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Si dice che le sorprese, quelle vere, accadano quando meno una persona se lo aspetta.

Tre settimane dopo la mia prima chiacchierata con Chris (il ragazzo della caffetteria), nel corso di una domenica sera qualunque, il campanello del mio appartamento squilla improvvisamente, e quando vado ad aprire la porta mi ritrovo faccia a faccia con George; la sorpresa è così tanta che per quasi un intero minuto non riesco a fare altro che fissarlo in assoluto silenzio, perché non riesco a credere che sia proprio qui, ma non appena mi riprendo, la mia reazione è tutt’altro che entusiasta: niente sorrisi né braccia buttate attorno al collo, tutt’al più avverto di nuovo il forte impulso di salutarlo con un bel schiaffo su una guancia, come è accaduto per tutto il tempo della nostra ultima conversazione al The Blue Lagoon.

Quanto tempo è trascorso da quella sera? Un mese? Un mese e mezzo? Forse perfino due? Ohh, non ha alcuna importanza perché ha comunque un’enorme faccia tosta a presentarsi davanti al mio appartamento dopo quello che ha fatto e dopo che gli ho espressamente detto che non desidero avere a che fare con lui.

“Si può sapere che diavolo ci fai qui?” domando immediatamente, incrociando le braccia ed appoggiandomi allo stipite della porta d’ingresso; se solo spera di essere perdonato o che io lo faccia entrare per ripetere l’unica notte che abbiamo trascorso insieme, allora si sbaglia di grosso perché al momento non sono intenzionata a prendere in considerazione né l’una né tantomeno l’altra opzione.

“Sono qui per parlare. Possiamo farlo nel tuo appartamento? Non mi sembra il caso di affrontare certi argomenti su un pianerottolo”.

La sua risposta mi fa inarcare il sopracciglio destro: è davvero venuto qui con la convinzione che lo farò entrare nel mio appartamento per parlare.

Parlare.

Certo.

Anche l’ultima volta è entrato per parlare e per bere qualcosa insieme, e poi si è trattenuto fino alla mattina seguente… Fregandosene altamente della persona che lo stava aspettando a casa.

“Se devi dirmi qualcosa, puoi farlo benissimo anche qui. Visto che non ti sei fatto alcuno scrupolo a mentirmi praticamente su tutta la tua vita, allora possiamo anche parlare qui, sul pianerottolo fuori dal mio appartamento, non ti pare?”

“D’accordo… Direi che abbiamo iniziato decisamente col piede sbagliato”

“No, George, ti correggo: tu hai iniziato col piede sbagliato perché una persona già impegnata non dovrebbe mai cercare compagnia altrove… Ohh, beh, senza contare che mi hai raccontato una serie infinita di bugie riguardo la tua vera identità”

“Se vuoi metterla su questo piano, allora anche io potrei dimostrarmi parecchio risentito nei tuoi confronti, Vera, perché anche tu non sei esattamente chi mi hai detto di essere. Tu non lavori affatto nel bar in cui ci siamo conosciuti”

“E questo come fai a saperlo con certezza?” domando sconcertata, perché né durante i nostri incontri al The Blue Lagoon né al ristorante gli ho mai confessato qual è il mio reale lavoro, e lui, anziché fornirmi una spiegazione, si limita a scrollare le spalle.

“In questo momento non ha importanza come abbia fatto a scoprirlo, ma ciò che si nasconde dietro a quello che sono riuscito a scoprire: anche tu hai omesso dei particolari sulla tua vita privata e questo, in automatico, ci pone sullo stesso livello. In altre parole: io darò a te la possibilità di spiegare le ragioni che ti hanno portata a mentire, ma prima devi lasciarmi la possibilità di fare altrettanto, così ti renderai conto che quello tra noi due non è stato altro che un grande e banale fraintendimento”

“Sono sconcertata! La tua sicurezza ed arroganza mi lasciano completamente senza parole! Stesso livello? Io posso dire di aver omesso un particolare della mia vita, ma tu non puoi parlare nello stesso modo! È un piccolo particolare mentire sulla propria identità? O è sempre un piccolo particolare non accennare ad una relazione che già si ha? Perché hai fatto tutto questo se hai già una donna, vuoi spiegarmelo? Perché ci hai provato spudoratamente con me fin dall’inizio? Perché mi hai invitata ad uscire? Perché ti sei avvicinato per baciarmi? Perché hai trascorso la notte con me? E perché mi hai lasciato quel bigliettino? Sei un uomo a cui piace stare con il piede in due staffe? E se io non avessi scoperto subito quello che stava accadendo, per quanto tempo avresti portato avanti questo gioco? È in questo modo che ti diverti? Solo perché, magari, sai di potere avere ai tuoi piedi tutte le donne che vuoi? Rispondi o vuoi continuare a restare in silenzio? Non hai detto di essere qui perché volevi parlarmi?”

