Capitolo 61 - Love illumination (Pt. 6)
Aprì la porta del bagno per richiuderla dietro di sé con un senso di sollievo che, per qualche secondo, riuscì persino a soffocare il nervosismo che si sentiva addosso. Era da solo, lì, senza bisogno di dover camminare sotto gli occhi di mezzo locale.
Si guardò intorno, rendendosi conto che lo spazio occupato dalla toilette era ristretto al minimo: c'era giusto lo spazio di un lavandino doppio e di uno specchio nella zona dell'antibagno, e due porte che davano ciascuna su un bagno – probabilmente uno per gli uomini e uno per le donne-, entrambi vuoti in quel momento. Ci si sarebbe potuti rimanere in massimo quattro persone lì dentro, ma in cinque si sarebbe già rischiato di soffocare.
Si avvicinò allo specchio un secondo dopo, cercando di capire l'entità del danno lasciato dalla torta di Giulia spiaccicata su di lui. Si esaminò i jeans, che erano la parte meno macchiata dei suoi indumenti, e quelli che probabilmente si sarebbero ripuliti più facilmente. Discorso diverso valeva per il maglione: girandosi di spalle per specchiarsi meglio, contorcendo il collo per studiare come si era ridotto, Alessio si rese conto che forse qualcuno in aiuto gli avrebbe fatto comodo. C'era parecchia crema pasticcera attaccata al tessuto, e gli sarebbero servite buone doti da contorsionista per riuscire a darsi una ripulita abbastanza decente. Sospirò a fondo, maledicendosi per non aver controllato che nessuno stesse camminando vicino al loro tavolo prima di alzarsi.
Afferrò un paio di salviette posate accanto al dispenser del sapone, inumidendole con un filo d'acqua dal rubinetto, prima di iniziare la sua opera di ripulitura; iniziò a strofinarle sui jeans, con vigore, sentendosi un po' meno innervosito nel notare che, nonostante tutto, le macchie stavano venendo via abbastanza velocemente.
Non si fermò nemmeno quando avvertì la porta che dava sul resto della pizzeria aprirsi di scatto. Decise solo di alzare gli occhi un attimo, convinto che fosse un qualsiasi altro cliente che dovesse usare il bagno; rimase per un attimo sorpreso nel ritrovare, dopo nemmeno cinque minuti dall'ultima volta che l'aveva vista, la stessa cameriera con cui aveva combinato quel disastro.
Abbassò gli occhi subito, un po' per l'imbarazzo derivato dalla sensazione di essere stato riconosciuto subito, un po' per darle un po' di privacy per quanto era possibile in quel posto così stretto.
Lei sembrò non darsi a male della sua presenza: pur non guardandola, Alessio la avvertì avvicinarsi all'altro lavandino, molto probabilmente per darsi una ripulita a sua volta.
Rimasero in imbarazzato silenzio, Alessio ormai quasi del tutto libero da macchie almeno sui jeans. Non poteva dire che fosse stato un lavoro perfetto, il suo, non con gli strumenti che aveva a disposizione, ma poteva definirsi sufficientemente soddisfatto.
Si avvicinò di nuovo al lavandino più vicino, conscio che era giunto il momento di provare a darsi una sistemata al maglione. Il pensiero di farlo in presenza di qualcuno quasi lo frenò, ma il successivo pensiero che, con tutta probabilità, non avrebbe mai più rivisto quella cameriera in vita sua, lo spinse a non darci troppa importanza. Visto l'accento straniero che lei non era riuscita a nascondere prima, era piuttosto sicuro che fosse altrettanto di passaggio in Italia, magari una studentessa in Erasmus. Era un'ipotesi del tutto probabile: osservandola velocemente, e solo perché allo specchio dove era di fronte era visibile anche la figura di lei, ponderò che dovesse essere sua coetanea o con al massimo un paio d'anni in più. Era comunque abbastanza giovane per essere un'universitaria, ed ora che poteva vederla alla luce giallognola dell'antibagno, notò lineamenti del viso che gli fecero supporre che potesse essere effettivamente di origini britanniche o americane.
