Capitolo 73 - Come undone (Pt. 3)

Era solo una sensazione, ma era sicuro che non si fosse alzato per andare da lui. Sembrava piuttosto intenzionato ad andarsene, prima ancor di aver ordinato – forse aveva rifilato qualche patetica scusa per convincere la ragazza a seguirlo in qualche altro bar.

Sembrava che l'unica occasione per parlargli gli stesse scivolando lentamente dalle mani, scorrendo lontano dalle sue dita, tornando ad essere il nulla che era stato per due anni. Riccardo se ne stava andando, e con lui anche la possibilità di fermarlo, di impedirgli di nuovo di andarsene e sparire come se niente fosse mai accaduto.

Erano gli ultimi secondi per non pentirsi di non aver fatto nulla, per provare a non rimanersene in silenzio ancora una volta.

Nel momento stesso in cui Riccardo e la donna accennavano ad allontanarsi dal tavolo che avevano occupato fino a quel momento, Alessio buttò giù quel che rimaneva del suo spritz, prima di alzarsi sotto gli occhi attoniti dei suoi amici.

Non aveva idea di cosa avrebbe detto, né di come Riccardo avrebbe reagito, ma non gliene importava. Sapeva solo che i passi per arrivare ad un metro dalla sua schiena erano stati troppo pochi per poter formulare un pensiero lucido e delle parole decenti per costringerlo a voltarsi.

I'm contemplating thinking about thinking

It's overrated just get another drink and

Watch me come undone

In quei due anni aveva pensato spesso a come sarebbe stata la prima volta in cui avrebbe rivisto Riccardo, anche se si era sempre convinto che un tale evento non sarebbe mai accaduto. Si era immaginato arrabbiato, ferito e completamente disorientato – come effettivamente stava accadendo-, ma nelle sue conversazioni immaginarie con suo padre riusciva sempre a trovare le parole giuste al momento giusto, a dirgli tutto ciò che aveva pensato in tutto quel tempo, ad urlargli tutto il suo rancore e il senso d'ingiustizia che l'avevano investito troppo a lungo. Riusciva, seppur in modo sottile, a farlo sentire allo stesso modo, a ferirlo e a farlo sentire in colpa per ciò che aveva fatto.

-Non pensavo saresti arrivato al punto di fare addirittura finta di non vedermi!-.

Quella era una delle frasi che aveva sempre pensato che gli avrebbe gridato. E lo aveva appena fatto, ma nell'esatto istante in cui Riccardo si era voltato verso di lui, portando finalmente gli occhi neri ad incrociare quelli azzurri di Alessio, si ritrovò con la mente completamente svuotata e la gola secca. Non era come nella sua immaginazione: non c'era audacia in lui, nessuna sfacciataggine sufficiente che gli permettesse di continuare a parlare.

Poteva almeno consolarsi che la sua voce non era risultante tremante come aveva temuto.

Riccardo si era definitivamente fermato, anche se per alcuni secondi Alessio ebbe come l'impressione che volesse ignorarlo ancora una volta, lasciandolo lì come un pazzo che urlava al primo che passava. Invece rimase lì, immobile e fermo: non sembrava sorpreso, né in attesa di qualcosa. Scrutava Alessio con lo stesso sguardo freddo e scuro di prima, il ghigno canzonatorio che sembrava essere sparito.

-Ma che succede?- la giovane donna a fianco di Riccardo si rivolse direttamente a lui, spostando lo sguardo stranito su Alessio solo per qualche secondo. Ora che la poteva guardare in faccia, Alessio si sentì un groppo in gola, nel notare che la ragazza doveva avere davvero a malapena qualche anno più di lui.

-Ma chi è questo?- la sentì mormorare ancora, quando Riccardo non le rispose alla prima domanda.

Alessio cercò di ignorarla, anche se sentirsi nominare in quel modo non stava facendo altro che aumentare la sua agitazione e la rabbia. Riuscì a trattenersi dall'urlarle di tacere solo nella speranza di sentir finalmente suo padre dire qualcosa, dargli anche il più piccolo gesto d'attenzione.

-Non succede niente- Riccardo non si era nemmeno voltato verso di lei nel pronunciare quelle parole lentamente, con calma calibrata. Si girò solo per un attimo fugace, dicendole qualcosa all'orecchio – Alessio non poté ascoltare, anche se dubitava altamente le stesse dicendo che suo figlio era appena sbucato fuori a rovinare il loro pomeriggio-, spingendola, qualsiasi cosa le avesse appena sussurrato, a fare qualche passo indietro, allontanandosi da loro, le braccia incrociate al petto e lo stesso sguardo disorientato di prima.

