era stato per ognuno di loro l'unica cosa che regalasse buonumore, ma la distanza era iniziata a pesare sempre di più. Il non poter veramente stare insieme aveva cominciato a far soffrire entrambi, e ricordare i momenti felici non era stato più sufficiente. Quindi loro... loro avevano deciso di prendersi una pausa. Semplicemente una pausa. Temporanea, perché si erano promessi il per sempre.

'Tutto bene?' Louis gli aveva scritto una notte ed Harry era rimasto a fissare il cellulare per minuti interi, componendo e cancellando una risposta fino a quando non si era arreso e gli aveva mandato un semplice 'sì', nonostante fosse una bugia. Dopo di quello, non si erano più scritti, tranne che per gli auguri di buon compleanno e di capodanno. Harry ama il dolore che prova nel leggere quei messaggi in un modo quasi masochistico. Ed ogni volta che assiste ad una lezione o studia per i suoi esami, ogni volta che va a correre la mattina per tenere libera la mente, pensa Spero ne sia valsa la pena.

La settimana scorsa ha parlato con Liam, ha scoperto che Louis è uscito con un ragazzo.

E non fa male, Harry ha cercato di auto convincersi. Non fa male. Non lo fa nascondere nel suo letto e non gli fa spegnere il cellulare per ore, non lo fa sentire come se avesse un buco nero dentro il petto che gli sta risucchiando tutta la luce. Non pensa a come sarebbe diverso se fosse ancora insieme a Louis. A guardarlo crescere il suo potenziale, a sorridergli dall'altra parte del tavolo durante una cena. Definitivamente Harry non pensa al piccolo diario, usurato e chiuso dentro il suo comodino, pieno di foto e memorie trascritte nella calligrafia di Louis. Non pensa alla loro ultima estate insieme.

"Cosa sarebbe la prima cosa che faresti nel nostro appartamento?" gli domanda Louis, saltando su e giù sul letto di Harry finché il riccio, solamente a guardarlo, viene colto dai sintomi di un prominente mal di testa.

"Salterei sul nostro letto come stai facendo tu adesso e farei le scivolate in tutti i corridoi con niente addosso se non delle calze morbidose e... ti bacerei in ogni stanza, e--"

Louis atterra proprio sopra di lui, colpendogli il fianco con il ginocchio, ma ad Harry non interessa nemmeno perché il suo ragazzo lo bacia e gli dice, "Ti amo."

*******

"Esci a bere qualcosa con noi stasera?" gli domandano due ragazze della sua classe, ed Harry in qualsiasi altro giorno avrebbe inventato qualche scusa per dire di no, ma.

"Sì, okay."

"Davvero?" gli chiede Alice, allungando una mano verso di lui per toccargli la fronte, come per controllare un'eventuale febbre. "Beh, sono sconvolta."

"Voglio anche baciare qualcuno, forse," aggiunge Harry, accumulando coraggio, ignorando i nodi nello stomaco.

"Beh, allora. E' una missione."

Non è solo Louis che gli manca. Anche Liam. E Niall e Zayn, che gli permetteva di pranzare con lui nell'aula d'arte del liceo, durante l'ultima manciata di mesi prima che lui e Louis si diplomassero. Zayn gli consentiva di guardarlo dipingere mentre Harry faceva i compiti e mangiava il suo panino con le canzoni basse di Drake in sottofondo.

Alice assomiglia un po' a Niall, ha abbastanza parole da riempire il silenzio al posto di Harry, impedisce a chiunque di sentirsi in imbarazzo. E' forse per questo che Harry ha legato con lei più che con chiunque altro.

Comunque, avrebbe dovuto impedirle di farlo bere così tanto. Harry sa di essere incapace a reggere l'alcol. Si sente davvero maledettamente stordito ed ha la nausea perché niente di tutta questa situazione gli sembra giusto. Ma l'amica continua a sorridergli, a dirgli, "Non c'è miglior modo di superare una rottura che scopare con qualcun altro," ed Harry non riesce a pensare ad un solo motivo per cui non dovrebbe farlo.

Pensa a mani diverse dalle sue accarezzare la schiena di Louis e dita incastrarsi tra le sue ciocche lisce, ed Harry si alza da dov'è seduto. I jeans troppo attillati che ha indosso, quelli che mette solo quando non ha voglia di stirarsi i pantaloni, gli prudono. E' tutto incasinato. I suoi capelli sono troppo lunghi perché non gli potrebbe interessare di meno andare da un parrucchiere e la sua maglietta ha un buco sotto l'ascella, ma Harry si ritrova comunque chiuso in bagno con un estraneo che, a quanto pare, lo trova sufficientemente attraente. Il cervello gli urla sbagliatosbagliatosbagliato ed il ragazzo sa di Jagermeister. Lo sta baciando con troppa lingua per i gusti di Harry, bagnato e troppo impaziente mentre preme i loro bacini insieme e gli dice, "Amico, dovresti toglierti quegli occhiali. Stai molto meglio senza."

