Capitolo 61 - Love illumination (Pt. 1)
La luce che entrava dalla finestra illuminava tutta la stanza, nonostante il debole sole che ormai accompagnava le poche giornate non grigie nella fine di novembre.
Pietro cercò di trovare una posizione più comoda con cui starsene sdraiato sul suo letto, già rifatto e ordinato poco dopo esseri svegliato. Era un comunissimo venerdì mattina – forse l'unico dettaglio a renderlo differente era il fatto che fosse il compleanno di Giulia-, l'unico giorno oltre al sabato e alla domenica che Pietro riusciva a sopportare. Era pur sempre un giorno senza lezioni da seguire, quindi senza sveglia alla mattina presto, senza la solita fretta di recarsi a Mestre e rimanere in aula per ore.
Tentò di concentrarsi meglio sul libro di programmazione, i lati delle pagine scribacchiati da qualche appunto a matita, rendendosi conto solo qualche attimo dopo di aver riletto già per la terza volta le stesse righe evidenziate in azzurro. Sospirò a fondo, vagamente irritato dalla sua completa mancanza di attenzione.
Forse non si era svegliato nel migliore dei modi, forse non aveva dormito sufficientemente la notte prima ed ora la stanchezza mentale gli stava porgendo il conto, o forse era l'incessante rumore di sottofondo proveniente dalla cucina che lo stava distraendo troppo. Rimase in ascolto, stavolta, senza cercare di evitare di ignorare lo sbattere delle credenze e il muovere di borse di plastica.
Aveva sentito scattare la porta d'ingresso circa una decina di minuti prima, dettaglio che non l'aveva lasciato sorpreso: si era svegliato due ore prima, alle otto, e quando si era avviato a fare colazione aveva scoperto subito l'assenza di Alessio. Era facile intuirlo, dato che ogni volta che usciva di casa tendeva a chiudere la porta della sua stanza. Ed ora che era tornato, evidentemente indaffarato, Pietro credeva di poter intuire cosa l'avesse spinto ad uscire alla mattina così presto.
"Certo che potrebbe mettere via la spesa in maniera più soave".
Poteva aggiungere anche quella alla sua lista mentale di differenze che aveva notato tra lui ed Alessio nelle più piccole faccende casalinghe: il casino che non riusciva a non fare nel compiere qualsiasi azione in giro per la casa.
La differenza tra me e te
Non l'ho capita fino in fondo veramente bene
Me e te
Uno dei due sa farsi male, l'altro meno
Però me e te
E' quasi una negazione
Pietro sbuffò, chiudendo di colpo il libro, ed appoggiandolo sul comodino, accanto agli occhiali da lettura. Non era possibile continuare così, con quel baccano.
Si alzò svogliatamente dal letto, fermandosi per qualche secondo a sedersi sul bordo del materasso. Non fece nulla per trattenere il sorriso che gli stava nascendo sulle labbra: in fondo, tutto quel casino che stava facendo Alessio era il segnale inequivocabile della sua presenza. Lo faceva sentire meno solo. Sapere di avere la sua presenza a pochi metri lo faceva sentire meno in ansia – gli faceva dimenticare le giornate infinite all'università, lo studio che non sempre risultava così facile, la lontananza da casa.
Lo faceva sentire bene, nonostante tutto.
Si mise in piedi dopo qualche secondo, aprendo la porta tenuta socchiusa della sua stanza, e percorrendo i pochi metri di corridoio che lo separavano dalla soglia della piccola cucina dell'appartamento. Erano già visibili le borse di plastica del supermercato colme, ancora da svuotare.
Le circumnavigò per poter dare un'occhiata all'interno della stanza: si ritrovò quasi a svenire di fronte al disordine che regnava sovrano in quel momento – forse non si sarebbe mai del tutto abituato a quel lato di Alessio, così estremamente agli antipodi rispetto al suo senso di ordine.
Prima ancora che potesse dire nulla, o commentare il pandemonio che gli si stava presentando davanti agli occhi, fu la voce di Alessio a interrompere il silenzio:
-Sei venuto a darmi una mano, per caso?-.
Pietro alzò gli occhi, cercandolo nella stanza: lo rintracciò in un angolo della cucina, davanti al frigo, intento a poggiare nelle varie sezioni tutte le cose che andavano lì. Già sapeva che, la prima volta che avrebbe aperto quel frigo dopo il passaggio di Alessio, si sarebbe ritrovato a voler urlare.
-Sei proprio sicuro che ti serva il mio aiuto?- gli chiese, già sentendosi in trappola, e lasciandosi sfuggire una nota di sarcasmo nella voce – Mi sembrava te la stessi cavando alla grande-.
Osservò l'altro rimettersi dritto in piedi, girarsi verso di lui con un sopracciglio alzato:
-In due si fa prima- gli fece notare, muovendo qualche passo verso il tavolo al centro della cucina – E poi io mi sono svegliato alle sette per andar a far la spesa. Potrebbe essere un modo per ringraziarmi-.