“E lo farei, se solo me ne lasciassi la possibilità, ma stai continuando a farmi domande su domande, senza neppure riprendere fiato e lasciarmi il tempo necessario per darti una risposta!”

“Ed in tutto questo trovi anche il coraggio per fare lo spiritoso. Bene. Direi che la nostra conversazione può terminare qui. Addio, George, e questa volta mi auguro che tu capisca che è per sempre!”.

Tento di rientrare nel mio appartamento, ma lui me lo impedisce posando una mano sulla porta e facendo pressione, affinché non possa chiuderla.

“Aspetta un momento. Per te la conversazione potrà anche essere chiusa, ma per me non vale lo stesso. Vera, per favore, ascoltami: non ti sei chiesta neppure per un secondo perché a distanza di così tanto tempo dal nostro ultimo incontro sono qui?”

“Perché immagino che tu voglia avere un’altra possibilità. Forse la tua compagna ti ha dato il benservito che meriti e adesso sei qui perché non sei in grado di restare da solo e vuoi fare un tentativo con me”

“Perché non riesco a togliermi dalla testa né il nostro appuntamento né la notte che abbiamo trascorso insieme” risponde lui, ignorando completamente la mia battutina “e so per certo che anche per te vale lo stesso”

“Io non…” scuoto la testa sconcertata e sposto lo sguardo da tutt’altra parte “te l’ho già detto che sei fin troppo sicuro di te ed arrogante? E te l’ho già detto anche che hai una bella faccia tosta?”

“Forse hai ragione su tutto quanto… Però non hai confutato le mie parole e quindi questo significa che ho detto il vero. E guarda: adesso non sto più tenendo la porta, puoi benissimo chiudermela in faccia se desideri farlo, ma non è così, altrimenti già non saremo più qui a parlare da un pezzo… Non credi?”.

Accidenti.

Mi ha bloccata di nuovo, questa volta metaforicamente, perché non posso svincolarmi in nessun modo.

Non so come ci sia riuscito, ma ci ha azzeccato in pieno: ho impiegato settimane intere per riuscire ad accantonare almeno in parte la nostra fugace frequentazione, e non sono comunque riuscita a dimenticare del tutto né la nostra cena né la notte che abbiamo trascorso nel mio appartamento; ma posso dire di essere davvero riuscita ad accantonare tutto quanto almeno in parte visto che è bastato che lui si presentasse davanti la porta d’ingresso del mio appartamento per farmi dubitare di ogni cosa?

Alzo gli occhi e la situazione non fa che peggiorare, perché il suo sguardo supplicante non fa altro che aggiungere dubbi a quelli che già ho.

Non dovrei cedere, perché so già che così facendo commetterei un terribile errore, però…

“Per favore, Vera” mormora per l’ennesima volta, prima che possa essere io a parlare “ti sto solo chiedendo la possibilità di darti tutte le spiegazioni necessarie. Non devi fare altro che indossare qualcosa di elegante, uscire a cena con me, di nuovo, ascoltare quello che ho da dirti e poi potrai scendere alle tue conclusioni personali. E se ancora continuerai a pensare di non voler avere nulla a che fare con me, allora rispetterò la tua decisione e non mi vedrai mai più. Te lo prometto”.






Il ristorante per il nostro secondo appuntamento non ha nulla a che fare con quello in cui abbiamo cenato quando siamo usciti insieme per la prima volta: non si tratta di un piccolo posticino lontano dal centro città, ma l’esatto contrario; immagino lo abbia fatto per impressionarmi, ma se pensa che tutto questo lusso possa giocare in suo favore, si sbaglia di grosso.

“Parliamoci chiaro” dico dopo essermi accomodata, mentre un cameriere in divisa si occupa di accendere la candela posizionata al centro del tavolo “il fatto che io abbia accettato il tuo invito, e che ti stia dando la possibilità di spiegarmi tutto quanto, non significa in automatico che sia disposta a perdonarti. Prima di tutto, sono curiosa di sentire che cosa hai da dirmi, mi auguro solo che tu abbia il buonsenso di non mentirmi ancora”.

