-2-

La gente parla perché ha la bocca per farlo.

La maggior parte dei miei colleghi è convinta che abbia vita facile solo perché sono la figlia del capo, nessuno di loro si è mai soffermato a pensare che proprio a causa della mia posizione delicata sul posto di lavoro sono sempre e costantemente sotto un’enorme lente d’ingrandimento, perché è più semplice sussurrare alle spalle di qualcuno e giudicarlo superficialmente piuttosto che fare lo sforzo di mettersi almeno una volta nei suoi panni.

Pensano che ci siano solo che vantaggi a ritrovarsi a ricoprire una posizione come la mia, ma la verità è che, almeno nel mio caso, non esiste proprio alcun vantaggio ad essere una figlia di: non solo non mi è concesso il minimo errore e non posso fare il più piccolo passo falso perché sulle mie spalle ricade la responsabilità, ed il nome, dell’attività di mio padre, ma mentre i miei colleghi possono cancellare dalla propria mente il loro datore di lavoro una volta terminata la giornata lavorativa, io devo avere a che fare con lui anche nella vita di tutti i giorni.

E può essere un’impresa tutt’altro che facile avere a che fare con una persona austera, anaffettiva e di vecchio stampo come Ralph Fleming.

E proprio per come è fatto mio padre, e per il forte distacco professionale che ha sempre mantenuto nei miei confronti da quando lavoro per la sua attività, non riesco a nascondere la sorpresa quando la sua segretaria personale bussa alla porta del mio ufficio per comunicare che la mia presenza è urgentemente richiesta nel suo ufficio: mio padre vuole parlare con me, dice, e lo vuole fare immediatamente.

Lascio perdere il fascicolo su cui sto lavorando e mi affretto a seguire la segretaria personale di mio padre fino fuori la porta del suo ufficio, con mille domande che continuano a rincorrersi nella mia mente (perché vuole vedermi? Perché vuole parlarmi con così tanta urgenza? Che cosa ho fatto? Dove ho sbagliato? Perché non mi viene in mente nessun passo falso?); liscio una piega del tailleur che indosso, sistemo una ciocca di capelli dietro l’orecchio sinistro e finalmente, dopo aver compiuto questi gesti per combattere il nervosismo, busso alla porta, entro e la richiudo alle mie spalle.

L’ufficio di mio padre rispecchia appieno il suo carattere, perché è tanto austero quanto il suo carattere: i mobili sono ridotti all’essenziale e non c’è nessun particolare vivace a rallegrare l’intero ambiente.

Prendo posto davanti la scrivania solo dopo aver ricevuto un cenno affermativo da parte sua e, mentre aspetto in silenzio che sia lui a parlare per primo, lancio un’occhiata alla parete alle sue spalle: è quasi completamente occupata da cornici che racchiudono attestati, lauree e foto in cui è ritratto in compagnia dei suoi migliori clienti, quelli che gli hanno dato la fama di cui gode in questo momento; non c’è, però, nessuna foto in cui è ritratto insieme a me o della nostra famiglia in generale, né appesa alla parete né posizionata sopra la scrivania, e questo dice già molto, se non tutto, da sé.

“La tua segretaria mi ha detto che volevi vedermi con urgenza” alla fine sono costretta a parlare per prima, dopo essermi schiarita la gola e sistemata meglio sulla poltrona, perché lui sembra essere troppo impegnato a sfogliare una cartellina per farlo “eccomi qui, sono venuta non appena si è affacciata nel mio ufficio. Di che cosa mi devi parlare?”

“Volevo discutere un po’ con te riguardo il tuo andamento lavorativo, Vera” finalmente mio padre chiude la cartellina e concentra lo sguardo su di me; sono proprio i suoi occhi ad essere il particolare del suo aspetto fisico ad incutere più timore, insieme all’altezza statuaria, e sono ben poche le persone che riescono a sostenerli senza sentire l’urgenza di abbassare i propri. Anche loro hanno contribuito ad accrescere la fama di cui gode nel suo ambiente lavorativo.

Io sono una delle poche eccezioni che riescono a sostenere il suo sguardo e difatti concentro tutta la mia attenzione sulle parole sibilline che ha pronunciato.

Perché mi ha convocata direttamente nel suo ufficio personale per discutere del mio andamento lavorativo? Quale passo falso ho commesso?