Tutto ciò a cui Harry riesce a pensare è Louis.

Stanno guardando un film da quaranta minuti buoni ma Harry non sarebbe in grado di raccontarne la trama. Louis è stravaccato nell'angolo del divano, ed il riccio è tra le sue cosce divaricate, ha la schiena premuta contro il suo petto. Louis lo sta accarezzando, determinato ma gentile. Non smette un secondo di toccarlo ovunque, di tenerlo all'apice del piacere.

"Louis," dice Harry, gli occhi che gli si chiudono quando Louis gli pettina via i capelli dal viso, e con polpastrelli delicati prende a massaggiargli lo scalpo.

"Cosa?"

"Io--" Harry gira il volto sul collo di Louis, stringendo in una mano la maglietta del ragazzo, perché si sente la pancia stretta ed è così bisognoso, "E' piacevole."

"Sì?" La mano di Louis corre sul suo collo, gli solletica poi il braccio e, finalmente, si piazza sul suo fianco. Glielo strizza, e fa scivolare il pollice sotto l'elastico dei boxer per strofinare la pelle troppo sensibile. Harry sa che il ragazzo lo terrà in un limbo di piacere per ore, e gli manca il fiato al pensiero di meritarselo. Al pensiero di avere Louis premuto contro la sua schiena, al fatto che basti che muova i fianchi per spingere il plug più a fondo.

"No," dice Harry, spingendo via il ragazzo, e non è l'odore di urina a rendergli lo stomaco pesante. E'... non può farlo. Semplicemente, non ci riesce.

"Non mi sembra un 'no' il tuo," ribatte il ragazzo, allungando un braccio per palpare Harry da sopra i jeans. Adesso che sbatte le palpebre e manda via i ricordi legati a Louis, Harry riesce a sentire la sua erezione sgonfiarsi. Ogni tocco non appartenente a lui brucia, e non in una maniera positiva.

"Ho detto di no," ripete, le ginocchia che gli tremano mentre spintona il ragazzo, così forte che i suoi piedi sbattono contro il gabinetto.

"Sei malato di mente, cazzo," sibila l'altro e per un attimo Harry pensa di star per essere picchiato, ma il ragazzo si limita a tirargli una spallata e ad uscire dal bagno, mormorando un "Maledetto stronzo," tra i denti.

Harry si lascia scivolare a terra, fregandosene di quanto il pavimento sia sporco. Si strofina la bocca con il dorso della mano, desiderando di poter cancellare via dalle labbra il ricordo di quell'orribile bacio, sperando non fosse mai successo perché ora l'ultima bocca ad aver toccato la sua non è più quella di Louis. Si sente lo stomaco sottosopra.

Harry appoggia la fronte sulle sue ginocchia piegate, inspirando ed espirando con forza e cercando di non piangere perché si sente come se una metà di lui non ci fosse più.

*******

"Ci sei quasi, Harry. Hai quasi finito," gli dice Fiona, la sua docente e tutor. "E devo proprio dirtelo, il tuo è seriamente un lavoro eccezionale. Ci sono ancora delle parti che potresti rendere migliori ma complessivamente sono davvero orgogliosa del lavoro che hai fatto quest'anno."

"Grazie," replica Harry, torcendosi le mani in grembo, sentendosi più leggero di quanto si sia mai sentito da giorni. Andare bene a scuola è l'unica cosa che lo fa sentire in quel modo, ormai. Quello e sapere che anche Louis sta andando bene, che ha ottenuto il suo primo spettacolo teatrale. Harry avrebbe voluto andare a vederlo, per dire al ragazzo quanto sia felice per lui.

"Spero tu voglia continuare gli studi," gli dice Fiona, frugando nel suo cassetto. "Ho... ecco." Gli porge alcuni prospetti. "Con il lavoro che hai fatto non dovresti avere troppi problemi a trovare qualcuno che ti possa aiutare a conseguire un Master. A dire il vero, mi sono già presa la libertà di inviare il tuo curriculum scolastico ad una manciata di persone e penso che qualcuno abbia già fatto un pensierino su di te."