Per fargli capire che non sto scherzando, non appena il cameriere si allontana, soffio sulla candela accesa per spegnerla, perché dietro la nostra cena non c’è nulla di romantico; George mi guarda, sconcertato, e poi sposta lo sguardo sul rivolo di fumo che si solleva dalla candela spenta.

“Avresti potuto lasciarla accesa”

“Vuoi metterti a discutere riguardo una candela adesso?”

“No, certo che no, hai ragione. Siamo qui per parlare di argomenti molto più importanti: allora” appoggia il mento sul palmo della mano destra “che cosa vuoi sapere? Da dove vuoi che inizi?”.

Domanda interessante.

Da dove voglio che inizi?

Vorrei che mi raccontasse subito perché mi ha chiesto di uscire visto che ha già una compagna, e dov’è lei in questo momento, ma decido di procedere per gradi, partendo dall’inizio; al punto cruciale, quello che per davvero interessa a me, ci arriveremo poco per volta.

La serata a nostra disposizione è bella lunga, ed io non ho alcuna fretta: per la decisione che devo prendere, ho bisogno di conoscere tutta quanta la verità, dall’inizio fino alla fine.

“Dunque” dico, strofinando i palmi delle mani sulla stoffa dell’abito che indosso; non capisco per quale motivo sono così nervosa. Era da tempo che non mi capitava di esserlo, per la precisione dalla prima volta che ho affrontato un’udienza in tribunale. Ricordo ancora molto bene quel giorno perché avevo paura di fallire e di deludere le aspettative di mio padre “potresti iniziare col spiegarmi perché mi hai mentito sulla tua vera identità. Perché quando siamo usciti a cena non mi hai detto chi eri?”

“Perché non so da quanto tempo non mi capitava più d’incontrare una persona che non mi conoscesse” la sua domanda fin troppo sincera e diretta mi lascia senza parole, e per l’ennesima volta mi ritrovo a pensare che la sicurezza di quest’uomo è qualcosa di sconcertante “sai, all’inizio non riuscivo a capire se davvero non mi conoscevi o se stavi solo fingendo, me ne sono reso conto solo in un secondo momento, quando mi hai parlato della tua amica appassionata di musica e mi hai detto che tu, invece, non hai tempo per simili passioni… E visto che la tua non si trattava di una recita, ho pensato di approfittarne… No, non fraintendere le mie parole. Non pensare al significato negativo del termine approfittare. Non intendevo dire che ho visto in te una totale sprovveduta, ma piuttosto una persona con cui potermi approcciare nel modo più naturale possibile perché, come ti ho già detto, non mi capita più da moltissimo tempo”

“Mi avrai vista anche come una totale stupida, immagino. Andy, la mia amica, mi ha fatto capire che sono davvero una persona che non se ne intende di musica dato che non so neppure chi sei tu”

“Forse potresti iniziare a colmare questa tua piccola lacuna per la musica in generale, Vera, ma non ho mai pensato, neppure per un istante, che tu sia una stupida. Te l’ho detto: grazie a te mi si è presentata un’occasione che non mi capitava da moltissimo tempo. Tutte le donne che si avvicinano a me lo fanno, principalmente, per uno scopo secondario. Sanno chi sono e vogliono vivere l’ebbrezza di stare insieme ad un volto noto. A loro interessa solo il personaggio pubblico, non la persona che si nasconde dietro ad esso, e quindi si accontentato di una notte di sesso… Perché è a questo che puntano fin dal momento in cui si avvicinano per iniziare una conversazione. Ne ho incontrate molte così nel corso degli anni e nessuna di loro è resistita oltre il mattino seguente”

“E non hai pensato che prima o poi potessi scoprire la verità, come effettivamente è successo?”

“Sì, ma speravo di riuscire a raccontartela prima che la scoprissi in un modo o nell’altro. Volevo godermi per un po’ questa frequentazione normale, ma purtroppo è durata molto meno di quello che pensavo. Però non ti ho mentito del tutto, anzi: quello che ti ho raccontato su di me nel corso della nostra prima cena era tutto quanto vero. Sono nato davvero a Greatbook, sono cresciuto davvero a Cambridge, ho studiato davvero architettura ed a conti fatti posso considerarmi un libero professionista per il lavoro che svolgo. Come puoi vedere non sono stato così profondamente scorretto nei tuoi confronti perché laddove ho potuto, ti ho raccontato particolari veri della mia vita” lo vedo sorridere e, mio malgrado, non riesco a non ricambiare con un mezzo sorrisetto; la nostra conversazione viene interrotta da un cameriere che si avvicina per prendere le nostre ordinazioni, ma le sue ultime parole mi danno lo spunto ideale per arrivare al punto cruciale della questione, quello che più di tutti m’interessa veramente.