Riccardo invece fece un passo avanti, riducendo la distanza da Alessio, ancora impassibile:

-Il tempo passa, ma sembra che tu non cresca mai. Sei istintivo e incosciente come lo sei sempre stato, figlio mio-.

Alessio non seppe interpretare il neonato sorriso che accompagnò le parole di Riccardo: poteva riconoscervi derisione e scherno, orgoglio e fierezza. Eppure lo sguardo tradiva allo stesso tempo una punta di dolcezza, quasi come se si sentisse in colpa per averlo trattato come uno sconosciuto qualsiasi. Alessio si dette dello stupido mentalmente per quell'impressione che gli occhi di Riccardo gli stavano trasmettendo: doveva essere solo una sensazione ingannevole, un'illusione dolceamara.

La donna continuava a fissarli da più distante, stranita e spaesata, messa in disparte. Riccardo non sembrava averle dato alcuna spiegazione, e Alessio dubitava fortemente gliene avrebbe data una più tardi. Non sembrava nemmeno più interessato alla sua presenza, in quell'istante, mentre lasciava dardeggiare gli occhi d'ebano su di lui.

Alessio sentì la gola farsi sempre più secca, con il cuore che ancora non accennava a rallentare il battito. Immaginava che gli occhi dei suoi amici fossero tutti puntati su di lui e Riccardo. Se li sentiva addosso, ma non aveva idea se avessero capito cosa stava succedendo.

-Che ci fai qui? A Padova?-.

Alessio si pentì immediatamente di quella domanda: gli parve stupida, senza senso, e di certo non aveva davvero molta importanza il motivo per cui Riccardo si trovava in città.

-Ci vivo- replicò Riccardo, la voce profonda e a tratti altezzosa. Continuava a rivolgergli quell'espressione indecifrabile, restio perfino a sbilanciarsi troppo nelle parole.

Per un attimo Alessio quasi faticò a credere a quel che aveva sentito: ci viveva? Quindi era rimasto lì per tutti quei due anni in cui non aveva fatto avere alcuna sua notizia?

Non seppe reagire alla notizia che suo padre fosse stato sempre molto più vicino di quanto non aveva mai saputo.

Sapeva che non gli avrebbe detto molto altro. Quell'atteggiamento cominciava a dargli sui nervi: ci era sempre stato abituato a quelle mezze parole e significati sottintesi che suo padre lasciava trasparire nelle sue frasi. In quel momento, però, non avrebbe voluto altro che sentirgli dire, per una buona volta, la verità che stava dietro tutto quel che era successo.

Alessio si ritrovò a sbuffare, esasperato e confuso:

-Non è che potessi saperlo, visto che non hai più fatto sapere niente di te dopo che ... - la voce gli morì in gola, e si vergognò ancor di più nell'aver ceduto così facilmente davanti a Riccardo.

Si passò la lingua sulle labbra, percependole secche e dandogli una fastidiosa sensazione. Il suo nervosismo gli stava dando problemi su qualsiasi fronte.

-Sono due anni che cerco di capire mille cose, e ... - Alessio strinse i pugni, odiandosi per il fatto di non riuscire a non bloccarsi – E ora fai finta addirittura che io non esista, e a malapena mi parli-.

"E quando mai mi ha parlato?" si ritrovò a pensare.

Aveva forse sperato che potesse essere cambiato qualcosa in quel lasso di tempo? Ma era evidente che non era successo: se non fosse stato per la sua iniziativa, Riccardo si sarebbe allontanato senza nemmeno rivolgergli un cenno di saluto.

Si sentì patetico, come un bambino capriccioso che non riusciva a convincere il proprio padre a dargli ciò che voleva. Un po' come era sempre stato.

Il sogghigno di Riccardo si era pian piano affievolito, ma la durezza degli occhi non aveva lasciato spazio ad alcuna esitazione.

-Ho risposto all'unica domanda che mi hai fatto, se non sbaglio-.

-Quindi sei sempre stato qui?- Alessio alzò inevitabilmente la voce, trattenendosi a stento dall'urlare – Per due anni sei stato qui e non hai mai detto nulla?-.

Per la prima volta in quella conversazione Riccardo sembrò abbandonare per un attimo la freddezza che lo aveva contraddistinto fino a quel momento: aprì e richiuse le mani a pugno, in un gesto nervoso, e serrò maggiormente le labbra. Sembrava in difficoltà, e Alessio non poté fare a meno di sperare di esser riuscito a scalfire, almeno in parte, quella sua riluttanza a parlare sinceramente.

-Ero qui, in effetti- Riccardo rivolse lo sguardo altrove per alcuni attimi, rilasciando un sospiro prolungato, prima di tornare con il viso ad Alessio:

-Non comportarti come se ti fossi mancato-.

