Capitolo 5: Non è come sembra, studiavamo anatomia.
♋🔞 Ciao, in questo capitolo c'è una parte di scena esplicita. Ho messo il segno zodiacale del cancro perché assomiglia a qualcosa 🤣 e poi ho messo "divieto diciotto".
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Appena rientro a casa, mia mamma mi dà un bacio sulle guance. E guardo l'ora dell'orologio che, è appeso al muro, sopra alla porta della cucina e sono le sei di sera. Di solito Pà rientra a casa a quest'ora.
«Mamma, Pà fa ritardo?»
Lei non mi risponde e annuisce. Le sorrido, qualche volta il mio Pà torna a casa anche tardi perché qualche cliente, senza appuntamento, arriva all'ultimo minuto e lui buono com'è, non ha il coraggio di mandarlo via.
«Va bene, mamma. Appena rientra Pà, chiamami.»
Passo le ore in camera mia, a ballare e, ad ascoltare musica dance degli anni novanta. Sono nata nel 1996 e alcune canzoni non le conosco benissimo. La mia preferita è "The Game" di Neja ed è uscita nel 1999. Mi piace ballare a ritmo, anche se non sono tanto brava. Passano diverse ore: tre, e mia madre mi chiama dalla cucina.
Faccio un sorriso e scendo al piano inferiore.
Mia madre è seduta e sta piangendo. Ha un bicchiere di vino e le lacrime non finiscono di scendere dai suoi occhi. Vado da lei e la consolo. Non so cosa sia successo.
Mi dice di sedermi e obbedisco. Sono una ragazza che ascolta i propri genitori.
Lei tiene il bicchiere tra le mani e mi guarda. «Penny, oggi hai compiuto quindici anni e credimi che mi dispiace, ma devo farlo: tuo padre...non...tornerà...più...a...casa...» fa un lungo respiro. Ha scandito parola per parola.
Mi vede confusa. «Penny, tuo padre è morto con un infarto fulminate. Sono stata una mamma cattiva. Tuo padre è morto stamattina, alle otto di mattina.»
Un treno mi colpisce a gran velocità con il suo vagone.
Sento una rabbia che mi percorre per tutto il corpo. La odio, con tutto il mio cuore. Tre ore fa, faceva la finta tonta e mi ha fatto credere che mio padre fosse in ritardo. Senza dire una parola, vado in entrata, prendendo le mie cose...
Apro gli occhi. Ogni anno facevo lo stesso sogno, ma ora, gli incubi sono sempre diversi. Mia madre non è stata cattiva, ma crudele.
Oggi, giovedì, inizio l'università. Mi alzo dal letto e guardo fuori dalla finestra: sta piovendo a dirotto.
L'acqua cade dal cielo e colpisce un tettuccio rosso. Odio la pioggia.
Osservo la casa di fronte a me. C'è una piccola signora che sta stendendo i panni, sotto a quel tettuccio. Non credo che i panni si asciugheranno con questo tempaccio.
Lo stendino è in metallo grigio e la donna sta mettendo dei lenzuoli bianchi con delle molette blu. Di solito con il bel tempo metto le cose fuori, ma con la pioggia, preferisco che si asciugano all'interno.
Cammino fino al letto, sistemandolo. Mi siedo, guardando l'ora sul mio cellulare e quella segna le sei e mezza di mattina. Oggi ho lezione alle nove. Fuori è ancora buio per via del brutto tempaccio.
Sento un tuono fortissimo e la porta della mia camera, si apre di scatto.
«Pel», urla.
Sobbalzo per lo spavento.
Martha corre come una furia. «Pel, ho paura.» e si nasconde sotto le mie coperte. L'avevo preparato da poco. Ora mi toccherà rifarlo di nuovo.
La mia migliore amica mi chiama diversamente. Da piccola non riusciva a dire Penny e l'aveva storpiata con Pel e sinceramente, è un nomignolo abbastanza carino e originale.
Martha trema e mi distendo vicino a lei. Abbasso la testa verso le sue orecchie, abbracciandola. «Non avere paura, è tutto apposto.» Mi dispiace vederla così, ma deve superare la sua paura. «Martha, non avere paura dei tuoni, non fanno nulla.»
Lei si tira su con i gomiti e mi guarda con occhi tristi, smarriti e spenti. «Ho fatto un incubo, dove lui mi...».
Abbasso lo sguardo e ricordo perfettamente la paura di Martha.
Era solo una bambina quando suo padre era entrato in casa completamente ubriaco e aveva alzato le mani contro di lei. Io non c'ero, però, la mia migliore amica mi ha raccontato tutto e mi ha detto che per lei è stato un trauma. Suo padre fa l'avvocato e poi con sua figlia diventava un mostro.
Martha mi racconta che qualche volta dorme ancora con il suo peluche preferito che, le avevo regalato quando aveva otto anni.
Il peluche è un orsacchiotto di nome Teddy. Ha il vestitino blu e rosa e qualche volta Martha, si divertiva a giocare a mamma casetta.
Guardo la mia amica e lei è ancora intenta a piangere. Come posso aiutarla a superare il suo trauma?
