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La scelta di vivere la nostra storia alla giornata si rivela la migliore, perché a nove mesi dall'inizio della nostra frequentazione, io e George stiamo ancora insieme.

Anche se veniamo da due mondi completamente diversi e conduciamo due stili di vita completamente diversi, ciò non ha intaccato minimamente il nostro rapporto; non possiamo vederci quanto spesso vorremo perché entrambi siamo occupati col lavoro, e lui è di frequente lontano dagli Stati Uniti, ma non appena si presenta l'occasione giusta, riusciamo sempre a recuperare appieno il tempo perduto.

Non abbiamo bruciato le tappe, non viviamo ancora sotto lo stesso tetto perché è troppo presto per parlare di una convivenza, ma quando è possibile, quando lui riesce a fermarsi per un attimo ed io posso prendermi una piccola pausa dal caso che sto seguendo da più di un anno, trascorro qualche giorno insieme a Ceece nel suo attico, in pieno centro a New York; i brevissimi periodi di convivenza ed i nove mesi di frequentazione mi hanno permesso di conoscere molto più approfonditamente il carattere di George, e se prima potevo nutrire qualche dubbio, adesso so per certo che quelle di Laurie non erano altro che le parole disperate di una donna altrettanto disperata, perché nulla di tutto quello che mi ha detto si è rivelato corrispondere al vero.

Fortunatamente, quella donna non si è più presentata nel mio ufficio, ed io non ho mai accennato a George né dell'incontro tra noi due né che sono a conoscenza dei suoi tre matrimoni falliti; la sua vita privata è ancora in gran parte un mistero per me: so tanto quanto al termine del nostro primo appuntamento, solo in un'occasione, forse nel corso delle feste di Natale, mi ha accennato di essere padre di tre figli.

Lui non mi ha mai raccontato altro, ed io non ho mai insistito.

Anche io, in realtà, non gli ho raccontato molto di me, ad eccezione della mia professione lavorativa: quando ha scoperto che sono un avvocato divorzista, il suo commento non è stato altro che una strana smorfia; anche in quell'occasione non ha fatto alcun cenno alle sue storie passate, ed anche in quell'occasione io ho preferito non iniziare nessun discorso per non litigare.

Ecco un altro aspetto positivo della nostra frequentazione: non abbiamo mai litigato né discusso animatamente, né per questioni serie né per sciocchezze, e mai prima d'ora mi è capitato nel corso di una frequentazione con un uomo; forse non abbiamo mai litigato perché non parliamo molto nel poco tempo che trascorriamo insieme, e non so dire con certezza se questo si può considerare o meno un aspetto positivo... Ma se dopo nove mesi il nostro rapporto non è ancora miseramente naufragato, in fin dei conti non può essere considerato neppure un aspetto negativo.

"Ho una piccola sorpresa per te".

La voce di George mi distoglie dai miei pensieri; apro gli occhi e lo fisso con uno sguardo incuriosito, chiedendomi quale piccola sorpresa possa mai avere in serbo per me.

Questo è solo uno dei tanti fugaci momenti che riusciamo a ritagliare dalle nostre vite così movimentate: lui al momento è impegnato in un lungo tour (non conosco i dettagli perché non parliamo molto neppure di questo. Non ho mai insistito perché mi raccontasse qualcosa di più della sua vita privata e non mi sono mai informata di più riguardo quella pubblica perché non mi interessa il personaggio, ma l'uomo che c'è dietro) mentre io sono sempre più vicina alla fase decisiva del processo.

"Di che cosa si tratta?".

Lo vedo allungare la mano destra verso il comodino, aprire il primo cassetto e prendere qualcosa al suo interno che fa dondolare davanti ai miei occhi: si tratta di un rettangolino di carta plastificata, attaccato ad un cinturino di stoffa da mettere attorno al collo; prendo in mano lo strano oggetto, l'osservo con aria perplessa e poi rivolgo la mia attenzione verso George.