Pietro si lasciò sfuggire un sospiro rassegnato. In fin dei conti, anche se fosse tornato in camera, di sicuro non sarebbe riuscito a concludere nulla con lo studio: primo, perché Alessio avrebbe continuato a fare troppo rumore in sottofondo, e secondo perché ormai per quella mattina poteva già dire addio all'ultimo briciolo di concentrazione rimasta.
-Ci avrei scommesso- bofonchiò seccato Pietro, dichiarandosi sconfitto. Scavalcò le borse che aveva davanti a sé sotto il sorriso vittorioso di Alessio, piegatosi già a recuperare altre cose da una borsa che aveva posato vicino ad una gamba del tavolo. Pietro lo imitò qualche secondo dopo, aprendo meglio la prima borsa che gli capitò tra le mani.
Si era reso conto, da quando avevano iniziato a vivere lì, che fare e sistemare la spesa era una delle cose che meno sopportava. Era qualcosa così evidente che persino Alessio se ne era accorto, pur non cedendo nemmeno una volta a tutte le scuse che Pietro cercava di tirar fuori ogni volta che era il suo turno di farla – qualcosa successo anche la settimana prima. Doveva riconoscere ad Alessio che, seppur creando ancor più disordine di quel che già si lasciava alle spalle, la sua devozione alla spesa settimanale era quasi commovente: di certo, a ruoli invertiti, lui non si sarebbe mai alzato alle sette della mattina solo per andare al negozio di alimentari più vicino.
Si rialzò con due pacchi di biscotti in mano, pronti per essere riposti in una delle credenze, quando osservò Alessio: era fermo davanti al piano della cucina, con sguardo pensieroso e una scatola di cereali in mano, quelli che solitamente usava Pietro per la colazione.
-C'è qualcosa che non va?- gli domandò Pietro, incuriosito e confuso. Aveva forse comprato una confezione già scaduta? O magari temeva di avergli preso i cereali sbagliati?
-No, niente- mormorò Alessio sommessamente, voltandosi verso di lui con la fronte corrugata, rigirandosi tra le mani la scatola – Dove vanno messi questi? Nell'ultima credenza o nella prima?-.
Pietro alzò il viso verso l'alto: se erano quelli i problemi della vita ...
Alessio sbuffò indignato, quasi gli avesse letto il pensiero:
-Oh dai, serve ordine qui dentro-.
Per un lungo attimo Pietro lo guardò con occhi sgranati, stentando a credere che Alessio si fosse azzardato a parlare di ordine quando era la parola più distante da lui che potesse esistere.
-Disse quello che nella cui camera pare ci sia stata la battaglia di Waterloo-.
Dovette comunque trattenere una risata quando, non appena giratosi per riporre i pacchi di biscotti che ancora teneva in mano, udì Alessio fargli il verso con voce artificialmente infantile. Un normale scenario a cui si era ormai abituato, negli ultimi due mesi passati insieme in quella casa.
Doveva ammettere, però, che nonostante le loro profonde differenze - e Pietro ne avrebbe potuto contare di nuove ogni giorno-, la loro convivenza stava procedendo sorprendentemente bene. Non poteva negare di aver avuto qualche dubbio all'inizio, come sarebbe accaduto in qualsiasi situazione così nuova e così impegnativa, perché le divergenze c'erano ed erano evidenti; ma in un modo o nell'altro, lui ed Alessio sembravano completarsi a vicenda, riuscendo a far vivere insieme i loro caratteri e le loro abitudini senza scontrarsi.
Era qualcosa che sperava potesse continuare a lungo, perché era un equilibrio che neanche nelle sue più rosee aspettative aveva creduto di poter raggiungere in così poco tempo.
-E comunque scommetto che in stanza non stavi facendo nulla di utile-.
Pietro sobbalzò appena quando le parole cariche di ironia di Alessio l'avevano portato di nuovo distante dal suo flusso di pensieri. Avevano continuato a mettere in ordine in silenzio, anche se non per molto.
-Magari mi stavo mettendo lo smalto alle unghie- lo rimbrottò Pietro, lanciandogli un sorriso di sfida esageratamente largo, mentre si apprestava a sistemare alcuni pacchi di pasta.
Lo sguardo di Alessio sembrò illuminarsi all'istante:
-Dovresti provare, magari ti dona sul serio- gli disse, con così tanto entusiasmo che Pietro capì che lo stava dicendo seriamente e non per prenderlo in giro.
Rise sommessamente, scuotendo il capo:
-Stavo studiando programmazione, scemo-.
Stavolta in risposta ricevette uno sguardo incredulo, così esagerato da risultare buffo. Non riuscì nemmeno a sentirsi offeso.
-Tu che studi?- ripeté Alessio, con stupore – Era davvero più probabile una sessione di manicure-.