Alessio rimase in silenzio, raggelato da quelle che sembravano parole che Riccardo doveva trovare realmente sincere: non vi era più alcun ghigno a disegnarli le labbra sottili, nessuna parvenza di beffa negli occhi.

-Come fai a dirlo senza neanche battere ciglio?-.

-Non c'è bisogno che te lo spieghi- la voce di Riccardo era stata più fioca, poco più di un sussurro che Alessio aveva percepito a malapena.

In quel momento, ai suoi occhi, Riccardo sembrava perfino più fragile di lui, abbattuto, consapevole degli innumerevoli errori che si era lasciato alle spalle. Alessio avrebbe preferito mille volte avvicinarglisi, accennare ad un abbraccio, piuttosto che continuare ad urlargli come aveva appena fatto; si costrinse a rimanere immobile, fermo dove si trovava, combattendo quel bisogno di un gesto d'affetto – lo stesso affetto che gli era sempre mancato- da parte di Riccardo che gli faceva crescere il groppo in gola ogni secondo di più.

Riccardo rimase in silenzio, lo sguardo stavolta distante dagli occhi di Alessio, che continuava a osservarlo in attesa.

Alessio ne ripercorse i tratti del viso: erano stati così simili ai suoi, anni prima, e li conosceva intimamente a memoria, tanto che avrebbe potuto ricalcare il viso di suo padre a occhi chiusi, senza alcuna indecisione. Riconosceva anche le rughe intorno agli occhi e sulla fronte, che donavano un senso di invecchiamento fin troppo precoce per un quarantenne come lui; la bellezza che doveva essere appartenuta a Riccardo in gioventù era già sfiorita, e Alessio non credeva che sarebbe mai riuscito a definirlo ancora come un bell'uomo. Non era bello, non aveva nemmeno più un'aria giovanile, ma emanava comunque quel fascino che, a quanto pareva, riusciva ancora ad attrarre donne ben più giovani ed avvenenti.

Lo guardava stretto nella camicia che portava, che nascondeva un corpo ormai non più ben allenato come una volta. I capelli però erano ancora di quel nero che non presentava alcuna striatura grigia, il nero che richiamava anche il colore profondo delle iridi.

Per un attimo fu di nuovo tentato di avvicinarsi. Con uno sforzo riusciva perfino a ricordare il profumo di Riccardo, quell'odore maschile e intenso che inevitabilmente ricollegava a lui e a tutti gli abbracci che tra loro non c'erano mai stati.

So rock and roll, so corporate suit

So damn ugly, so damn cute

So well-trained, so animal

So need your love, so fuck you all*

-Come sta tua sorella?- Riccardo spezzò il silenzio per primo, e Alessio per poco non sobbalzò, ormai abituatosi a quello stallo che sembrava infinito.

-Sta bene-.

-Immagino si possa dire lo stesso per te-.

Alessio sbuffò inevitabilmente:

-Ti interessa davvero saperlo?- gli chiese, con amarezza nella voce – Tu, invece, te la stai passando davvero bene-.

Non nascose il sarcasmo nella propria voce, facendo un cenno con il capo verso la donna; lei se ne accorse,  limitandosi però a guardarlo infastidita e rimanendo in silenzio.

-Complimenti, non hai perso tempo a rifarti una vita- aggiunse Alessio – O magari a rovinargliela a qualcun altro-.

-È quel che si fa quando si chiude una pagina della propria vita: si ricomincia- Riccardo scosse il capo, un sorriso altrettanto amaro a increspargli le labbra – Quello che hai fatto anche tu. Vai all'università, vivi a Venezia ... Non puoi certo lamentarti-.

Alessio si ritrovò a sgranare gli occhi, d'un tratto confuso e disorientato: non parlava con suo padre da anni, e di certo non poteva essere venuto a conoscenza dei fatti più recenti casualmente.

-Come fai a saperlo?- gli chiese in un filo di voce, talmente piano che temette non sarebbe stato in grado di farsi udire.











*il copyright della canzone (Robbie Williams - "Come undone") appartiene esclusivamente alla band e ai suoi autori.

NOTE DELLE AUTRICI

E siamo di nuovo qui, alle prese con Alessio e le sue decisioni che potrebbero fruttare qualche risultato (anche se non sembrerebbe, almeno per ora). Alla fine si è deciso lui stesso ad andare da suo padre ed affrontarlo, anche se al momento non ci sta ricavando molto.

Sembra essere uno scontro impari anche per il fatto che, se da una parte Alessio di Riccardo non ha saputo nulla per due anni, al contrario suo padre sembra essere informato sugli ultimi eventi della vita del figlio ... Ma come l'avrà scoperto?

A venerdì per il finale di capitolo!

Kiara & Greyjoy

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