Capitolo 73 - Come undone (Pt. 1)

"Per quanto severo che sia un padre nel giudicare suo figlio, non sarà mai tanto severo come un figlio che giudica il padre" - Enrique Jardiel Poncela


L'odore di patatine fritte e di zucchero filato gli riempiva le narici, facendogli tornare fame nonostante avesse appena finito di mangiare una frittella fritta e ricoperta di zucchero.

C'era tanta gente intorno al tavolo dove erano seduti, tantissime famiglie con bambini probabilmente della sua età e anche più piccoli, tutti desiderosi di andare a fare un giro su una delle tante giostre che come sempre erano radunate in quel piazzale di Torre San Donato quando era periodo di fiera. C'era una famiglia con un altro bambino anche al loro stesso tavolo – avevano chiesto se potevano sedersi lì per cenare, visto che non erano rimasti più tavoli liberi in quella zona, vicino alle bancarelle.

Alessio aspettava solo che l'altro bambino, di cui nemmeno conosceva il nome, si muovesse a finire la sua cena. Avrebbero potuto giocare insieme, dopo, stringere una di quelle amicizie temporanee che durano giusto la sera della fiera – temporanea ma che avrebbe portato tanto divertimento ad entrambi. Oppure poteva sperare che sua madre finisse di allattare Irene, la sua sorellina di appena due anni che stava concentrando su di sé tutte le attenzioni di Eva; voleva convincere sua madre ad accompagnarlo fino alla pesca delle papere. Magari sarebbe riuscito a raccoglierne abbastanza per poter vincere un bel peluche nuovo.

Oppure poteva chiedere a suo padre di accompagnarlo, quando avrebbe finito di parlare con gli altri due genitori seduti al loro tavolo. Sembravano persi in una conversazione apparentemente infinita, e Alessio non poteva fare a meno di chiedersi cosa avessero così tanto d'interessante da dirsi tre adulti dall'aria noiosa.

Lanciò un'occhiata al piatto dell'altro bambino: stava mangiucchiando un hot dog, a piccoli morsi, e non era arrivato nemmeno a metà. Alessio calcolò che avrebbe potuto fare in tempo ad andare alla pesca, e poi tornare lì e convincerlo a giocare insieme. Doveva solo chiedere a suo padre se poteva accompagnarlo.

-Papà- lo richiamò, affiancandoglisi, gli occhi azzurri speranzosi.

Suo padre non si girò subito. Alessio dovette riprovarci un altro paio di volte prima di convincerlo a voltarsi verso di lui, e non appena si ritrovò gli occhi neri di Riccardo addosso, sentì ogni convinzione andarsene.

-Che c'è?- gli chiese lui.

Alessio attese qualche secondo prima di parlare:

-Mi accompagni alle giostre?- domandò, cercando di risultare convincete – Mi sto annoiando-.

Suo padre non si scompose minimamente:

-Non ora. Magari più tardi-.

Alessio non ebbe neanche la forza di protestare. Sapeva già che non c'era modo di convincere suo padre se gli aveva già detto di no una volta. E poi era già tornato alla conversazione di prima: non lo avrebbe ascoltato. Lanciò un'occhiata disperata verso sua madre, ma se ne stava ancora con Irene in braccio, totalmente ignara dello scambio di battute appena avvenuto tra Alessio e Riccardo.

Non sapeva quanto tempo fosse passato quando, finalmente, l'altro bambino aveva finito la sua cena. Ci era voluto molto poco per convincerlo a seguirlo, a pochi metri dal loro tavolo. Fu una mezz'ora di gioco spensierata, a tratti felice, almeno fino a quando il suo nuovo amico non venne richiamato dai suoi genitori, già in piedi e probabilmente pronti per allontanarsi – se per tornare a casa o per fare qualche altro giro tra le giostre e le bancarelle, Alessio non ne aveva idea.

Alessio lo salutò e lo guardò allontanarsi con il sorriso spento. Era di nuovo solo, ma forse ora anche i suoi genitori sarebbero stati più disponibili ad andare verso le giostre.

Iniziò ad incamminarsi verso il tavolo ancor prima che sua madre o suo padre lo richiamassero, fiducioso sul fatto che ora, forse, gli avrebbero dato più ascolto. Scivolò sull'asfalto, troppo distratto mentre già pensava a tutti i premi che avrebbe potuto vincere se fossero andati alla pesca delle papere; picchiò a terra con un ginocchio, sbucciandoselo inesorabilmente. Sentì gli occhi pizzicare, il dolore e il bruciore che gli facevano venir voglia di piangere.

Si rialzò a fatica, con il viso già rigato di lacrime, ma sforzandosi di non singhiozzare – aveva sette anni, ormai, e suo padre continuava a ripetergli che era troppo grande per piangere per delle cose del genere.