Perché posso anche sorvolare sul fatto che mi abbia mentito riguardo la sua vera identità, perché le spiegazioni che mi ha dato sembrano sincere, ma non posso fare altrettanto riguardo la sua compagna.

Aspetto che i nostri piatti vengano serviti e poi, finalmente, procedo con la fatidica domanda.

“Non sei stato così profondamente scorretto per quanto riguarda la tua vita in generale, ma non mi sembra che lo stesso valga per quella sentimentale” commento con un altro mezzo sorrisetto, questa volta sarcastico “quando ho scoperto chi sei veramente, Andy mi ha detto che hai una compagna stabile da un paio di anni… Ed a luglio eravate insieme a Londra, è così?”

“Sì, è così”

“E quindi, sotto questo punto di vista, mi hai presa in giro” concludo, lasciandomi andare contro lo schienale della sedia “perché nello stesso periodo, all’incirca, c’è stato il nostro primo incontro. Dubito che tra voi due sia accaduto qualcosa di così irreparabile da chiudere il vostro rapporto in modo brusco… O se anche così fosse, allora in questo caso significa che sei una persona che si riprende ben in fretta da una delusione d’amore, se sei subito pronto a gettarti a capofitto in una nuova avventura dopo aver appena concluso una storia importante”

“Non andare così in fretta e non scendere a conclusioni così affrettate” adesso il suo tono di voce è cambiato e noto una leggera traccia di risentimento nel modo in cui mi risponde, ma come può pretendere di sentirsi offeso visto che al momento gli elementi che ho a mia disposizione mi fanno pensare che possa essersi verificata o l’una o l’altra situazione? “quello che ti ha raccontato la tua amica è vero… Ma lei non sa che io e Laurie eravamo in crisi già da tempo. A luglio ci siamo presi una pausa di riflessione, ed il nostro incontro è avvenuto dopo questa decisione”

“Ma una pausa di riflessione non significa aver troncato i rapporti con una persona. Tu sei stato con me mentre ancora stavi con lei. Rigira la faccenda come vuoi, ma il succo del discorso resta comunque lo stesso: sei stato con il piede in due staffe. E questo a me non piace affatto” ribatto con decisione, incrociando le braccia “come posso fidarmi di una persona a cui piace stare con il piede in due staffe?”

“Non è successo assolutamente questo. È stata Laurie a chiedermi una pausa di riflessione perché sperava che potessi cambiare idea e concedere un’altra possibilità al nostro rapporto, ma la crisi andava avanti già da un pezzo ed io ero deciso a chiuderlo e basta. L’ho fatto solo per accontentare la sua richiesta, ma non l’ho mai vista durante quel periodo. Tu sei stata l’unica donna che ho frequentato, Vera, ed il nostro incontro non ha fatto altro che convincermi ancora di più di aver fatto la scelta giusta. Ho rivisto Laurie solo perché dovevo recuperare tutti i miei effetti personali dalla casa in cui abitavamo insieme, e basta. Sono già diverse settimane che mi sono spostato in una nuova sistemazione, molto più adatta ad un uomo libero… Almeno per il momento. Diciamo che tutto dipende dall’esito di questa serata”

“Non so proprio cosa dire” mormoro, sistemando una ciocca di capelli dietro l’orecchio destro, perché per la seconda volta ho l’impressione che sia stato sincero… Eppure ci sono dei particolari che ancora non tornano “se anche la vostra storia era ormai finita, almeno dal tuo punto di vista, comunque mi hai chiesto di uscire insieme subito dopo aver chiuso una relazione che durava… Da quanto tempo durava la vostra storia?”

“Tre anni”

“Tre anni” ripeto sconcertata, perché è molto più tempo di quello che immaginavo “capisci perché sono così titubante, George? Non stiamo parlando di una conoscenza di poche settimane, ma di una relazione che andava avanti da diverso tempo. E tu non solo l’hai chiusa in fretta, ma poco dopo hai chiesto a me di uscire… Questo non è un punto a tuo favore, te ne rendi conto?”

“Me ne rendo conto, ma mi rendo anche conto che non riesco a toglierti dalla testa da quando ti ho vista. Ci ho provato per diverso tempo dall’ultima volta che ci siamo visti, ma non ce l’ho fatta e per questo motivo sono venuto da te per chiederti di nuovo la possibilità di spiegarti tutto quanto e di rimediare. Non ti è mai capitato di stare insieme con una persona per diverso tempo, credere che sia quella giusta e poi, un bel giorno, ti rendi conto che non è affatto così?”