Anche se tutti lo conoscono come Roger, una volta mi ha detto che preferisce che io continui a chiamarlo con il suo nome di battesimo; quando ha avanzato questa richiesta, non ho potuto che sentirmi lusingata e speciale, ed ho subito ripensato alla conversazione con Laurie.

Un altro colpo basso per lei.

"Che cos'è?"

"Non hai mai visto un pass per un concerto? Ohh, giusto, dimenticavo che tu sei proprio estranea al mondo della musica in generale. Beh, devi sapere che quello che hai in mano è un pass per un concerto, ed è per te"

"Per me?" domando stupefatta "e questo cosa significa? Vorresti che ti accompagnassi per le prossime tappe del tuo tour? George, sai che non puoi farmi una simile richiesta proprio in questo momento. Il lavoro..."

"Non ti sto chiedendo di essere sempre presente fino alla fine. Ascolta: dopo questa piccola pausa, mi aspettano due concerti a Verona, in Italia. Io non ci sono mai stato, ma ho sentito dire che è un posto molto bello e romantico, visitato da tantissime coppie. Sei mai stata in Italia?"

"No, mai"

"Allora questa potrebbe essere l'occasione perfetta, non trovi? Vera, si tratta solo di due giorni. Due giorni. Non vedo quale sia il problema. Potrai allontanarti dal lavoro e dagli Stati Uniti per due giorni, non casca il mondo"

"Forse non per te, ma per me sì. Credimi, se dipendesse solo ed esclusivamente da me, lo farei, ma purtroppo non è così. Mi trovo in una situazione molto delicata ed a breve inizierà il processo. Sono sempre nervosa, ho i nervi costantemente a fior di pelle... Ti rendi conto che durante le udienze in tribunale ci saranno anche le telecamere? Cosa potrà mai interessare così tanto ai media di una stupida storia come questa? Di cosa stiamo parlando, in fin dei conti? Un divorzio, nulla di più"

"Ma di mezzo ci sono persone in vista, Vera. Si tratta di gossip, i media vivono di questo. Fidati, io ci sono passato a mio tempo, ma non hai nulla di cui doverti preoccupare: non devi fare altro che entrare nell'aula, fare il tuo dovere ed ignorare tutte le telecamere. Ti basta seguire questo consiglio e vedrai che tutto andrà per il meglio"

"Ohh, certo, per te è semplice parlare in questo modo perché ci sei abituato"

"Mh, posso assicurarti che ci sono cose a cui non riesci mai ad abituarti del tutto... Neppure ad anni di distanza"

"Questo non è molto rassicurante" mi lascio andare con un sospiro contro il materasso matrimoniale e mi ritrovo a fissare il soffitto della camera da letto "se tu non ci sei ancora abituato, come posso entrare in tribunale e fingere di non vedere delle telecamere puntate verso di me quando sarà il mio turno di parlare? E come posso accettare il tuo invito, se sono così nervosa e con la testa altrove? Come farei a godermi due giorni di vacanza a Verona?".

Il soffitto della stanza scompare, e nel mio campo visivo appare il viso di George, incorniciato dai capelli brizzolati ed arruffati; prova a dar loro una sistemata, lisciandoli all'indietro con la mano destra, ma non ottiene nessun risultato concreto.

"E non pensi, invece, che ciò di cui hai bisogno siano proprio un paio di giorni di totale relax e divertimento perché hai sempre i nervi a fior di pelle? Vieni con me in Italia, Vera. Non accadrà niente se per due giorni staccherai la spina per prenderti una piccola pausa. Nell'ultimo periodo riusciamo a vederci con ancora più difficoltà e questa è l'occasione giusta per trascorrere un po' di tempo insieme, anche se dobbiamo accontentarci di pochissimi giorni... Poi non mi sarà più possibile rientrare a New York prima di metà luglio. Non posso trascorrere un mese e mezzo accontentandomi di sentire la tua voce per telefono, Vera. Te lo chiedo per favore: vieni due giorni con me in Italia".







