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Trascorrono due settimane prima che riesca a trovare un momento di tranquillità per recarmi al The Blue Lagoon, e quando mi trovo davanti al mio drink analcolico alla frutta, chissà perché, mi ritorna in mente lo strano incontro con l’altrettanto strano uomo che mi ha scambiata per la barista di questo posto; e proprio mentre mi soffermo a ripensare a quell’incontro che credevo di essermi completamente dimenticata, il campanellino della porta d’ingresso trilla vivacemente e vedo un uomo entrare.

Non un uomo qualunque, ma lui.

Proprio lui.

Proprio lo strano uomo che è entrato nel bar due settimane fa e proprio nel momento in cui stavo pensando a lui; e la sorpresa da parte mia è così tanta che, come la volta precedente, mi ritrovo a fissarlo in silenzio, chiedendomi se è tutto vero o se in realtà sono sdraiata sul divano del mio appartamento, con Ceece acciambellata sul mio stomaco, e tutto questo non si tratta altro che di un sogno.

Ma no, è tutto troppo reale per essere solo un sogno, ed anche lui è fin troppo vivido e concreto per essere solo un ricordo annidato in qualche remota parte della mia mente.

Anche lui è sorpreso e, nonostante sia ancora lontano dal bancone e le luci soffuse non mi permettano di vederlo in modo nitido, lentamente le sue labbra si distendono e si socchiudono in un sorriso.

“Finalmente questa è la mia serata fortunata!” esclama, scostandosi dalla porta e raggiungendo il bancone, mentre io corruccio le sopracciglia e gli domando per quale motivo proprio questa è la sua serata fortunata; la sua risposta arriva dopo essersi accomodato su uno degli alti sgabelli cigolanti “negli ultimi giorni mi è capitato spesso di passare per questa zona, ma questa è la prima volta che trovo il bar ancora aperto. E siccome era ancora aperto, ho deciso di fare un tentativo: sono entrato ed ho trovato proprio te. Ormai non ci speravo più. Dopo il quarto giorno di fila in cui ho visto tutte le luci spente ed il cartello con scritto chiuso, credevo che l’attività avesse chiuso per sempre”

“No, ma non manca molto a quel momento se il The Blue Lagoon continua in questo modo, e tutto per colpa del suo testardo proprietario che non vuole saperne di seguire i miei consigli” commento con un sospiro, girandomi verso i ripiani su cui sono disposte le diverse bottiglie di alcolici e prendendone una di whisky; allo stesso modo, prendo da sotto il bancone un bicchierino in cui verso due dita della bevanda alcolica dal colore ambrato, senza aggiungerci del ghiaccio “questo posto potrebbe avere delle enormi potenzialità, ma lui non vuole saperne ad apportare delle modifiche per renderlo molto più accattivante. Guarda tu stesso: chi mai vorrebbe trascorrere la serata in un posto simile? Quasi tutti i clienti entrano qui per sbaglio, o perché non trovano un altro bar aperto, e non passano mai una seconda volta. E non posso che dar loro ragione perché la prima impressione non è delle migliori! Paul ha trasformato questo posto nella sua tana personale ferma agli anni ottanta. Credo sia stato un periodo della sua vita a cui è ancora particolarmente legato e che non riesce a lasciarsi alle spalle”

“Tutti quanti sono legati ad un periodo particolare della propria vita. Anche io conservo un ricordo ancora molto vivido degli anni ottanta. Sono stati un momento di svolta personale molto importante”

“Sì, ma il passato non può essere riportato indietro in questo modo” ribatto, indicando le pareti tappezzate di poster, le luci soffuse ed i mobili antiquati “hai ragione a dire che tutti quanti sono legati ad un periodo particolare della propria vita, e se solo potessero, tornerebbero indietro per riviverlo ancora, ma in questo modo non si ottiene nulla. Non so perché persone come Paul si ostinano a non voler andare avanti, ma non si ottiene nulla a vivere all’interno di una bolla di sapone… In fin dei conti, è sufficiente sfiorare una bolla di sapone con un dito per farla esplodere, giusto?”

“Accidenti. Lo sai che questa è una visione molto pessimistica del mondo?”

“Non sono pessimista, preferisco piuttosto definirmi realista

“Però scommetto che sei una di quelle persone che vede sempre il bicchiere mezzo vuoto”

“Sì, perché è sempre meglio partire prevenuti su qualunque cosa, e quando si vede il bicchiere mezzo vuoto non c’è mai il rischio di andare incontro ad una delusione” dopo aver dato quest’ultima risposta secca e caustica, mi schiarisco la gola e preferisco cambiare argomento perché la conversazione sta prendendo una piega troppo personale che non voglio affrontare con uno sconosciuto; ho già detto troppo accennando ad un periodo del proprio passato a cui qualunque persona è legata in modo particolare, e sono bastate poche parole per riportarmi alla mente ricordi su cui preferisco non soffermarmi mai troppo a lungo “quindi, per quattro sere consecutive sei passato per questo quartiere solo ed esclusivamente per vedere se il bar era aperto e se dentro c’ero io? Perché desideravi vedermi una seconda volta?”.