“No, mai”

“Beh, invece a me è successo, e se dopo quello che ti ho raccontato desideri darmi una possibilità, ti assicuro che non te ne pentirai affatto. O se c’è altro che vuoi ancora chiedermi…”

“No, penso di non avere altro da chiederti” rispondo, abbassando lo sguardo sulle mani che continuo a tormentare.

Effettivamente non ci sono altre domande che vorrei rivolgergli, ma non ho neanche preso una decisione in merito alla nostra frequentazione.

Una parte di me vorrebbe concedere una seconda possibilità a George, ma l’altra è ancora profondamente titubante proprio a causa delle spiegazioni che mi ha dato: anche se sono stata bene con lui, anche se non riesco a togliermelo dalla testa, come posso fidarmi pienamente di un uomo pronto a gettarsi a capofitto in una nuova frequentazione dopo aver appena chiuso una storia seria? Come posso essere certa che non capiti lo stesso anche a me tra non molto tempo?

O, invece, come posso essere certa che questa non sia una sorta di ripicca nei confronti della sua ex compagna? Chi mi assicura che tra un paio di settimane non possa avere qualche ripensamento e decida di troncare con me per tornare con lei?

Mi sento davvero pronta ad affrontare questo rischio in un momento lavorativo così delicato?

“Vera?” mi riscuoto dai miei pensieri solo quando sento George chiamarmi per nome “non sei costretta a darmi una risposta adesso, in questo stesso momento. Se vuoi prenderti il resto della serata per pensarci con calma, per me non c’è nessun problema. Puoi prenderti anche un giorno intero se dovesse aiutarti a fare chiarezza. Posso aspettare. Anche se tante persone non sarebbero d’accordo con quello che sto per dire, ti assicuro che so essere una persona molto paziente quando di mezzo c’è qualcosa per cui ne vale davvero la pena”

“Ohh, potrei anche farlo, è vero, ma che senso avrebbe? Avevi perfettamente ragione, prima, quando hai detto di sapere per certo che anche io ho continuato a pensare a te nelle ultime settimane. Ed è proprio così. Ero terribilmente incazzata perché mi sono sentita presa in giro per l’ennesima volta da parte di un uomo, ma non riuscivo a non pensare a te. Sei stato il mio chiodo fisso e per colpa tua il lavoro è stato uno schifo. Se anche ti dicessi che ho bisogno di ventiquattro ore per pensare a cosa è meglio per me, e forse ne avrei davvero bisogno, sappiamo già entrambi come andrà a finire questa serata: tu mi riaccompagnerai nel mio appartamento, io ti chiederò di entrare per bere qualcosa e finiremo di nuovo in camera mia, proprio come l’ultima volta. Quindi… Che senso avrebbe?”

“Allora questo significa che vuoi darmi una seconda possibilità?”

“No, non ancora. Nel frattempo significa che voglio godermi questa serata”

“Ohh, ho capito” commenta George con un sorriso sornione “devo conquistarmela questa seconda possibilità. Vedrai: entro fine serata riuscirò a convincerti del tutto. Sai perché? Perché io riesco sempre ad ottenere ciò che voglio”

“Molto bene, vediamo se la tua estrema sicurezza ti sarà d’aiuto anche in questo caso” commento a mia volta, ricambiando il sorriso, perché sono molto curiosa di vedere che cosa farà o dirà per sciogliere tutti i dubbi che ancora mi sono rimasti in mente; per tutto il resto della cena nessuno di noi due tocca ancora l’argomento legato alla nostra frequentazione, e George mette in atto quella che immagino essere la sua strategia per farmi capitolare: si trasforma in un vero e proprio gentlemen che si prodiga in qualunque premura nei miei confronti, come scostare la sedia quando devo alzarmi o sedermi, insistere per pagare tutto il conto ed aiutarmi ad indossare la giacca quando ormai stiamo per uscire dal ristorante.

E proprio quando stiamo per uscire dal ristorante, sento una voce chiamarmi all’improvviso.

Mi volto all’improvviso, mentre sono già aggrappata al braccio destro del mio accompagnatore, e vedo un cameriere avvicinarsi proprio a me; non appena lo riconoscono, mi ritrovo a spalancare gli occhi perché si tratta di una persona che non mi aspettavo proprio d’incontrare in un posto come questo.

