Capitolo 44 - Love song (Pt. 3)

-Devo ancora digerire tutto il pranzo di oggi- borbottò Pietro, mentre si metteva a letto. Alessio lo osservò mentre scostava il lenzuolo leggero, e ci si infilava sotto, sdraiandosi sul suo lato di materasso.

-Ho notato- disse, sogghignando – Non hai praticamente toccato nulla a cena-.

Pietro mugugnò qualcosa in risposta, prima di far sprofondare la testa nel cuscino. Aveva un'aria stanca, e Alessio non poteva dargli torto: era stata una giornata lunga, iniziata la mattina presto quando si erano dovuti preparare per raggiungere gli altri in Comune. Erano andati lì solo in qualità di testimoni ed amici, ma Alessio aveva comunque avvertito un po' d'ansia per tutte le ore che avevano preceduto la breve procedura che aveva reso Caterina e Nicola giuridicamente una coppia. Adesso che era tarda sera, avvertiva la sonnolenza essere molto più pesante rispetto al solito, come ogni volta che si ritrovava ad accumulare agitazione per ore. Sarebbe stato facile allungarsi verso Pietro, dargli un ultimo bacio prima di spegnere le luci e crollare a dormire.

Doveva ancora abituarsi all'idea che, in poche settimane, il letto di Pietro sarebbe diventato il loro letto. E oltre a quel cambiamento, ce ne sarebbero stati talmente tanti altri che, al solo pensiero, gli girava la testa.

-A che ora vai a Villaborghese domani?- gli chiese Pietro, dopo un paio di minuti passati in silenzio, durante i quali Alessio aveva sospettato che si fosse addormentato. Si girò meglio verso di lui, stendendosi su un fianco, trattenendo a stento uno sbadiglio.

-Penso verso le quattro- disse, la voce impastata dalla sonnolenza.

Il giorno prima sua madre era venuta a Venezia per passare un pomeriggio con Christian e Federica, ma il loro tempo insieme non si era fermato lì: aveva chiesto ad Eva già un paio di settimane prima se, per quel weekend, avrebbe potuto tenere a casa sua i suoi figli, e lei aveva accettato di buon grado. D'altra parte, sarebbe stata una buona occasione per lei di passare un po' di tempo con i suoi nipoti prima che a Luglio Alice tornasse brevemente in Italia per poi ripartire con Christian e Federica alla volta di Londra, dove sarebbero rimasti fino a fine Agosto.

La parte difficile, quando sua madre era arrivata a Venezia e aveva notato gli scatoloni sempre più numerosi che adornavano il suo appartamento, era stata eludere le domande sul trasloco. Doveva ancora dirle di Pietro, anche se si era ripromesso di non far tardare troppo quel momento.

-Quindi tornerete verso le sei- Pietro chiuse gli occhi, probabilmente stavolta ad un passo dall'addormentarsi sul serio – Probabilmente io rientrerò un po' più tardi. Giacomo e Giorgio vorranno recuperare il pomeriggio di oggi andato perso-.

Alessio annuì, d'un tratto molto meno assonnato di prima. Si passò la lingua sulle labbra, esitante, prima di iniziare a parlare:

-A proposito di questo ... - mormorò, stringendosi nelle spalle – Stavo pensando che forse dovrei parlare anche io con Giada-.

Pietro riaprì gli occhi alla velocità della luce, sgranandoli:

-Cosa?-.

"Probabilmente crede di essersi solo immaginato di sentirmelo dire".

-Sì, insomma ... - Alessio sospirò a fondo – Per appianare del tutto i vecchi conflitti? O almeno per farle capire che sono disposto a collaborare con lei, nel caso ci fosse bisogno-.

Pietro sembrava ancora più basito di prima, come se già non lo stesse guardando come se fosse impazzito.

-Non ne sei convinto?-.

Alessio aveva riflettuto a lungo su quella possibilità, dal momento in cui Pietro gli aveva riportato, seppur per sommi capi, come aveva reagito Giada alla notizia della loro relazione. La reazione che stava avendo Pietro in quel momento, però, gli stava facendo sospettare che lui non la considerasse altrettanto una buona idea.