Non sono riuscita a dire di no a George visto che mi ha quasi pregata di seguirlo per due giorni in Italia, ed anche Andy pensa che sarei una pazza a rifiutare un simile invito; in realtà, come ho spiegato proprio a lui, se dipendesse solo ed esclusivamente da me sarebbe tutta un'altra storia... Ma purtroppo non dipende solo ed esclusivamente da me: non è un problema se mi assento da lavoro per un paio di giorni, perché la prima udienza del processo è fissata per luglio, il vero problema sono le spiegazioni che devo dare al mio capo, a mio padre, in merito alla mia assenza dal lavoro e dagli Stati Uniti.

Perché se gli racconto del breve viaggio in Italia, sono anche costretta a raccontargli anche della mia frequentazione con George.

Non è stato affatto semplice riuscire a tenerla nascosta per nove mesi, ma ce l'abbiamo fatta e non voglio rovinare tutto quanto proprio adesso perché qualcuno potrebbe sentire qualcosa della conversazione con mio padre e così, per evitare qualunque genere d'incidente, preferisco bussare alla porta del suo ufficio quando è ormai arrivato il momento di tornare a casa e lo Studio è deserto, fatta eccezione di noi due ed una guardia della sicurezza.

Mio padre non è una persona a cui piace tergiversare, con lui i preamboli infiniti sono inutili perché non funzionano e quindi, dopo averlo salutato e senza accomodarmi su una poltroncina, vado dritta al punto della questione, esponendogli la mia intenzione di prendermi un paio di giorni per me; quando sono entrata nel suo ufficio e l'ho salutato, mio padre non si è minimamente preoccupato di sollevare la testa per ricambiare il mio saluto, ma lo fa immediatamente non appena gli dico il motivo per cui sono venuta qui a parlargli.

Mi basta vedere il suo sguardo per avere già un piccolo ripensamento, perché è chiaro che non è d'accordo con la mia decisione e che sto andando incontro ad una dura discussione.

L'unico aspetto positivo in tutto questo, è che so perfettamente che cosa mi aspetta perché nel corso degli anni io e lui abbiamo avuto così tante discussioni che ormai ho perso il conto totale da tanto tempo.

"E ti sembra questo il momento di prenderti una vacanza?"

"Non si tratta di una vera e propria vacanza, ma solo di due giorni. E l'inizio del processo è ancora lontano"

"È il mese prossimo, non mi sembra che sia proprio così lontano e non mi sembra neppure il caso che ti prenda una breve vacanza proprio adesso. Pensi che se io avessi fatto quello che tu stai facendo ora, adesso sarei qui?"

"No, ma..."

"Devi restare concentrata, Vera" ecco, mio padre fa sempre così quando parliamo: m'interrompe in continuazione e non mi permette né di parlare né di esporre le mie ragioni "forse non te ne sei ancora resa conto, ma quello che ti ho dato in mano è il caso più importante di cui il mio Studio si sta occupando. Non puoi permetterti alcun genere di distrazione perché nulla può andare storto. Sai in quante persone avrebbero voluto avere l'opportunità che ho deciso di offrire a te? Pensi che una di loro al posto tuo vorrebbe prendersi qualche giorno di vacanza in vista del processo o starebbe giorno e notte a lavorare sul caso? Vera: quando lo avrai vinto, potrai prenderti una bella vacanza... Adesso no"

"Ma io devo prenderli ora"

"Perché? Per quale motivo parli di questa vacanza come se fosse qualcosa che non puoi assolutamente rimandare?"

"Perché non si tratta di una breve vacanza che ho organizzato io, ma di un invito... Un invito da parte di una persona con cui mi vedo da un po' di tempo"

"Quale persona?".

Tentenno un attimo prima di rispondere, perché adesso arriva la parte più difficile, quella che renderà ancora più dura la discussione.