Dopo la nostra prima chiacchierata, tra me e Chris (il ragazzo della caffetteria) è nato un vero e proprio rapporto di amicizia; e durante una delle tante nostre successive chiacchierate, mentre mi riaccompagnava a casa, mi ha accennato ad un secondo lavoro come cameriere in un ristorante, ma non immaginavo che il ristorante in questione fosse proprio questo.

“Chris?” domando ancora incredula, sbattendo le palpebre “ma sei proprio tu?”.

Lui, di rimando, annuisce con la testa in segno di conferma.

“Ohh mio dio, non ci posso credere!” esclamo subito dopo, con una risata divertita “ma tu guarda che coincidenza! Di tutti i ristoranti in cui potevo fermarmi, sono capitata proprio in quello in cui lavori! Ma tu guarda che coincidenza! Hai finito il turno?”

“No, magari fosse così, anzi: tra poco inizia la parte più impegnativa e non me ne andrò prima di notte fonda. Non dovrei neppure essere qui, ma non potevo non venirti a salutare dopo averti vista” lo vedo indugiare per qualche secondo sul cappotto e sull’abito che indosso, e sorridere; anche questa volta ho deciso di optare per qualcosa di semplice… Forse per qualcosa di perfino troppo semplice per un posto elegante e raffinato come quello scelto da George “stai proprio bene vestita così, Vera. Complimenti davvero”

“Ohh, non è nulla di che, ho scelto la prima cosa che ho trovato nell’armadio. Si tratta di una cena informale. Chris, posso presentarti…” mi giro verso George, che per tutto il tempo è rimasto in silenzio ad ascoltare la nostra conversazione, ma non ho il tempo di procedere con le presentazioni ufficiali perché vengo preceduta dal mio amico.

Ed è qui che accade l’irreparabile.

“Non c’è bisogno che tu dica nulla, ho già capito tutto” dice, allungando la mano destra verso il mio accompagnatore con un sorriso cordiale “lei deve essere il padre di Vera. Sono davvero contento di conoscerla, sua figlia mi ha parlato tanto di lei”.

Immediatamente scende un lungo silenzio tra noi tre: il sorriso di Chris dopo un po’ vacilla, George continua a fissare la sua mano ancora tesa come se volesse staccargliela da un momento all’altro, ed io non riesco a fare altro che alternare lo sguardo tra loro due perché non mi viene in mente nulla da dire per uscire da questa situazione; alla fine ci pensa George a farci uscire da questo stallo, ma le sue parole non contribuiscono affatto a rimediare.

Anzi, contribuiscono solo a peggiorare tutto quanto.

“Che cosa ti fa credere che io sia suo padre?” domanda, in un soffio ed in tono tutt’altro che gentile; finalmente Chris si accorge della gaffe commessa e ritira in fretta la mano, con un’espressione perplessa e confusa.

“Mi dispiace, io… Non immaginavo” balbetta in sua difesa per poi restare in silenzio, probabilmente perché non sa che altro aggiungere, ed è a questo punto che decido d’intervenire, prima che possa essere detto altro che renda la situazione ancora più imbarazzante di quello che è già: saluto Chris con un sorriso, lo ringrazio per essersi avvicinato e stringo di più la presa attorno al braccio destro del mio accompagnatore per fargli capire che è arrivato il momento di andarcene.
Fortunatamente il mio messaggio arriva dritto al destinatario, perché George lascia stare il mio amico e si premura di aprire la porta d’ingresso del ristorante per farmi uscire per prima, ma capisco di avere tirato troppo in fretta un sospiro di sollievo dopo che entriamo in macchina: George non parla, ha lo sguardo fisso sulla strada dinanzi a sé e grazie alle occhiate di sfuggita che gli lancio, noto una certa rigidità nei muscoli della mascella.

Provo ad iniziare un discorso generico sulla serata, ma non ricevo alcuna risposta; tento una seconda volta, domandandogli se la cena è stata di suo gradimento, ma mi scontro di nuovo con un muro fatto di silenzio.

“Vorresti salire da me oppure sei troppo stanco?” tento per la terza volta, provando con un altro approccio, e finalmente ottengo una reazione da parte sua, ma non è quella che speravo.

“Chi era quel tipo?”