Mi schiarisco la voce. «Martha, asciugati queste lacrime e seguimi.»
Esco dalla camera con lei appresso e andiamo in soggiorno.
La stanza ha il pavimento in ceramica arancione. Le pareti sono di un verde pisello, mobili in avorio e al centro del soggiorno c'è un piccolo tavolino in vetro e vicino al muro c'è un divano rosa.
«Martha, Roberta dov'è?»
«È andata al lavoro. Tra poco prima di andare al lavoro, vado da lei a sistemarmi le sopracciglia.»
«Ok, l'altro giorno hai preso una giornata di ferie per me e ti ringrazio. Ma ti piace molto fare l'addetta alle pulizie?»
«Certo, non mi piace lavorare con le persone. Preferisco lavorare come se fossi dietro le quinte. Comunque torniamo a noi: cosa vuoi farmi?»
Non rispondo, prendo una sedia che era in entrata e le faccio il segno che deve distendersi sul divano. Lei si mette comoda e mi siedo sulla sedia, di fianco a lei.
«Martha, mio padre mi ha insegnato un po' di cose. Quindi raccontami tutto.» le sorrido.
«Posso parlare di tutto?»
«Certo.»
Comincia a parlare a raffica, come un trattore. Sgrano gli occhi: penso che lei non abbia capito come ci si comporta a parlare con un psicologo.
«Martha, devi calmarti. Parla piano e soprattutto non a raffica.»
Lei annuisce. Mette le mani al petto, respirando profondamente e continuando a parlare dei suoi problemi.
Io l'ascolto e le faccio delle domande, come se fossi veramente una psicologa. E alla fine del racconto, apre le palpebre e mi guarda, con occhi vivaci e felici. «Grazie, Pel, sei una vera amica. Sei riuscita ad ascoltarmi.»
Credo che non sono riuscita ad aiutarla del tutto, ma almeno ha un'amica con cui sfogarsi. Ho un dono, ascolto le persone, ma loro lo fanno con me?
Ieri quella Madeline voleva parlare con te e tu non hai voluto, mi ricorda il mio subconscio.
Martha si alza e faccio lo stesso. Mi metto di fronte e lei mi mette le braccia intorno al collo.
«Grazie, sei una vera amica», baciandomi la guancia. Sono felice di essere la sua migliore amica. Le voglio un bene dell'anima. Sono sarcastica solo con le persone che mi hanno fatta del male o che mi trattano come una strega o anche come un alieno.
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Guardo i miei abiti e mi cambio, mettendomi dei jeans neri e un maglioncino rosso.
Arrivo prima di tutti e il preside mi saluta cordialmente. «Buongiorno, signorina Favre.»
«Buongiorno a lei, signor Greco.»
Sento le farfalle allo stomaco. Sono molto agitata, le mani stanno sudando all'impazzata.
Il preside mi dice che, oltre al professore di psicologia, ci sarà anche un'assistente. Mi spiega che l'aiutante sarà con noi per un anno e poi ritornerà in Germania.
Collego che Madeline mi ha detto quella parola in tedesco. Scommetto che sia lei l'assistente, però, mi sembra abbastanza giovane per esserlo.
Cambio discorso mentalmente. Potrei un giorno diventare anch'io un assistente di psicologia e così dopo un anno, potrei viaggiare o fare altro: voglio dimenticare il brutto incubo.
Il preside mi fa ritornare in me. «Andiamo.»
Mi porta nella mia aula.
Le pareti sono in legno scuro e il pavimento in parquet chiaro. Ci sono quattro gruppi di sedie per ogni angolo della stanza, come se fossimo al cinema. Riesco a contarle mentalmente e sono quattrocento. Le sedie sono con lo schienale nero e la fodera gialla.
Prendo posto, sedendomi davanti e subito alla mia destra c'è una ragazza con i capelli biondi.
«Madeline?» Avevo ragione è lei l'assistente del professore. La ragazza si gira e ha gli occhi grigi, con un vestito nero, attillato.
Non è lei. «Credo che mi hai scambiato per un'altra persona. Comunque mi chiamo Pamela.»
La mia vita si ferma a rallentatore. Non ci posso credere.
La riconosco subito. Non è la ragazza che ho conosciuto da Sebastian, ma è quella con cui mi ha tradito Nicholas.
Il destino mi sta mettendo alla prova. Vuole vedere fin quanto arriva la mia pazienza.
Non posso dimenticarla.
Mi mordo le labbra per il nervoso. Non provo più niente per Nicholas, ma non posso dimenticare il male che mi ha fatto.
Lei sbianca in viso e abbassa lo sguardo. Mi ha riconosciuta, presumo.
«Sei la ragazza di Nicholas!»
Bella, non lo sono più da quando vi ho beccati. «Ex», puntualizzo.
Guarda di fronte a sé. Brava, non voglio avere a che fare con persone che vanno a letto con ragazzi impegnati.
«Permesso, Marie», piagnucolo quando entro in cucina. La stanza è vuota, deserta. Prendo il cellulare dalla tasca dei jeans e chiamo Martha. Lei mi risponde e mi dice che è con il suo ragazzo Malik.
