Capitolo 67 - Guilty all the same (Pt. 4)
"Era ovvio che sarebbe finita così".
Si passò ancora una volta le mani sul viso, bagnate dall'acqua fredda che scendeva dal rubinetto e che andava a colpire il fondo del lavandino.
Alessio alzò appena il capo, ritrovandosi di fronte il vetro dello specchio del bagno: la superficie gli rimandava indietro il suo riflesso, l'immagine di un volto crucciato e ferito, con le piccole gocce d'acqua che gli correvano lungo la pelle pallida e macchiata dalle piccole efelidi sul naso.
Era stato un cretino.
Era stato stupido riversare su Giulia il suo nervosismo e il rimpianto che provava da settimane, reagendo a quella maniera e in un modo che ora, a ripensarci, lo faceva vergognare di sé.
Con un gesto veloce richiuse il rubinetto, tornando a poggiare le mani sui bordi del lavandino, e fissando ancora una volta il riflesso dei propri occhi sul vetro.
In quelle iridi azzurre rivedeva lo stesso senso di colpevolezza che non lo aveva abbandonato per tutto quell'ultimo mese. E ora che aveva avuto l'ennesima conferma che faceva bene a sentirsi così, riusciva a malapena a sopportare di vedersi persino riflesso in uno specchio.
Aveva sempre saputo che, prima o poi, Giulia sarebbe giunta alla sua stessa conclusione – che per Caterina c'era qualcun altro, in quel momento, qualcun altro a sorreggerla nonostante tutte le implicazioni che ciò comportava-, e che gli avrebbe sbattuto la realtà dei fatti in faccia in maniera così violenta e improvvisa che non sarebbe mai potuto essere pronto.
Aveva sbagliato di nuovo, in maniera così palese che non riusciva quasi a crederci.
Alessio scosse il capo, sospirando a fondo: ricordava bene come l'anno passato Caterina non lo avesse lasciato solo nemmeno un istante, anche a rischio di venire scacciata a male parole. Ed ora che le parti si erano invertite, lui non aveva fatto altro che mentire, e aspettare un qualche segno che non era giunto.
Era stato così stupido.
Sussultò quando sentì bussare alla porta socchiusa, ma non si stupì molto quando vide entrare Giulia, esitante sulla soglia:
-Posso entrare?-.
Alessio annuì in silenzio, scostando velocemente lo sguardo da lei, incapace di sostenere i suoi occhi.
-Mi dici che ti è preso?- Giulia non sembrava arrabbiata, ma solo confusa e incerta – Non riesco a capirti. Immagino sia per Caterina, ma perché hai reagito così?-.
Immaginava che sarebbe arrivata e che gli avrebbe posto quella domanda, ma lo stava facendo nel momento più sbagliato possibile, quello in cui non ancora voleva aggrapparsi alla certezza che, in fin dei conti, anche lui aveva creduto di agire nel bene.
-Non mi è preso niente- borbottò, a mezza voce – È che sono stanco di questa storia-.
Ricordò da quanto tempo era che Giulia cercava di scoprire cosa ci fosse tra Caterina e Giovanni. Ricordò anche quando gli aveva rinfacciato del bacio che c'era stato tra lui stesso e Caterina, come a mettere le due cose sullo stesso piano – facendolo sentire sbagliato, ancor di più di quanto non si era sentito all'epoca. Erano tutti ottimi motivi per sfogare ancora su di lei la sua frustrazione accumulata, anche se sapeva che se ne sarebbe pentito in un secondo momento.
-E poi spiegami: sul serio li hai visti per caso?- iniziò a dire, con voce dura – È un mese che la tieni osservata, e poi magicamente, per puro caso, la vedi con un altro? Che stavano facendo per darti la certezza che si stanno frequentando?-.
-Li ho visti baciarsi, e sì, è stato per caso- Giulia gli rispose a tono, entrando del tutto in bagno e richiudendo la porta alle sue spalle – Puoi credermi o no, ma non cambierà la realtà dei fatti-.
"Quindi è davvero sicuro che c'è qualcosa tra di loro".
-E me lo ha detto anche lei- continuò Giulia, le braccia incrociate sul petto – Non stanno insieme, ma si vedono, passano del tempo insieme. Si frequentano-.
Alessio sbuffò appena:
-E la cosa ti stupisce?-.
-Sì, un po' sì-.
Osservò Giulia attraverso il riflesso che rimandava lo specchio, mentre gli si avvicinava ancora di qualche passo.
-Perché ho l'impressione che tu lo sapessi già?-.
Non c'erano vie di fughe possibili dopo quella domanda. Sapeva già che qualsiasi cosa avrebbe tentato di dire non sarebbe risultata abbastanza convincente.
-Perché lo avevo già intuito dall'inizio dell'anno-.
Giulia lo guardò vagamente stupita, forse addirittura incredula.
-Erano usciti insieme anche durante le vacanze di Natale- disse ancora, ricordando quando Nicola aveva accennato a quell'uscita, con Caterina che non aveva mai specificato con chi fosse come se fosse qualcosa da nascondere – O almeno quasi certamente era con lui-.
-Cosa?- Giulia gli si avvicinò ulteriormente, rossa in viso – Che storia è questa?-.
Alessio scrollò le spalle, già stanco di quella conversazione:
-Fatti bastare questo. Non è che ne sappia tanto di più neanche io-.
-Perché non me lo hai mai detto?-.