“Come?” sbatto la palpebre, confusa, sicura di avere capito male, ma mi rendo conto di essermi sbagliata perché George mi ripete la stessa domanda: di nuovo, mi chiede chi era quel ragazzo che si è avvicinato a noi e che conosceva il mio nome “è solo Chris”

Solo Chris” ripete in un modo che non mi piace affatto, senza mai staccare gli occhi dalla strada; sposto gli occhi sulle sue mani e noto subito che sta stringendo il volante con molta più forza del necessario perché le nocche sono diventate completamente bianche “e, di grazia, chi sarebbe questo solo Chris?”

“È un ragazzo che lavora nella caffetteria in cui di solito mi fermo per la pausa pranzo. Abbiamo iniziato a parlare per puro caso e, sai com’è, da cosa nasce cosa. È un bravo ragazzo, ogni sera insiste sempre per accompagnarmi a casa perché dice che una donna non dovrebbe mai girare da sola quando è buio”

“Mh-mh, ed è proprio necessario che continui ad andare nella caffetteria in cui lui lavora? Non so… Non ce ne sono altre nei pressi del posto in cui lavori?” il modo stizzoso in cui continua a rispondermi non solo mi lascia senza parole, ma mi fa venire in mente anche un assurdo sospetto.

Assurdo perché non è proprio possibile che dietro la sua reazione ci sia la spiegazione più banale al mondo.

“Scusa, ma… Mi stai facendo una scenata di gelosia?” chiedo esterrefatta, e lui, ovviamente, nega.

Anche se è fin troppo evidente che non ha gradito la breve interruzione da parte di Chris perché si tratta di un ragazzo.

“Io non sono geloso, non dire assurdità, è solo che come tu hai preteso delle spiegazioni da parte mia anche io desidero avere delle spiegazioni da parte tua perché se da questa sera deve partire qualcosa tra noi due, voglio che avvenga col piede giusto, senza che in un secondo momento sbuchino fuori sorprese spiacevoli come quel ragazzo”

“È solo un amico”

“Dal modo in cui ti fissava e dal complimento che ti ha rivolto, non mi è proprio sembrato un semplice amico. Se nelle ultime settimane hai iniziato a frequentare quel ragazzo, gradirei che me lo dicessi, Vera. In passato ho avuto brutte sorprese che preferirei non rivivere ancora, quindi, se c’è qualcosa che dovrei sapere è meglio che tu me lo dica in questo stesso momento. Ma ricorda: se dovessi mentirmi ed in qualche modo io dovessi scoprire che…”

“Senti, io non ti sto nascondendo un bel niente, d’accordo?” adesso sono io ad essere stizzita, perché può dire quello che vuole, ma è evidente che la sua non è altro che una scenata di gelosia fin troppo precoce; ed anche se da una parte ne sono lusingata (chi mai non sarebbe lusingata di vedere il proprio uomo fare una scenata di gelosia?), non può comportarsi in questo modo così presto perché parte già col piede sbagliato: in passato ho già commesso l’errore di lasciarmi trattare come un oggetto, e non ci tengo a ripeterlo ancora “ti ho detto le cose come stanno: Chris è solo un amico con cui parlo e che mi accompagna a casa quando finisco di lavorare molto tardi. Tra noi due non c’è altro, almeno da parte mia. Questa è la verità: se ci vuoi credere bene, altrimenti non so cosa farci”.

Lo vedo lanciarmi una fugace occhiata e finalmente i muscoli della mascella si rilassano e le nocche tornano ad essere del loro colore originale.

“D’accordo, Vera, mi fido delle tue parole” anche il suo tono di voce sembra essere tornato tranquillo… O almeno non è più così stizzito come poco prima “è evidente che si è trattato solo di un malinteso”

“Allora ti va ancora di salire nel mio appartamento?” chiedo, con un sorriso, mettendo la parola fine all’imbarazzante parentesi che si è creata al termine della nostra cena chiarificatrice; George non mi dà alcuna risposta.

Non a parole, almeno.

Quando arriviamo nei pressi del mio appartamento, non solo mi segue subito al suo interno, ma questa volta non perdiamo neppure tempo con preamboli inutili come ‘posso offrirti qualcosa da bere?’ e passiamo subito ai fatti in camera da letto, dove ben presto mi ritrovo completamente senza fiato e costretta a chiedere una piccola pausa prima di effettuare un secondo round; George accoglie la mia richiesta con una risata divertita e m’invita ad appoggiarmi con la testa contro il suo petto, ma nonostante la sua espressione non sia più tesa come durante la nostra discussione in macchina, c’è comunque qualcosa che continua a tormentarlo.
Lo capisco dal modo distratto in cui mi accarezza i capelli e dallo sguardo fisso in un punto lontano; ed anche se sono certa che c’è qualcosa di cui vorrebbe parlarmi, lascio che sia lui a fare il primo passo, anziché essere io a spronarlo a sfogarsi.