Si era appoggiato contro il piano della cucina, le mani nelle tasche dei pantaloni della tuta con la quale era uscito per far la spesa. Pietro si ritrovò indeciso sul fargli notare che ormai stava rimettendo a posto le cose solo lui, o se mandarlo a quel paese per avergli dato dello scansafatiche.
-Beh, almeno ci stavo provando, a studiare- borbottò guardandolo malamente, sistemando ancora altre cose che restavano sul fondo di una delle borse sulla soglia della cucina. Avevano quasi finito, stava notando, anche se ormai avrebbe potuto anche dire che aveva finito lui da solo.
-Ci provavi?- Alessio arcuò un sopracciglio con scetticismo – Ho capito, studieremo insieme nel pomeriggio-.
Era qualcosa che avevano iniziato a fare con naturalezza: era un lato positivo avere praticamente tutti gli stessi corsi e le stesse cose da studiare, perché in quel caso a Pietro bastava chiedergli chiarimenti che Alessio non gli negava mai. Era successo spesso di ripassare insieme, nel pomeriggio o alla sera, nel salotto dell'appartamento o in una delle loro stanze. Temeva che quella loro abitudine sarebbe andata a perdersi quando, prima o poi, avrebbero trovato qualche lavoretto per mettere da parte qualcosa, e che inevitabilmente avrebbe tolto loro diverso tempo libero e che magari li avrebbe portati ad essere a casa in orari completamente diversi.
-Non è che sia semplice concentrarsi quando qualcuno fa un casino assurdo per mettere via le cose della spesa- replicò Pietro, fermandosi e rimanendo a fissare il biondo con aria truce. Per tutta risposta, Alessio scoppiò a ridere.
-Allora vedi che hai fatto bene a venire qui a darmi una mano?- gli lanciò un sorriso serafico – Tanto non avresti concluso nulla lo stesso-.
Pietro scosse il capo, sbuffando appena, fingendosi offeso. Non voleva dargliela vinta, anche se probabilmente sarebbe finita davvero come stava dicendo Alessio.
Erano la loro quotidianità, quelle frecciatine lanciate senza alcuna cattiveria. Era una quotidianità che Pietro aveva inizialmente abbracciato con qualche esitazione, ma per cui ora anelava.
Me e te, è così chiaro
Sembra difficile
La mia vita
Mi fa perdere il sonno, sempre
Mi fa capire che è evidente
La differenza tra me e te
Poi mi chiedi come sto
E il tuo sorriso spegne i tormenti e le domande
A stare bene, a stare male, a torturarmi, a chiedermi il perché
*
Sbuffò sonoramente, ormai seccato. Pietro allungò il braccio verso il comodino, sbloccando il display del suo telefono per controllare l'ora: mancavano pochi minuti a mezzanotte. I suoi piano di andare a dormire presto per svegliarsi altrettanto presto la mattina dopo – e magari studiare qualcosa prima che giungesse l'ora di uscire per la festa di Giulia- sembravano star crollando pian piano.
Non aveva sonno, non poteva più smettere di far finta di nulla. Aveva perso il conto di quanto tempo avesse già passato rigirandosi nel letto, rotolandosi tra le coperte e senza mai riuscire a chiudere gli occhi e sentirsi scivolare nello stato inconscio della sonnolenza. Non si sentiva nemmeno particolarmente stanco, solo ormai piuttosto innervosito.
Si alzò di colpo, scostando malamente le coperte e sospirando di nuovo, passandosi una mano tra i capelli castani che finì per scompigliarglieli ancora di più di quel che già erano. Si avviò verso la porta della stanza, senza sapere però bene che fare; pensò che magari bere qualcosa di caldo gli avrebbe fatto bene, e decise di prendere la direzione della cucina. Aprì la porta con calcolata lentezza per non far eccessivo rumore, ritrovandosi nel corridoio buio; solo un fascio di luce ancora accesa proveniva da sotto la porta chiusa della stanza di Alessio. Pietro rimase accigliato: non si aspettava che anche lui fosse ancora sveglio. Si era ritirato nella sua stanza almeno un paio d'ore prima, dopo aver passato un po' di tempo dopo cena con Pietro nel salotto dell'appartamento.
Lasciò perdere i suoi piani originali, almeno per il momento, avvicinandosi invece alla porta socchiusa della stanza di Alessio; ne sfiorò la maniglia con una mano, spingendola la porta per aprirla maggiormente.
*il copyright della canzone (Tiziano Ferro - "La differenza tra me e te") appartiene esclusivamente al cantante e ai suoi autori
NOTE DELLE AUTRICI
Nuovo capitolo e, come preannunciato, nuovo mese dell'anno! Gli eventi di questo capitolo, infatti, prendono luogo due mesi dopo il 60, e come iniziare se non dando un insight della convivenza ormai rodata di Pietro ed Alessio? Secondo voi se la stanno cavando bene, tra spese e frecciatine?
E non poteva mancare un Pietro insonne, che sembra aver deciso di andar a far visita all'altro... Ma sarà davvero così?
A venerdì per scoprirlo!
Kiara & Greyjoy
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