Penso di metterlo in seria difficoltà con una domanda così diretta, ed invece lui risponde in modo altrettanto diretto e senza mai distogliere lo sguardo dal mio; ed incredibilmente sono io a trovarmi in difficoltà mentre il mio stesso gioco mi si ritorce contro.

“Perché la chiacchierata che abbiamo avuto è stata molto gradevole, ma non abbastanza per me, e sono due settimane che continuo a ripensarci. Volevo rivederti”

“Negli ultimi giorni il The Blue Lagoon è rimasto chiuso perché c’era un guasto all’impianto elettrico, ma ora è tutto risolto ed è tornato in funzione… Anche se non so quanto tempo passerà prima che spunti fuori un altro problema visto che qualunque cosa qui dentro è abbastanza precaria” sto divagando, sto cercando di prendere tempo e soprattutto sto fingendo di non aver capito quel che ha voluto lasciar intendere con la sua risposta “in ogni caso, a meno che non si metta di mezzo qualche spiacevole sorpresa, le prossime sere dovrei essere qui, così avrai qualcuno con cui sfogare lo stress della giornata. Per alcune persone è davvero molto terapeutico fermarsi al bar, dopo lavoro, per bere qualcosa e per raccontare i propri problemi ad un barista pronto ad ascoltarle”

“Ohh, beh, se è per questo è anche molto più economico di uno psicologo, ma se davvero avessi semplicemente bisogno di parlare con qualcuno per sentirmi più leggero a fine giornata, mi rivolgerei ad un esperto. Se nei prossimi giorni continuassi a frequentare questo bar, non ricaverei altro che pochi minuti di conversazione insieme a te e, come ho già detto, non è abbastanza”.

Non è abbastanza: le stesse parole usate da mio padre per descrivere il lavoro che finora ho svolto presso il suo Studio.

Buffo come quest’espressione continui a perseguitarmi, anche se in questo caso si tratta di un contesto completamente diverso; è come se qualunque cosa che ruota attorno a me abbia sempre a che fare, in qualche modo, con il concetto di non essere abbastanza.

Aspetto che lo sconosciuto prosegua, ma dopo qualche secondo mi rendo conto che sta aspettando che sia io a dire qualcosa… Peccato solo che non abbia la più pallida idea di cosa dire perché non mi aspettavo nessun genere di avance da un uomo incontrato una sola volta, per pochi minuti, e di cui non conosco praticamente nulla.

Non so neppure il suo nome.

“E se il The Blue Lagoon non è il posto ideale per affrontare una conversazione vera e propria, quale sarebbe allora?”

“Un ristorante, per esempio” la risposta da parte sua arriva immediatamente e senza alcuna esitazione, e non lascia più spazio a qualunque genere di dubbio: sì, la sua è una vera e propria avance, e di nuovo non so cosa rispondere perché è passato molto tempo dall’ultima volta che sono uscita con un uomo.

E dopo le esperienze avute in passato…

“Dimmi se sto sbagliando: mi stai chiedendo di uscire insieme per una cena?”

“Una cena… Un pranzo… Una colazione… Per me è lo stesso, ma il concetto di fondo resta comunque quello: sì, ti sto chiedendo di uscire perché credo che questa conversazione meriti di essere approfondita in un posto più adatto” evidentemente deve essersi accorto del mio sconcerto perché sulle sue labbra appare un altro sorriso, questa volta divertito “ti ho lasciata senza parole? Non dirmi che finora non hai mai ricevuto un invito ad uscire da parte di un uomo perché non potrei mai crederci”

“Non sono senza parole, sono solo un po’ sorpresa perché finora non mi è mai capitato di ricevere un invito da un completo sconosciuto. E vista la sicurezza con cui hai parlato, oserei dire che sei fin troppo sicuro che io possa accettare… Ma perché mai dovrei accettare un invito da parte di un completo sconosciuto?” domando, incrociando le braccia, perché sono proprio curiosa di sentire la sua risposta: sicuro di sé come sembra, voglio proprio vedere cosa s’inventerà ora per persuadermi a prendere anche solo in considerazione la possibilità di accettare la sua avance.

Neppure questa volta lo prendo alla sprovvista perché di nuovo la sua risposta non tarda ad arrivare, ed il tono di voce con cui parla è sempre lo stesso: convinto e forse fin troppo sicuro di sé; lo stesso di una persona caparbia, che non si arrende facilmente… O di una che non è abituata a ricevere un no come risposta.

“Se ci pensi bene, noi due non siamo più dei completi estranei l’uno agli occhi dell’altra”

“Ahh, no? E perché?”