"Seriamente?" le domanda Harry, sporgendosi in avanti, le mani che gli tremano. "Non stai scherzando, vero?"

"No," ride lei. "Solo, continua a controllare le tue e-mail nel caso qualcuno dovesse contattarti, va bene?"

"Grazie!" esclama Harry, saltando giù dalla sedia e superando il tavolo per poter abbracciare la donna. La lascia andare piuttosto velocemente, rendendosi conto di non essersi comportato in un modo poi così appropriato, ma Fiona si limita a sorridergli e a tirargli delle pacche sul braccio.

"Tranquillo, Harry. Sei uno dei migliori studenti che abbia mai avuto. Sarebbe stato un crimine non aiutarti."

"Grazie," ripete insistentemente Harry con un filo di voce, sperando che la donna possa capire quanto le sia grato.

"Adesso vai via, su! Ci vediamo dopo."

Fiona mette da parte una pila di fogli sulla scrivania, e si scricchiola le nocche. Harry, che si sta dirigendo verso la porta, si ferma, una risposta automatica che gli scivola subito dalla punta della lingua, "Oh no, non farlo. Ti verrà l'artrite."

Fiona si limita a scuotere la testa con fare affezionato, e a salutarlo con una sventolata della mano.

"Lou, no. Ti verrà l'artrite."

"Hai paura che non riuscirò più a farti delle seghe decenti?" Louis entra nella sua visuale, le mani puntellate sul materasso accanto alle spalle di Harry mentre torreggia su di lui, girato al contrario.

"Sì, esatto," ribatte Harry, impassibile. "E' la prima cosa a cui ho pensato, ad essere sinceri."

"Beh, mi sembra giusto. Sono eccezionali." Louis si abbassa e schiocca un bacio rumoroso sulla bocca di Harry. La barbetta sul suo mento si strofina contro il naso di Harry. "Ti amo."

"Sei bellissimo oggi," gli dice Harry non appena si dividono, spinto da nessun motivo in particolare.

Louis gli lecca la punta del naso. "Puoi solo vedere le mie narici, non è così? Non è una valutazione molto corretta."

"Sono le più belle narici che io abbia mai visto. E anche i peletti del naso sono perfettamente curati."

Louis scoppia a ridere. "Sei un idiota."

*******

"Harry, è meraviglioso!"

Harry lancia il sassolino e, mentre cammina lontano dal campus, nasconde un sorriso, sperando comunque che sua mamma possa percepirlo nella sua voce. "Mi ha mandato un contratto da firmare e tutto il resto, e ha già pagato lui per le mie tasse scolastiche."

"Harry--"

"Mamma, non piangere."

"E' solo che... sei così, così intelligente. Come posso essere tua madre?"

Harry ride, e si allontana i capelli dalla faccia. Stanno diventando ridicolmente lunghi. "Anche tu sei intelligente, solo in una maniera differente alla me."

"Significa che trascorrerai altri anni ad Oxford?"

Harry rallenta sui suoi passi mentre, sul volto, gli si forma lentamente un sorriso. "A dire il vero. A dire il vero, mi vuole più vicino a lui cosicché possa assistermi e, tipo, farmi da mentore, immagino?"

"Oh, e dove vive? E lo giuro, se mi dici che abita in qualche posto lontanissimo ti trascino a casa e ti rinchiudo in camera tua."

"No, è... a Londra."

"Oh."

"Già," dice Harry, costringendo i suoi piedi a muoversi nuovamente in modo rapido. Non sa ancora come sentirsi a riguardo. Il fantasma di Louis lo perseguita già ovunque, e per ora non è nemmeno nella sua stessa città.

"Stai bene?"

"Mamma, non tutto gira intorno a Louis, sai," risponde Harry, nonostante il suo cuore stia subendo una debole scossa solo per il modo in cui il nome di Louis è risuonato detto dalle sue labbra. Quasi credeva avesse dimenticato come sillabarlo.

"Liam dice che anche Louis sente la tua mancanza, sai."

"E' fidanzato, non è così?" quella di Harry è più un'affermazione che una domanda. Quando sua mamma inizia a protestare, per farlo sentire meglio, Harry decide di cambiare argomento, di chiederle, "Come sta Gemma? E Jay?"

"Sta per sposarsi con Dan," risponde Anne con un sospiro, assecondandolo, "Jay, eh. Non Gemma. Definitivamente non Gemma. Sono troppo giovane e carina per avere una figlia già sposata. Gemma comunque sta alla grande. Mi ha detto di dirti che sei, cito, 'una testa di cazzo perché non la chiami più spesso'. Fine della citazione."