Ripenso nuovamente agli ultimi casi di cui mi sono occupata, ma di nuovo non riesco a capire dove possa aver sbagliato qualcosa.

“Gli ultimi clienti di cui mi sono occupata, se ne sono sempre andati soddisfatti” dico lentamente, soppesando con attenzione le parole “non ricordo di aver ricevuto delle lamentele, ultimamente, a meno che qualcuno non si sia dimenticato di riferirmele”

“Ed è proprio per questo motivo che ti ho convocata, perché il tuo andamento sembra aver preso una piega costante e non mi è giunta alcuna lamentela da parte dei tuoi clienti”

“Cerco solo di fare del mio meglio” mormoro, cercando di nascondere la sorpresa per le belle ed inaspettate parole ricevute da mio padre.

Ormai non ricordo neanche più quando è stata l’ultima volta che ho ricevuto un complimento da parte sua, né in ambito famigliare né in quello lavorativo.

La nostra è tutt’altro che una famiglia normale, ma in fin dei conti chi può affermare con convinzione di avere una famiglia veramente normale? Ne esiste davvero una che non nasconda almeno uno scheletro nell’armadio?

“Ma il tuo meglio non è abbastanza”.

Questa volta non riesco a trattenere un sorrisetto.

Ecco, ora lo riconosco.

Quel complimento gratuito da parte sua era troppo strano per essere vero; doveva esserci per forza il rovescio della medaglia. Con le persone come lui c’è sempre il rovescio della medaglia, anche se non si vede in un primo momento.

E non si è mai abbastanza per quelli come lui.

“Il tuo andamento è costante, i tuoi clienti se ne tornano a casa soddisfatti, ma non è comunque abbastanza perché i casi di cui ti sei occupata finora erano tutti fin troppo semplici, di ordinaria amministrazione. Bazzecole che perfino un novellino avrebbe affrontato senza la minima difficoltà” si alza per avvicinarsi ad una finestra ed io lo seguo con lo sguardo, chiedendomi dove voglia arrivare “il tuo andamento è costante, ma non è comunque abbastanza perché finora non ti sei mai trovata in condizione di affrontare un vero caso, e la mia domanda è questa: ti sentiresti pronta ad occuparti di un vero caso?”.

Questa volta, non solo non riesco a trattenere la sorpresa, ma mi ritrovo anche senza fiato.

“Io…”

“Pensaci bene” mio padre m’interrompe prima che possa dargli una risposta “Vera, quando fai il nostro lavoro arriva sempre il fatidico momento di svolta della propria carriera, sottoforma di caso, e sono solo due le strade che si possono imboccare: o quella del successo o quella del dimenticatoio. Quando quel momento si è presentato a me, moltissimo tempo fa, ho fatto di tutto per riuscire ad imboccare la prima strada e come puoi vedere hai il risultato sotto i tuoi occhi”.

Sì, davvero un bel risultato: un nome noto nell’ambiente, una salda reputazione, uno Studio personale, il proprio nome e cognome scritto fuori dalla porta dell’ufficio, soldi a palate, una bella casa, un bel tenore di vita, delle belle vacanze… Ma tutto il resto dove lo mettiamo? Dove mettiamo il fatidico rovescio della medaglia?

Forse è stato quello a finire nel dimenticatoio.

Preferisco tenere queste considerazioni personali per me e mi limito ad annuire, lasciandolo proseguire col proprio monologo.

A lui sono sempre piaciuti i monologhi, come a qualunque altra persona a cui piace stare al centro dell’attenzione generale in qualunque momento e circostanza.

“E tutto questo, come lascia dedurre il nome stesso dell’attività, un giorno potrebbe passare nelle tue mani in quanto mia unica erede… Ma come posso essere certo di fare la scelta giusta se prima di qualunque altra cosa non ho tra le mani la prova tangibile che tu sia pronta ad assumere un ruolo così importante?” seguo di nuovo mio padre con lo sguardo e lo vedo allontanarsi dalla finestra, tornare dietro la scrivania, sedersi sulla sua poltrona (il suo personale trono) e prendere in mano un altro fascicolo che riconosco immediatamente, perché anche se è appena arrivato tutti nello Studio non fanno altro che parlarne e domandarsi chi sarà la persona degna di occuparsene. E non posso credere che fra tutti quanti lo stia per proporre proprio a me “pensi di essere pronta per affrontare il caso che costituirà il momento di svolta nella tua carriera lavorativa, Vera?”.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top