Scostò di nuovo velocemente lo sguardo quando la scorse iniziare a passarsi una salvietta umida sulla maglietta, ricordandosi che anche lui avrebbe dovuto imitarla quanto prima. Afferrò a sua volta altre salviette, ripetendo gli stessi passaggi di prima; si girò di schiena, cercando di girare il collo il più possibile verso lo specchio per capire dove andare con la mano e con le salviette. Era una posizione scomodissima, che gli fece partire una fitta di dolore al collo e alle spalle, irrigidite esattamente come la sera prima.
Fece un primo tentativo, ma per poco non si mise a sbuffare seccato: il maglione era sporco in un punto quasi impossibile per lui da raggiungere decentemente, almeno senza slogarsi una spalla. Si pentì amaramente di non aver accettato l'offerta di aiuto di Nicola.
-Ti serve una mano?-.
Alessio quasi sussultò a quell'interruzione inaspettata del silenzio. Per un attimo quasi credette di esserselo sognato, ma voltandosi appena, verso la ragazza, si accorse che lei lo stava già fissando, gli occhi verdi su di lui. Aveva parlato di nuovo con il suo italiano influenzato dalla sua lingua madre, ma in maniera piuttosto intendibile, tipico di una persona che aveva studiato approfonditamente la lingua e che la stava mettendo in pratica ogni giorno.
Sembrava già aver finito con la sua maglietta, ora umida e vagamente trasparente vicino alla scollatura, dettaglio che spinse Alessio di nuovo a guardare altrove per non farla sentire a disagio. Era probabilmente sul punto di andarsene, ma doveva essersi fermata perché doveva averle fatto pena con i suoi movimenti impacciati.
-Forse dovrei ... - borbottò imbarazzato, arrossendo per non saper bene cosa dire. Non aveva ancora accettato l'offerta, ma prima che potesse aggiungere altro lei si era avvicinata.
-Wait- sussurrò, quasi fra sé e sé, con lo stesso sguardo gentile con cui gli si era rivolta poco prima. Alessio non oppose resistenza quando la avvertì girarlo di schiena verso di lei, e nemmeno quando gli prese dalla mano le salviette inumidite. Si sentì ancor più in imbarazzo nell'avvertire le mani della cameriera – una totale sconosciuta- sulla schiena per tenergli fermo il maglione e facilitare lo strofinamento.
Per un attimo gli tornò in mente la sensazione delle mani di Pietro della sera prima. Erano mani completamente differenti a quelle che lo stavano toccando ora: mani grandi, meno delicate, che gli avevano fatto avvertire ogni secondo del loro tocco.
Cercò di scrollarsi di dosso quel ricordo, senza però riuscire ad abbandonare del tutto la sensazione di vago disagio che c'era stata alla fine, quando anche quegli attimi di tranquillità erano arrivati alla fine. Paradossalmente si sentiva meno in soggezione in quel momento, in quel bagno a farsi ripulire il maglione sporco di crema da una cameriera di cui non sapeva assolutamente nulla, che non la sera prima, quando si era ritrovato ad abbassare le proprie difese.
Passarono pochi minuti di totale silenzio, prima che la ragazza si fermasse, lasciandosi andare ad un'esclamazione contenta.
Alessio voltò un po' il collo indietro, ritrovandola stavolta sorridente, la frangia di capelli rossi che le stava finendo disordinatamente davanti agli occhi.
-Già meglio- gli disse, incespicando un po' sulla seconda parola.
-Grazie- borbottò Alessio, osservandosi dallo specchio: in effetti il maglione era decisamente più presentabile ora. Non perfetto, perché lo sarebbe stato solo con un passaggio in lavatrice, ma comunque in forma migliore di prima.
Cercò di ignorare la sensazione fastidiosa di bagnato che gli premeva sulla schiena nella zona strofinata, senza saper bene che dire all'altra. Ora che l'aveva anche aiutato, dopo che era stato lui a combinare quel casino, il silenzio si stava facendo più fastidioso.
Prima che potesse venirgli in mente qualcosa, però, la porta d'uscita di aprì di scatto, venendo socchiusa.
-Alice, sei qui?- venne dall'esterno una voce femminile.
La cameriera lì con lui si avvicinò subito:
-Sì, arrivo subito- rispose a quella che, immaginò Alessio, doveva essere una sua collega che la stava cercando. Senza voltarsi verso di lui un'ultima volta, la osservò aprire la porta sufficientemente per poter uscire.
