Capitolo 58 - Summertime sadness (Pt. 4)
-A me fa più paura questo-.
Si sentì subito egoista per averlo detto. Non era lei quella che stava per andare a vivere altrove, per iniziare un percorso duro e che di sicuro avrebbe richiesto impegno ed energia, ma non poté fare a meno anche di provare il peso di chi rimaneva. Era qualcosa che non poteva nascondere, e che non poteva nemmeno cambiare.
Percepì Filippo muovere la sedia, avvicinandosi a lei; passarono pochi secondi prima di avvertire il suo braccio cingerle le spalle, e fu in quel momento che Giulia ebbe la forza sufficiente per alzare lo sguardo. Lo vide sorridere rassicurante, e nonostante avessero già parlato di quel che li aspettava innumerevoli volte, sapeva che Filippo avrebbe cercato di dirle che sarebbe andato tutto bene senza farsi problemi di farlo una volta in più.
-Tornerò nei weekend, lo sai. Almeno una volta alla settimana ci vedremo- le disse, allungandosi per lasciarle un bacio sulla fronte – E in ogni caso esistono le videochiamate-.
Giulia preferì non concentrarsi su quel "una volta alla settimana", quanto al fatto che, perlomeno, avrebbero avuto almeno quella volta ogni sette giorni.
Prima che Filippo potesse allontanarsi da lei, gli prese gentilmente il volto tra le mani, baciandolo e sorridendo nel farlo.
Quando si staccarono, ancora sorridenti, si sentì confusa nell'osservare Nicola e la sua espressione scettica.
-Lo sai, vero, che devi anche studiare in tutto questo?- disse dopo qualche secondo, rivolgendosi unicamente a Filippo – Tornare ogni weekend ti porterà via tempo-.
Prima che l'altro potesse replicare, fu Caterina a parlare:
-Quindi stai dicendo che tu non hai intenzione di tornare?- chiese lei, d'un tratto rabbuiata. Sembrava essere stata colta totalmente di sorpresa da quell'uscita di Nicola, e tutt'altro che rassicurata.
Giulia immaginò che, al posto suo, avrebbe probabilmente reagito anche peggio.
Nicola la guardò con fare più incerto, alzando le spalle:
-Non lo so, dipenderà dal momento ... Magari un weekend ogni due settimane- mormorò, abbassando gli occhi – E poi vorrei anche lavorare un po', e potrei doverlo fare nel weekend-.
Caterina tacque per diversi secondi, mordendosi il labbro inferiore. Giulia ebbe la sensazione che quella fosse la prima volta che tra di loro era emerso l'argomento – forse perché un po' si rifiutava di pensare che Nicola potesse averla illusa precedentemente, ed aver cambiato improvvisamente idea.
-Quindi ci rimarranno le chiamate- la sentì mormorare infine, freddamente.
Nicola annuì debolmente:
-Sì, se riusciamo ad organizzarci-.
Non ci sarebbe voluto in genio per intravedere il lampo di frustrazione ed irritazione che attraversò lo sguardo di Caterina in quel momento, mentre lo rivolgeva al suo ragazzo.
Prima che la situazione potesse degenerare, Giulia agì d'istinto:
-Beh, in ogni caso troveremo tutti un modo per far combaciare studio e vita sociale. Non disperiamoci- cercò di calmare gli animi, afferrando la mano di Filippo come per trovare un po' di sicurezza.
Sentì la gola dello stomaco chiudersi: le sembrava di essere tornata ai primi giorni di vacanza, quando tra Nicola e Caterina le cose si erano fatte tese. Sperò solo che fosse solo una sensazione passeggera, nulla che sarebbe rimasto, e nulla che potesse rovinare la tranquillità che sembravano aver ritrovato.
-Godiamoci l'ultimo concerto di Alessio, per il momento- Filippo le diede man forte – Se penso a cosa ci aspetta tra una settimana mi viene la nausea-.
"Anche a me".
Giulia sospirò a fondo: un'ultima serata tra loro in pace, era l'unica cosa che desiderava. Un'ultima serata in quell'estate ormai agli sgoccioli, prima del nuovo inizio che li attendeva.