“Pensaci bene” ripete lui una seconda volta “eravamo dei completi estranei la prima volta che ci siamo visti e non potevamo più considerarci già tali al termine della nostra prima, breve, conversazione. Adesso che ci siamo incontrati per la seconda volta non lo siamo definitivamente più. Non sei ancora convinta? No, non lo sei affatto, la tua espressione perplessa dice tutto quanto da sé, allora lasciami aggiungere questo: hai detto che questo bar è ancora aperto per miracolo, di conseguenza se adesso non colgo al volo l’occasione di chiederti di continuare la nostra conversazione in un posto più adeguato come un ristorante, beh… La prossima volta potrei trovare davvero un cartello con scritto chiuso per fallimento, ed in quel caso come farei a rintracciarti una terza volta per rivolgerti finalmente questo invito?”

“Che buffo… Ultimamente le persone attorno a me non fanno altro che parlarmi di occasioni da prendere al volo perché potrebbero non ricapitare una seconda volta!”

“Davvero? È proprio una buffa coincidenza, e non pensi che questo sia il momento perfetto per mettere in pratica il consiglio che ti è stato dato?”.

In verità non è l’unico consiglio che la stessa persona mi ha dato di recente: Andy non mi ha solo detto di non lasciarmi sfuggire nessuna occasione, ma ha anche ripetuto più volte (anche in seguito alla famosa chiacchierata in caffetteria, quella terminata con la figuraccia che ancora non ho dimenticato) che avrei bisogno di staccare un po’ la spina e lasciarmi andare con l’avventura di una notte e… Incredibilmente mi si sta presentando proprio quest’opportunità.

Potrei accettare l’invito di quest’uomo, dimenticare per un po’ il caso a cui sto lavorando, staccare la spina per un momento e passare una bella serata.

Niente di più, niente di meno, e la mattina seguente ognuno per la propria strada.

Tuttavia… Tuttavia è davvero il caso di accettare l’invito di un completo estraneo?

“Non sei ancora convinta?” insiste per l’ennesima volta lo sconosciuto, dopo aver atteso pazientemente per diversi minuti che dicessi qualcosa “allora lasciami dire un’ultima cosa, lasciami fare un ultimo tentativo e se anche questo dovesse fallire, prometto che non proverò ad insistere ancora”

“Va bene” decido di concedergli quest’ultimissima possibilità perché sono troppo curiosa di vedere in che modo pensa di riuscire a convincermi in modo definitivo.

“In realtà, anche se forse non te ne sei ancora resa conto, anche tu lo vuoi”

“Ohh, davvero? E cosa ti fa credere che lo voglia anch’io?”

“Mi è bastato vedere questo” sotto il mio sguardo perplesso, lo vedo indicare il bicchiere che poco prima ho posato davanti a lui, sopra al bancone “quando sono entrato e mi sono seduto, non mi hai chiesto cosa volessi da bere ed hai preso in automatico lo stesso whisky che ho bevuto due settimane fa, servendolo senza ghiaccio, proprio come l’altra volta. Anche se qui dentro non passano molti clienti al giorno, direi che il nostro incontro non ti ha lasciata affatto indifferente se ricordavi alla perfezione cosa ho preso da bere l’unica volta che ci siamo visti… Non credi?”.

Vorrei ribattere in qualche modo, ma la verità è che non posso farlo perché non so in che modo farlo; ripercorro con la mente gli ultimi minuti e mi rendo conto di quanto abbia perfettamente ragione: è vero, quando si è seduto davanti al bancone l’ho servito senza prima chiedergli cosa volesse perché ricordavo alla perfezione quello che aveva preso due settimane prima.

Non so né perché né come sia possibile, ma è stato un gesto spontaneo, che ho compiuto in automatico: me ne sono ricordata all’istante, proprio come mi sono ricordata del nostro incontro quando mi sono seduta davanti al mio drink analcolico, pur non avendoci pensato neppure una volta per due intere settimane.

“Può essere…” dico infine, giocherellando con la cannuccia rossa infilata nel mio bicchiere “l’unica cosa certa è che stai provando a strapparmi un in qualunque modo possibile”

“E questa volta ci sono finalmente riuscito?”.

Lascio perdere la cannuccia, il drink ed emetto un sospiro, appoggiando il mento sul palmo della mano destra.

“Ma resti comunque uno sconosciuto, capisci? Non so neppure il tuo nome”.

Questa volta è lui ad emettere un sospiro, mentre passa la mano destra tra i capelli brizzolati; e quando finalmente penso che si sia arreso definitivamente e che stia per tirare fuori il portafoglio per pagare ed uscire dal bar, torna subito alla carica con un’altra proposta, perché a quanto pare non è affatto intenzionato ad andarsene senza prima aver sentito quel fatidico uscire dalle mie labbra.

“Facciamo così, allora: se tu accetti il mio invito, nel corso della conversazione più approfondita che avremo non solo ti dirò il mio nome, ma risponderò a tutte le domande che vorrai pormi”.

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