"E' una tale bambinetta."

"Le passerò il messaggio."

Harry ridacchia, il suono che emette roco dentro la sua gola. "Ti voglio bene, mamma."

"Anche io. Adesso devo andare, ma ti chiamo presto okay?"

"Okay. A presto."

"Ciao, amore."

"Ciao."

E forse Londra sarà l'ennesima occasione per sentire male al cuore, ma Harry ha le mani legate. Ci deve andare in ogni caso.

*******

Un anno dopo

Harry sta per conseguire il Master e lavora a tempo pieno per un'associazione di ricerca medica, pronto ad acquisire il suo dottorato. Una parte di lui è ancora mancante, ma il dolore si è assopito, in un certo senso. Forse lui e Louis non sono mai stati predestinati a rimanere insieme.

E' in piedi di fronte alla porta, la nausea che gli agita lo stomaco ed il sudore che gli bagna la maglietta. Bussa, lottando per non scappare via quando la porta, finalmente, viene aperta.

"Sì?" gli domanda con un cipiglio incuriosito un ragazzo di bell'aspetto, tatuato, con solo indosso una paio di joggers.

"Io, um..." deve essere il.... il qualcuno di Louis. Qualcuno che non è Harry, e che sta incominciando a guardarlo come se fosse un qualche essere strano strisciato fuori dal legno. Harry, quindi, indietreggia, la voce strozzata mentre mormora, "Scusami, ho sbagliato appartamento," e si allontana. Cammina via, reggendosi al corrimano perché le sue gambe non riescono a supportare il suo peso.

Una parte di lui sta ancora aspettando, e probabilmente aspetterà per sempre, persino quando avrà ottant'anni e non riuscirà a camminare senza l'ausilio di un bastone da passeggio. Ogni volta che prende la metropolitana si domanda se Louis si sia mai seduto sul suo stesso sedile, se abbia mai bevuto un espresso nella stessa piccola caffetteria dove Harry è accomodato in questo momento. A volte fantastica sui modi diversi, sui differenti scenari, sulle pieghe che avrebbe potuto prendere la sua relazione con Louis. Immagina sempre un finale felice, un qualcosa a cui Harry ormai non crede più. E' terrorizzato dall'ammettere ad alta voce di avere ragione a non pensarla più come una volta.

Sta annotando delle formule sul suo piccolo blocco per gli appunti e si sta per portare alle labbra la tazza, quasi vuota, di caffè quando solleva lo sguardo dal tavolino e vede. Solo un flash di caviglie nude e polpacci stretti in jeans troppo attillati. Harry lascia cadere la tazza sul piattino, rumorosamente abbastanza da portare l'attenzione di tutti su di lui. Non gli interessa. Semplicemente... getta dei soldi sul tavolino, recupera le sue cose, si infila goffamente la giacca e scende giù dalle scale, corre in strada. Il cuore gli rimbomba dentro la gola, non riesce a pensare ad altro che Ho solo bisogno di vederlo una volta ancora, una soltanto.

I suoi piedi lo trascinano in avanti, ed Harry si fa largo a gomitate tra la folla, le scuse pronte a scivolare dalla sua punta della lingua. Le caviglie spariscono dietro un angolo ed Harry corre, i capelli che gli sfuggono dallo chignon disordinato e gli occhiali che gli scivolano lungo il naso.

"Louis!"

Le persone intorno a lui lo guardano di sottecchi ma continuano comunque verso la loro strada, perché a nessuno di loro interessa seriamente di un pazzo che urla in strada. Proprio mentre sta per gridare nuovamente il nome di Louis, Harry inciampa sul piede di qualcuno e caracolla a terra in una confusione di arti. I palmi gli pizzicano, spellati e sanguinanti, ed i suoi jeans sono strappati all'altezza del ginocchio. Ma poi una mano si arriccia intorno al suo bicipite per aiutarlo a rialzarsi, e gli chiede, "Stai bene, amico?"

Non è Louis.

Non appena Harry ritorna in sé, imbarazzato, il cuore al livello dei piedi, la persona che sarebbe potuta essere Louis non è più a portata di vista.

*******

"Vieni a trovarmi domani," gli dice Liam, il tono che non ammette discussioni.

"Liam--"

"Non sarà qui," aggiunge Liam, gentilmente. La gente diventa sempre così gentile intorno ad Harry ogni volta che il nome di Louis viene tirato in ballo. Si domanda se succede lo stesso per Louis. "Si è preso il weekend libero per andare a trovare Jay e le ragazze. Se ne va tra qualche ora."