*
You can dance if you like
You can sing every line of every song
No, you don't have to steal the show
It was your show all along
(Take That - "Hold up a light")*
C'era ancora odore di pioggia nell'aria, nonostante il temporale si fosse quietato quasi un'ora prima. Era lo stesso odore che Alessio aveva respirato a pieni polmoni quando, il giorno prima, con gli occhi appiccicati allo schermo del pc aveva scorso la graduatoria del test d'ingresso per la facoltà di informatica, uscita a nemmeno una settimana di distanza dal giorno della prova.
Era stato un giorno di pioggia anche quello in cui lui, Nicola e Pietro si erano ritrovati a Venezia per il test, così come era toccato a Filippo un giorno più tardi. C'era sempre stata la pioggia ad accompagnarli, anche mentre leggendo le rispettive graduatorie si scoprivano tutti regolarmente ammessi.
Sospirò a pieni polmoni anche in quel momento, l'aria pregna di pioggia che gli pizzicò le narici. Probabilmente avrebbe ricominciato a piovere, magari ancor prima di riuscire a finire il concerto – l'ultimo che avrebbe fatto.
Standosene seduto ad uno dei tavoli all'interno del bar, ancora a qualche minuto da quello che sarebbe stato l'ultimo concerto, in uno dei pochi momenti in cui la pioggia aveva smesso di cadere, non poteva fare a meno di pensare a come quell'anno fosse letteralmente volato. Gli parve strano pensare, per la prima volta dopo quel tempo che in certi momenti gli era parso infinito, come con la fine dell'estate stesse finendo anche il suo tempo al Babylon. Ricordava il se stesso diciannovenne sfiduciato e del tutto disorientato, pervaso da quel senso di abbandono e tradimento in cui si era ritrovato cullato a malincuore, che aveva varcato quella soglia per prendersi quel lavoro. Era strano persino pensare che, con quell'ultimo weekend, si chiudeva quella parentesi per lasciare posto a tutt'altra vita in poco più di una settimana.
Sospirò a fondo, cullato da quella malinconia, che gli stringeva lo stomaco, mista alla speranza e all'euforia che provava al solo pensiero che, il weekend dopo, si sarebbe trovato a Venezia, nell'appartamento che lui e Pietro avevano affittato, in attesa del lunedì che avrebbe segnato l'inizio dei corsi. Sembrava che le cose, dopo tutto il dolore, cominciassero ad andare per il verso giusto.
Sfiorò con i polpastrelli gli spartiti posati sulla superficie del tavolo, un sorriso amaro a increspargli le labbra: tutto quello che era stato il suo mondo in quell'anno gli appariva davanti agli occhi, al contatto con le dita appena infreddolite dalla brezza che aleggiava e che entrava dalla porta d'ingresso del locale, lasciata aperta.
-E tu che ci fai qui?-.
Alessio sobbalzò di colpo, alzando gli occhi all'istante per scontrarli con la figura alta di Pietro, in piedi a poco più di un metro dal tavolo dove se ne stava seduto da solo. Rimase confuso per qualche secondo: ricordava di aver individuato, seduti ad uno dei tavoli esterni, Caterina, Nicola, Filippo e Giulia nemmeno mezz'ora prima, e ricordava altrettanto bene di non averci visto Pietro. Doveva essere arrivato da poco, indipendentemente dalla ragione che lo aveva portato a ritardare. Sembrava che nessuno di loro fosse intenzionato a perdersi quel suo ultimo concerto.
-Sto ripassando- rispose, dopo aver sospirato pesantemente, alzando gli spartiti per renderli più visibili – E tu che fai qui dentro?-.
Pietro gli lanciò un ghigno divertito:
-Ammiravo la tua autorevole e augusta figura- lo canzonò, visibilmente a rischio di scoppiare a ridere da un momento all'altro – In realtà sono arrivato in ritardo, e prima di sedermi con gli altri sono venuto direttamente a ordinare qualcosa da bere-.