"Un uomo" dico alla fine, compiendo un enorme sforzo per sostenere il suo sguardo; le mie aspettative nei confronti di uno scontro più duro non vengono affatto deluse perché mio padre emette un sospiro, ed i muscoli del suo viso s'irrigidiscono in un'espressione di completo ed assoluto disappunto.

"Ci risiamo di nuovo... Ancora con questa storia? Ancora un uomo?".

Ci risiamo dovrei dirlo io, non lui, visto che in passato non è mai stato presente in moltissime occasioni ed ora, invece, si permette di mettere bocca su faccende così personali, che riguardano la mia vita privata.

"È passato molto tempo dall'ultima volta che ho avuto una storia. A trent'anni penso di avere qualunque diritto di costruire un rapporto solido con un uomo. Non vedo come questo possa essere un problema. Non ho alcuna intenzione di mettere il lavoro in secondo piano solo perché ho intrapreso una relazione"

"Devo ricordarti come sono finite tutte le tue storie?" insiste lui, ostinandosi ad ignorare le mie parole; neppure ci prova a mettersi nei miei panni, a vedere il mio punto di vista, e preferisce rigirare per l'ennesima volta il dito nella piaga, rivangando vecchie faccende che appartengono ad un passato con cui ho chiuso per sempre.

Questo è solo uno dei suoi tanti atteggiamenti che detesto letteralmente: ogni volta che gli si presenta l'occasione, mette di mezzo il mio passato e gli errori che ho commesso quando ero solo una ragazzina.

"Ma questa volta è differente. Questa storia è diversa e lo sono anche io"

"Questo è ancora tutto da vedere"

"Da quando ho iniziato a lavorare per il tuo Studio non mi sembra di aver messo di nuovo in imbarazzo la nostra famiglia in qualche modo, e non vedo come potrebbe accadere ora solo perché sto frequentando un uomo"

"E questa breve vacanza con quest'uomo non la puoi posticipare ad un secondo momento? È proprio necessario farla adesso, in questo preciso periodo?"

"Sì"

"E perché?"

"Perché... Perché ha a che fare con il suo lavoro" come ho confessato la mia frequentazione con George, mi ritrovo altrettanto costretta a fare lo stesso con la sua professione e di nuovo la reazione di mio padre è tutt'altro che positiva: se prima i tratti del suo viso si sono induriti, adesso sembra essersi trasformato in una statua di pietra.

E se prima era solo contrariato, adesso sembra essere perfino disgustato; e la sua reazione così esagerata non mi aiuta affatto, perché mi fa subito ripensare all'ultima conversazione avuta con Chris.

Non l'ho più visto da quel giorno: lui non mi ha mai cercata, io non l'ho fatto a mia volta (sia perché non m'interessava farlo e sia perché George non ha gradito affatto le parole che Chris mi ha rivolto) ed ho cambiato caffetteria in cui trascorrere la pausa pranzo; spesso, poi, sono così impegnata che prendo qualcosa d'asporto da consumare velocemente nel mio ufficio.

"Mi auguro che tu stia scherzando"

"No, affatto"

"Mio dio, Vera! Mio dio, andiamo di male in peggio! Pensavo avessi imparato la lezione, ed invece siamo al punto di partenza!" per enfatizzare le sue parole, sbatte la mano destra sulla scrivania "pensavo non potesse esistere qualcosa di peggio di quello che hai fatto in passato, ma questa volta... Questa volta sei riuscita a superare te stessa!"

"Ma cosa stai dicendo?" domando, spalancando gli occhi per lo sconcerto "si può sapere qual è il problema?"

"Qual è il problema?" adesso nella sua voce si è aggiunto anche il sarcasmo e perfino una nota di derisione "lo so benissimo io quanto lo sai tu qual è il problema, Vera. Non fingere di non sapere a cosa mi sto riferendo. Credi che questa possa essere una buona pubblicità per lo Studio, soprattutto in questo periodo?"