Quando arrivò ad affiancare la panca dal lato dove suo padre era seduto, stava tirando su con il naso. Fu probabilmente quello a richiamare l'attenzione di suo padre su di sé. Lo vide girarsi nella sua direzione, guardarlo da capo a piedi fino a quando non si accorse della sbucciatura sanguinolenta all'altezza del ginocchio sinistro.

-Che hai fatto?- gli chiese, chinandosi meglio per studiare la ferita.

-Sono caduto- farfugliò Alessio, ormai rinunciando a non piangere. Faceva male, troppo male, ed aveva bisogno di sfogarsi in una qualche maniera.

-Lo vedo- Riccardo glielo disse senza troppa durezza nella voce, ma nemmeno con calore – Avresti dovuto fare più attenzione. Sei sempre così sbadato-.

Prese un tovagliolo pulito per premerlo sulla ferita, senza aggiungere niente. Neanche Alessio disse nulla. Continuò a piangere più silenziosamente possibile, dando ragione a suo padre: era colpa sua se era caduto e si era fatto male. Non poteva lamentarsi se ora gli doleva il ginocchio.


Alessio aprì gli occhi di scatto.

Sbatté le palpebre un paio di volte, spostando le pupille per guardarsi intorno, prima di rendersi conto di dov'era. Attorno a lui si apriva la sua stanza dell'appartamento a Venezia, quello che divideva con Pietro, l'appartamento dove aveva vissuto negli ultimi undici mesi.

Non era a Villaborghese, né tantomeno alla fiera di settembre di Torre San Donato, né in compagnia di nessuno. Era solo, steso nel suo letto, un velo di sudore sulla fronte e le lenzuola aggrovigliate tra i piedi e le gambe.

Lasciò che la realtà lo abbracciasse di nuovo. Era una mattina piovosa, da come poteva giudicare dal cielo grigio che si intravedeva dalla sua finestra, ed era anche la mattina prima di un altro esame della sessione estiva – motivo per il quale si era svegliato lì a Venezia, e non nella sua vecchia stanza a Villaborghese.

Per quanto potesse essere fisicamente solo, non riusciva a scacciare la sensazione degli occhi scuri di suo padre su di sé. Era stato solo un sogno – il sogno di un ricordo, il ricordo di una sera qualsiasi di quattordici anni prima-, ma era come se suo padre fosse ancora lì. Come se la sua presenza fosse reale.

Era la prima volta che lo sognava.

Alessio si passò una mano sul viso, facendo ricadere indietro la testa sul cuscino con un sospiro avvilito. Non sentiva alcuna energia nel corpo, solo la sensazione di umiliazione e vuoto presente all'altezza del petto. Gli ci sarebbe servito ancora molto per trovare la forza di alzarsi da quel letto.

E intanto avrebbe continuato a sentirsi addosso ancora quegli occhi, vividi come non mai anche se esistenti solo nella sua mente, occhi che lo schiacciavano a terra ogni volta.

*

-Dovremmo fare un brindisi alla fine della maturità, ora che finalmente sappiamo che nessuna di noi due è stata bocciata- Giulia aveva scambiato un sorriso d'intesa con Caterina, che si era limitata a ridere e annuire con convinzione.

Alessio si passò una mano tra i capelli, rendendoli ancora più spettinati di quel che già erano; doveva decidersi ad andare ad accorciarli, visto che, lunghi com'erano, probabilmente tra poco sarebbe riuscito a tenerli legati con un elastico in una coda comunque cortissima.

Stava sudando, letteralmente morendo di caldo, e a poco servivano i sorsi di spritz fresco che ogni tanto prendeva dal suo bicchiere poggiato sul tavolo. Sperava sempre di trovare conforto nella sua freschezza frizzante, cercando di concentrarsi sulle parole che Giulia – seduta proprio di fronte a lui, tra Filippo e Caterina – aveva appena finito di pronunciare.

A quell'ora del pomeriggio, in quel sabato limpido e caldo, Padova era letteralmente un brulicare di gente che si disperdeva in ogni direzione: tra turisti, persone che si erano spostate nel centro della città per fare compere o semplicemente per una passeggiata, lui, Giulia, Caterina, Nicola, Filippo, e Pietro avevano fatto fatica a trovare un bar con almeno un tavolino vuoto dove potersi sedere.

Trovarsi tutti insieme lì a Padova, la metà via perfetta tra Torre San Donato e Venezia da raggiungere in treno, era stata un'idea dell'ultimo minuto, e da quel che ne sapeva Alessio doveva essere stata Giulia stessa a proporla attraverso Filippo.

-Forse non lo hai ancora notato, ma siete in mezzo ad un gruppo di universitari disperati che ancora anelano alla fine della sessione- replicò Pietro, il dito puntato verso Giulia e Caterina, e il sopracciglio alzato con disappunto – E no, non è affatto detto che nessuno di noi non rimarrà bocciato in un qualche dannato, stupido, inutile esame. Ergo sarebbe alquanto insensibile un brindisi del genere-.