Alessio annuì, distrattamente. Temeva di perdere la concentrazione necessaria con la presenza di Pietro, ma allo stesso tempo non poté negare di esservi anche confortato: era uno di quei momenti in cui avrebbe voluto rimanere solo, ed in contemporanea avere qualcuno accanto per sentirsi meno isolato dal mondo.
Un ossimoro con ben poche soluzioni razionali.
Pietro sembrò intuire qualcosa, perché i secondi dopo si fece più serio, avvicinandosi maggiormente:
-Tutto ok?- gli chiese, incerto – Il ripasso sta andando bene?-.
-All'incirca- mormorò Alessio. Si morse il labbro inferiore, indeciso, prima di buttarsi:
-Vuoi farmi da supporto morale per gli ultimi cinque minuti?-.
-Anche se non so nulla di musica?- lo incalzò Pietro scherzosamente, più rilassato rispetto a qualche attimo prima; gli lasciò una pacca leggera sulla spalla, in un gesto che si avvicinava più ad una carezza.
Alessio scrollò le spalle, vagamente in imbarazzo:
-Basta che te ne stai qui- si ritrovò a borbottare a mezza voce, lo sguardo già abbassato di nuovo sulla pila di spartiti.
Pietro si sedette sull'altra sedia lasciata libera, accanto a quella occupata da Alessio, lanciando un'occhiata curiosa verso i fogli che stava ancora leggendo. Forse, si ritrovò a pensare Alessio, non si era poi così stupito del disordine sovrano che regnava anche sugli spartiti, colmi di note dagli eleganti svolazzi e dalle rotondità nere ed accompagnate da appunti che, in alcuni punti, apparivano più come scarabocchi che come parole sensate.
-Come ti senti alla tua ultima serata da incitatore di folle?-.
La voce di Pietro, che aveva di nuovo spezzato il silenzio dopo un po', costrinse Alessio ad alzare gli occhi dagli spartiti – su cui non stava comunque riuscendo a concentrarsi come avrebbe voluto, la mente che vagava altrove e lontana dalle note scribacchiate sul pentagramma.
-Domandamelo dopo il concerto- Alessio lo mormorò a mezza voce, quasi temesse di farsi sentire – Forse avrò una risposta adatta, che ora, invece, credo di non avere-.
Vide di sottecchi Pietro alzare un sopracciglio, guardandolo con aria fintamente sorpresa:
-È per caso tristezza quella che percepisco?-.
Alessio si limitò a sbuffare, consapevole di star lievemente arrossendo. Non gli sarebbe bastata l'intera serata per rispondere davvero a quel quesito. Si sentiva in tanti modi diversi: felice per aver finalmente realizzato ciò che voleva da anni, impaurito per tutto ciò che di nuovo doveva affrontare, sollevato dal fatto che non sarebbe stato solo, rabbuiato per dover lasciare un lavoro a cui, volente o nolente, aveva cominciato ad affezionarsi. Tutti quei concerti, le nottate passate a cantare per poi ritrovarsi la mattina dopo senza un filo di voce, i polpastrelli ormai callosi e graffiati dalle corde della chitarra usata quasi ogni giorno: era un mondo a parte, quello, il suo mondo, che inizialmente aveva rifiutato con tutto sé stesso, ma che faceva comunque parte di lui. Era un po' grazie anche alla musica, effettivamente, se si trovava ad essere così in quel preciso momento della sua vita. Si era rialzato pian piano anche grazie a quelle notti passate a cantare fino a perdere il fiato, a quelle mattine passate con la gola dolorante e le corde vocali che si rifiutavano di emettere alcun suono, e alle mani indolenzite e arrossate.
Troppi sentimenti da riassumere in poche parole e in poco tempo.
Di nuovo Pietro sembrò intuire più di quel che Alessio stava lasciando trasparire a voce. Addolcì di nuovo lo sguardo, sporgendosi appena verso di lui:
-Sicuro sia tutto ok?- gli chiese ancora.
*il copyright della canzone appartiene esclusivamente alla band e ai suoi autori.
E ci rivediamo tra un'ora, con il finale di capitolo!:)
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