-Non è quello. È che ... - Pietro si mise un po' più seduto, puntellandosi con il gomito contro il materasso – Non hai paura che ti si possa ritorcere contro come cosa? Il sapere di noi due l'ha preso tutto sommato bene, ma ci andrei con i piedi di piombo-.

Alessio soppesò per qualche secondo di troppo le parole che Pietro gli aveva rivolto. Era ovvio che, dietro quella frase, c'era la paura che combinasse qualche casino con Giada – che le sue buone intenzioni si sarebbero tramutate, per un motivo o per un altro, in un modo per litigare con lei.

Si sentì un po' risentito per quella mancanza di fiducia, ma non poteva nemmeno dargli torto.

"Si ricorda fin troppo bene com'erano le conversazioni tra me e Giada".

-Ed è proprio per questo che voglio parlarle- disse, dopo altri attimi di silenzio – Voglio solo scusarmi, e dirle che non ho intenzione di fare casini con lei-.

Pietro sembrò percepire la sincerità con cui aveva parlato, e anche la sua volontà di non perdere il controllo. Il suo viso parve ad Alessio un po' meno teso, e anche il suo corpo si rilassò maggiormente.

-Se la metti così ... -.

-Pensi che dovrei?- lo incalzò Alessio.

Pietro sospirò a fondo, scuotendo appena il capo:

-Solo se sai che potrai essere molto diplomatico-.

-Posso essere molto diplomatico, se voglio- replicò Alessio, con convinzione – Sono migliorato da quel punto di vista, negli ultimi mesi-.

-Quello è vero-.

Pietro si rimise steso, e nel momento stesso in cui lo fece, Alessio gli si avvicinò, posando la testa sul suo petto, un braccio che cingeva i fianchi di Pietro. Non era mai stata una sua abitudine dormire così vicino a qualcun altro, ma aveva cominciato a rivalutare quella vicinanza da quando lui e Pietro avevano cominciato a condividere il letto, che fosse quello in casa sua o quello nell'appartamento che stava per lasciare. Il regolare alzarsi ed abbassarsi del torace dell'altro lo rilassava, lo faceva sentire protetto e al sicuro, soprattutto in certe sere in cui veniva colto ancora da un senso di vulnerabilità che faticava a combattere.

-Sei davvero sicuro di volerti scusare con lei?-.

Pietro aveva preso ad accarezzargli i capelli sulla nuca e la pelle del collo, con gesti lenti che gli stavano facendo tornare sonno.

-Diciamo che certe cose che riguardano Giada, certe azioni che ha compiuto in passato, ancora mi lasciano un po' irritato. Ma sono passati anni- ragionò Alessio, preferendo di optare per la sincerità totale, almeno con lui – E poi non voglio creare casini. Non più-.

Si chiese se Pietro si rendeva conto fino in fondo di quanto la sua presenza avesse cominciato a tirare fuori il meglio di lui. Non era sicuro che, se non avesse avuto Pietro a quel punto della sua vita, si sarebbe mai ritrovato a pronunciare parole simili.

-È un compromesso che mi va bene, quello di cercare di andare d'accordo con lei per non creare casini tra voi due-.

-Va bene- Pietro lo disse a mezza voce, quasi inudibile – Di certo scusarti con lei la rilasserà un altro po', immagino-.

Era quello che Alessio sperava. E l'avrebbero scoperto alla prima occasione utile in cui avrebbe potuto parlarle.

*

L'occasione che aveva atteso non tardò molto ad arrivare, ma Alessio si rese conto di quanto gli si stava per presentare davanti agli occhi solo all'ultimo secondo.

Giada, quel sabato sera, era arrivata trafelata e convinta di essere in ritardo, ma quando Pietro l'aveva fatta entrare, le aveva detto sin da subito che sarebbe stata dura convincere Giacomo e Giorgio che fosse arrivata l'ora di tornare a casa. Alessio, seduto sul divano del salotto, aveva udito a distanza quella breve conversazione tra loro, d'un tratto a disagio nel rendersi conto della presenza di Giada.