"Non sto facendo nulla di male"

"No? Ne sei sicura? E quando inizieranno ad uscire gli articoli sui giornali? Come pensi che verrai raffigurata? Cosa diranno di te? Quale sarà l'opinione pubblica in generale? Quanto tempo credi che impiegheranno prima di scoprire chi sei, qual è il tuo lavoro e del caso di cui ti stai occupando in questo momento? Te lo avevo detto quando ho deciso di affidartelo, mi sembrava di essere stato molto chiaro: questo incarico sarà il punto di svolta della tua vita"

"E lascia che i giornali parlino, in quel caso, che cosa dovrei fare secondo te? Troncare qualunque rapporto con George perché non sei d'accordo con la nostra frequentazione? Assolutamente no, non se ne parla nemmeno. Non sono più una ragazzina, non hai alcun diritto di decidere della mia vita. Quei giorni sono finiti da un bel pezzo"

"In verità, Vera, quei giorni non sono mai finiti perché sotto molti punti di vista sei rimasta ancora una ragazzina che ha bisogno di qualcuno di adulto che le dica cosa fare e cosa non fare... E questa ne è la dimostrazione. Sei proprio come tua madre".

A queste parole non mi resta altro da fare se non alzarmi ed uscire dal suo ufficio, ignorando apertamente la sua voce che tenta di richiamarmi indietro perché, a parer suo, non abbiamo finito di parlare; in molti, in questo momento, mi darebbero della codarda perché sto scappando da mio padre e dal confronto con lui, ma non è così: semplicemente, è impossibile ragionare con una persona che indossa i paraocchi ed i paraorecchi e non è intenzionata a prendere in considerazione il mio punto di vista e ciò che voglio fare.

Perché, come ho provato io stessa a dirgli, si tratta della mia vita e sono libera di prendere le decisioni che voglio perché ho trent'anni e sono una donna adulta... Ma a lui non importa nulla di questo; non gl'importa se ora sono una persona completamente diversa, a lui interessa solo tutto ciò che ruota attorno al suo Studio ed alla sua carriera: ha messo il lavoro al primo posto, lo ha sempre fatto dacché ne ho memoria, ed è pronto ad abbattere ogni ostacolo pronto ad interporsi tra lui ed i suoi obiettivi senza battere ciglio.

È pronto a fare lo stesso anche con me, se dovessi diventare a mia volta un ostacolo.

Ed a quanto pare è proprio ciò che sta accadendo.

L'unico argomento sensato a cui ha accennato durante la discussione è legato agli articoli di giornale che di sicuro usciranno quando la mia relazione con George diventerà di dominio pubblico, e temo proprio che accadrà dopo i due giorni che trascorrerò in sua compagnia in Italia: anche se finora, con mille difficoltà, siamo riusciti a tenere tutto segreto, non potrà essere così per sempre e presto o tardi la nostra storia verrà a galla.

E cosa dirà la gente?

Mi giudicherà, perché è ciò che le riesce meglio. Mi giudicherà, senza tanti complimenti, perché vedranno una giovane donna di trent'anni insieme ad un uomo di sessantadue e penseranno che dietro ad una frequentazione come la nostra non possono che esserci i soldi e la voglia di fama.

Sono così concentrata sul problema che le parole di mio padre hanno reso concentro che, mentre frugo all'interno della borsa per cercare le chiavi della macchina, non mi accorgo di non essere da sola nell'enorme parcheggio semideserto, e me ne rendo conto solo quando sento una mano posarsi sulla mia spalla destra; sussulto, mi volto di scatto e la borsa scivola a terra, rovesciando tutt'attorno il suo contenuto, comprese le famigerate chiavi che non riuscivo a trovare: davanti a me c'è un uomo che mai prima d'ora ho visto di persona, ma che riconosco immediatamente perché si tratta di Charles Collins, il prossimo ex marito della mia attuale cliente.

Non ho la più pallida idea di cosa voglia da me, ma di una cosa sono certa: questa non può essere una coincidenza; sono certa che abbia aspettato il momento giusto per parlarmi faccia a faccia.