Alessio rise appena sotto i baffi. Era sinceramente contento di vedere sia Giulia che Caterina più rilassate ora che avevano concluso la maturità, e che potevano finalmente godersi le giornate afose e soleggiate di luglio in relax e totale distensione, preoccupandosi solamente di recuperare tutte le energie mentali e fisiche che la maturità aveva sottratto loro per settimane. Solamente avrebbe voluto anche lui, esattamente come aveva fatto notare Pietro, poterlo fare, senza pensieri, senza libri da studiare, e senza l'ansia tipica della sessione.

Non si pentiva però di essersi preso quel pomeriggio per respirare un po'. Sembrava potesse andare tutto per il meglio, lì tutti insieme, in un pomeriggio estivo così spensierato come non capitava ormai da tempo.

-Non portare sfiga con gli esami, fammi questo favore- Nicola borbottò quelle parole guardando torvo Pietro, sguardo che non sortì alcun effetto sull'altro:

-Disse colui che aveva la media del trenta-.

Prima che Nicola potesse ribattere, ci pensò Caterina ad intromettersi:

-Vi prego, almeno per oggi non azzuffatevi verbalmente come al solito- sbuffò, fintamente esasperata.

Alessio rise di nuovo. Gli sembrava di essere tornato all'estate precedente, quando finalmente le cose si erano rimesse a posto e il loro gruppo aveva ritrovato la serenità e l'unità che era mancata per tanto tempo. Era una situazione parallela, anche se non poteva negare a se stesso che c'erano ancora delle piccole crepe sotto quella superficie di tranquillità: non riusciva a non notare gli sguardi persi nel vuoto a cui si lasciava andare Pietro quando la maschera cadeva e smetteva di fingere che andasse tutto bene, e non riusciva neanche a non percepire una sottile linea di tensione che aleggiava ancora tra Caterina e Nicola, anche se non sembrava essere necessariamente negativa.

-Comunque- Giulia aveva appena ripreso la parola, e Alessio si distrasse dai suoi pensieri per concentrarsi sulla sua voce – Qualcuno qui deve ancora presentarci la sua nuova fidanzata, o sbaglio?-.

Anche se non la stava direttamente guardando, non ci voleva un genio per capire a chi stesse alludendo.

Alessio si riprese improvvisamente, lasciandosi alle spalle lo stato di torpore in cui era quasi caduto a causa del caldo che mal sopportava, e della stanchezza che si trascinava dietro da giorni. Non appena alzò lo sguardo incrociò gli occhi verdi di Giulia, puntati innocentemente su di lui, così in contrapposizione con il sorriso malizioso che gli stava rivolgendo.

-Mi sembra che le notizie viaggino un po' troppo liberamente in questo gruppo- si ritrovò a rispondere, fintamente indifferente – E comunque potrebbe essere solo una voce di corridoio-.

Un po' si sentì in colpa nei confronti di Alice nel parlare così di entrambi, ma non riuscì a non lasciar trapelare una certa irritazione per il continuo modo in cui gli altri si stavano inevitabilmente facendo gli affari suoi. Evitò lo sguardo di Pietro, immaginando potesse essere stato lui a far girare quella notizia, sentendosi vagamente ferito anche solo da quella possibilità.

-Non fare il misterioso, ormai lo sanno anche i muri che hai abbandonato il tuo storico stato da single- Giulia non demorse affatto, facendo sbuffare Filippo:

-E stavolta io non ho detto nulla- precisò, alzando le mani – Anche perché non ne sapevo nulla-.

-Ma quindi è vero o no?- si intromise Caterina, confusa e con la fronte corrugata.

Alessio sospirò a fondo, ormai convinto non ci fosse altra via d'uscita:

-È vero- ammise, senza troppo entusiasmo.

Si levarono diverse esclamazioni dal tavolo, ed Alessio non poté fare altro che rimanere in silenzio ad arrossire ancora di più, sentendosi terribilmente in imbarazzo.

-Beh, finalmente!- Giulia fu di nuovo la prima a parlare – Ora non ti resta solo che presentarcela-.











NOTE DELLE AUTRICI

Ed eccoci con il primo capitolo post maturità. Giulia e Caterina finalmente possono godersi il resto dell'estate, anche se gli altri 4 non possono dire lo stesso, visto che sono ancora nel pieno della sessione estiva ... E sembra infatti che un po' di tensione ci sia, soprattutto in Alessio. Forse per lo stress, forse per qualche scherzo del suo inconscio, finisce persino per sognare ricordi dell'infanzia legati al padre che lo lasciano parecchio inquieto.

E poi c'è anche Giulia e il suo punzecchiarlo per la faccenda Alice... Chissà come se la caverà con questa conversazione! Secondo voi come proseguirà la giornata? E quali altri eventi ci riserverà questo capitolo?

Ci vediamo venerdì per aggiungere un altro tassello a questo mistero!

Kiara & Greyjoy

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