"Non lo so. Ho così tanto lavoro e--" Harry ha paura, è assolutamente, fottutamente terrorizzato dal fantasma di Louis appostato in ogni angolo dell'appartamento.

"Guarda che lo dico ad Anne."

"Mi stai ricattando?"

"Sì." Liam non sembra affatto in preda ai sensi di colpa.

"D'accordo." Harry sa già che probabilmente si pentirà della sua decisione.

*******

Liam lo fa entrare ed è tutto okay. Meglio di quello che si sarebbe aspettato, nonostante la sola vista delle scarpe di Louis abbandonate alla rinfusa accanto alla porta gli fa rivoltare le interiora.

"Sei sicuro che questo sia il tuo appartamento?" gli chiede Harry mentre si toglie gli stivali, aggrottando le sopracciglia perché è sicuro che quella volta aveva bussato alla porta accanto a questa.

"Che razza di domanda sarebbe?" Liam scoppia a ridere, torreggiando accanto alla porta. "Entra e comportati come se fossi a casa tua. C'è del thé in cucina. Lo--c'è del thé." Fa tintinnare le chiavi, un sorriso tirato sul viso. "Faccio un salto veloce al supermercato per comprarci degli snacks, okay?"

"Okay," replica Harry, nonostante non si fidi granché di rimanere solo in questo posto.

Finisce per accendere la tv, senza però prestarle troppa attenzione. E' irrequieto e lotta contro la voglia di alzarsi e andare a curiosare in giro. Quando sente una chiave girare dentro la serratura, si sente sollevato. Si alza dal divano e cammina verso la porta, dicendo, "Ci hai impiegato secoli, Liam. Pensavo ti fossi perso--"

La porta si apre. Il tempo si ferma. Addirittura la televisione, con Gordon Ramsey ad inveire sullo schermo, si blocca. Come se il mondo di Harry non fosse già caduto sotto i suoi piedi. Come se ora non stesse guardando la stessa faccia che, negli ultimi anni, ha popolato tutti i suoi sogni. Ed è un po' diversa, adesso. Più magra ed ossuta, la barbetta più folta, ma è sempre lui. E' sempre Louis. Harry non riesce a smettere di fissarlo. Non riesce neanche a parlare, maledizione.

"Harry?" sussurra Louis, a malapena udibile, sembrando sconvolto tanto quanto lui. All'improvviso, è come se avesse visto Louis solamente il giorno prima. "Harry, cosa--"

Harry sbatte le ciglia, e si schiarisce la gola. Le ginocchia non smettono di tremargli.

Louis chiude la porta dietro di sé, ci si appoggia contro come se sentisse la forza di gravità, la stessa che sta aggredendo Harry, tirarlo giù verso il pavimento.

"Louis." Harry fa un passo in avanti, e combatte contro l'urgenza di sistemarsi gli occhiali.

"I tuoi capelli," dice Louis, gli occhi che non lasciano mai il viso di Harry, "Sono così lunghi."

"Sono... mi stanno bene? E' solo che... non mi interessa, li ho semplicemente lasciati crescere."

"E' una cosa che fanno normalmente i capelli, sì," aggiunge Louis ed Harry ride, quell'orribile, orribile verso rumoroso che non sapeva essere in grado di produrre ancora. Si era dimenticato di quanto bene lo facesse sentire, e adesso le guance gli fanno male.

Louis ride a sua volta, e la tensione evapora via dalla stanza. Prima che Harry possa anche solo capire cosa stia succedendo, il corpo di Louis si scontra contro il suo, come se fossero due stelle che collidono per creare un nuovo universo. Harry abbassa il viso per strofinare il naso sul collo di Louis e respira, semplicemente respira, strangolando un Sono ancora innamorato di te da qualche parte profonda dentro il suo petto. Non sarebbe giusto da parte sua dirlo, non più, nonostante il corpo di Louis combaci tra le sue braccia come se niente fosse mai cambiato.

"Sono orgoglioso di te," bisbiglia Louis. "A volte chiamo Anne solo per sapere se stai bene e... voglio che tu sappia quanto sono fiero di te."

"Ma ho rovinato tutto." Harry fa per allontanarsi ma Louis non glielo permette, avanza nuovamente nel suo spazio personale e spalma il petto sul suo. Sono attaccati come due calamite.