Urla Nicholas dalla sua camera. Il cuore mi batte forte per lo spavento.
Esco dalla stanza, correndo per le scale. Lui urla ancora e sento ansimare. Nicholas si è fatto male, ha bisogno di me. Appena arrivo alla sua porta, metto la mano sulla maniglia. La mia vocina mi dice che devo scappare o stare attenta.
«Sei sexy. Ma ho la ragazza. Io la amo.»
Sono confusa, ma con chi sta parlando? Mi batte il cuore. Lui mi ama e questa è la sua dimostrazione. Giro la maniglia e la porta si apre.
La stanza è piccola, c'è un letto, un armadio e una finestra, è molto spoglia.
Nicholas è sul suo letto, sopra a una bionda e sta spingendo in profondità, dentro di lei. Esce ed entra. Quella ragazza è a suo agio e urla il suo nome. Ansimano di desiderio.
Sto male. Voglio spaccare tutto.
Come può dire che mi ama? Mi sta tradendo.
«No!», urlo. «Ti odio, Nicholas.» Mi do un pizzicotto al braccio, sentendo dolore e un piccolo livido violaceo viene fuori.
La bionda mi guarda malissimo, con il seno al vento e mormora: «Bambina, ci hai disturbato. Tuo fratello non ha tempo di giocare con te. Sei molto piatta.»
«Quella non è mia sorella, è la mia ragazza.»
Lui esce da lei, completamente nudo. Si mette la parte sotto e viene da me.
Oggi pomeriggio lui ha visto me nuda e io lui, ma ora mi sta tradendo?
«Principessa, non è come sembra. Stavo solo giocando con lei e studiavamo anatomia.»
Gli sorrido. «Davvero? E io che pensavo che mi stessi tradendo. Che stupida che sono stata. Allora mi ami!»
«Certo, Principessa. Hai visto? C'è una spiegazione a tutto, vieni tra le mie braccia e dimentica quello che hai visto, perché non è come sembra» aprendo le braccia.
«Sei stupido o cosa? Ero sarcastica. Dimenticami.» Non sono mai stata sarcastica. Il mio cuore si sta chiudendo. Non voglio più soffrire, ora userò il sarcasmo per difendermi, è l'arma migliore.
Guardo la bionda e le dico: «Tieniti pure le merde, io merito di meglio.» Nicholas mi osserva con i suoi occhi azzurri. Vuole dire qualcosa, ma sono più veloce io e gli dico: «Non sai aspettare, vero? Ragioni con la parte bassa del tuo corpo. Comunque, è morto mio padre, avevo bisogno di te. Ma evidentemente quello che "provavi" per me, era solo una bugia. Nicholas Mong, ti odio con tutto il mio cuore, tra noi è finita.»
Pamela si tocca i capelli.
Si vede lontano un miglio che è una ragazza che cerca dote: non la conosco perfettamente. Io la conosco solo per quella scena. Faccio un respiro lungo e profondo.
«Pamela, scusami per come ti ho trattata, ma mettiti nei miei panni. Io avevo bisogno di Nicholas e lui mi ha tradito con te. Era morto mio padre e sono morta due volte. Comunque chiamami Penny.»
La mia coscienza mi sta guardando male. Non vuole che lei usi quel soprannome. Devo essere più matura. Non posso portare rancore e comportarmi come la quindicenne di quattro anni fa. Però, potrei tenermela buona, non si sa mai cosa succederà.
Si scusa ancora, mi dice che erano ubriachi tutti e due, e non sapevano cosa facevano. Questa non è una scusante: si sta arrampicando sugli specchi.
«Non serve che cerchi di difenderti. Stavate studiando anatomia. Era bravo come insegnate?», dico sarcasticamente.
Sbianca in viso, mordendosi il labbro. «Nicholas poteva inventarsi una scusa migliore...ma quando ha detto quella frase ero molto scossa. Ho capito che stava cercando di manipolarti, ma io ho visto una ragazza che è diventata matura in fretta e mi dispiace, essere noi la causa del tuo malessere, ma eravamo ubriachi.»
Non giudico chi beve o fuma, ma non posso perdonare un tradimento, mai e poi mai.
Potrei perdonare se fosse stato costretto: come la signora della chitarra di Harvey, ma Nicholas sapeva cosa stava facendo.
Per me non è mai stato ubriaco. Si comporta come se lo fosse, ma lui è un sadico, manipolatore e crudele. Si dà la mano con mia madre. Sono una coppia perfetta.
Pamela si alza in piedi, la seguo anch'io ed entra un signore anziano, con una persona al suo fianco, vestiti in smoking nero. Vanno alla cattedra e guardano di fronte a noi.
«Buongiorno sono il professore Majo e questo è il mio assistente.»
Pamela sbava. Posso immaginarmi di prendere un fazzoletto bianco, di stoffa e pulirla.
«Wow, che sexy, è molto affascinate. Guarda che bei occhi...così verdi e sfavillanti.»
All'inizio pensavo che stesse parlando del professore, ma dopo un secondo capisco che osservava l'assistente e devo darle ragione, è molto affascinante.
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