Ma perché farlo qui, nel parcheggio dello Studio, e non direttamente nel mio ufficio dopo aver preso appuntamento? E, soprattutto, che cosa vuole da me?

Penso che non avrò mai la risposta alla prima domanda, ma riguardo la seconda la scopro immediatamente mentre cerco di recuperare tutti gli oggetti usciti dalla mia borsa: dopo essersi scusato per avermi spaventata, perché non era assolutamente sua intenzione prendermi così alla sprovvista (cosa che io dubito fortemente visto il posto in cui ci troviamo), m'informa immediatamente del perché si trova qui e vuole parlare con me; e la sua richiesta è semplice e diretta: vuole che rinunci a patteggiare la causa contro di lui.

"Mi dispiace, ma questo non è possibile" tento di liberarmi della sua presenza con poche e sbrigative parole, dopo aver recuperato anche le chiavi della macchina, ma Collins insiste: mi prega di rinunciare al caso perché sa con certezza che la sua ormai ex moglie vuole spogliarlo di qualunque bene materiale fino a ridurlo sul lastrico, ed è pronto a pagare qualunque cifra per riuscire a persuadermi.

"I soldi non sono un problema" afferma e, come ulteriore dimostrazione, tira fuori da una tasca interna della giacca un blocchetto di assegni ed una penna "sono pronto a scrivere su uno di questi foglietti la cifra che ritiene più giusta. Qualunque cifra. Le chiedo solo di rinunciare alla causa di cui si sta occupando"

"Mi dispiace, ma come le ho già detto questo non è possibile. Ora devo proprio andare" neanche in questo modo riesco a liberarmi di lui perché, proprio mentre sto aprendo lo sportello anteriore destro della macchina, lo sento stringermi il braccio sinistro; in contemporanea, sento anche il mio cuore iniziare a battere più forte perché questa situazione non mi piace affatto, soprattutto perché attorno a noi non c'è nessuno che possa intervenire in mio soccorso se ce ne fosse bisogno.

Potrei anche urlare a squarciagola, ma nessuno mi sentirebbe.

Sono completamente da sola.

"La prego, mi ascolti. Io non ho fatto nulla di male a quella donna, il mio unico errore è stato quello di sposarla. Se ne sarà resa conto anche lei che si tratta di una persona attaccata solamente ai beni materiali, come può prendere le sue difese ed aiutarla a vincere? Sa che così facendo contribuirà solo a rovinare la mia vita?"

"Se permette, signor Collins, è stato lei stesso a rovinarsi la vita. Poteva pensarci due volte prima di portare all'altare una donna come la sua prossima ex moglie. Io sto facendo solo il mio lavoro. Buona serata" con uno strattone deciso, riesco a liberarmi dalla presa dell'uomo, salgo velocemente in macchina e parto prima di poter essere bloccata di nuovo; la discussione con mio padre e l'incontro inaspettato con Collins mi hanno scossa così nel profondo che quando rientro nell'attico di George, lui si rende subito conto dalla mia espressione che c'è qualcosa che non va.

E quando mi chiede cosa è accaduto, anziché rispondere subito, per prima cosa mi tolgo il cappotto perché mi sembra di sentire ancora la mano di quell'uomo attorno al mio braccio; ed anche se George mi dice di sedersi sul divano, preferisco stare in piedi e camminare avanti ed indietro per il salotto, con Ceece che mi segue.

"Questa non è proprio la mia giornata. Non c'è semplicemente qualcosa che non va, è tutto quanto che non va... No!" lo blocco all'istante mentre sta per riempire due calici con del vino rosso "se proprio vuoi darmi qualcosa da bere, prendimi un succo di frutta... Il gusto sceglilo tu... Per me è lo stesso"

"Non credo proprio di avere del succo di frutta in frigo"

"Allora prendi un bicchiere d'acqua... No! Anzi, lascia perdere che è meglio! Non riuscirei a bere nulla in questo momento. Mi si è perfino chiuso lo stomaco"

"Addirittura?" George ignora le mie parole e torna indietro con un calice di vino per sé ed un bicchiere di acqua fresca per me; quando me lo consegna, non riesco a fare altro che stringerlo con forza tra le mani: non prendo neppure in considerazione l'idea di bagnarmi le labbra perché temo di vomitare all'istante "è successo qualcosa di così grave da averti tolto l'appetito?"