"Non è vero. Non è vero. Hai fatto la cosa più giusta. Volevo che tu," Louis espira sul suo collo, aggrappandosi alla maglietta di Harry. Harry lo stringe a sé con forza ancora maggiore. "Cazzo, Harry, sei qui. Come--"

"Liam, lui," Harry deglutisce, non riesce ancora propriamente a realizzare di essere qui, tra le braccia di Louis, anche se per solo un secondo, "deve aver organizzato tutto quanto... mi aveva detto che tu non saresti stato qui."

"Ma perché--" sussurra Louis, la voce roca, le dita che affondano sulla schiena di Harry prima di tirarsi indietro. "Non volevi vedermi, vero?"

Louis ha la fronte aggrottata, è piccolo e ferito, le sue dita sono arricciate intorno al braccio di Harry, bruciano attraverso il tessuto della sua camicia bianca. Proprio nel punto dove Harry si è tatuato sulla pelle la prima parola che Louis gli abbia mai rivolto.

"Sì che volevo vederti, sono venuto... sono venuto a cercarti mesi fa, proprio quando mi sono trasferito qui a Londra. Solo che... tu non eri lì. Il tuo... il tuo ragazzo sì invece, quindi io," Harry abbassa la testa, preferisce puntare lo sguardo sui suoi stessi piedi, "me ne sono andato. Semplicemente, non ce la facevo a restare lì."

"Harry, no," gli dice Louis, facendo scivolare una mano sul suo viso per raccogliergli il mento e fargli sollevare lo sguardo. I suoi occhi bruciano. "Non sto insieme a nessuno. Sono... sono uscito con dei ragazzi, sì, ma... non è durata con nessuno di loro. Perché... perché non erano te."

"Ma il tipo che mi aveva aperto la porta," replica Harry, cercando di non sentirsi ancora come un diciassettenne, ancora nella sua vecchia camera, pronto a credere nel per sempre. "Muscoloso, mezzo nudo. Alto, moro e tatuato--"

"Non conosco nemmeno nessuno fatto così. Tranne il ragazzo che abita nella casa accanto," dice Louis, il pollice che strofina il punto dietro l'orecchio di Harry. Prima che Harry possa anche solo capire, realizzare di aver bussato alla porta sbagliata e di aver sprecato mesi, Louis lascia cadere la mano, improvvisamente guardingo. "Harry, tu... voglio dire, e tu? Stai con qualcuno? Liam non mi ha mai menzionato niente, ma," Louis indietreggia, imbarazzato, una mano che si massaggia la nuca e gli occhi che vagano nella stanza. "Scusami, sono davvero maleducato, cazzo. Vuoi, tipo, sederti? Qualcosa da bere? Magari cambiare argomento e parlare di qualcosa di meno personale?"

"Um," ribatte Harry, pruriginoso da tanto vuole toccare di nuovo Louis, dirgli, non scappare via, semplicemente abbracciami e promettimi che non abbiamo rovinato tutto. "Sì. No, grazie, e... non potrei mai nasconderti qualcosa, quindi... tanto vale."

"Tanto vale, allora," gli fa eco Louis con un piccolo sorriso, accompagnando Harry fino al soggiorno. Entrambi si siedono di traverso, fronteggiandosi, le ginocchia che si sfiorano. Harry finge di non notare come questo semplice tocco sia stato sufficiente a far sobbalzare Louis.

"Non sono, sai," inizia Harry, agitato per via del pesante silenzio, traboccante di tutte le cose che non si sono mai detti, "Non sto con nessuno. Ci ho provato. Una volta. Mi sono ubriacato ed ho pensato sarebbe stata una buona idea. Ho pensato che mi avrebbe fatto provare meno la tua mancanza, ma mi ha fatto solo... venire la nausea, perché odiavo il modo con cui mi toccava." Non era te. Non penso potrei mai amare qualcuno tanto quanto ho amato te.

"Harry--"

"No, scusa, non sto... non ti sto chiedendo niente. Non so nemmeno cosa sto dicendo. Forse non dovrei nemmeno essere qui--"

Fa per alzarsi, ma Louis lo afferra per il gomito, lo costringe a rimanere seduto. Le sue guance sono pallide, quasi giallastre, ed ha un cipiglio tra le sopracciglia che fa venire il prurito alle dita di Harry. Anni prima, avrebbe allungato una mano verso di lui e glielo avrebbe lisciato via fino a farlo scomparire, fino a cancellare qualsivoglia preoccupazione di Louis. E' diverso, adesso.

