Capitolo 60 - A million little pieces (Pt. 4)

La prima cosa che notò, subito dopo averlo detto, fu il silenzio che era calato. Non seppe cosa aspettarsi per lunghi secondi, prima che la voce di Nicola le giungesse inaspettatamente pacata:

-Può capitare, no?- le domandò, qualsiasi cadenza d'ansia totalmente assente. Caterina si voltò verso di lui a tratti scioccata, osservandolo finalmente in volto: sembrava stessero parlando del più e del meno, come se nulla fosse. Era tranquillo, totalmente rilassato.

-Proprio dopo quel che è successo tre settimane fa?- lo incalzò, mantenendo un tono calmo con difficoltà. Forse Nicola era ancora mezzo addormentato e aveva faticato a capire dove volesse andare a parare: tanto valeva, ormai, dargli un aiuto.

Non fu di nuovo agitazione quella che ricevette da Nicola, ma solo uno scrollare di spalle:

-Quel che è successo tre settimane fa non è nulla di grave- replicò vagamente stizzito.

"Tanto non saresti comunque tu quello che rischia di più".

Caterina sbuffò sonoramente, incredula, presa così tanto alla sprovvista da non sapere bene nemmeno cosa dire.

-Nulla di grave?- ripeté, la voce malferma – Beh, certo che non lo è, infatti il mio ciclo non arriva perché non gli va-.

-Sai meglio di me che basta un po' di stress per renderlo irregolare- puntualizzò ancora una volta Nicola, ora solo in parte meno tranquillamente di prima – Siamo stati entrambi stressati in queste settimane, e sono sicuro che non ci sia nulla di cui preoccuparsi-.

Caterina lo guardò immobile per diversi secondi. Non si era aspettata un risvolto del genere, non del tutto. Era come se non ci fosse nulla che stesse spingendo Nicola anche solo a interessarsi realmente alla cosa che gli aveva appena rivelato, come se le sue certezze fossero a tal punto incrollabili da non lasciarlo neppure per un secondo credere che potesse essere vero che qualcosa era andato storto.

-Rischiamo una gravidanza e non c'è nulla di cui preoccuparsi?- Caterina sentì pizzicare gli occhi, le lacrime che spingevano per uscire a causa della rabbia e l'incredulità crescenti. Guardava Nicola, ma le sembrava di vedere qualcun altro al posto suo.

-Invidio la tua calma e la tua fiducia incrollabile in te stesso-.

Per un attimo ripensò alla Puglia, a quando dopo giorni – settimane- di incomprensioni e silenzi si erano finalmente parlati. Quello che stava invece passando in quel momento preciso, in quella stanza da cui avrebbe voluto solo scappare, era nettamente peggio. L'apparente disinteresse di Nicola era definitivamente peggiore del silenzio che li aveva distanziati.

-Lo sto dicendo proprio perché non stiamo rischiando niente- la voce di Nicola non sembrò alterarsi più di tanto. Le parve quasi annoiato.

Caterina si sentì come se avesse appena sbattuto con la faccia contro un muro.

-Tanto sono io quella che rischia di più, no?- replicò con voce rotta, cercando di trattenersi dal lasciarsi andare al pianto nervoso – Tu puoi sempre lavartene le mani, in quel caso-.

Lo sguardo che ricevette da lui fu freddo e atono, quasi peggiore che se le avesse urlato addosso.

-Sei evidentemente agitata, quindi farò finta di non aver sentito-.

Caterina sentì la prima lacrima scorrerle lungo la guancia sinistra, quella rimasta più in ombra. Si coricò di fianco sul materasso prima che anche il resto delle lacrime fossero troppo evidenti, ed anche per evitare di incrociare ancora il volto di Nicola. Forse, vedendola così, quella conversazione – quello strazio- sarebbe finalmente finita, e le sue conseguenze sarebbero state visibili solo dal mattino dopo.

Sentì Nicola muoversi sul letto, a poca distanza da lei, senza però avvicinarsi. Forse era quello l'unico gesto che a Caterina sarebbe bastato dopo avergli confidato le sue paure: una carezza, una parola di incoraggiamento, anche solo un abbraccio. Non c'era stato nulla di tutto ciò, se non un minimizzare estremo.

Era come se, nonostante i pochi centimetri fisici a separarli, ci fosse in realtà un muro invalicabile.

-Prova a non pensarci per qualche giorno, a concentrarti su altro, e vedrai che tutto tornerà normale- Nicola parlò ancora dopo alcuni minuti, stavolta riappropriandosi del tono calmo di prima, almeno in apparenza.

Non vederlo più in faccia stava comunque facilitando le cose:  rendeva il senso di tradimento, di puro disinteresse, meno pressante, anche se ancora presente.

-Se ne sei convinto tu- mormorò di rimando Caterina, a voce così bassa che temette che Nicola non l'avrebbe sentita.

-Ne sono convinto, sì- ribadì lui, con convinzione – È solo stress, e ora sei anche in ansia, e di certo non sta aiutando-.

Era un ragionamento che aveva una sua logica, Caterina lo sapeva, e probabilmente detto in maniera più delicata avrebbe portato a tranquillizzarla almeno in parte. Parole però dette così freddamente, con distacco, non l'avrebbero mai fatta stare meno in ansia.