“Perché quel ragazzo, il tuo amico, mi ha scambiato per tuo padre?” domanda dopo un lungo silenzio, continuando ad accarezzarmi i capelli, mentre io me ne sto con la testa appoggiata al suo petto e con gli occhi chiusi.

“Ohh, beh, immagino che sia per colpa della descrizione che ho fatto di lui quando gliene ho parlato” adesso che il malinteso si è risolto, riesco perfino a sorridere al ricordo di quello che è successo al ristorante “ho detto a Chris che mio padre è un uomo molto alto, dall’aspetto distinto, con gli occhi molto chiari ed i capelli brizzolati. Vedendoti in mia compagnia deve aver dato per scontato che fossi lui… Buffo, non trovi?”

“Già… Buffo… Però quello che abbiamo appena fatto non è stato buffo, vero? Voglio dire, non lo descriveresti mai in questo modo, giusto?”.

La domanda che mi rivolge è così strana da spingermi a riaprire gli occhi ed alzare il viso.

“Potresti essere un po’ più specifico perché non riesco a capire quale sia il problema?”

“Se quel ragazzo mi ha scambiato per tuo padre, significa che mi considera vecchio. Anche tu mi consideri vecchio, Vera?”

“Ahh, quindi è questo che ti preoccupa?” quando riesco finalmente a comprendere il punto della questione, non riesco a non trattenere un’altra risatina divertita; è buffo vedere come la sicurezza che spesso ostenta venga a meno dinanzi a delle vere e proprie sciocchezze “pensi di non essere al mio livello e temi che la tua performance di poco fa sia stata deludente?”

“Io non ho mai detto questo” si affretta a precisare George, ma in realtà so benissimo che è proprio questa la sua preoccupazione “tuttavia volevo essere certo di non aver deluso in qualche modo le tue aspettative, Vera, perché è evidente che tra noi due c’è una differenza di età abbastanza consistente”

“Sì, ma Andy mi ha sempre detto che gli uomini maturi sono i migliori perché hanno molta esperienza, e nel tuo caso posso dire che ha proprio ragione”

“Sì, ma la differenza d’età può nascondere anche numerose insidie. Quanti anni hai, Vera?”

“Trenta”

“Trenta. Lo immaginavo. E quanti anni pensi che abbia?”.

Osservo George con gli occhi socchiusi e con il mento appoggiato sul palmo della mano destra: è evidente che tra noi due ci sono diversi anni di differenza, ma non riesco a capire quanti possano effettivamente essere.

“Cinquanta?” dico, gettando un numero a caso, e lo vedo sorridere divertito.

“Ti ringrazio, ma no… Non ho cinquant’anni. Riprova”

“Cinquantacinque?” tento di nuovo, optando per un numero leggermente più alto, ma lui scuote la testa.

“No, Vera, neppure… Ho sessantadue anni”

“Sessantadue?” ripeto, spalancando gli occhi dall’incredulità, perché non mi aspettavo di ricevere una simile risposta.
Sessantadue anni. Questo significa che abbiamo ben trentadue anni di differenza. La stessa che c’è tra me e mio padre.

“Sì” conferma lui “adesso hai capito qual’era il punto a cui volevo arrivare. Per te è un problema?”

“No, non è un problema” rispondo senza la minima esitazione, scrollando le spalle “sono rimasta un po’ sorpresa, ma non è affatto un problema. Pensi che sarei qui se fosse vero il contrario?”

“Dovevo farti questa domanda sempre per non avere spiacevoli sorprese in un secondo momento. Allora, se per te non è un problema la differenza d’età, significa anche che tra noi due si è tutto risolto e che possiamo ricominciare da zero di nuovo, come se non fosse accaduto nulla?”.

Questa volta mi prendo qualche istante di tempo per riflettere prima di dare la mia risposta, e ne approfitto per giocherellare un po’: con l’indice della mano destra percorro il contorno delle labbra carnose di George.

“Possiamo ricominciare da zero” mormoro alla fine, perché ormai ho preso la mia decisione “ma preferisco andarci coi piedi di piombo. Per il momento voglio viverla alla giornata, sai, sempre per lo stesso motivo per cui mi hai fatto così tante domande su Chris e riguardo la differenza d’età che c’è tra noi due: non desidero avere brutte sorprese in un secondo momento”.

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