"Per piacere, non andare via," lo implora Louis, facendo scivolare le dita lungo il braccio di Harry e facendole soffermare sul suo polso prima di lasciare la presa. Harry sentirà il tocco del ragazzo su di sé per giorni interi. "Per favore, resta. Mi sento come se... se tu te ne andassi adesso non ti rivedrei mai più."

"Lou, no," riesce a dire Harry prima che la sua determinazione vada in briciole. Stringe la spalla di Louis tra le dita. Ha solo bisogno di toccarlo, bisogno di vedere Louis non più solo nei suoi sogni. Che è un composto di sangue e pelle e ossa che Harry vorrebbe afferrare e non lasciare andare mai più. E forse Louis prova lo stesso, perché si sta sporgendo verso di lui a tal punto che le loro fronti vanno a toccarsi. Entrambi si limitano a respirare, le mani che afferrano l'altro con vigore.

"Sei anche diventato più alto," commenta Louis, il sorriso un po' triste.

"Forse sei tu ad essere più basso, Benjamin Button."

"Taci," controbatte Louis, una risata che gli esce dal petto. Fa scalpitare il cuore di Harry in una maniera quasi spossante. Come di riflesso, allunga un pollice per accarezzare l'osso sporgente della clavicola di Louis.

"Lo sapevo che sarei riuscito a farti fare un vero sorriso."

Il respiro di Louis gli solletica le labbra, caldo e al gusto di menta. Tentennante, affonda le dita tra i riccioli di Harry. "Ci sei sempre riuscito."

"Louis," Harry chiude gli occhi e si abbandona alla mano di Louis come era solito fare anni prima. E' come se il suo corpo ricordasse ogni cosa e agisse autonomamente. "Mi sei mancato." Ed è una bella sensazione quella di, finalmente, dare voce a quel sordo dolore che gli pesa sulle ossa da quando lui e Louis hanno deciso di prendere strade separate. E' piacevole spogliarsi di ogni corazza perché, nonostante tutto, sa che Louis non lo ferirebbe mai di proposito.

"Anche tu mi sei mancato," ribatte Louis con un filo di voce, accarezzandogli lo scalpo come era solito fare in passato. "Mi sei mancato così tanto, cazzo. Ogni giorno."

Harry sente il respiro tremante di Louis colpirgli la guancia, le sue labbra solleticargli la pelle troppo calda. Si sente bruciare dalla testa ai piedi.

"Non posso crederci di aver bussato alla maledetta porta sbagliata," dice Harry, facendo scontrare il naso contro quello del castano.

"Hm?"

"Il tuo vicino di casa... devo aver sbagliato l'indirizzo." Deve aver mal interpretato la calligrafia di Liam. "Avrei potuto vederti mesi fa. Sono un tale maledetto idiota."

"Tranquillo. Non incolparti per questa cosa. Sei qui adesso," lo rassicura Louis, strofinando la guancia contro la sua, attento a non urtare gli occhiali di Harry. "E' tutto quello che conta."

Louis, poi, scoppia a ridere, e scuote la testa. "Non mi piacciono nemmeno i tatuaggi."

"Oh."

"Cosa?" quella di Louis è più un'affermazione che una domanda vera e propria, ed Harry aveva quasi dimenticato come il ragazzo sia sempre riuscito a leggerlo come se fosse un libro aperto. A quanto pare, riesce ancora adesso a leggerlo.

"Ne ho uno. Un tatuaggio," ammette Harry, perché non è mai stato in grado di mentire a Louis e non ha nessuna intenzione di iniziare a farlo ora.

"Hai un tatuaggio," Louis si tira indietro, fissa gli occhi nei suoi come per valutare se Harry lo stia prendendo semplicemente in giro. Harry appoggia le mani sulle ginocchia di Louis, la mente accecata da tutti i ricordi di lui che gli bacia la pelle.

"Già." Non si pente di averlo fatto. Anche se a volte, solo a guardarlo, si sente male, non ha mai provato rimorsi a riguardo. Nemmeno per un attimo.

"Posso vederlo?"

"E', um... sotto la mia camicia."

"Scusami, non era mia intenzione... non sei costretto a farmi vedere niente."

Harry si allontana, abbassando lo sguardo per osservare le sue stesse mani tremanti togliere la camicia da dentro i jeans ed iniziare a sbottonare ogni singolo bottoncino. La camicia, ora, gli lascia il petto nudo, ed Harry ne abbassa un lembo per scoprire una spalla. Il cuore gli rimbomba, la pelle pizzica dall'agitazione. "E' nell'interno del mio, um... del mio bicipite."