-Mi stavo pulendo ... - la udì parlare, prima di non riuscire più a distinguere il resto della frase, persa nel rimbombo della musica del locale.
Sospirò, finalmente di nuovo da solo. Era ora di uscire da lì anche per lui – e forse anche di far notare a Caterina, se mai fosse rientrata nel frattempo, che avrebbe fatto bene ad avere meno fretta nel muoversi in una pizzeria piena di gente e piena di camerieri che si spostavano con vassoi pieni.
Rabbrividì un po' nell'uscire all'aperto, nella serata fredda di Venezia. Pietro si strinse nelle spalle, cercando rifugio nel calore che il cappotto pesante poteva dargli, anche se non certo paragonabile al tepore in cui era rimasto fino a poco prima, quando era ancora all'interno della pizzeria.
Cercò nelle tasche del cappotto il pacchetto di sigarette già iniziato, trovandolo in pochi secondi: lo aprì per sfilarne una, e incastrarla tra le labbra. Prese anche l'accendino, facendo scattare la fiamma e avvicinandola all'estremità della sigaretta, inspirando subito per non lasciarla spegnersi.
Tirò una boccata subito dopo, pensando tra sé e sé che avrebbe dovuto muoversi a fumare: faceva seriamente troppo freddo per restare lì più di cinque minuti.
Si chiese come dovessero star proseguendo le cose al tavolo, se Giulia magari aveva superato lo shock della sua torta andata in poltiglia, o se Alessio era riuscito effettivamente a cavarsela in bagno da solo. Ripercorse nella sua mente la scena di poco prima: dalla sua visuale aveva visto come al rallentatore Alessio alzarsi, Caterina sfilare per uscirsene fuori, e di nuovo Alessio venire centrato in pieno dalla cameriera che stava portando il dolce di Giulia al loro tavolo. Sarebbe potuta passare per una scena comica, se non fosse stato per tutte le conseguenze che si era trascinata con sé.
Ora che gli era tornata in mente, si girò intorno per individuare Caterina. Non poteva essere troppo distante, anche se non era esattamente di fronte all'entrata della pizzeria.
Gli ci vollero pochi secondi per rintracciarla: se ne era andata sotto al lampione non troppo distante da dove lui stesso si trovava – non abbastanza per non udire quel che stava dicendo-, il telefono pigiato contro l'orecchio, ed un mezzo sorriso stampato in viso. Un'espressione decisamente diversa da quella che aveva mantenuto per gran parte della cena.
Pietro strinse la sigaretta tra le dita, portandola di nuovo alle labbra, osservando l'altra da distante. Sembrava troppo presa dalla telefonata per notare la sua presenza.
Come si era ripromesso la sera precedente, aveva cercato di notare le stranezze tra lei e Nicola che Alessio stesso aveva indicato – una buona distrazione, sufficiente almeno per non cadere nel disagio che altri ricordi della sera precedente potevano causargli. Si era ritrovato ad ammettere che, almeno in parte, potesse avere ragione: Caterina gli era sembrata a disagio la maggior parte del tempo, come se avesse tentato di rifuggire qualsiasi contatto con Nicola. Non aveva idea cosa stesse succedendo, ma sapeva solo che, effettivamente, qualcosa sotto poteva esserci.
Rimase ad osservarla senza troppo impegno, mentre continuava a fumare. Caterina ora gli dava le spalle, dopo aver percorso qualche passo nella sua direzione, ancora senza accorgersi che anche lui era lì.
-Quindi siete al Babylon?-.
Pietro aveva cercato fino a quel momento di non origliare, ma gli fu difficile non farlo nel sentirla parlare del Babylon. Era rimasto convinto fino a quel momento che potesse star parlando con qualche famigliare, ma quella certezza cominciò ad incrinarsi esattamente in quel momento.
-Certo che lo conosco, ci vado spesso- continuò ancora Caterina, in risposta a qualcosa che Pietro non poteva udire. Ora non poteva nemmeno vederla in faccia, ma dal tono tranquillo della sua voce poteva capire che si sentisse a suo agio, come se fosse contenta di parlare con la persona all'altro capo della linea, chiunque fosse.
Primo aggiornamento della serata!
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