Gli occhi di Giulia indugiarono sul suo viso, lo sguardo ferito di chi sapeva di essere stata volontariamente tenuta all'oscuro dalla stessa persona a cui aveva confidato tutti i suoi dubbi per mesi.
-Perché non sono cazzi nostri-.
Alessio lo disse aspramente, rimarcando ogni singola parola. Lanciò un'occhiata veloce oltre le spalle di Giulia, ringraziando che la porta fosse chiusa: non avrebbe voluto che anche Pietro e Filippo sentissero ciò che si stavano dicendo, anche se di certo prima o poi anche loro ne sarebbero venuti a conoscenza.
-È la sua vita, non la nostra- disse ancora, ripetendo le parole che si era detto per tutto quell'ultimo mese, ogni volta che ripensava a Nicola e anche a Caterina – Può fare quel che le pare con chi le pare, non credi?-.
-Ma non è lucida!- Giulia alzò la voce, forse trattenendosi a stento dall'urlare – Sta facendo tutto questo perché sta soffrendo, perché non sa nemmeno lei cosa vuole, e ... -.
-Cosa cazzo ne sai tu di come sta lei?- Alessio la interruppe alzando la voce a sua volta, stavolta girandosi verso di lei per fronteggiarla.
Giulia era rossa in viso per la rabbia e il nervosismo, e Alessio sapeva che ormai erano giunti al punto in cui nessuno di loro si sarebbe trattenuto.
-Pensi che non mi senta in colpa per non aver detto niente a Nicola?- disse ancora, abbassando solo di poco il tono di voce – Sì, mi sento in colpa, mi sento in colpa ogni volta che sono con lui, ma in ogni caso non era compito mio dirgli cosa stava facendo Caterina. Sono solo loro due che se la devono sbrigare, non devo farlo io per loro. E neanche tu-.
Alessio si sentì gelare sotto lo sguardo fermo, attonito e duro di Giulia. La vide ferma ed immobile, intenta ad osservarlo nel peggiore dei modi che potessero esistere.
-Non lo faresti neanche per evitare che persone a cui tieni sbaglino e ci stiano ancora peggio?- replicò stizzita – Con tutta questa storia ci staranno male Nicola, Caterina e pure Giovanni! Quando avremmo potuto evitarlo-.
-E come?- Alessio sbuffò sonoramente, la calma che stava scomparendo sempre di più – Mettendoli in una gabbia? Gli puntiamo una pistola alla testa?-.
Era piuttosto sicuro che il sarcasmo con cui aveva venato le sue ultime parole non aveva fatto altro che infastidire Giulia ancor di più.
-No, parlando-.
Lo guardò ancor più malamente, quasi con disprezzo.
-Spiegando a Caterina che non le serviva qualcun altro per stare meglio dopo la rottura con Nicola- alzò le spalle, scuotendo il capo – E dicendo a Nicola che se vuole sistemare almeno un po' le cose, allora deve fare qualcosa e non aspettare che le cose succedano da sole-.
"Se le cose fossero davvero così facili ...".
Alessio scostò lo sguardo, abbassando il volto. Si sentiva sconfitto, nonostante sapesse di avere in parte ragione – come in parte poteva averla Giulia.
Avrebbe solamente voluto evitare anche quel litigio, evitare le urla che si erano rivolti, evitare quel crollo che ormai stava coinvolgendo tutti loro.
Si chiese se, entro poco, uno tra Filippo e Pietro sarebbe venuto a bussare alla porta, chiedendo cosa stesse succedendo. Dovevano aver sentito le grida, forse un po' ovattate per lo spazio che intercorreva tra il bagno e il salotto, ma dovevano aver percepito qualcosa.
Come se non fosse già piuttosto evidente che qualcosa non andava.
-Avresti potuto evitare tutto questo-.
Stavolta Giulia aveva parlato in poco più di un sussurro. Non era diminuita la rabbia che faceva percepire, e per un attimo Alessio si ritrovò a pensare che avrebbe preferito sentirla urlare ancora, piuttosto che ascoltare quelle parole uscitele così stanche.
-Non è compito mio evitarlo-.
Alessio si sentì esausto, la voglia di scappare il più distante da lì che si faceva sempre più forte.
-E neanche tuo- disse ancora, guardando Giulia – Mettitelo in testa: questo non è un tuo problema. È loro-.
Giulia continuò a rimanere in silenzio; era davvero peggio che se avesse iniziato a gridare a pieni polmoni, ma quasi nel tentativo di riempire quello spazio vuoto, Alessio non riuscì a frenarsi:
-Se per rialzarsi e cominciare a darsi una svegliata hanno bisogno di sbattere addosso ad un muro, allora lasciaglielo fare-.
"Tanto ormai non cambierà più niente pensare a quel che potevamo fare".
Giulia continuò a guardarlo con espressione enigmatica, vuota. Fece solo qualche passo indietro, fino a quando non arrivò ad accostare la porta ancora chiusa del bagno.
-Ci sono altri modi per ricominciare- iniziò a parlare, la voce piatta – Senza bisogno di aggiungere altra sofferenza-.
Allungò una mano verso la maniglia, abbassandola e aprendo la porta in uno spiraglio.
-E tu dovresti saperlo meglio di tutti, ma evidentemente ti faceva troppo comodo continuare a farti i cazzi tuoi-.
Non si voltò verso di lui mentre usciva, e Alessio se ne sentì sollevato. Almeno si era risparmiata di vedere la sua espressione contratta dal senso di colpa e dal malessere.
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