Louis sembra inebetito, forse, mentre con dita delicate afferra il braccio di Harry e glielo gira maggiormente da un lato. "Cazzo, Harry."

"L'ho fatto dopo... dopo che abbiamo deciso... volevo soltanto avere per sempre una parte di te con me. Mi dispiace."

"Ti dispiace davvero?" gli domanda Louis, graffiato e roco.

"No," confessa Harry, prendendo a respirare sempre più velocemente perché Louis gli sta ancora toccando il braccio, il polpastrello del suo pollice gli sta accarezzando l' 'Hi' tatuato. Gli scatena una pioggerellina di pelle d'oca.

"Siamo stati stupidi?" chiede Louis, ridendo senza umorismo. "Avremmo dovuto provarci di più?"

"Avevamo a malapena il tempo per parlare," gli ricorda Harry, perché è la verità e lui ricorda quanto spesso finivano per piangere al telefono tanto ognuno sentiva la mancanza dell'altro, ed era dura. Quel non è abbastanza lasciava semplicemente la ferita aperta. "E con il lavoro e l'università, ed io che non sapevo se avrei mai lasciato Oxford, semplicemente... non siamo stati stupidi, Lou. Non significa che... non vuol dire che abbiamo mai smesso di tenere l'uno all'altro."

"Lo so," dice Louis, allentando la presa sul suo bicipite ed abbassando la mano per aggrapparsi, questa volta, all'incavo del gomito di Harry. La camicia scivola maggiormente sulla sua spalla. "So che hai ragione. Lo sapevo persino allora. Ma per un attimo avrei voluto essere egoista e continuare a rimanere in contatto."

"Per un attimo, ho voluto che lo facessi." Anche se avesse finito per ferire entrambi, anche se fossero arrivati ad incolparsi a vicenda. Per quel singolo istante precedente alla loro scelta di lasciarsi andare, Harry se ne sarebbe fregato.

"Non ti ho mai detto addio, sai. Mi sono sempre rifiutato di dimenticarti. Ho sempre pensato che se non te lo avessi detto ad alta voce, avrebbe significato che ci saremmo trovati di nuovo."

Stringe il polso di Louis, si porta la sua mano alle labbra e chiude gli occhi, limitandosi ad appoggiare la bocca sulle nocche del ragazzo. "Lo abbiamo fatto, non è così?"

Le dita di Louis vengono colte da uno spasmo, si allacciano alla mano del riccio. "Harry--"

"Io... Louis, non ho mai smesso di amarti." Per un attimo, Harry è terrorizzato. Terrorizzato ma determinato a non rimangiarsi quello che ha appena detto e fingere sia stato tutto uno scherzo, perché non importa ciò che è successo, almeno Louis deve sapere. Harry non ha intenzione di scappare. "E se non provi lo stesso, è... va bene. Voglio solo che tu sia felice--"

E quando Louis gli avvolge la mandibola e respira, "Cazzo, Harry, ti amo così tanto, cazzo, non dubitarne mai. Lo farò sempre," sulla bocca di Harry, le loro labbra che a malapena si sfiorano, è come se niente fosse mai cambiato, ed eppure. Eppure lo è. Perché ora Harry sa cosa significa perdere Louis, e non vuole mai più provare quella sensazione. Farà di tutto, qualsiasi cosa, per tenersi Louis e non lasciarlo andare mai più.

Le loro bocche si avvicinano l'una all'altra, pronte a scontrarsi. Harry non sa se sia lui o Louis a muoversi per primo. Non sa se sia lui a tirarsi contro Louis, prendendolo dalla vita, o se sia invece il ragazzo a sporgersi in avanti. Ma, in qualche modo, le loro labbra finalmente si incontrano, scivolano insieme, schiuse e pronte ad assaggiare i sospiri dell'altro, a dirsi senza il bisogno di usare le parole nessuno potrà mai farmi sentire nello stesso modo in cui mi fai sentire tu.

E quando la mano di Louis si sposta sulla pelle nuda del suo fianco, il suo tocco equivale ad una fiamma accesa. Harry si sente come un pezzo di carta pronto a bruciare. E lo sa che non sarà facile, che non sarà tutto rose e fiori, ma. Ma hanno ore e giorni ed anni interi a disposizione per parlare ed imparare di nuovo a conoscersi e dirsi a vicenda Non potrei mai amare nessuno nella maniera che amo te, perché quello che hanno è stato scritto dalle stelle. E non importa in quale universo, loro due si scontreranno sempre come molecole spezzate a metà che trovano finalmente la via di casa.

Insieme, staranno bene.

Fine

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