"Una vera e propria tragedia"

"Vuoi parlarmene? Vieni qui, affianco a me, sul divano, prendi un profondo respiro e raccontami cosa è accaduto da sconvolgerti così profondamente"

"Non sono sconvolta, sono arrabbiata. Mio padre non è assolutamente d'accordo con il viaggio in Italia, ed ancora meno con... Questo. Mi ha chiesto per quale motivo volessi partire proprio adesso, ad un mese di distanza dalla prima udienza, ed ha insistito così tanto che alla fine sono stata costretta a raccontargli di noi due"

"E non l'ha presa affatto bene, immagino"

"Ohh, no, ma questo lo sapevo già... Ma la reazione che ha avuto non ha nulla a che fare con la nostra storia. A lui non importa un bel niente se frequento un uomo più grande di me, l'unica cosa che lo preoccupa veramente è la cattiva pubblicità. Ha detto che già s'immagina gli articoli che usciranno nei giornali e sicuramente io non ne uscirò bene" mi fermo per un istante, dopo aver tracciato chissà quanti cerchi invisibili sul pavimento in legno e mi volto a guardare il mio compagno, seduto sul divano "dopo il viaggio in Italia la nostra relazione diventerà pubblica, vero?".

George allarga le braccia.

"Credo che in molte persone si domanderanno chi è la bellissima donna al mio fianco, non credi?" capisco immediatamente che la sua si tratta di una battuta mirata a strapparmi un sorriso, ma per sua sfortuna ha scelto proprio il momento sbagliato perché il mio umore è dello stesso colore del cielo che si ammira dalle grandi vetrate posizionate dietro il divano "dai, Vera, sapevi che prima o poi questo giorno sarebbe arrivato, ma non è affatto una tragedia. Sai come devi comportarti con i giornalisti ed i giornali? Fregatene altamente. Non badare alle riviste di gossip, non comprarle neppure perché sono piene di cazzate. Sei una donna troppo forte per far caso a sciocchezze simili"

"Non mi preoccupa quello che i giornali scriveranno, ma l'impatto che quelle parole avranno su mio padre. Lui... Lui mi tratta ancora come una ragazzina, capisci? Pensa che non sia in grado di decidere con la mia testa, di prendere le scelte giuste, e crede che il prossimo mese combinerò un disastro solo perché ora voglio prendere un paio di giorni per me stessa... Ma se ora prendo un paio di giorni per me stessa non significa in automatico che non m'importi nulla del caso che mi è stato affidato, giusto?"

"Giusto"

"Ohh, quanto vorrei che mio padre fosse ragionevole quanto lo sei tu, George, ma purtroppo non è affatto così. Ed ogni volta che qualcosa non va come lui ha previsto, ogni volta che ragiono con la mia testa, allora cosa fa lui? Tira fuori vecchie faccende che riguardano il passato. Lui non ha ancora dimenticato, pensa che io sia ancora quella persona, ma non è così"

"Vuoi parlarmi anche di questo?".

Solo dopo aver sentito questa domanda realizzo di essermi spinta troppo oltre col mio sfogo personale, accennando a cose di cui non desidero affatto parlare; non è per una questione di poca fiducia, ma come George finora non mi ha detto nulla riguardo i suoi matrimoni falliti e la sua vita in generale, anche io preferisco non metterlo al corrente di aspetti così personali riguardo la mia vita privata.