Rimase ferma in quella posizione, quasi sull'orlo del materasso, attendendo solo che Nicola si decidesse a spegnere la luce. Dovettero passare altri minuti di silenzio, ed ancora c'era quella luce giallognola a rischiarare la stanza, e a renderla prigioniera.

-Hai intenzione di continuare a ignorarmi?-.

"Ignorarti come hai fatto tu con me".

Caterina chiuse gli occhi, cercando di trattenere le lacrime che spingevano per uscire dagli occhi.

-Voglio solo dormire- sussurrò – Sono stanca-.

Non badò più molto a Nicola, ma ebbe la sensazione che si fosse deciso a darle ascolto. Lo sentì coricarsi, finalmente, senza avvicinarsi a lei o attirarla a sé.

-Va bene. Ne riparleremo tra qualche giorno- le rispose, prima di spegnere la luce. Caterina si lasciò andare ad un sospiro di sollievo, anche se nel silenzio e nell'oscurità della stanza, stava ancora lottando contro se stessa per non lasciarsi andare ad un pianto liberatorio o per alzarsi ed andarsene da lì.

Ripercorse velocemente le parole che si erano detti in quei minuti appena passati, quanto fosse stata lapidaria la sensazione di solitudine che aveva provato. Nicola non sembrava capire, e non avrebbe capito comunque. Aveva sperato di trovare un appoggio in lui, e si era ritrovata liquidata in poche parole, come se nulla fosse.

Trattenne a stento un singhiozzo. Si sentì nuovamente crollare a pezzi, scivolare sempre più distante da  Nicola, appeso a lei ormai solo ad un filo sottile, che difficilmente si sarebbe potuto rigenerare.

*

-Che ha detto?-.

La voce di Giulia le era parsa insolitamente esitante, quasi si fosse lanciata in quella domanda chiedendosi ancora se fosse il caso di portare la loro conversazione verso quella direzione. Non che Caterina non se lo aspettasse.

Erano corridoi affollati, quelli del Virgilio appena dopo un minuto che era suonata la campanella del primo intervallo. Era l'ultimo giorno di settembre, un qualsiasi lunedì che apriva l'ennesima settimana di scuola.

Caterina sospirò a fondo, facendo aderire meglio le spalle contro il muro dietro di sé; lei e Giulia si erano fermate lungo un corridoio del pianterreno dell'istituto, appiccicate ad un termosifone ancora freddo e che lo sarebbe stato ancora per un po'.

Abbassò lo sguardo, non del tutto convinta di voler ripetere di nuovo la stessa conversazione che avevano avuto il giorno prima, per messaggio, quando a Giulia aveva raccontato com'era finita la serata con Nicola.

Mancavano pochi minuti all'inizio delle lezioni, si rese conto Caterina controllando l'ora dal display del proprio cellulare. Erano sufficienti in ogni caso per una chiamata al volo.

Aprì la rubrica per cercare il nome della persona che doveva chiamare, senza nemmeno porsi il dubbio che poteva ancora stare dormendo – d'altro canto al lunedì lezione solo nel pomeriggio: non c'era alcun motivo per cui dovesse essere già sveglio prima delle otto.

Rimase di fronte all'entrata di uno dei bagni del Virgilio, mentre aspettava con nervosismo che gli squilli di attesa terminassero. Aveva portato il telefono all'orecchio sperando che la questione potesse essere sbrigata con velocità, ma Nicola ci stava mettendo troppo a rispondere. Cominciava a sospettare che stesse davvero ancora dormendo.

Quando stava per esaurire le speranze, udì finalmente gli squilli finire e un sospiro provenire dall'altra parte della linea.

-Pronto?-.

La voce di Nicola era effettivamente impastata come se si fosse appena svegliato. Caterina non vi badò troppo: tra poco sarebbe dovuta andare in classe, e in qualsiasi caso non aveva la minima intenzione di far durare quella chiamata oltre i tre minuti.

Per quel motivo andò subito al sodo:

-Mi è arrivato il ciclo, a quanto pare-.

Si era immaginata dire quelle parole di sollievo quasi urlando dall'entusiasmo, ma in realtà le pronunciò con indifferente freddezza, come se stesse parlando del meteo. Dall'altra parte arrivò qualche secondo di silenzio, forse il tempo che servì ad un appena sveglio Nicola per processare l'informazione.

-Vedi? Te l'avevo detto- lo ascoltò mormorare infine – Era solo questione di giorni-.

Caterina ebbe voglia di interrompere la chiamata subito, senza nemmeno rispondergli, ma si costrinse a soffocare quel senso di nausea.

-Già-.

-Che come previsto era un falso allarme- Caterina ricordò con amarezza le parole che si era scambiata qualche ora prima con Nicola, prima di entrare in aula per la prima ora di lezione.

L'espressione di Giulia non si fece meno rabbuiata, segno che la delusione doveva essere anche sua. Forse aveva riposto migliori aspettative in Nicola, soprattutto dopo aver saputo com'era andata sabato sera. In quello Caterina era senz'altro avvantaggiata: non farsi aspettative serviva a non cadere nell'illusione che le cose sarebbero migliorate.

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