Ora che erano passati dieci minuti abbondanti dal suo arrivo, e la previsione di Pietro si era rivelata più che giusta – i suoi figli erano fin troppo presi da una partita a Indovina chi? contro Christian e Federica-, Alessio si era quasi abituato alla sua presenza. L'aveva salutata il più normalmente possibile, senza ostilità e senza troppo fervore, e lo stesso aveva fatto lei; non sembrava particolarmente turbata di vederlo lì ma, immaginò, doveva esserselo aspettato. Erano anni che non si incontravano: da quando lei e Pietro avevano preso strade separate, Giada non aveva continuato a frequentare il resto dei suoi amici. Non era nulla di sorprendente, dato che non aveva mai davvero legato con nessuno di loro.

Le aveva rivolto pochi sguardi, durante quei minuti, ma aveva l'impressione non fosse cambiata molto: forse portava i capelli più corti rispetto ad anni prima, ma per il resto rimaneva sempre una donna affascinante, con il bel viso solcato solo da poche rughe.

Era rimasta in piedi, accucciandosi solo di tanto in tanto sul tappeto per cercare di convincere i suoi figli che fosse ora di tornare a casa. In tutta risposta, sia Giacomo che Giorgio avevano continuato a star sdraiati supini sul tappeto del salotto, occupato nella sua totalità da un sacco di altri giochi con cui avevano passato il pomeriggio intero.

-Chi sta vincendo?- azzardò a domandare Pietro, seduto sul divano, a un metro di distanza da dove si trovava Alessio.

-Noi!- saltò su Christian entusiasta, un sorriso smagliante sulle labbra che lasciava intravedere i denti.

-Non avete ancora vinto- brontolò Giacomo, la fronte aggrottata per la concentrazione.

-Quanti turni vi mancano?- provò ancora Giada, tornando in piedi.

-In realtà non si va a turni- le spiegò Pietro – Devono indovinare e basta-.

Giada intuì l'antifona: la fine poteva non arrivare molto presto. Alessio osservò la sua espressione rassegnata nel rendersi conto che non se ne sarebbe potuta andare molto presto.

"E forse questa è l'occasione giusta per me".

Quando una settimana prima aveva si era confrontato con Pietro non si era dato un limite temporale per parlarle. Avrebbe solo atteso l'occasione giusta, in qualsiasi momento fosse arrivata. Quella poteva esserlo, se solo avesse trovato il coraggio di farlo. A parte un saluto veloce, e quanto mai distaccato, non era riuscito a dire altro: si sentiva a disagio, e temeva che i bambini potessero intuirlo e il loro umore guastarsi.

-Vuoi qualcosa da bere?- domandò d'un tratto Pietro, rivolgendosi a Giada. Lei sembrò pensarci su per qualche secondo, prima di annuire.

-Un bicchiere d'acqua, magari-.

Ma Pietro non si mosse. L'unica cosa che fece, e che fu quasi impercettibile, fu quella di girarsi quel che bastava per farsi vedere da Alessio, e fissarlo per qualche secondo. Non gli sarebbero servite neanche le parole per fargli capire cos'aveva in mente, e cosa lo stava spingendo a fare.

I dubbi che doveva aver avuto una settimana prima dovevano essersi dissipati del tutto, soppesò Alessio: evidentemente si fidava a sufficienza da essere lui stesso a spingerlo a parlarle.

Nonostante i timori che aveva avuto fino a quel momento, quell'incalzare di Pietro lo rincuorò quel che bastava per farlo alzare.

-Ci penso io-.

Se Giada ne fu sorpresa, Alessio non lo seppe: si alzò dal divano in fretta, senza rimanere a osservare la sua espressione, dirigendosi verso la cucina. Poté udire solamente i passi di lei seguirlo, dopo un po' di secondi, forse con ritrosia.

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