Mi limito a scuotere la testa in risposta e lui, incredibilmente, si dimostra di nuovo comprensivo: non solo non si arrabbia né prova ad insistere, ma mi dice che capisce il mio punto di vista e che è pronto ad ascoltarmi in caso cambiassi idea, quando arriverà il momento opportuno; questa volta non riesco a non sorridere perché il suo gesto mi ha molto colpita e perché stride con la descrizione che Laurie mi ha fatto di lui.

Ma il sorriso sulle mie labbra dura pochi istanti perché anche se mi sono sfogata per quanto riguarda mio padre, c'è ancora una questione in sospeso.
"C'è altro di cui vuoi parlarmi?" domanda il mio compagno, dimostrando di possedere uno spirito d'osservazione notevole "sembri turbata"

"No... Non proprio... Prima è successa una cosa... Ma si tratta di una sciocchezza"

"Non sembra affatto una sciocchezza vista la tua espressione. Dai, vieni qui e racconta, se continui in questo modo finirà per apparire un cerchio sul pavimento".

Questa volta accontento la richiesta del mio compagno: mi siedo sul divano, poso il bicchiere d'acqua ancora intatto sopra un basso tavolino, e lui passa il braccio sinistro attorno alle mie spalle; adesso che sono in sua compagnia, nel suo appartamento, mi sento più tranquilla e riesco a raccontare in modo altrettanto tranquillo lo strano episodio che mi è accaduto nel parcheggio dello Studio legale.

Mi sento definitivamente più rilassata al termine del racconto, a differenza di George: adesso è lui che sembra essere turbato.

"Avresti dovuto salire in macchina senza dar retta a quell'uomo, Vera, o almeno avresti potuto evitare di dargli quella risposta alla fine. Se si è spinto ad afferrarti per un braccio, avrebbe anche potuto reagire ancora peggio se non fossi stata veloce ad entrare in macchina e partire. Era proprio necessario infierire in quel modo?"

"Io non ho infierito proprio un bel niente"

"No? Ma se quell'uomo era disposto a staccare un assegno con la cifra che volevi pur di convincerti ad abbandonare tutto quanto! Vuoi dirmi che non stiamo parlando di una persona disperata?"

"In effetti mi ha dato l'impressione di essere una persona disperata, ma non riesco proprio a compatirlo. Perché non avrei dovuto dire quelle parole? Che cosa ho detto di male se non la verità? Poteva pensarci due volte prima di sposare quella donna, non ti pare? Ascolta, pensi che a me stia simpatica la mia cliente? Assolutamente no, mi limito solo a fare il mio lavoro"

"Però avresti potuto fare più attenzione, Vera"

"Non avrebbe potuto farmi nulla comunque. Stiamo parlando di una persona che non rivedrò mai più, se non in tribunale. Non c'è nulla da temere, ha capito che con me certe tattiche non funzionano... Però mi lusinga vedere come ti preoccupi per me, ma non è necessario" rispondo con un sorriso, accarezzandogli il viso per rassicurarlo definitivamente; dal sospiro che si lascia scappare è evidente che vorrebbe aggiungere altro, che per lui la questione non è finita, ma alla fine non dice nulla, forse perché non vuole rischiare di andare incontro al nostro primo litigio poco prima della partenza per l'Italia.

"Sì, hai ragione, lasciamo perdere questa faccenda e concentriamoci su altro" dice dopo un po', ritrovando il sorriso, sistemandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio destro "allora... Hai ancora lo stomaco chiuso o te la senti di mangiare qualcosa? E se te la senti di mangiare qualcosa, ma dopo dovessi essere ancora con i nervi un po' tesi, poi possiamo spostarci in camera da letto così provo a rilassarti, che ne dici?"

"Dico che è un'idea perfetta" mormoro con un sorriso, accarezzando a mia volta i capelli a George "ma sarebbe ancora più perfetta con una piccola modifica: che ne dici se andiamo subito in camera da letto, così mi fai vedere come vorresti rilassarmi, e pensiamo dopo a cosa mangiare per cena?".

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